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2.9 Classificazione diagnostica su biopsia e citologico

2.9.1 Prelievo bioptico

Le metodologie di prelievo per ottenere un campione bioptico sono principalmente l’agobiopsia tramite broncoscopia a fibra ottica o transbronchiale e l’agobiopsia “core” transcutanea ecoguidata o TC-guidata.

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2.9.2 Tipi di prelievo citologico

I prelievi citologici si possono suddividere in FNA (aspirati con ago sottile) o esfoliativi. Questi ultimi comprendono l’esame dello sputo, il brushing bronchiale, il lavaggio bronchiale, il lavaggio broncoalveolare e i versamenti da cavità pleurica o peritoneale. Gli FNA si effettuano per via trans-toracica eco-guidata nel caso di lesioni periferiche e per via transbronchiale o endobronchiale in caso di lesioni centrali. Una tecnica che permette di effettuare un prelievo ottimale è l’eco-endoscopia transbronchiale associata alla valutazione estemporanea dell’adeguatezza del prelievo effettuata dal patologo (ROSE, Rapid On Site Evaluation).

L’esame dello sputo viene effettuato senza endoscopia ed è l’esame meno invasivo tra i citologici esfoliativi, ma anche il meno sensibile; viene esaminato l’escreato delle vie aeree inferiori e superiori. Il brushing bronchiale è eseguito tramite esfoliazione della mucosa bronchiale in visualizzazione broncoscopica. I lavaggi bronchiali sono ottenuti in seguito al brushing, con lavaggio tramite soluzione salina. Il lavaggio broncoalveolare viene effettuato instillando soluzione salina negli alveoli e ri-aspirandola in piccole frazioni. L’esame del liquido pleurico viene effettuato tramite aspirazione del versamento.

Il materiale bioptico viene processato secondo le metodologie standard e incluso in paraffina; il citologico può essere strisciato su vetrino, fissato e colorato; quando possibile, se il materiale è riccamente cellulato, questo può essere centrifugato per ottenere un citoincluso. Il vetrino citologico o bioptico viene poi valutato dal patologo che lo assegna a una delle categorie diagnostiche. La diagnosi su piccola biopsia o su citologico non permette di avere una visione completa della neoplasia, pertanto il referto diagnostico su questi preparati deve fornire l’orientamento diagnostico per il miglior trattamento del paziente.

2.9.3 Le linee guida internazionali IASLC/ATS/ERSC

Per rendere più omogenea la classificazione diagnostica su biopsie e citologici, nel 2011 sono state stilate le linee guida internazionali40 IASLC/ATS/ERSC (International

Association for the Study of Lung Cancer/American Thoracic Society/European Respiratory Society Classification), che prevedono una semplificazione della terminologia

e forniscono delle raccomandazioni per un uso ottimale del materiale a disposizione. Le categorie diagnostiche sono ridotte all’essenziale: carcinoma non a piccole cellule

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(NSCLC) che comprende adenocarcinoma (ADC) e carcinoma squamoso (SqCC), e carcinoma a piccole cellule (SCLC).

Tabella 4 Categorie diagnostiche e caratteristiche immunofenotipiche

NSC

LC

ADC Morfologia compatibile con ADC

NSCLC, orientativo per ADC

Morfologia e/o ulteriori esami (TTF1+, mucine+, p40/p63-) orientativi per ADC

SqCC Morfologia compatibile con SqCC

NSCLC, orientativo per SqCC

Morfologia e/o ulteriori esami (p40/p63+) orientativi per SqCC

NSCLC, NOS

Morfologia dubbia: sia aspetti ADC che SqCC oppure aspetti sarcomatoidi oppure aspetti di carcinoma a grandi cellule

Ulteriori esami non dirimenti

S

C

C

SCC o orientativo per SCC

Morfologia e ulteriori esami (sinaptofisina+, cromogranina+)

Altro Metastasi o altra neoplasia non epiteliale, in base alla morfologia e alle analisi immunoistochimiche

ADC: l’adenocarcinoma su biopsia o citologico può mostrare uno o più pattern di crescita

(lepidica, papillare, micropapillare, acinare, solida), strutture a palizzata e a nido d’ape; la morfologia cellulare mostra citoplasma traslucido basofilo con o senza vacuoli, nuclei eccentrici con cromatina dispersa e irregolare e spesso un unico macro-nucleolo.

SqCC: la differenziazione squamosa può essere riconosciuta dalla cheratinizzazione con o

senza la formazione di vere perle cornee e dalla presenza di marcati ponti intercellulari. Nella colorazione citologica con Papanicolaou le cellule cheratinizzate si colorano in arancio o rosso, mentre nella colorazione Romanowsky appaiono blu. Il citoplasma è ampio, opaco con margini citoplasmatici netti. I nuclei sono solitari e centrali, spesso geometrici, cromatina densa omogenea e spesso picnotica; i nucleoli sono solitamente assenti.

NSCLC, NOS: nel caso in cui il materiale non abbia le caratteristiche necessarie per

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ulteriormente specificabile (NSCLC, NOS). In ragione delle importanti differenze terapeutiche tra adenocarcinoma e altri istotipi, è richiesto l’utilizzo di ulteriori esami per classificare in modo più preciso possibile il NSCLC, NOS.

È sconsigliato l’utilizzo del termine non-SqCC.

Se il materiale presente nella biopsia o nel citologico è poco differenziato, non si hanno i criteri minimi per poter fare una diagnosi di certezza dell’istotipo. In questo caso si possono utilizzare altre analisi diagnostiche come l’istochimica e l’immunoistochimica come ausilio. Secondo le linee guida internazionali IASLC/ATS/ERSC il materiale disponibile deve essere utilizzato in modo efficente, con il minor numero di sezioni necessarie per arrivare alla diagnosi e salvaguardarne una parte per gli eventuali esami molecolari. Il corretto inquadramento in un team multidisciplinare aiuta nella scelta strategica dei marcatori da esaminare e velocizza la diagnostica. Qualora fosse presente sia la biopsia che il citologico, questi vengono valutati congiuntamente per confrontarne la morfologia e refertare in modo concorde. I sottotipi istologici dell’adenocarcinoma possono essere sospettati all’istologico ma non possono essere identificati dalla citologia perchè manca completamente l’architettura della lesione.

Per ottimizzare le analisi con il poco materiale disponibile sono stati suggeriti diversi approcci. Una volta confermata la presenza della neoplasia all’ematossilina/eosina, vengono preparate diverse sezioni in bianco (in numero variabile a seconda delle esigenze, 5-15 sezioni) da utilizzare per l’immunoistochimica e per le analisi molecolari. Un metodo alternativo è avere la biopsia inclusa in due blocchi saparati, di cui uno esclusivamente per le analisi molecolari.

È assolutamente sconsigliata l’assegnazione alla categoria di carcinoma in situ (adenocarcinoma in situ o adenocarcinoma mucinoso in situ/minimamente invasivo) perchè la ridotta dimensione del campione spesso non riflette l’aspetto della neoplasia. Nei casi in cui non si ha un’evidente invasività della neoplasia andrà diagnosticato come adenocarcinoma con crescita lepidica.

È sconsigliato l’utilizzo del termine carcinoma a grandi cellule come categoria diagnostica, perchè la ridotta dimensione del campione non permette di escludere la presenza di un’altra componente maggiormente differenziata ed escluderebbe il paziente da esami molecolari a fini terapeutici.

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Se il campione presenta caratteristiche morfologiche che orientano verso una diagnosi di carcinoma pleomorfo o sarcomatoide (polimorfismo, presenza di cellule giganti atipiche, presenza predominante di cellule fusate) questo andrà riportato nella diagnosi; la diagnosi sarà orientata verso l’istotipo maggiormente riconoscibile (ADC, SqCC), con una nota sulla presenza di aspetti pleomorfi o sarcomatoidi. Qualora l’intero materiale fosse costituito dalla morfologia sarcomatoide la diagnosi sarà di NSCLC, NOS con aspetti sarcomatoidi.

2.9.4 Immunoistochimica su piccola biopsia o citologico

I marcatori suggestivi per la differenziazione squamosa sono le citocheratine ad alto peso molecolare, tra le quali p40 e p63 sono quelle maggiormente utilizzate. In particolare p40 sembra essere più specifica perchè non mostra positività nell’adenocarcinoma scarsamente differenziato ed evita i falsi positivi41. L’adenocarcinoma può avere una positività focale e debole per p63 (nel 20% dei casi), al contrario del carcinoma squamoso che ha sempre un’espressione citoplasmatica intensa e marcata in tutte le cellule neoplastiche. Le linee guida internazionali raccomandano pertanto l’uso della p40 per individuare l’istotipo squamoso nei casi dubbi.

I marcatori più specifici per l’adenocarcinoma polmonare sono TTF-1 e napsina A, ai quali può essere associata la colorazione istochimica per le mucine intracitoplasmatiche. I casi con morfologia dubbia (NSCLC, NOS) possono essere quindi colorati con TTF1 e p40, che tendenzialmente sono mutualmente esclusivi rispettivamente per la diagnosi di NSCLC, orientativo per adenocarcinoma (TTF-1+, p40-) e di NSCLC, orientativo per carcinoma squamoso (TTF-1-, p40+).

La positività per entrambi i marcatori (TTF-1 e p40) suggerisce un istotipo adenosquamoso. Tuttavia per effettuare questa diagnosi è necessario valutare la neoplasia in toto ed è pertanto possibile solo nei pezzi operatori; la diagnosi su biopsia sarà NSCLC, NOS con possibilità carcinoma adenosquamoso. Se entrambi i marcatori TTF-1 e p40 sono negativi e la morfologia è scarsamente differenziata è necessario effettuare altre analisi immunoistochimiche. Le citocheratine ad ampio spettro come CK8/18 possono essere utilizzate per confermare una neoplasia epiteliale, associati ad altre analisi per verificare l’origine della neoplasia, che potrebbe essere secondaria. Se la morfologia suggerisce una

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differenziazione neuroendocrina, devono essere richiesti i marcatori specifici (cromogranina, sinaptofisina, CD56).

Per confermare l’origine secondaria, in base anche ai dati clinici, si possono effettuare analisi immunoistochimiche suggestive di metastasi da carcinomi di altra sede come il carcinoma del tratto colon-rettale (CDX-2, CK20), neoplasie mammarie e ginecologiche (recettori estrogenici e progestinici, WT1, PAX8), neoplasie pancreatiche (MUC6) e renali (RCC, CD10, PAX8). Qualora le citocheratine siano risultate negative, in un contesto morfologico privo di differenziazione epiteliale, altri marcatori come S100, CD31 e CD34, EMA, calretinina, BAP1, CD45 possono aiutare nella diagnosi differenziale per melanoma, sarcomi, linfomi, mesotelioma maligno.

Tabella 5 Esami utili nella diagnosi differenziale dei carcinomi polmonari.

CK- pan CK 5/6 P40/p63 TTF 1 NapsA Cromo Sinapt o Mucine ADC + - - + + - - + SqCC + + + -/+ - - - - NEC + - - + - + + - LCC + - - -/+ +/- - - - ADSq + + + (SqCC) - - - + (ADC) Ca pleomorfo + + + (SqCC) +/- - - + (ADC) Carcinosa rcoma + + + (SqCC) +/- - - + (ADC)

ADC: adenocarcinoma; SqCC: carcinoma squamoso; NEC: carcinoma neuroendocrino; LCC: carcinoma a grandi cellule; ADSq: carcinoma adenosquamoso; NapsA: Napsina A; Cromo: cromogranina; Sinapto: sinaptofisina; Mucine: colorazione istochimica per le mucine (es. Alcian blue, PAS)

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3 PATOLOGIA MOLECOLARE

3.1 Geni di interesse nel carcinoma del polmone

Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR)

Il gene EGFR è localizzato nel braccio corto del cromosoma 7, posizione 12, e codifica per una glicoproteina transmembrana della famiglia protein-chinasica. Risulta iperespresso nel 40-80% dei casi di NSCLC oltre che in numerosi altri carcinomi 42 . Un 10-30% dei NSCLC presentano mutazioni di EGFR, in particolare negli esoni 18-21 che sono codificanti per la porzione tirosin-chinasica. Le mutazioni sono generalmente eterozigoti e spesso l’allele mutato è anche amplificato43.

Il 90% delle mutazioni si trova nell’esone 19 con delezioni e sostituzioni CTG -> CGG o nell’esone 21 nel nucleotide 2573, con una sostituzione amminoacidica leucina-> arginina al codone 858 (L858R) 44. Queste mutazioni aumentano l’attività tirosin-chinasica del recettore causando iperattività delle segnalazioni a valle che implicano principalmente meccanismi pro- sopravvivenza cellulare. Le mutazioni di EGFR sono più frequenti nel sesso femminile e in non fumatori (definito come <100 sigarette nel corso della vita) e hanno tipicamente un istotipo adenocarcinoma6,45,46. Sono comunque possibili mutazioni di EGFR anche in altri istotipi e altri profili clinici (ad esempio nei fumatori maschi). I pazienti con mutazioni di EGFR possono essere trattati con gli inibitori specifici del recettore tirosin chinasico (EGFR TKIs) come gefitinib, erlotinib, afatinib con ottime percentuali di risposta. Sono però frequenti le recidive per meccanismi di resistenza comunemente associati con una mutazione nell’esone 20 (T790M, 60 %), amplificazioni di MET o mutazioni di PI3KCA47. Nelle mutazioni di resistenza si ha occasionalmente la trasformazione istologica in neoplasia a piccole cellule47.

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Tabella 6 Frequenza delle mutazioni di BRAF, EGFR, KRAS, PIK3CA, RB, TP53 e HER2 nei diversi istotipi di carcinoma del polmone

Anaplastic Lymphoma Kinase (ALK)

ALK è situato nel braccio corto del cromosoma 2 in posizione 23. Codifica per una proteina

transmembrana con funzioni di recettore ad attività tirosin-chinasica; ALK è un recettore “orfano”, poiché non è noto quale sia il suo ligando naturale nei vertebrati, anche se ne sono stati postulati diversi, dall’eparina48 ad ALKAL149. È implicato in diversi organi,

prevalentemente durante lo sviluppo del sistema nervoso centrale e ha funzioni regolatorie della replicazione e della sopravvivenza cellulare. I riarrangiamenti di ALK sono stati identificati in importanti neoplasie umane come il linfoma anaplastico ALK+, linfoma B a grandi cellule ALK+, tumore miofibroblastico, neuroblastoma. Riarrangiamenti e delezioni di sequenze specifiche conferiscono attivazione costitutiva del recettore; la traslocazione di ALK può avere come conseguenza la fusione ad un altro gene, portando alla traduzione di una proteina chimerica (di fusione). Il dominio carbossi-terminale di ALK risulta dunque fuso alla porzione ammino-terminale di diverse proteine50; un riarrangiamento frequente di

ALK è la proteina di fusione nucleofosmina nel linfoma anaplastico.

Traslocazioni di ALK sono presenti nel 3-7% dei tumori del polmone51, e la più frequente proteina chimerica è EML4-ALK caratterizzata da attività chinasica attivata in modo permanente52. Sia il gene ALK che EML4 (echinoderm microtubule-associated protein-like

4) sono situati nel cromosoma 2, separate da circa 12 Mb, e la traslocazione avviene

prevalentemente tramite inversione [inv(2)(p21p23)] come descritto inizialmente nel 2007 da Soda et al 53. Sono state descritte numerose varianti, in quelle più frequenti si ha il punto

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

BRAF EGFR KRAS PIK3CA RB TP53 HER2

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di rottura nell’introne 19 (raramente nell’esone 20), permettendo al dominio chinasico di trovarsi nella proteina di fusione.

Figura 2. Posizione normale dei geni ALK e EML4 nel cromosoma 2.

Da http://atlasgeneticsoncology.org.

Le mutazioni sono più frequenti nei pazienti non fumatori (<100/vita) o nei fumatori “light” (<10 pacchetti/10 anni), hanno come istotipo l’adenocarcinoma a pattern acinare52 e spesso

con tipologia ad anello con castone54. Altri geni di fusione identificati per ALK sono

KIF5B e TFG 55,56. Nella maggior parte dei casi le traslocazioni di ALK sono mutualmente esclusive con mutazioni di altri geni come EGFR e KRAS52.

Essendo una traslocazione che coinvolge ampie porzioni geniche, la metodica più utilizzata per la diagnosi è tramite FISH, che è anche quella utilizzata per standardizzare i risultati nei trial clinici. Altre metodiche di rilevazione sono l’immunoistochimica con anticorpo specifico (ALK D5F3, Ventana) e la PCR con trascrittasi inversa.

Dalla scoperta della traslocazione, 2007, il passo verso la terapia è stato brevissimo: dati gli ottimi risultati delle analisi precliniche con un inibitore tirosin-chinasico, crizotinib, si è ottenuta l’approvazione dalla FDA americana nel novembre 2013 (Xalkori PF-02341066, Pfizer) all’utilizzo clinico e conseguentemente allo screening nei pazienti con NSCLC metastatici per i riarrangiamenti di ALK50,57.

La durata dell’efficacia di crizotinib è però limitata, per l’insorgenza di mutazioni di resistenza nel 20-40% dei pazienti; le mutazioni più frequenti sono la sostituzione di un’adenina per una guanina in posizione 4374 di EML4–ALK che corrisponde alla sostituzione cisteina->tiroisina in posizione 1156 della proteina ALK (C1156Y), e una sostituzione adenina->citosina di ALK in posizione 4493 che risulta in un cambio leucina- >metionina in posizione 1196 (L1196M)58. Le mutazioni di resistenza agiscono

fondamentalmente attraverso una riduzione dell’affinità di legame per il sito dell’inibitore o un’aumento di attività chinasica del recettore. Altri importanti sistemi di resistenza sono l’amplificazione di ALK e l’attivazione delle vie di segnalazione di EGFR e KRAS.

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Dalla scoperta dei meccanismi di resistenza al crizotinib sono stati sviluppati e approvati i farmaci di seconda generazione: ceritinib (Zykadia, Novartis) e alectinib (Alecensa, Hoffmann La Roche)59,60 approvati con procedure facilitate grazie agli importanti risultati di sopravvivenza rispetto a chemioterapia standard nei pazienti resistenti al Crizotinib 60.

Human Epidermal Growth Factor Receptor 2 (HER2)

HER2, anche noto come ERBB2, NEU, or EGFR2 fa parte di una famiglia di recettori

regolanti proliferazione cellulare, apoptosi, angiogenesi e differenziazione cellulare. HER2 è localizzato nel 17 in posizione 12. La famiglia HER comprende HER1 (maggiormente noto come EGFR o recettore per l’epithelial growth factor), HER2, HER3 e HER4. Sono costituiti da una componente extracellulare di legame col ligando, una porzione transmembrana e un dominio funzionale intracellulare con attività tirosin-chinasica di trasduzione del segnale. I recettori della famiglia HER si trovano in forma monomerica ancorati alla membrana cellulare quando inattivi, ma il legame con uno dei loro specifici ligandi porta all'attivazione del recettore e alla dimerizzazione con un altro recettore della famiglia HER generando autofosforilazione dei numerosi residui di tirosina localizzati nel dominio C-terminale del recettore attivando i pathway RAS/Raf, MEK/MAPK e PI3K/Akt. Esistono 11 ligandi finora identificati per i recettori HER, ma non è mai stato identificato un ligando specifico per HER2, il quale ha un dominio extracellulare differente che non sembra comprendere un sito di legame per i fattori di crescita, ed è per questo denominato recettore “orfano”. Il ruolo biologico di HER2 sembra essere svolto nella eterodimerizzazione con un altro recettore della famiglia HER attivato dal proprio ligando, durante la quale si stabilizza il legame e si induce l’attivazione dei domini intracitoplasmatici di trasduzione del segnale. Le principali mutazioni di HER2 avvengono nell’esone 20 al codone 776 con l’inserzione della sequenza aminoacidica YVMA, che gli conferisce un’attivazione chinasica maggiore e quindi un’iperattività della segnalazione oncogenica61.

Mutazioni attivanti nel dominio tirosin chinasico di HER2 sono state riportate in meno del 5% dei pazienti con NSCLC62 . Studi epidemiologici sulle mutazioni di HER2 nei tumori

del polmone dimostrano una maggiore prevalenza nell’etnia asiatica, sesso femminile, non fumatori e con l’adenocarcinoma come istotipo prevalente62–64. Inoltre l’amplificazione di HER2 sembra essere un meccanismo di resistenza ai farmaci inibitori di EGFR65,66,61.

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ROS1 è localizzato nel braccio lungo del cromosoma 6 in posizione 22, ed è una proteina

transmembrana di tipo I ad attività tirosin-chinasica della famiglia dei recettori insulinici. La sua attività comprende funzioni di crescita e differenziazione cellulare. Il riarrangiamento di ROS è presente nel 2% circa dei tumori polmonari; le mutazioni di ROS1 sono più frequenti nei pazienti giovani (<50 anni), non fumatori, prevalentemente a istotipo adenocarcinoma67 spesso solido e cribriforme. La presenza del riarrangiamento di ROS1 è mutualmente esclusiva con le mutazioni di EGFR, KRAS e i riarrangiamenti di ALK 68.

I riarrangiamenti di ROS1 portano allo sviluppo anomalo di una proteina di fusione tirosin- chinasica costitutivamente attivato. Sono stati identificati due riarrangiamenti di ROS169:

SLC34A2-ROS-1 t(4;6)(q15.2;q22) in cui la fusione si crea tra le regioni N-terminali di SLC34A2 e ALK, e CD74-ROS-1 t(5;6)(q32;q22) in cui l’esone 6 del gene CD74 è fuso

all’esone 34 di ROS-1; altri geni coinvolti in riarrangiamenti sono EZR, TPM3 e SDC468.

Grazie alla similitudine strutturale con i riarrangiamenti di ALK, è possibile utilizzare con successo il Crizotinib anche per i pazienti con riarrangiamento di ROS1. L’FDA ha approvato crizotinib per il trattamento di pazienti con NSCLC metastatico ROS1-positivo. Sono note mutazioni di resistenza al Crizotinib (G2032R e L1951R tra quelle con maggiore resistenza al trattamento, mentre L1982F, E1990G, F1994L e L2026M sono meno frequenti e con minore resistenza a crizotinib). PF- 06463922 (Lorlatinib) supera la barriera emato-encefalica e inibisce ALK/ROS1 competendo con l’ATP, ha maggiore attività rispetto a crizotinib e agli inibitori di seconda generazione quali ceritinib e alectinib. Inoltre, lorlatinib dimostra una marcata attività antitumorale nei modelli con ALK riarrangiato come FIG-ROS-1, CD74-ROS-1, nonché in cellule con la mutazione G2032R di resistenza a crizotinib. Cabozantinib, un inibitore multichinasico di RET, MET e

VEGFR2, ha mostrato capacità di inibire la crescita di cellule di NSCLC CD74-ROS1-

positive sia wild-type sia con mutazione di resistenza G2032R derivate da pazienti crizotinib-resistenti.

Ret Proto-Oncogene (RET)

Il gene RET è localizzato nel braccio lungo del cromosoma 10 in posizione 11.2 e codifica per una protein chinasi coinvolta nella proliferazione e differenziazione cellulare. Mutazioni oncogeniche di RET sono note per altri tipi di neoplasie come quelle tiroidee, ma recentemente è stato associato ad alcune proteine di fusione nel carcinoma del polmone, principalmente con la kinesin family member 5B (KIF5B) 68 55, CCDC6-RET, NCOA4-

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RET, e TRIM33-RET 70. Così come per ALK e ALK, le traslocazioni di RET sono associati ad uno specifico profilo clinico-patologico: paziente fumatore tendenzialmente di età inferiore rispetto ai non-mutati, ad istotipo adenocarcinoma70. Le mutazioni di RET sono mutualmente esclusive con altri oncogeni (EGFR, KRAS, ALK e ROS1). Molecole terapeutiche studiate per RET sono vandetanib, sorafenib, sunitinib e cabozantinib, che rappresenta una prospettiva per il trattamento dei pazienti con riarrangiamento di RET71,72.

MET Proto-Oncogene, Receptor Tyrosine Kinase (MET)

Il gene MET è localizzato nel braccio lungo del cromosoma 7 in posizione 3173,74 e codifica

per un recettore tirosin-chinasico transmembrana, costituito da due subunità (alfa e beta) unite tra loro con ponte disolfuro. Il suo ligando naturale è HGF (hepatocyte growth factor), e regola processi correlati alla sopravvivenza cellulare, motilità ed invasività. Mutazioni attivanti o amplificazioni sono presenti in alcuni casi di carcinoma polmonare75, in particolare mutazioni nella porzione extracellulare e transmembrana. La porzione extracellulare sensibile al legame con HGF è il dominio semaforinico (esone 2) che, quando attivata dal ligando, effettua un cambio conformazionale che permette una dimerizzazione76.

L’amplificazione di MET si ritrova nel 2-20% dei tumori del polmone, è associata con adenocarcinomi EGFR-non mutati, mutualmente esclusiva con alterazioni di KRAS e si manifesta con un grado istologico più alto e peggiore prognosi 77. Inoltre la mutazione di

MET è associata allo sviluppo di resistenza agli inibitori tirosin-chinasici di EGFR78. Alterazioni nello splicing dell’esone 1479 sono le più frequenti mutazioni di MET negli adenocarcinomi del polmone (con una frequenza sulle mutazioni totali del 3-4%) e sono anche trattabili con inibitori selettivi di MET80.

Kirsten Rat Sarcoma Viral Oncogene Homolog (KRAS)

KRAS è localizzato in 12p12.1 e codifica per l’omologa proteina, parte della via di

segnalazione RAS/MAPK che trasduce informazioni dalla membrana al nucelo, stimolando la sopravvivenza cellulare81,82. Mutazioni puntiformi attivanti KRAS sono state descritte in circa il 15-25 % degli adenocarcinomi del polmone, mentre sono estremamente rare nei carcinomi squamosi 83. Le mutazioni più frequenti sono localizzate in posizione 12 e 13 dell’esone 1, meno frequentemente anche nei codoni 61, 63, 117, 119, 14684. Le

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