• Non ci sono risultati.

Pound e Joyce: il metodo ideogrammatico

L’influenza modernista può essere rintracciata anche nel legame esplicito con scrittori quali Joyce e Pound, menzionati nel Pilot Plan in quanto precursori del movimento concreto. Per quanto riguarda il poeta imagista, egli esercita un influsso per l’economia del linguaggio tipica del movimento a cui appartiene, nonché per l’importanza data all’immagine, anche se utilizzata in maniera differente. Se egli infatti crea una visione fruibile con gli occhi della mente, ai quali è lasciato il compito di visualizzare la scena, dal canto suo il poeta concreto intensifica la dimensione visuale dell’opera e stuzzica i nostri occhi per rappresentare un’immagine cui si aggiunge poco o nulla rispetto al suo sembiante. Uno dei teorici dell’Imagismo, T. E. Hulme, nel suo “Romanticism and Classicism”, spiega che il linguaggio è per sua natura impreciso, in quanto “it expresses never the exact thing but a compromise – that which is common to you, me and everybody”99. L’utilizzo dell’immagine serve,

dunque, a rendere l’espressione poetica definita ed incisiva, a trasferire le sensazioni fisicamente, e questo perché “[i]t is not a counter language, but a visual concrete one. It is a compromise for a language of intuition. It always endeavours to arrest you, and to make you continuously see a physical thing, to prevent you gliding through an abstract process”100. Analogamente Pound, nel suo ABC of Reading101 propone una

nuova visione del linguaggio che nasce grazie agli studi di E. Fenollosa – in particolare degli Essay on The Chinese Written Character – dai quali il poeta ricava un metodo di studio della poesia simile a quello scientifico dei “moderni biologi”. Pound rifugge la tendenza europea alla spiegazione astratta che si infittisce progressivamente basandosi invece sul confronto di istanze concrete del concetto che si vuole analizzare, in consonanza con l’atteggiamento orientale. L’utilizzo dei “luminous details” si evolve quindi nel metodo “ideogrammatico” – menzionato insieme ai Cantos nel Pilot Plan – in cui Pound vede la possibilità di affiancare le immagini senza subordinarle ad una cornice discorsiva, in modo da permettergli di creare un “single, cultural hieroglyph”102 in cui si stratificano idee e linguaggi di culture e periodi storici

differenti. Questo metodo prende ispirazione dall’ideogramma cinese, il cui significato

99T. E. HULME, Romanticism and Classicism, in P. McGuinness (ed.), T. E. Hulme: Selected Writings, New

York, Carcanet, 2004. Web: https://www.poetryfoundation.org, 20/02/19.

100 Ibidem.

101 E. POUND, ABC of Reading, Boston, Faber and Faber, 1991.

102 M. DAVIDSON, Ghostlier Demarcations: Modern Poetry and the Material Word, Berkeley, University of

34

nasce dalla giustapposizione di diversi concetti che tutti conoscono, per cui il segno che indica il rosso, ad esempio, implica un raffronto simultaneo della ciliegia, della ruggine, della rosa e del fenicottero, ossia di quegli elementi che posseggono la caratteristica cromatica in questione. “Life” (Anthology, p. non. num.) (Fig. 13) di Pignatari, ad esempio, illustra questo processo attraverso una progressione per unità che si estende per sei pagine, fondendo dunque la simultaneità dei caratteri orientali con la progressione ideologica europea: la forma dell’ideogramma-nucleo giapponese (日) che sta per “sole” viene spiegata come fusione delle unità precedenti, ossia le lettere I, L, F ed E, che costituiscono anche la parola finale LIFE, nonché il principio vitale sotteso all’ideogramma.

Fig. 13

Se quindi l’alfabeto latino permette l’affermazione di un concetto solamente tramite degli elementi (lettere) osservabili in sequenza, nella scrittura ideogrammatica la rappresentazione mentale avviene in un unico momento e per di più, talvolta, in maniera quasi pittografica. Colto in questa totalità il linguaggio viene concepito “como algo externo a la pasión o a la idea, algo que puede ser trabajado aparte, y alcanzar belleza propia, independiente del pensamiento”103, ritornando ad

essere un oggetto tangibile, che si aggiusta al mondo reale e ai bisogni della società, quasi riacquistando quel valore evocativo che possedeva secoli prima, in ambito magico/sacro. Questa trasformazione, infine, è intenzionalmente attuata dalla poesia concreta, la cui caratteristica, a detta di Gomringer, consiste nel restituire al vocabolo scritto la sua valenza funzionale: “The name ‘concrete poetry’ could be used because of this concern with use of the elements of language – with the word as a totality, for

35

instance, reaching out to semantic, syntactic and pragmatic possibilities – an intelligible object treated with concrete intentions as a useful thing”104. A tale scopo,

le opere concrete non instaurano un discorso con referenti ambigui o astratti ma estrapolano il contenuto informativo direttamente, tramite una “sintesi isomorfica” della parola con l’oggetto descritto, facendo acquisir loro egual valore.

Un altro contributo fondamentale alla creazione di una concezione ideogrammatica del linguaggio si deve innegabilmente a Joyce e alle sue celebri opere, Ulysses e Finnegans Wake, in cui la sperimentazione stilistica raggiunge quote estreme. Lo scrittore, appunto, tratta il linguaggio quasi come fosse argilla, modellandolo a suo piacimento e molto spesso stravolgendolo, per creare termini talvolta irriconoscibili. A tale scopo, egli non si limita alla giustapposizione di immagini e concetti su più livelli di significato, ma fonde letteralmente parole differenti, frequentemente di lingue diverse, creando neologismi personalissimi in forma di lemmi portmanteau. Il magma polilingue che ne deriva, evidente soprattutto nel Finnegans Wake, sfrutta una tridimensionalità del linguaggio cosiddetta “verbivocovisuale”, poiché instaura rimandi intertestuali parallelamente ad associazioni relative a termini assonanti o di simile grafia, tutto nella stessa parola. Si pensi, ad esempio, all’aggettivo theuartpeatrick – utilizzato nel Finnegans – come evoluzione di therapeutic, in cui il significato etimologico riferito alla cura converge con il richiamo alla celebre frase pronunciata da Cristo nell’atto di edificare la Chiesa (Thou art Peter), per curare l’uomo dai mali derivati dal peccato. Nonostante queste associazioni positive il termine comprende però anche trick al suo interno, insinuando una sfumatura relativa all’inganno perpetrato dalla Chiesa nei secoli per assoggettare l’uomo attraverso i suoi stratagemmi105.

Allo stesso modo, molte poesie concrete, tra cui “kreuz” (Anthology, p. non. num.) (Fig. 14) di Jandl, mettono in atto un processo affine: nell’opera del poeta austriaco troviamo una scomposizione del termine “croce” dal quale nascono altre parole, anche in lingue diverse – come eu, che in greco vuol dire “buono”, reu, dal tedesco Reue, ossia “pentimento”, kreu, che in dialetto viennese indica l’imperativo del verbo “strisciare” e infine z, interiezione tedesca di cortese disapprovazione e anche ultima lettera dell’alfabeto, indicante la fine – che esprimono concetti correlati alla croce e al suo portatore.

104 E. GOMRINGER, “Max Bill und konkrete poesie”, cit., p. 69.

36 Fig. 14

Analogamente, anche “clock of modernity” (Anthology, p. non. num.) (Fig. 15) di De Vree viene definita poesia verbivocovisuale, in quanto le tre dimensioni comunicative sono al lavoro sullo stesso piano: visivamente la poesia rappresenta l’orologio della modernità governata dalla convenzione, poiché le sillabe al posto delle ore acquistano significato solo quando vengono unite ad un concetto-chiave, qui la parola inglese rage, sonoramente contrastante con le parole francesi da esso derivate, che scandiscono la rapida successione della rabbia che affrontiamo nelle varie fasi della vita contemporanea, inclusa quella causata dalla tempesta (orage) nata dagli scontri politici, dal traffico (virage) o dai nostri sogni andati in frantumi (mirage).

37

Ritornando a Joyce, il lavoro dello scrittore non è riconducibile, come in Pound, all’utilizzo del solo metodo ideogrammatico, ma anche a quello di vere e proprie parole-ideogrammi, che trasmettono un concetto tramite la loro forma: si pensi allo Ulysses e al suo VII capitolo (Aeolus) organizzato intorno al disegno di due chiavi incrociate circoscritte in un cerchio, richiamate sonoramente dal personaggio Keyes ma soprattutto visivamente dalla croce di Cristo – chiaro riferimento a quella che i personaggi devono portare – nonché dal segno dell’incognita matematica. Inoltre, la X diviene un rimando al decimo capitolo (Wandering Rocks), considerato una “miniaturizzazione” del romanzo (il cerchio), all’interno del quale costituisce un ruolo fondamentale106. Tutto questo Joyce lo fa vedere ai suoi lettori per sottolineare

l’importanza di quella che Stephen chiama ineluctable modality of the visible, ineluttabile perché “il pensiero non può esistere senza la vista, e più in generale senza i sensi, in quanto elaborazione dei dati che essi fornisono; senza percezioni, anzi, non esiste nemmeno la realtà: esse est percipi”107. Un altro presupposto fondamentale del

pensiero è però anche il linguaggio, che secondo i decostruzionisti “doesn’t just reflect or record the world: rather, it shapes it, so that how we see is what we see”108, da cui

deriva la ineluctable modality of the audible. Di queste modalità i poeti concreti sono più che consapevoli e proprio per questo auspicano la “organic interpenetration of time and space”109 attuata da Joyce, ossia la fusione della simultaneità della

percezione visiva alla sequenzialità del linguaggio, proprio come cerca di fare Stephen nel cap. III, nel momento in cui, rendendosi conto di essere “A very short space of time through very short times of space”110, opera la fusione tra il nacheinander («uno

dopo l’altro») e il nebeneinander («uno vicino all’altro»), concetti ripresi da Lessing, che, in quanto fautore della separazione tra le arti, nel menzionato Lacoonte li percepiva in maniera inconciliabile, distinguendo il primo come dominio della poesia e il secondo in quanto circoscritto alla pittura. Joyce, d’altro canto, si rende conto che queste nozioni non sono escludibili dalla percezione della realtà, di conseguenza l’opera d’arte che vuole essere rappresentazione del mondo deve abbracciarle entrambe, tramite un linguaggio, scritto o figurativo, che possegga una dimensione

106 F. GOZZI, Fuori del labirinto: per una lettura di Ulysses, capp. 1-11, Pisa, ETS, 1993. 107 Ivi, p. 74.

108 P. BARRY, Beginning Theory: An Introduction to Literary and Cultural Theory, Manchester, Manchester

University Press, 20093, p. 59.

109 A. DE CAMPOS, D. PIGNATARI e H. DE CAMPOS, op. cit., p. 72. 110 J. JOYCE, Ulysses, Harmondsworth, Penguin books, 1993, p. 45.

38

progressiva quanto sincronica. Questo linguaggio è proprio quello ricercato dalla poesia concreta tramite il processo di oggettivazione e riduzione, volti a definire la parola come atto spaziale. Afferma Zarate

En un poema concreto, en cambio, el sintagma no constituye una necesidad ulterior de la expresión. Según un concepto nuevo de estructura y de temporalización del espacio, la palabra no siempre requiere el flujo discursivo. El lenguaje puede entrar así en un campo simbólico de relaciones, estableciendo, como instantes de lo uno y lo múltiple, un orden discontinuo, simultáneo o posicional de conjunciones verbales. La palabra, libre de las presiones del tiempo de la lectura y de sus ambigüedades concomitantes, queda desnuda, descubre su gesto, su fisonomía, brillando en la plenitud de su evidencia concreta. De ahí tambien el valor que asume el espacio que la rodea y se entremezcla a un mundo de resonancias sustantivas111.

Al riguardo, si veda “Io and the ox-eye daisy”112 di Roland Johnson (Fig. 16).

Fig. 16

L’opera racconta dell’incontro di Io, trasformata in giovenca (al cui stato animale fa riferimento ox) con una margherita (oxeye daisy) durante il suo confuso vagare

111 A. ZARATE, op. cit., p. 82.

112 R. JOHNSON, “Io and the Ox-eye Daisy”, in Poor.Old.Tired.Horse, n. 19, Ceres, Wild Hawthorn Press,

39

(daze) per sfuggire alla vendetta di Era, moglie del suo potente amante. Nella poesia i livelli di significato si fondono simultaneamente a quelli figurativi nel corso della narrazione, la cui progressione è rilanciata dalla dimensione sonora del testo: il moo iniziale è infatti il verso di Io trasformata, ma richiama visivamente la parola moon – bianca su fondo scuro come la luna nella notte – alla quale il personaggio è associato tramite l’identificazione con la dea egizia Iside. Inoltre daze si accorda sonoramente a daisy, così come (I), l’occhio di Io, richiama l’omofono eye, anche a livello visivo, come fa la figura successiva, un (o) rovesciato, riferito alla margherita (oxeye) e allo stesso tempo ad Argo, a cui era stato dato l’ordine di sorvegliare la vacca. Questi caratteri, realizzati dal poeta-disegnatore inglese John Furnival, autore di poesie grafiche quali “the fall of the tower of babel”113 e “ring around a rosy”114, sottolineano l’importanza

dell’aspetto tipografico nella poesia concreta, dove forma e colore del segno verbale, così come lo spazio grafico tra una parola e l’altra, vengono considerati alla stregua degli elementi di significato della pittura, per l’appunto linea colore e forma.

Anche in Ulysses, infine, avvertiamo una certa rilevanza dell’assetto visivo dei caratteri – ad esempio con l’inclusione, all’interno del romanzo, di tecniche narrative appartenenti ad altri generi letterari, come l’articolo giornalistico nel cap. VII o il dialogo teatrale con tanto di indicazioni di scena del cap. XV, per non parlare del finale monologo interiore di Molly, la cui repentina successione di pensieri è resa graficamente da frasi che si susseguono senza nessuna punteggiatura. Tale assetto prettamente visivo si sarebbe potuto tuttavia sviluppare maggiormente se pensiamo allo schema di corrispondenze di ogni capitolo, a cui è associato un colore, che poteva essere reso visivamente, ad esempio, tramite l’utilizzo di carta colorata, o un’arte, che si poteva palesare per mezzo di una scrittura in un font specifico. Veri e propri modelli da imitare per quanto riguarda l’aspetto tipografico del testo sono infatti altri poeti, menzionati anch’essi nel manifesto del ‘58.

1.5. Forerunners e antecedenti

Documenti correlati