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3.2 Biomarker in corso di piometra

3.2.4 Poteine di Fase Acuta

Le Proteine di Fase Acuta rappresentano nel loro insieme uno dei principali marker di infiammazione utilizzati in medicina umana e veterinaria (Ceròn et al., 2005, Pierrakos e Vincent, 2010).

La fase iniziale dell’infiammazione sistemica si accompagna alla cosiddetta Risposta di Fase Acuta, che identifica tutta la serie di reazioni, complesse e aspecifiche, messe rapidamente in atto dall’organismo per ristabilire l’omeostasi perturbata da un insulto. Una delle alterazioni che caratterizzano la Risposta di Fase Acuta è la variazione dei livelli plasmatici di alcune proteine, dette appunto Proteine di Fase Acuta (Acute Phase Proteins, APP), coinvolte nella regolazione della risposta immunitaria e dell’infiammazione, nella difesa contro gli agenti infettivi e nella riparazione dei tessuti danneggiati. Alcune di esse subiscono un incremento durante l’infiammazione e sono dette APP positive (tra queste: Proteina C-reattiva o CRP, Siero Amiloide A o SAA, Aptoglobina o Hp, glicoproteina acida alfa-1 o AGP, Ceruloplasmina o Cp e Fibrinogeno), altre subiscono un calo e sono dette APP negative (tra cui Albumina, Transferrina e Antitrombina). Molte delle APP positive sono glicoproteine prodotte a livello epatico (se pure non esclusivamente), la cui sintesi è stimolata dai mediatori proinfiammatori come le Interleuchine 6 e 1 e il Tumor Necrosis Factor α. In base all’entità della loro risposta sono distinte in reagenti “maggiori” e “moderate” e possono fornire informazioni sul corso della risposta infiammatoria. Le prime sono caratterizzate da un incremento precoce e importante seguito da un rapido declino (principalmente CRP e SAA nel cane), le seconde presentano un aumento moderato e più lento e un declino graduale (Hp, AGP, Cp) (Ceròn et al., 2005).

Altra proteina che rientra tra le APP maggiori è la Procalcitonina (PCT), utilizzata in maniera estensiva come marker di sepsi in medicina umana (Pierrakos e Vincent, 2010) ma scarsamente studiata in veterinaria, essenzialmente a causa della mancanza di una valida metodica analitica (Floras et al., 2014 b). Nel cane è documentato un aumento dei

livelli di questa proteina in corso di endotossiemia sperimentalmente indotta (Yilmaz et al., 2008 b) e SIRS spontanea (Giunti et al., 2010).

Sebbene la Risposta di Fase Acuta sia per definizione rapida e transitoria, possono instaurarsi meccanismi aberranti che portano al perpetuarsi della stessa contribuendo al danno tissutale e all’insorgenza di complicazioni; in questi casi è possibile rilevare livelli elevati delle APP positive anche in corso di un’infiammazione cronica (Ceròn et al., 2005), quale la piometra.

Le Proteine di Fase Acuta sono dotate di maggior sensibilità diagnostica rispetto ad altri

marker classici di infiammazione come il WBC, infatti mostrano una risposta più rapida

all’insorgere dell’infiammazione e non risentono della mielosoppressione; tuttavia presentano scarsa specificità nell’identificarne la causa, il che ne limita le potenzialità diagnostiche. Sono utili nel monitoraggio dell’evoluzione clinica del paziente e nella valutazione della risposta al trattamento, tuttavia la loro correlazione con l’outcome è controversa (Ceròn et al., 2005, Nakamura et al., 2008) e, in particolare, il significato prognostico delle APP positive è scarso (Giunti et al., 2015).

Molte delle APP sono state studiate come marcatori nei soggetti colpiti da piometra (Fransson, 2003, Fransson et al., 2004, 2007, Plavec et al., 2006, Dabrowski et al., 2007, 2009, 2013, 2015 a, Nakamura te al., 2008, Karlsson et al., 2013, Enginler et al., 2014, Jitpean et al., 2014 b, 2014 c, Jitpean, 2015, Torrente et al., 2015).

Proteina C-reattiva (CRP)

La Proteina C-reattiva o CRP fu la prima tra le APP ad essere identificata e rappresenta al momento la più diffusamente utilizzata come marker di infiammazione, sebbene un suo incremento possa essere riscontrato in corso di molteplici patologie (Ceròn et al., 2005, Nakamura et al., 2008, Christensen et al., 2014). Le sue funzioni biologiche includono la capacità di legare componenti batteriche attivando il complemento, di stimolare la produzione di citochine e modulare l’attività dei neutrofili (Ceròn et al., 2005). È considerata un buon marker di SIRS/sepsi nel cane, correlata inoltre con la gravità e l’estensione del processo patologico ed è spesso impiegata come riferimento nella valutazione di altri indicatori (Torrente et al., 2015, Jitpean et al., 2015, Karlsson et al., 2013, 2016).

L’utilità diagnostica della CRP nell’individuazione della piometra fu proposta per la prima volta da Fransson et al. (2004) e successivamente confermata da altri Autori (Dabrowski et al., 2007, Enginler et al., 2014). La piometra è generalmente associata a un aumento dei livelli di CRP (Fransson et al., 2004, 2007, Dabrowski et al., 2007, 2015 a, Nakamura et al., 2008, Sharif et al., 2013, Enginler et al., 2014, Jitpean et al., 2014 b, 2015, Karlsson et al., 2013, 2016) che sembrano inoltre rispecchiare la gravità del quadro clinico e l’intensità dell’infiammazione, infatti l’incremento è maggiore nei casi con cervice chiusa (Dabrowski et al., 2007, 2013, Enginler et al., 2014).

Tuttavia, l’efficacia di questo marker nel discriminare i soggetti settici dai non settici tra quelli affetti dalla patologia è piuttosto dibattuta, così come lo è la sua utilità prognostica. L’associazione tra CRP e SIRS in corso di piometra, che emerge da alcuni Lavori (Fransson, 2003, Fransson et al., 2007, Karlsson et al., 2013), è smentita da altri in cui la proteina non mostra una differenza significativa tra cagne SIRS-positive e SIRS-negative (Sharif et al., 2013, Jitpean et al., 2014 b, Karlsson et al., 2016). Analogamente la correlazione tra CRP e outcome riportata da Fransson et al. (2004 e 2007), secondo cui livelli più elevati sono associati a prolungata ospedalizzazione, non trova conferma nello studio di Jitpean et al. (2014 b). I livelli CRP non mostrano associazione con l’outcome, in termini di sopravvivenza o morte, anche prendendo in considerazione gruppi di animali settici colpiti da patologie eterogenee (Torrente et al., 2015).

La Proteina C-reattiva può comunque rivelarsi utile nel monitoraggio delle cagne trattate chirurgicamente: i livelli circolanti, infatti, subiscono un ulteriore incremento in seguito al trauma chirurgico per poi calare progressivamente nell’arco dei successivi 10-17 giorni (Dabrowski et al., 2007, Yuki et al., 2009) e una mancata riduzione può essere spia dell’insorgenza di complicazioni postoperatorie (Dabrowski et al., 2013).

Siero Amiloide A (SAA)

La Siero Amiloide A o SAA rappresenta, insieme alla CRP, una delle APP positive “maggiori”, impiegata in medicina umana e veterinaria come marker di infiammazione e dotata di buona sensibilità e specificità nell’individuazione dell’infiammazione sistemica nel cane. Nella pratica veterinaria il suo utilizzo è rimasto più limitato rispetto a quello della Proteina C-reattiva a causa della maggior difficoltà di analisi, tuttavia sembra dotata

di una maggiore sensibilità diagnostica e quindi di un maggior potenziale nell’impiego clinico rispetto alla CRP (Christensen et al., 2014, Jitpean et al., 2014 b). Le sue funzioni biologiche comprendono l’attività chemiotattica di richiamo ai siti d’infiammazione e la

downregulation del processo infiammatorio con inibizione del rilascio di mieloperossidasi

e della proliferazione linfocitaria (Ceròn et al., 2005).

In corso di piometra, i livelli di Siero Amiloide A subiscono un incremento evidente (Dabrowski et al., 2007, Hagman et al., 2009 b, Jitpean et al., 2014 b) e sono correlati con la gravità dell’infiammazione (Dabrowski et al., 2007, 2013). La SAA, al contrario della Proteina C-reattiva, mostra una significativa associazione con la presenza di SIRS nelle cagne affette da piometra, dimostrandosi un valido marker di sepsi con una sensibilità del 74% nell’identificazione della condizione (Jitpean et al., 2014 c). Non presenta invece associazione con l’outcome in termini di durata dell’ospedalizzazione (Jitpean et al., 2014 b, 2014 c) ma, analogamente alla CRP, può essere utile nel monitoraggio dei soggetti sottoposti a chirurgia e nell’individuazione della comparsa di complicazioni postoperatorie (Dabrowski et al., 2009).

Sembra inoltre che l’utero, durante l’infezione, contribuisca in maniera importante alla produzione di SAA (Hagman et al., 2009 b).

Aptoglobina (Hp)

L’Aptoglobina o Hp è una delle APP “minori” ed è coinvolta nella difesa dell’organismo, grazie alla capacità di legare l’emoglobina limitando la disponibilità di ferro per la crescita batterica, e nella modulazione della risposta infiammatoria, inibendo la chemiotassi e l’attività fagocitaria dei granulociti (Ceròn et al. 2005).

I livelli ematici di questa proteina possono essere elevati nei soggetti con piometra (Dabrowski et al., 2013), anche se non sempre in maniera significativa (Dabrowski et al., 2007, 2009). Insieme a CRP e SAA è un marker utile nel monitoraggio postoperatorio degli animali sottoposti a ovarioisterectomia: mostra un incremento molto graduale in seguito alla chirurgia, con un picco a cinque giorni, e un calo progressivo più lento rispetto alle APP maggiori (Dabrowski et al., 2007). La persistenza di livelli elevati in circolo può essere indice di complicazioni (Dabrowski et al., 2009).

Glicoproteina Acida Alfa-1 (AGP)

Dotata di attività antinfiammatoria e immunomodulatrice (Ceròn et al., 2005) e coinvolta nella riparazione tissutale, la Glicoproteina Acida Alfa-1 (AGP) mostra un aumento dei livelli circolanti in corso di numerose patologie infiammatorie e non, soprattutto a carattere acuto (Yuki et al., 2008). L’AGP aumenta anche in corso di piometra (Yuki et al., 2008, Hagman, 2011) ed è associata alla gravità della patologia misurata in termini di tempi di ospedalizzazione (Hagman, 2011). Tuttavia non rappresenta un indicatore di sepsi, non essendo stata individuata un’associazione tra AGP e SIRS nei soggetti colpiti (Hagman, 2011). Inoltre è un parametro di dubbia affidabilità poichè potenzialmente influenzato da età, razza e fattori ambientali (Yuki et al., 2008).

Fibrinogeno

Pur essendo annoverato tra le Proteine di Fase Acuta, il Fibrinogeno è scarsamente utilizzato nella routine come marker d’infiammazione e il suo interesse clinico nei piccoli animali è legato prevalentemente alla diagnosi dei disturbi della coagulazione. È infatti un indicatore dotato di scarsa specificità nei confronti dell’infiammazione e il suo incremento è lento e modesto (circa 2-3 volte i livelli normali). Il fibrinogeno è un marcatore in grado di discriminare tra soggetti sani e malati ma non tra infiammazione sistemica e localizzata e i suoi livelli ematici sono associati alla presenza di infiammazione ma non alla gravità ed estensione del processo, né all’outcome (Torrente et al., 2015). Tuttavia, esaminato insieme ad altri marker come la CRP, può essere considerato indicatore della presenza di una risposta di fase acuta all’ammissione in terapia intensiva (Giunti et al., 2015).

La piometra può indurre iperfibrinogenemia, da ascrivere alla risposta di fase acuta piuttosto che alla cronicizzazione della CID cui di solito si associa (Plavec et al., 2006).

Proteine di Fase acuta negative: Albumina e Transferrina

Durante uno stress acuto la produzione delle Proteine di Fase Acuta cosiddette “negative", a livello epatico, diventa secondaria e subisce un calo transitorio in favore della sintesi di

altre proteine coinvolte direttamente nella risposta infiammatoria. Le principali tra esse sono Albumina, Transferrina (Ceròn et la., 2005) e Antitrombina, quest’ultima implicata nei meccanismi emostatici (vedi parametri della coagulazione).

L’ipoalbuminemia è un tratto tipico degli stati di infiammazione sistemica ed è legata in primo luogo alla Risposta di Fase Acuta. L’aumento della permeabilità capillare che si verifica in corso di SIRS, inoltre, comporta perdita di albumina negli spazi extravascolari, determinando un calo dei livelli circolanti. A ciò si somma un’aumentata degradazione della proteina a livello dei siti d’infiammazione, dovuto sia alla denaturazione legata alle variazioni di pH e temperatura, sia al legame con radicali liberi, tossine batteriche ed altri elementi tossici (Brady e Otto, 2001, Mazzaferro et al., 2002, Plavec et al., 2006). L’albumina è considerata un marker di infiammazione, sebbene poco specifico, ed i suoi livelli ematici sono inversamente correlati con la gravità del quadro clinico; rappresenta inoltre un marker prognostico, in quanto una marcata ipoalbuminemia è associata con aumento di morbidità e mortalità nei pazienti settici (Hayes et al., 2010, Torrente et al., 2015, Giunti et al., 2015).

Nei soggetti affetti da piometra l’ipoalbuminemia è un reperto frequente, come già discusso in precedenza, (Børresen e Skrede, 1980, Fransson, 2003, Hagman et al., 2009 a, Hagman, 2011, Maddens et al., 2011, Jitpean et al., 2014 b) tuttavia non si dimostra un parametro utile per distinguere i soggetti SIRS-positivi dai SIRS-negativi, rivelandosi un cattivo marker di sepsi nelle cagne colpite (Jitpean et al., 2014 c).

La Transferrina è una proteina strettamente associata al metabolismo del Ferro, essendo addetta al trasporto di questo elemento nel sangue e quindi responsabile della capacità totale di legare il ferro (o TIBC, Total Iron Binding Capacity) del siero. I suoi livelli ematici possono essere misurati direttamente o, più spesso, indirettamente, attraverso la TIBC (Mandel, 1959, Ceròn et al., 2005), parametro utilizzato insieme a sideremia (SI, corrispondente alla quantità di ferro non emoglobinico presente nel sangue, legato alla Transferrina, Mandel, 1959) e UIBC (Unsaturated Iron Binding Capacity o capacità di riserva della transferrina) anche per la valutazione del metabolismo del ferro nei piccoli animali (Tasca, 2008). Gli stati infiammatori sono caratterizzati da un calo della Transferrina legato alla risposta di fase acuta (Mandel, 1959, Ceròn et al., 2005, Torrente et al., 2015), oltre che da ipoferremia (Nairz et al., 2014, Torrente et al., 2015).

Il calo della concentrazione ematica del ferro è mediato dall’Epcidina, una proteina prodotta dal fegato sotto lo stimolo di alcune citochine durante la risposta infiammatoria e responsabile dell’internalizzazione di questo elemento a livello di tessuti di deposito e cellule reticolo-endoteliali, oltre che di una riduzione dell’assorbimento intestinale. Tale meccanismo, noto come pseudoipoferremia, limita la quantità di ferro disponibile per la crescita batterica e fa parte della risposta di difesa dell’organismo nei confronti degli agenti patogeni (Tasca, 2008, Nairz et al., 2014).

Il ferro ematico può essere utilizzato come marker di sepsi, essendosi rivelato un parametro efficace nel discriminare tra soggetti con SIRS e con infiammazione localizzata in particolare se valutato in combinazione con altre variabili quali l’albuminemia e la CRP. L’andamento della sideremia nel tempo sembra inoltre riflettere la progressione del processo infiammatorio e assume un significato prognostico essendo associato con l’outcome nei pazienti settici (Torrente et al., 2015).

L’iposideremia è stata riscontrata anche in corso di piometra, sebbene sia un parametro con scarso valore diagnostico nei confronti della patologia, e presenta una correlazione con i livelli di SAA nelle cagne colpite (Jitpean et al., 2014 b).

Insulin-like Growth Factor-1 (IGF-1)

Altra molecola inclusa nel gruppo delle proteine di fase acuta negative è l’Insulin-like

Growth Factor-1 o IGF-1, un polipeptide prodotto a livello epatico e coinvolto nella

regolazione della risposta immunitaria. Si tratta di uno degli effettori dell’ormone della crescita (growth hormone, GH), principalmente implicato nello sviluppo dell’organismo, nel controllo dell’attività di replicazione e morte cellulare e nel metabolismo proteico. L’IGF-1 è in grado di influenzare l’immunità modulando la proliferazione e la differenziazione delle cellule mieloidi e la linfopoiesi, influenzando inoltre la responsività delle cellule mature nei confronti degli antigeni e l’attività linfocitaria anche grazie alla sua attività antiapoptotica; è dotato inoltre di un effetto vasodilatatorio stimolando la produzione di ossido nitrico a livello endoteliale (Heemskerk et al., 1999).

In corso di infezione o infiammazione sistemica i livelli ematici di IGF-1 calano in risposta all’endotossiemia e alla produzione di citochine proinfiammatorie quali TNFα e IL-1; ciò

contribuisce all’instaurarsi di uno stato catabolico e alla progressione verso shock settico e MODS (Heemskerk et al., 1999).

Un calo della concentrazione ematica di IGF-1 è stato dimostrato anche in corso di piometra, sebbene l’infiammazione non sembri l’unico meccanismo implicato (Jitpean et al., 2014 b). L’IGF-1 infatti, oltre ad essere influenzato da peso corporeo (correlazione positiva) ed età (correlazione negativa), risente di fattori metabolico-nutrizionali: i bassi livelli ematici misurati nelle cagne affette da piometra potrebbero essere il risultato del ridotto apporto di nutrienti legato alla disoressia/anoressia spesso associate alla patologia (Jitpean et al, 2014 b, Dabrowski et al., 2015 a). Simili osservazioni suggeriscono uno scarso significato diagnostico per questo marker, in particolare se impiegato nell’ambito di gruppi eterogenei per età o stato di nutrizione e sviluppo corporeo; potrebbe invece rappresentare un utile indicatore per il monitoraggio del singolo individuo nel periodo postoperatorio, in quanto l’insulto chirurgico è sempre associato ad un calo dei valori di IGF-1 (Dabrowski et al., 2015 a).

3.2.5 Citochine

Le citochine, in qualità di mediatori dell’infiammazione e pertanto strettamente coinvolte nella patogenesi della reazione infiammatoria, costituiscono un gruppo di molecole le cui potenzialità di marker sono state ampiamente indagate in medicina umana e veterinaria e, in particolare, in modelli sperimentali o di sepsi spontanea nel cane (Kjelgaard-Hansen et al., 2007, Pierrakos e Vincent, 2010, DeClue et al., 2012, Song et al., 2012, Floras et al., 2014 a, Karlsson et al., 2016).

Lo studio dei livelli circolanti di citochine e della loro dinamica nel tempo può fornire dati utili sull’estensione del processo (sepsi o infiammazione non settica) e sulla fase dell’infiammazione (proinfiammatoria o immunosoppressiva), con importanti implicazioni diagnostiche, terapeutiche e prognostiche (Floras et al., 2014 a, Karlsson, 2015, Karlsson et al., 2016). Citochine quali IL-10, IL-6 e TNFα sono associate alla risposta innata e quindi alla prima fase dell’infiammazione, mentre IL-2, IL-7, IL-15, IL-18, IFNγ (interferone γ) e GM-CSF (granulocyte macrophage-colony stimulating factor) partecipano all’immunità adattativa responsabile dell’eliminazione dei patogeni in una fase tardiva (Floras et al., 2014 a). L’erraticità dei livelli ematici di mediatori si rivela d’altra

parte svantaggioso (Pierrakos et Vincent, 2010); lo studio del TNFα, caratterizzato da una produzione molto precoce e da un’emivita breve (Song et al., 2012, Floras et al., 2014 a) ad esempio, potrebbe rivelarsi fuorviante qualora il campionamento avvenga in una fase più tardiva dell’infiammazione (Hagman et al., 2009 b)

Inoltre, considerando la sepsi e la progressione a MODS come risultanti di uno squilibrio tra fattori pro- ed anti-infiammatori, il rapporto tra differenti tipologie di citochine può essere interpretato come marker associato alla gravità del quadro clinico e alla mortalità (Kjelgaard-Hansen et al., 2007, DeClue et al., 2010, Yu et al., 2008). In altri termini, un’elevata produzione di citochine proinfiammatorie quali TNFα, IL-6 e HMGB1 (High

Mobility Group Box 1, un polipeptide intranucleare che agisce come attivatore tardivo

della cascata proinfiammatoria, Yu et al., 2008), non compensata da un’adeguata risposta antinfiammatoria, rispecchiata principalmente da un incremento dell’IL-10, è suggerita come marker predittivo di una prognosi sfavorevole nel cane durante la SIRS (Kjelgaard- Hansen et al., 2007, Rau et al., 2007, DeClue et al., 2010, Yu et al., 2008, Song et al., 2012).

La cinetica di numerose citochine è stata studiata nelle cagne affette da piometra, valutandone le implicazioni diagnostiche e prognostiche in realazione alla malattia (Fransson et al., 2007, Hagman et al., 2009 b, Karlsson et al., 2012, Maciel et al., 2014, Dabrowski et al., 2015 b), o utilizzandola come modello di sepsi spontanea nel cane (Hagman et al., 2009 b, Karlsson et al., 2013, 2016, Haas et al., 2015).

La reazione immunitaria in corso di piometra appare mediata principalmente da TNFα (Fransson et al., 2007, Karlsson et al., 2012), IL-6 (Fransson et al., 2007, Hagman et al., 2009 b, Dabrowski et al., 2015 b) e IL-10 (Maciel et al., 2014, Dabrowski et al, 2015 b),

marker precoci rispetto agli indicatori legati alla Risposta di Fase Acuta (Fransson et al.,

2007). La produzione di IL-6, in particolare, appare amplificata rispetto ad altre citochine, evidenziando il ruolo di questo mediatore nella risposta primaria (Fransson et al., 2007, Dabrowki et al., 2015 b), sebbene l’interleuchina in questione non sia sempre misurabile nei soggetti malati (Karlsson et al., 2012, 2016).

Durante la piometra, il continuo o intermittente rilascio di endotossine o altre componenti batteriche dall’utero potrebbe determinare una stimolazione proinfiammatoria protratta nel tempo, suggerita dalla persistenza dei livelli ematici di TNFα a dispetto della sua breve emivita, che permette l’identificazione di questa ed altre citochine anche a distanza rispetto

all’insorgenza dell’infezione (Fransson et al. 2007). L’espressione del TNFα, comunque, potrebbe non essere rilevata negli stadi più tardivi dell’infezione (Hagman et al., 2009 b). Sebbene l’IL-6 sia ritenuta un marker associato a morbidità e mortalità in corso di sepsi spontanea nel cane (Rau et al., 2007), TNFα e IL-6 non permettono di discriminare tra SIRS e infezione localizzata nei soggetti con piometra e non mostrano quindi un’associazione significativa con la gravità del quadro clinico (Fransson et al., 2007). Al contrario IL-7, insieme alle IL-15 e IL-18 cui è correlata (Karlsson et al., 2012), e KC-like (una citochina simile alla keratinocyte derived CXC chemokine murina, Karlsson et al., 2016) sono suggeriti come potenziali marker di SIRS, associati anche all’entità del processo patologico e alla durata dell’ospedalizzazione, rispettivamente (Karlsson et al. 2012, 2016). L’HMGB1, pur non essendo correlato alla presenza di SIRS, è suggerito come marker precoce di infiammazione se paragonato a CRP o WBC, indice della presenza piuttosto che dell’estensione del processo infiammatorio (Karlsson et al., 2013). La citochina CXCL-8 (o IL-8) è espressa nei soggetti con piometra, ma in misura maggiore negli animali con sintomatologia più blanda e caratterizzati da valori normali di WBC e CRP. Un simile comportamento potrebbe essere spiegato dalla transitorietà del picco di IL- 8 rispetto all’incremento più lento di leucociti e CRP, oppure dalla deplezione immunitaria che caratterizza gli stadi più gravi della patologia (Haas et al., 2015). Più in generale, l’immunosoppressione associata alla piometra (Faldyna et al., 2001) potrebbe influenzare la risposta adattativa e con essa l’assetto e il profilo delle citochine espresse. Gli elevati livelli di IL-10 e IL-4 nei soggetti malati confermano la dominanza di un pattern antinfiammatorio, supportando l’ipotesi dell’immunosoppressione (Maciel et al., 2014).

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