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Pre-transizione Post-transizione Attuale

PRE TRANSIZIONE

POST- TRANSIZIONE P HbA1c % (mmol/l) 7.9±1.3 (63±14) 8.2±1.6 (62±17.8) p = 0.27 Visite (n) 5.4±3.4 5.1±2.9 p = 0.73 Complicanze acute (n) 0.2±0.5 0.2±0.7 p = 0.87 Complicanze croniche (n) Retinopatia 0 0.06±0.2 p = 0.04 Neuropatia 0.05±0.2 p = 0.08 Nefropatia 0.01±0.1 p = 0.3

La valutazione effettuata nel nostro studio per identificare i fattori, riscontrati nei pazienti prima di effettuare la transizione, con un valore predittivo negativo sul controllo metabolico, ha messo in evidenza che, livelli di HbA1c > 7.9% (valore della mediana del campione) al momento del passaggio, si associano ad un aumento statisticamente significativo del rischio di mantenere valori di HbA1c > 7.9% durante il periodo della transizione (OR = 3, 95% IC 1-8.5, Figura 3).

È emerso, inoltre, come una durata del diabete > 10 anni (valore mediano del campione) al momento della transizione, determini un rischio significativamente maggiore di un cattivo controllo metabolico (HbA1c > 7.9%) a due anni di distanza dal passaggio (OR = 4.2, 95%

IC 1,2-15,

Figura 4

).

39

Figura 3: Sono rappresentate le percentuali dei pazienti con valori di HbA1c, rilevati a due anni dalla transizione, < 7.9% (blue) o > 7.9% (rosso). I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, in base al valore di HbA1c rilevato alla transizione, > 7.9% (grafico a sinistra), < 7.9% (grafico a destra). Tra i pazienti con valori di HbA1c alla transizione > 7.9% (a sinistra), il 63% ha mantenuto costanti

tali valori (rosso), mentre il 37% ha ottenuto un miglioramento del controllo metabolico (blue). Nei pazienti con valori di HbA1c alla transizione < 7.9% (a destra), il 64% ha mantenuto costanti tali

valori (blue), mentre il 36% ha ottenuto un peggioramento del controllo metabolico (rosso).

Figura 4: Sono riportate le percentuali dei pazienti con valori di HbA1c, rilevati a due anni dalla transizione < 7.9% (blue) o > 7.9% (rosso). I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi, a seconda della

durata in anni del diabete (<10 aa., grafico di sinistra, ≥10 aa, grafico di destra). Nel gruppo dei pazienti con durata di malattia inferiore (a sinistra), a due anni dalla transizione il 76%

di essi presenta valori di HbA1c < 7.9% (blue) contro il 24% di quelli con valori > 7.9% (rosso). Nel gruppo dei pazienti con una maggiore durata di malattia (a destra), a due anni dalla transizione

solo il 43% di essi presenta valori di HbA1c < 7.9% (blue), contro il 57% di quelli con valori > 7.9% (rosso).

37%

63%

HbA1c pre-transizione

> 7,9%

64%

36%

HbA1c pre-transizione

< 7,9%

< 7,9 > 7,9

76%

24%

Anni DM < 10 al

passaggio

43%

57%

Anni DM ≥ 10 al

passaggio

< 7,9 > 7,9

40 Il nostro studio ha evidenziato anche la tendenza dei pazienti con una scarsa partecipazione al follow-up in Diabetologia Pediatrica (numero di visite < 5 negli ultimi due anni prima del passaggio) a presentare livelli di HbA1c elevati (> 7.9%) a due anni dalla transizione; tuttavia tale associazione non raggiunge la significatività statistica.

Anche durante i due anni successivi alla transizione, la scarsa partecipazione alle visite (in questo caso nel Centro Diabetologico dell’Adulto) mostra la tendenza ad associarsi a valori più elevati di HbA1c (> 7.9%), senza tuttavia raggiungere, anche in questo caso, la significatività statistica.

Non è emersa invece alcuna associazione tra il livello di scolarità dei pazienti e il controllo metabolico post-transizione.

41

V

ALUTAZIONE DEL GRADIMENTO RIGUARDO ALLE MODALITÀ DELLA TRANSIZIONE

L’80% dei giovani ha riferito o di non essere stato per nulla preoccupato dal trasferimento o di aver provato una minima preoccupazione. Il 60% di essi inoltre si sentiva abbastanza preparato alla transizione, il 22% invece lo era poco o addirittura per niente.

La quasi totalità dei pazienti si è dichiarata soddisfatta sia del servizio di Diabetologia dell’Adulto (91%), sia del rapporto instaurato con il team (100%). Inoltre, secondo l’80% degli intervistati, il medico dell’adulto è in grado di comprendere in modo soddisfacente i loro bisogni.

Per quanto riguarda il tempo di attesa dei servizi, il 60% dei pazienti lo definisce per niente o poco lungo, contro un 40% di essi che invece lo ritiene eccessivamente prolungato. Infine, le informazioni ricevute nel periodo della transizione, riguardo ad esempio al conseguimento della patente di guida o relative alla sfera sessuale, sono state giudicate nel complesso esaustive (80%).

Delle 24 pazienti che hanno risposto al questionario, il 79% si è dichiarato abbastanza o molto soddisfatto delle informazioni ricevute in merito alla gravidanza.

42

DISCUSSIONE

Il controllo metabolico, stimato tramite i valori di HbA1c, è una delle variabili più frequentemente prese in esame negli studi che valutano l’impatto della transizione delle cure nel DMT1A[38, 57, 74, 75, 77, 78].

Il presente lavoro di tesi non ha evidenziato alcuna differenza statisticamente significativa nei livelli circolanti di HbA1c tra il periodo pre- e post-transizione, dato in linea con gli studi che hanno valutato l’efficacia di specifici programmi di transizione[74-76].

Un recente lavoro[70] svolto in un ospedale italiano ha riscontrato che, a distanza di 2-12 anni dal trasferimento, il 19% dei pazienti con DMT1A aveva abbandonato il follow-up nel Centro di Diabetologia dell’Adulto.

Nella nostra casistica, l’8.4% (6/71) dei pazienti non ha continuato il follow-up specialistico nel Centro Diabetologico di riferimento. Inoltre, in un periodo compreso tra i tre e gli otto anni dalla transizione, il 18% (13/71) dei pazienti non frequenta più il Servizio dell’Adulto.

Tale abbandono è legato alla necessità dei pazienti di affidarsi alle cure di altri Centri specialistici per motivi familiari, di studio o di lavoro, non rappresentando, quindi, una conseguenza diretta della transizione delle cure.

Gli adolescenti tendono a diradare il follow-up specialistico, indipendentemente dal fatto che la transizione sia strutturata[88, 93, 94] o meno[57, 68, 72, 95]. Questa tendenza si associa allo sviluppo di complicanze sia acute che croniche del diabete e ad una maggiore mortalità in questa fascia di età.

Nel campione analizzato in questa tesi, tuttavia, non è stata riscontrata una diminuzione statisticamente significativa del numero di visite effettuate nel periodo post-transizione. Il periodo della transizione è associato ad un aumentato rischio di complicanze acute del diabete. Tale evento presenta diverse concause, quali la progressiva diminuzione dell’attenzione dei genitori sulla gestione della malattia del figlio, lo stress relativo alla scuola o alle prime esperienze lavorative, l’irregolarità dei pasti, la riduzione dell’attività fisica e lo sviluppo di abitudini voluttuarie (alcol, fumo).

43 L’aumento del numero di ospedalizzazioni per complicanze acute è stato riscontrato in diversi Centri che non adottano alcuno specifico programma di transizione[87, 96], mentre non si è verificato laddove è presente una transizione strutturata[30, 39].

Nel presente lavoro di tesi non è stata segnalata alcuna variazione statisticamente significativa nel numero di complicanze acute del diabete (ipoglicemie gravi e chetoacidosi), dato in linea con quanto riportato in letteratura.

Uno studio[72] ha mostrato come, in assenza di una transizione strutturata, aumenti negli adolescenti il rischio di sviluppare precocemente le complicanze croniche del diabete, con particolare riferimento alla retinopatia.

Nella nostra casistica è stato riscontrato un aumento statisticamente significativo del numero di retinopatie, un dato tuttavia da interpretare con cautela, in quanto tale complicanza si è verificata in un numero molto limitato di pazienti (4/63), accomunati da un precoce esordio della malattia e da un controllo metabolico non ottimale già durante il periodo delle cure pediatriche.

Diversi studi di letteratura hanno ricercato quali variabili siano in grado di influenzare gli esiti di salute degli adolescenti prossimi alla transizione.

Ad esempio, due studi[70, 77] hanno dimostrato che elevati valori di HbA1c pre- transizione si associano ad un peggior controllo metabolico durante il passaggio, ad una ridotta partecipazione al follow-up specialistico e ad un aumentato rischio di abbandono delle cure.

Anche nel nostro studio è emerso che i pazienti con un peggior controllo metabolico al momento del passaggio hanno valori di HbA1c elevati anche a due anni di distanza dalla transizione.

È stato rilevato, inoltre, che la lunga durata della malattia, prima della transizione, determini un aumento del rischio di deterioramento del controllo metabolico a seguito del passaggio. Questo particolare riscontro può dar luogo a varie interpretazioni.

Innanzitutto, in un paziente con una lunga storia di malattia, può subentrare la stanchezza nel dover affrontare ogni giorno le difficoltà e le sfide legate ad una patologia cronica come il diabete mellito. Allo stesso tempo l’adolescente, abituato a relazionarsi da anni con il proprio pediatra e con il suo approccio alle cure di tipo paternalistico, potrebbe non

44 adattarsi in maniera ottimale all’ambiente, più distaccato e formale, della Diabetologia dell’Adulto.

Inoltre, un adolescente che convive con il diabete da anni, potrebbe ostentare un’eccessiva confidenza nei confronti della gestione quotidiana della malattia, senza tuttavia aver acquisito ancora le competenze necessarie per mantenere un controllo metabolico ottimale, in un momento in cui si affievolisce l’autorità e il controllo genitoriale.

Infine, un paziente con diabete insorto da molto tempo, ha probabilmente ricevuto una prima educazione nei confronti della malattia basata su modalità ormai superate e potrebbe non possedere la flessibilità necessaria per adattare i propri schemi mentali a nuove modalità di gestione della terapia.

Le Società Internazionali di Diabetologia raccomandano che i pazienti diabetici, durante la transizione, effettuino almeno una visita specialistica ogni tre mesi[84], in quanto la continuità delle cure riduce notevolmente il rischio di abbandono del follow-up e del peggioramento del controllo metabolico.

Il nostro studio ha evidenziato, seppur in modo non statisticamente significativo, che i pazienti con un basso numero di visite (< 10), in un periodo complessivo di quattro anni (due anni prima e due dopo la transizione), hanno un peggiore controllo metabolico. Diversi studi[77, 88, 97] hanno valutato il grado di soddisfazione degli adolescenti con DMT1A nei confronti della transizione. Dal 57% al 94% dei pazienti coinvolti è stata riferita una piena soddisfazione per le modalità del passaggio, mentre il 2% - 20% si è dichiarato insoddisfatto.

Nel presente lavoro di tesi, il 91% dei pazienti con DMT1A che hanno risposto al questionario AMD si è dichiarato pienamente soddisfatto della transizione.

È stata espressa una generale soddisfazione per il livello di preparazione raggiunto al termine dell’esperienza nell’ambulatorio pediatrico, per il rapporto instaurato con i Diabetologi del Centro dell’Adulto e per la completezza delle informazioni ricevute riguardo alle tematiche più critiche dell’età adolescenziale (salute sessuale, abuso di fumo e droghe, conseguimento della patente di guida).

Tuttavia, quasi la metà dei pazienti ha riferito la presenza di un eccessivo intervallo di tempo tra le visite specialistiche all’interno del Centro dell’Adulto.

45 Questo dato è abbastanza allarmante, in quanto la mancanza di continuità delle cure è uno dei fattori di rischio più importanti per l’abbandono del follow-up specialistico[98].

Limitazioni

Il presente lavoro di tesi mostra alcuni limiti: 1) si tratta di uno studio retrospettivo; 2) ha riguardato un campione limitato di pazienti; 3) non è stato possibile reperire per tutti i pazienti i valori delle variabili prese in esame.

L’assenza di un gruppo di controllo, comprendente i pazienti che hanno effettuato il passaggio prima dell’introduzione della procedura di transizione, non permette di valutarne appieno l’impatto.

46

CONCLUSIONI

Il presente lavoro di tesi ha rilevato l’efficienza della procedura di transizione delle cure nel DMT1A adottata nell’AOUP, in quanto, nonostante le difficoltà gestionali ed emotive connesse al periodo della transizione, da parte dell’adolescente, della sua famiglia e dello stesso personale sanitario, il controllo metabolico e le altre variabili prese in esame (numero di visite specialistiche e di complicanze acute e croniche del diabete) non hanno subito modificazioni statisticamente significative a seguito del passaggio. Soltanto una piccola percentuale di pazienti ha sviluppato retinopatia diabetica, entro un breve lasso di tempo dalla transizione stessa. In questi casi, è verosimile che tale complicanza trovi, in parte, le sue radici in un non ottimale controllo glico-metabolico in età evolutiva.

I pazienti hanno manifestato una generale soddisfazione per le modalità della transizione, ritenuta graduale e per nulla traumatica.

Tuttavia, una cospicua percentuale di essi (67%, 42/63), a due anni dalla transizione, presenta un controllo metabolico subottimale, con valori di HbA1c >7.5%, un dato certamente non virtuoso e sulle cui cause bisognerebbe indagare più approfonditamente. Un primo passo per migliorare il controllo glico-metabolico, potrebbe essere l’identificazione dei pazienti maggiormente a rischio di peggiorarlo durante la fase transizione, che nel nostro studio corrispondono ai soggetti con valori più elevati di HbA1c e con una maggiore durata di malattia al momento del passaggio.

Proprio verso questi pazienti “vulnerabili” bisognerebbe investire nuove risorse che consentano, ad esempio, di stabilire con maggior accuratezza la loro reale preparazione al passaggio, sia per quanto concerne gli aspetti pratici di gestione quotidiana della malattia che per quelli emozionali, entrambi strettamente correlati ad una patologia cronica come il DMT1A.

A questo scopo potrebbe essere d’aiuto l’introduzione di strumenti di misurazione oggettiva del livello di preparazione, come il Transition Readiness Assessment Questionaire (TRAQ) o l’Adolescent Assessment of Preparation for Transition (ADAPT).

Sarebbe utile ricercare in futuro, tramite la somministrazione di questionari personali o di interviste, la presenza di altri fattori che condizionino i risultati della transizione, come, ad esempio, il tipo di nucleo familiare del paziente, la stabilità della sua occupazione, la

47 presenza di comorbidità e lo sviluppo di comportamenti a rischio, come l’abitudine al fumo o il consumo di alcol e droghe.

Bisognerebbe inoltre valutare le possibili relazioni tra la transizione e l’utilizzo, sempre più diffuso negli adolescenti con DMT1A, dell’infusione sottocutanea continua di insulina (Continuous Subcutaneus Insulin Infusion, CSII) tramite microinfusori e soprattutto del monitoraggio continuo della glicemia in tempo reale (Real-Time Continuous Glucose Monitoring, RT-GCM), strumenti dimostratisi sicuri ed efficaci e che, migliorando l’aderenza terapeutica, garantiscono un miglior controllo metabolico, con un minor rischio di complicanze acute del diabete[99].

Dovranno essere sviluppate delle linee guida che limitino le discordanze presenti, allo stato attuale, tra i Pediatri e gli Internisti, riguardo alle modalità di utilizzo di tali dispositivi, in modo che l’adolescente non sviluppi ulteriori problematiche a seguito del passaggio delle cure.

Una ricerca più ampia sulla transizione sarà possibile tramite studi multicentrici, che si estendano dall’ambito pediatrico a quello dell’adulto. Il metodo di transizione non potrà verosimilmente essere uno solo, vista l’estrema eterogeneità dei sistemi di cura e delle risorse umane ed economiche. Tuttavia, in questi anni, caratterizzati dall’aumentata possibilità di accesso alle tecnologie più sofisticate, l’acquisizione e l’elaborazione di dati di follow-up potrebbero essere facilitati dalla presenza di registri nazionali. Un approccio di collaborazione tra i diversi Centri di Diabetologia dell’Adulto consentirebbe di avere più dati disponibili per la ricerca.

Concludendo, in base a quanto emerso dalla letteratura e dalla presente tesi, il miglior approccio pratico alla transizione dovrebbe continuare a essere fondato sull’esperienza di grandi Centri e su linee guida condivise. La transizione delle cure dovrebbe avvenire secondo una procedura pianificata, concordata in anticipo con il paziente, volta a garantire la continuità delle cure e soprattutto personalizzata sulla base alle esigenze del singolo paziente.

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