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I POST-OPERAISTI E IL REDDITO DI BASE

Nel documento Il reddito di cittadinanza (pagine 44-46)

UN REDDITO DI CITTADINANZA CONTRO L’INCERTEZZA DEL PRESENTE

3.2 I POST-OPERAISTI E IL REDDITO DI BASE

Lo sviluppo del capitalismo tende a rendere produttivi gli ambiti della vita delle persone al di fuori dell’orario di lavoro e a prescindere il lavoro in sé, inteso come lavoro manuale svolto in un luogo fisso ad orari stabiliti. Questa evoluzione del capitalismo è chiamata capitalismo cognitivo ed è al centro della riflessione della scuola di pensiero dei post-operaisti, che si rifanno al Frammento sulle macchine di Marx74. Secondo il filosofo tedesco, in futuro la produzione di valore sarebbe passata maggiormente attraverso le macchine, riducendo il tempo di lavoro necessario, ma continuando a impiegare lavoro superfluo. Questo concetto giustifica, secondo i post-operaisti, la necessità di un reddito di base, perché utilizzare maggiormente le macchine significa aprire alla possibilità di liberare l’uomo dal lavoro come costrizione75. Questa scuola di pensiero, di cui Vercellone, Fumagalli e Lucarelli sono rappresentanti, ritiene che lo sfruttamento della conoscenza da parte del capitalismo cognitivo comporti l’accrescimento della ricchezza di pochi individui a discapito della massa, producendo una polarizzazione della ricchezza e un aumento conseguente delle disuguaglianze all’interno della società. Coloro i quali infatti riescono ad appropriarsi della ricchezza generata dagli ambiti della vita quotidiana delle persone, ad esempio quando gli utenti caricano contenuti nei social network, vedono accrescere il proprio benessere materiale grazie al lavoro gratuito della collettività. Dall’altro lato però la collettività, che contribuisce all’arricchimento di questi soggetti, non viene ricompensata per ciò che essa stessa ha prodotto. Il passo successivo è quello di riconoscere che il tempo di lavoro che produce valore non è più quantificabile. Se infatti è la conoscenza a generare un valore e la conoscenza non è un bene scarso o quantificabile come la forza lavoro degli operai, ma è abbondante e può riprodursi all’infinito, non è più possibile misurare il lavoro che genera ricchezza in modo convenzionale, come ad esempio contando il numero di ore trascorse nel posto di lavoro, ma bisogna trovare un nuovo metodo di misurazione del lavoro svolto attraverso la conoscenza76. L’idea dei post-operaisti è che visto che ognuno di noi è continuamente sottoposto ad un processo di estrazione di

74

Karl MARX, Lineamenti fondamentali di critica dell'economia politica (Grundrisse), 2 voll., trad. di

Giorgio Backhaus, Torino, Einaudi, 1976

75

Christian DALENZ, Reddito di base, l’alternativa di Andrea Fumagalli al reddito di cittadinanza del

M5S, 6 giugno 2015, Articolo tratto da Forexinfo.it 76 ibidem

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valore, ad esempio quando guardiamo la pubblicità, navighiamo in internet o rispondiamo ad una intervista di mercato, sarebbe giusto che almeno i più poveri fossero retribuiti con un reddito di base incondizionato per il fatto che con queste azioni quotidiane si garantisce il profitto di qualcun altro. Il reddito di base viene visto come una retribuzione per il lavoro produttivo alla base del processo di valorizzazione del capitalismo cognitivo che ogni individuo svolge. Una remunerazione, quindi e non una forma assistenzialista, in un periodo storico in cui le persone lavorano gratuitamente. In particolare il reddito di base viene visto da Fumagalli e Lucarelli come un aiuto economico adatto a ricomporre una forza lavoro sempre più frammentata e adatto come aiuto per affrontare una flessibilizzazione nel mercato del lavoro che non ha precedenti e che caratterizza la nostra società odierna77. Ponendosi a un livello base, un reddito uguale per tutti può sostenere i bisogni materiali di chi si trova in difficoltà. I due studiosi motivano il reddito di base a partire dall’analisi delle contraddizioni del capitalismo: se da un lato dare stipendi bassi ai lavoratori avvantaggia i datori di lavoro, che avranno meno spese e potranno vendere i loro prodotti a prezzi più competitivi, dare stipendi bassi significa anche che i consumatori potranno acquistare pochi beni, con un effetto negativo sul profitto aggregato. Inoltre, se il capitalismo cognitivo usa la conoscenza per generare valore, i lavoratori con reddito basso avranno meno mezzi per investire nella conoscenza e quindi nella produzione, creando un cortocircuito. Per questo l’introduzione di un reddito di base significherebbe un sistema socio-economico più bilanciato, presupponendo una distribuzione del reddito più equa con conseguenti esternalità positive. Di conseguenza la società avrebbe capacità maggiori di produrre conoscenza, che a sua volta condurrebbe a maggiore produttività e livelli di profitto.

Secondo Fumagalli e Lucarelli, il reddito di base avrebbe degli effetti sovversivi contro le forme di sfruttamento presenti strutturalmente nel mondo del lavoro78. Consistendo in una somma di denaro data in modo incondizionato, il reddito di base costituirebbe un passo in avanti nello smantellamento della gerarchia basata sul potere sociale del denaro. Il mercato del credito e il mercato finanziario, che stabiliscono il processo di finanziamento degli individui, possono essere considerati, assieme ai diritti di proprietà

77

Andrea FUMAGALLI, Stefano LUCARELLI, Basic income and counter-power in cognitive

capitalism, in Basic income studies, rivista online, 2009 78 ibidem

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intellettuale, come i fattori chiave della gerarchia capitalistica nazionale e internazionale, secondo la quale solo chi ha denaro può accedere a determinati servizi. Inoltre, un’altra caratteristica del reddito di base è quella di costituire una forza socio- culturale che aumenta il numero di persone che possono scegliere stili di vita alternativi. Dal momento che rende chi lo riceve meno dipendente dai bisogni e dal lavoro a tutti i costi, il reddito di base può essere considerato uno strumento socio-culturale di contropotere. Una terza caratteristica è quella di contrastare la frammentazione della forza lavoro dovuta a una sempre maggiore individualizzazione del lavoratore all’interno del mercato del lavoro. Dando a tutti una base di sostegno, può aiutare coloro i quali sono attualmente svantaggiati dall’attuale paradigma di accumulazione e sostenere il singolo individuo in sciopero o che voglia far valere i propri diritti. Gli autori riconoscono però che questa politica strutturale richiederebbe il rovesciamento della politica economica neoliberista attuale. Perché si realizzi è necessaria una mobilitazione collettiva, che rovesci la gerarchia sociale e l’apparato di dominazione sociale basata sulla subalternità del lavoro.

Nel documento Il reddito di cittadinanza (pagine 44-46)