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Sommario: 1. Giudice, organo della procedura 2. Segue, il problema della vis attractiva concursus 3. I controlli sulla competenza 4. L’accertamento dello stato di insolvenza 5. Segue, gli accertamenti del giudice ad quem 6. La cooperazione tra giudici ai sensi del Reg. n. 848/2015 7. I poteri cautelari del giudice.

1. Giudice, organo della procedura

Il giudice rappresenta il primo protagonista, che andiamo a prendere in considerazione, nell’ambito del coordinamento delle procedure concorsuali. Le ragioni sono evidenti, se si tiene conto del fatto che, nonostante il ruolo sempre maggiore attribuito al curatore dalle legislazioni nazionali, il giudice rappresenta- storicamente e tuttora- il perno intorno al quale ruotano le decisioni prese nelle procedure di insolvenza. Tuttavia, prima di tutto, occorre sciogliere alcuni nodi, a cominciare da quello definitorio. Il Regolamento prevede una definizione autonoma di giudice, laddove afferma che ai fini del regolamento, si intende per <<giudice>> l’organo giudiziario o qualsiasi altra autorità competente di uno Stato membro legittimata ad aprire una procedura di

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insolvenza o a prendere decisioni nel corso di questa1. Questa definizione deve essere tuttavia coordinata con un differente inciso del Regolamento, il quale prevede che la legge dello Stato di apertura determina le condizioni di apertura, lo svolgimento e la chiusura della procedura di insolvenza2. In base ad esso, infatti, si ritiene3 che possa darsi una definizione degli organi della procedura- tra i quali lo stesso giudice- alla luce dello lex concursus, dal momento che questa si occupa dello <<svolgimento>> della procedura. Le due disposizioni impongono una interpretazione, onde evitare che si diano qualificazioni divergenti allo stesso organo. Dunque, se si vuole stabilire se quell’organo possa essere qualificato o meno come giudice, in primo luogo si dovrebbe tentare una qualificazione alla luce dell’art. 2 paragrafo 1 lett. d) del Regolamento. Infatti, dal momento che questo dà una definizione autonoma4, occorrerebbe rivolgersi a questa per garantire una interpretazione uniforme fra i diversi Stati membri. In questo senso, deve essere considerato giudice non soltanto l’autorità giudiziaria ma anche ogni altro organo od ente diverso dell’Amministrazione di uno Stato membro, purché legittimato dalla legge nazionale ad aprire una procedura di insolvenza o a prendere decisioni nel corso di questa. Quindi, soltanto in un secondo momento, occorrerebbe rivolgersi alla lex concursus, ossia nel momento in cui si deve qualificare- sulla base della legge nazionale- se quell’organo od ente sia legittimato ad aprire

1 Art. 2, paragrafo 1, lett. d) Reg. n. 1346/2000. 2 Art. 4, paragrafo 2, Reg. n. 1346/2000. 3

Sul punto, A. Leandro, op. cit., pag. 108.

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una procedura di insolvenza o a prendere decisioni nel corso di questa. Ad esempio, in Italia, è stato affermato che debba essere qualificato <<giudice>>- in base al Regolamento- non soltanto il tribunale fallimentare, ma anche il Ministro delle attività produttive, il quale è competente ad aprire, con proprio decreto, una amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 3 comma 3 del d.lgs. n. 347/2000.

2. Segue, il problema della vis attractiva concursus

Il Regolamento non detta nessuna disposizione specifica in materia di vis attractiva e ciò ha causato un ampio dibattito sul punto che ha dato luogo a tre diverse interpretazioni5. Secondo un primo orientamento, il silenzio andrebbe interpretato come una scelta del legislatore europeo di rispettare la posizione dei legislatori nazionali in materia. Tuttavia, tale orientamento è stato criticato perché, a seguire tale tesi, si corre il rischio che un giudice- sì privo di giurisdizione ma sulla base dell’art. 25 del Regolamento- emetta una sentenza che poi diverrà esecutiva semplicemente attraverso il mezzo dell’exequatur. Un secondo filone interpretativo intende il silenzio del legislatore come un implicito riconoscimento del fatto che i procedimenti connessi ricadrebbero nell’ambito operativo del Reg. n. 44/2001. Anche tale orientamento è stato criticato dal momento che non terrebbe debitamente conto del fatto che l’art. 25 del Reg. n. 1346/2000 prevede che le decisioni-

5 Per un approfondimento, L. C. Pineiro, La vis attractiva concursus nel diritto

concorsuale europeo, in Il diritto fallimentare e delle società commerciali, 2011, pag.

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scaturenti direttamente dalla procedura d’insolvenza- ricadono nel Regolamento medesimo. Ciò sembrerebbe ricavarsi anche laddove si afferma che il presente regolamento dovrebbe limitarsi a disposizioni che disciplinano le competenze per l’apertura delle procedure di insolvenza e per le decisioni che scaturiscono direttamente da tali procedure e sono ad esse strettamente connesse6. Secondo un terzo orientamento, il Regolamento riconoscerebbe la regola della vis attractiva concursus, nell’intento di evitare lacune e problemi di forum shopping (infra). Tale orientamento sembra uscire confermato anche dalla giurisprudenza comunitaria7, dove è stato affermato che- se si vuole rispettare l’art. 25 e il Considerando n. 6 del Regolamento- occorre intendere il silenzio del legislatore come un riconoscimento implicito della vis attractiva concursus. Anche tale decisione non è rimasta esente da critiche in dottrina. Ci si è chiesti se la regola sia davvero necessaria per l’efficacia di una procedura concorsuale e se questa efficacia debba essere perseguita anche in sacrificio del diritto di difesa del convenuto. Inoltre, ci si è domandati se non si possano utilizzare strumenti diversi dalla vis attractiva per raggiungere l’effetto utile del Regolamento. Infine ci si è chiesti se, applicando tale regola alle revocatorie

6 Considerando n. 6 Reg. n. 1346/2000. 7

CGCE, 12 febbraio 2009, C- 339/07, C. Seagon v. Deko Martin Belgium NV. Il caso può essere riassunto come segue. In Germania, la società tedesca Seagon viene sottoposta a procedura concorsuale. Il curatore, intenzionato ad agire in revocatoria di un pagamento fatto dalla società ad un creditore belga, Deko Martin, intenta l’azione dinanzi al giudice belga dal momento che l’ordinamento tedesco non conosce la regola della vis attractiva. Il giudice belga, applicando le norme di diritto internazionale privato, ritiene che sia competente il giudice tedesco. Si crea un conflitto negativo di giurisdizione e viene proposta questione pregiudiziale alla Corte.

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fallimentari, non si corra il rischio di un fraudolent forum shopping. Va poi sottolineato come radicare la vis attractiva nell’art. 3 del Regolamento non sia esente da conseguenze nemmeno sul piano della competenza territoriale. Infatti, vi sono ordinamenti giuridici, come quello tedesco, che pur avendo competenza internazionale, non prevedono alcuna disposizione sulla competenza territoriale; invece vi sono ordinamenti, come quello spagnolo o italiano, che si trovano a fare i conti con un criterio di competenza internazionale di portata meno ampia rispetto a quello territoriale. A tal proposito, prima della decisione della Corte sul punto, in dottrina8 era stato affermato che la questione dovesse essere affrontata sulla base della lex concursus qua lex fori. Nonostante il decisum della Corte, sembrerebbe che tale orientamento abbia ancora oggi valore, laddove il Regolamento rinvii alla legge nazionale per l’individuazione della competenza. Resta poi da chiarire quale siano le azioni che derivano dalla procedura di insolvenza e che sono ad essa strettamente connesse. In dottrina9 si è affermato che le azioni riguardanti la procedura, lo svolgimento e la chiusura, l’ordine di soddisfacimento dei creditori, le insinuazioni al passivo costituiscono la procedura stessa e pertanto devono essere proposte dinanzi al tribunale fallimentare. Viceversa, le azioni contrattuali, non contrattuali ed in rem, riguardanti il patrimonio del

8 A. Leandro, op. cit., pag. 130, il quale distingue- nell’ottica dell’ordinamento

italiano- tra procedura principale e territoriale. L’Autore afferma che solo nel primo caso si potrebbe riconoscere l’operatività della regola, perché- ad attribuirla ad entrambe le procedure- si corre il rischio di estendere eccessivamente l’operatività della procedura secondaria.

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debitore, nella misura in cui sono indipendenti dalla procedura, non sono attratte dal forum concursus. Ad esempio, con riferimento alle azioni revocatorie fallimentari (infra, Sezione IV, cap. III), la Corte10 ha sempre sottolineato la relazione fra queste e i principi ispiratori delle procedure di insolvenza, in particolare la par condicio creditorum, chiarendo che, potendo essere proposta, per definizione, soltanto dopo l’apertura della procedura, non sorgerebbero dubbi circa l’operatività della regola. Ma qualche dubbio, potrebbe sorgere in relazione alla revocatoria ordinaria, la quale non è disciplinata né dal Regolamento né dalla Legge fallimentare. Sennonché ragionando intorno alla ratio dell’istituto- il quale mira a ristabilire la par condicio, a completamento della revocatoria fallimentare- si potrebbe sostenere che anch’essa è destinata ad essere attratta dal forum concursus. Infine, il problema della vis attractiva sembrerebbe trovare oggi una soluzione di diritto positivo all’interno dell’art. 6 Reg. n. 848/201511. Si prevede infatti che i giudici dello Stato membro nel cui territorio è aperta una procedura d’insolvenza ai sensi dell’art. 3 sono competenti a conoscere delle azioni che derivano direttamente dalla procedura e chi vi si inseriscono strettamente, come le azioni revocatorie12. Il dispositivo non sembra lasciare adito a dubbi interpretativi, dal momento che imporrebbe il coordinamento delle procedure davanti al giudice internazionalmente competente. Inoltre, si prevede che se un’azione di cui

10 CGCE, 12 febbraio 2009, C 339/07, cit. 11

Si veda il Considerando n. 35 Reg. n. 848/2015.

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al paragrafo 1 è connessa ad un’azione in materia civile o commerciale, l’amministratore delle procedure di insolvenza può ottenere la riunione delle due azioni dinanzi ai giudici dello Stato membro nel cui territorio il convenuto ha il domicilio oppure, se l’azione è promossa contro più convenuti, dinanzi ai giudici dello Stato membro nel cui territorio uno dei convenuti ha il domicilio, purché siano competenti ai sensi del Reg. n. 1215/201213. In primo luogo, da ciò esce ribadita la necessaria complementarietà tra i due diversi regolamenti all’interno dello spazio giudiziario europeo; in secondo luogo e soprattutto, viene prevista la possibilità di riunire i procedimenti davanti al giudice di un foro diverso da quello fallimentare. La ratio di tale scelta sembrerebbe risiedere nell’intento di garantire il diritto di difesa del convenuto- nel cui domicilio si consente di instaurare la lite- nelle ipotesi in cui si riuniscano un’azione fallimentare connessa con un’azione civile o commerciale. Ai fini del paragrafo 2 sono considerate connesse le azioni aventi tra loro un legame così stretto da rendere opportuno trattarle e deciderle in merito contestualmente, per evitare il rischio di sentenze incompatibili risultanti da procedimenti separati14. Il legislatore non dà un elenco delle azioni che debbono essere considerate connesse, ma richiama: da un lato, una forte connessione sul piano sostanziale che richiede un procedimento connesso sul piano processuale; dall’altro, il rischio che tali cause diano luogo ad un conflitto di giudicati, se trattate separatamente. La prima condizione potrebbe dunque verificarsi al ricorrere di una connessione per pregiudizialità- dipendenza oppure per incompatibilità- alternatività tra le due cause. La seconda condizione

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Art. 6, paragrafo 2, Reg. n. 848/2015.

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dovrebbe essere correttamente riferita ad un conflitto logico di giudicati, dal momento che il conflitto pratico, anche in questo caso e secondo i principi generali, troverebbe soluzione attraverso il meccanismo della litispendenza internazionale. Al ricorrere di entrambe le condizioni, il curatore della procedura può chiedere al giudice la riunione dei procedimenti. Inoltre, una puntualizzazione merita il secondo inciso del paragrafo 2, laddove prevede che il primo comma si applica al debitore non spossessato, purché il diritto nazionale consenta a quest’ultimo di promuovere azioni per la massa fallimentare15. Il legislatore sembrerebbe estendere l’operatività del forum concursus internazionale anche alle ipotesi di un debitore non spossessato, legittimato a chiedere azioni per la massa in base alla legge nazionale. Si tratterebbe di un’estensione della vis attractiva anche a quelle procedure cd. volontarie che, in base al diritto nazionale, consentono di escludere lo spossessamento del debitore e prevedere la sua legittimazione ad agire per la tutela della massa fallimentare.

3. I controlli sulla competenza

I controlli sulla competenza rappresentano uno dei maggiori problemi con cui si devono confrontare i giudici dei diversi Stati membri, per garantire l’uniforme applicazione del Regolamento. Nell’intento di provare a comprendere il ragionamento che il giudice dovrebbe compiere, possiamo dire che la prima operazione dovrebbe essere

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quella di verificare il carattere transnazionale della controversia. A tal proposito, il Regolamento si riferisce espressamente a procedure di insolvenza transfrontaliere16 e del resto tale carattere dovrebbe ritenersi implicito in virtù dell’art. 81 TFUE che costituisce la base giuridica della competenza dell’Unione. Del resto, il giudice potrebbe trovarsi dinanzi ad un comportamento fraudolento delle parti, volto alla creazione di un elemento di estraneità, con l’intento di far regolare al giudice di uno Stato membro diverso una fattispecie che, al contrario, avrebbe rilievo soltanto nel diritto interno. Infatti, sebbene i criteri di giurisdizione del Regolamento si inspirino ai principi della certezza del diritto e della prevedibilità- prevedibilità che sussiste laddove vi sia un collegamento sufficiente tra il giudice ed i fatti della controversia- tuttavia il Regolamento si astiene dal prescrivere che detti criteri siano anche effettivi, reali, non simulati. Dunque, soltanto dopo che il giudice abbia accertato che la lite è una lite transfrontaliera, occorre verificare che il giudice adito sia quello naturalmente competente. Infatti, il forum shopping potrebbe essere considerato un fenomeno connaturale al sistema, laddove vi fossero più criteri alternativi tra loro; ma tale evenienza non sembra verificarsi nelle procedure di insolvenza, dal momento che si danno criteri di competenza internazionale inderogabili dalle parti. Nonostante questo, il Regolamento non sembra dettare una disposizione volta ad ostacolare

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il fenomeno17. Occorre dunque chiedersi di quali poteri disponga il giudice nell’accertamento del titolo di giurisdizione. È stato affermato18 che, per tutti gli aspetti non disciplinati dai regolamenti, si dovrebbero applicare le normative nazionali, in modo particolare per quanto concerne i poteri del giudice e la ripartizione dell’onere probatorio dei fatti rilevanti ai fini dell’accertamento del titolo di giurisdizione. Pertanto, nonostante sia ipotizzabile il caso in cui le norme interne aggiungano ulteriori ipotesi di accertamento d’ufficio da parte del giudice sulla competenza, tuttavia il rischio è quello del venire meno dell’effetto utile della disciplina uniforme, laddove l’ordinamento nazionale consenta di stabilire la competenza sulla base delle sole allegazioni dell’attore, senza una reale verifica del collegamento19. Per quanto concerne l’ordinamento italiano, la Cassazione20 ha escluso che la sussistenza della giurisdizione potesse essere affermata sulla base della mera prospettazione dell’attore. Inoltre, ha affermato che la situazione di fatto deve essere provata dalla parte interessata, per evitare che sia sufficiente l’allegazione dell’attore, senza alcuna prova, per radicare la competenza del giudice italiano. Dunque, la verifica dell’effettività del collegamento impedisce di dare effetti a comportamenti delle parti diretti a creare un

17 Differentemente dall’art. 6, paragrafo 2, Reg. n. 44/2001.

18 O. Lopes Pegna, Collegamenti fittizi o fraudolenti di competenza giurisdizionale

nello spazio giudiziario europeo, in Rivista diritto internazionale, II, 2015, pag. 397.

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Eadem, la quale sottolinea come la possibilità che si prospettino circostanze atte a giustificare la competenza del giudice adito, in realtà insussistenti, si pone a maggior ragione, in presenza di ipotesi di collusione delle parti per creare artificiosamente il collegamento.

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collegamento inesistente, al fine di adire un giudice che non avrebbe competenza o privare di competenza un giudice che al contrario l’avrebbe. In sede di accertamento, la prima ipotesi condurrebbe alla dichiarazione di incompetenza mentre, la seconda ipotesi, porterebbe all’affermazione della competenza del giudice adito. Nell’intento di prevenire il forum shopping pretestuoso o fraudolento21, il Reg. n. 848/2015 detta alcune disposizioni innovative sul punto. Si prevede in primo luogo che un giudice investito di una domanda di apertura di una procedura di insolvenza verifica d’ufficio la propria competenza ai sensi dell’articolo 3. Nella decisione di apertura della procedura di insolvenza il giudice espone i motivi della competenza giurisdizionale, in particolare se questa si fondi sull’articolo 3, paragrafo 1 o paragrafo 222. Pertanto, al giudice è riconosciuto il potere di verificare la propria competenza ex officio, di modo che possa accertare se sussiste il collegamento tra la fattispecie e il foro. Inoltre, il Regolamento dispone che il giudice motivi tale sua scelta in modo che le parti siano messe nella condizione di conoscere il ragionamento che il giudice ha condotto

ex officio, per affermare o negare il titolo di giurisdizione. Salvo quanto disposto dal

paragrafo 1, se è aperta una procedura di insolvenza a norma del diritto nazionale in assenza della decisione del giudice, gli Stati membri possono indicare l’amministratore delle procedure di insolvenza nominato nella procedura di esaminare se lo Stato membro in cui la domanda di apertura della procedura è pendente è competente ai sensi dell’articolo 3. In caso affermativo, l’amministratore delle procedure di insolvenza specifica nella decisione di apertura della procedura i motivi della competenza giurisdizionale, in particolare se questa si fonda sull’articolo

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Considerando n. 29 Reg. n. 848/2015.

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3, paragrafo 1 o paragrafo 223. Pertanto, il Regolamento sembrerebbe consentire a gli Stati membri di estendere i poteri del giudice al curatore fallimentare, il quale diventerebbe legittimato ad accertare il titolo di giurisdizione e, allo stesso tempo, obbligato ad esporre i motivi della propria decisione, in modo da mettere i terzi in grado di conoscere le ragioni di tale scelta ed eventualmente opporvisi. Infatti, è ora previsto che il debitore o qualsiasi altro creditore possono impugnare dinanzi al giudice la decisione di apertura della procedura principale di insolvenza per motivi di competenza giurisdizionale internazionale. La decisione di apertura della procedura principale di insolvenza può essere impugnata da parti diverse da quelle previste dal paragrafo 1, ovvero per motivi diversi dalla mancanza di competenza giurisdizionale internazionale, qualora il diritto nazionale lo preveda24. Insomma, il Regolamento dà alle parti- debitore, creditori e parti diverse, se legittimate dalla normativa nazionale- uno strumento processuale con il quale contestare la decisione di apertura, per motivi di competenza o anche per motivi diversi. In questo senso, il Regolamento sembra accogliere quanto, nel nostro ordinamento, oramai era considerato pacifico: la possibilità di contestare la competenza attraverso rimedi giurisdizionali. Un problema pervasivo, che si pone quando il giudice esercita i controlli sulla competenza, è quello dei conflitti. Il problema può avere duplice natura: si possono configurare conflitti negativi, allorché i giudici dei diversi Stati membri neghino la propria giurisdizione sulla procedura principale, limitandosi a dichiarare aperte

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Art. 4, paragrafo 2, Reg. n. 848/2015.

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procedure territoriali; si possono dare conflitti positivi (ed il caso è più frequente), allorché più giudici dei diversi Stati membri si dichiarino competenti sulla stessa procedura principale. Il Reg. n. 1346/2000 non detta alcuna disposizione al riguardo, differentemente dal Reg. n. 44/200125, ma il corretto funzionamento dovrebbe escludere che più giudici si ritengano competenti per la medesima procedura, dal momento che la dichiarazione di una pluralità di fallimenti collide con la concorsualità. Come abbiamo precedentemente detto (retro, Sezione I, cap. I), il problema della litispendenza internazionale sarebbe in realtà un falso problema, dal momento che si avrebbe a che fare con il riconoscimento degli effetti della decisione di apertura di una procedura principale (id est, il momento in cui è aperta una procedura di insolvenza26) e non di litispendenza in senso stretto. Di quest’ultima si potrebbe parlare soltanto nel momento immediatamente precedente alla dichiarazione di fallimento da parte del giudice dello Stato membro. È stato sostenuto27 che, in quello spazio corrispondente all’istruttoria pre- fallimentare, sarebbe lecito domandarsi se possa rilevare un’eccezione di litispendenza, ovvero un’eccezione che sollevi dinanzi al giudice italiano la circostanza che il giudice straniero abbia già affermato la propria giurisdizione. Tuttavia, allo stesso tempo, si sostiene che il meccanismo di cui all’art. 7 l. n. 218/95 dovrebbe essere scartato perché il giudizio di prevenzione, nonché di prognosi sulla

25 Art. 27 Reg. n. 44/2001. 26

Si veda retro, Sezione III, cap. I.

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riconoscibilità del provvedimento straniero e di sospensione siano difficilmente applicabili in materia. Per quanto infrequente, dati gli

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