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Caratterizzazione molecolare di 2425 carcinomi polmonari: esperienza di un singolo centro

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Academic year: 2021

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FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

DIPARTIMENTO DI PATOLOGIA CHIRURGICA, MEDICA,

MOLECOLARE E DI AREA CRITICA

Scuola di specializzazione in Anatomia Patologica

Caratterizzazione molecolare di 2425 carcinomi

polmonari: esperienza di un singolo centro

RELATORE:

Chiar.ma Prof.ssa Gabriella Fontanini

CORRELATORE:

Dott.ssa Agnese Proietti

CANDIDATA:

Dott.ssa Fabiola Farci

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RIASSUNTO

Il carcinoma del polmone è il secondo tumore più frequente nella popolazione e rappresenta la prima causa di morte per neoplasia. Nel corso dell’ultimo decennio sono stati fatti importanti passi avanti nella comprensione di questa patologia; in particolare la caratterizzazione molecolare ha permesso di confermare che i diversi istotipi presentano alterazioni molecolari differenti. L’analisi molecolare ha aperto la strada allo sviluppo di terapie di precisione, personalizzate per il singolo paziente. Il presente studio rappresenta un’ampia casistica di pazienti con carcinoma polmonare in fase avanzata, dunque suscettibili alle terapie a bersaglio molecolare. Sono state analizzate le alterazioni di EGFR, KRAS, BRAF, HER2, PIK3CA, MET, ALK, ROS1 e PDL1 nelle neoplasie polmonari da diverse tipologie di preparati allestiti in Anatomia Patologica. Gli esami sono stati effettuati in un singolo centro di riferimento per la patologia molecolare. Lo scopo di questo studio è stato la verifica dell’incidenza delle alterazioni molecolari in geni target del carcinoma polmonare e la valutazione dell’adeguatezza delle diverse tipologie di preparati (citologici, citoinclusi, biopsie e pezzi operatori) per questo tipo di analisi. L’incidenza delle alterazioni geniche è diversa a seconda dell’istotipo, del sesso e dell’età del paziente. Abbiamo potuto verificare una maggiore incidenza dell’istotipo squamoso nel sesso maschile con età avanzata alla diagnosi (p<0.01). Le donne hanno una maggiore frequenza di mutazione di EGFR. Nella nostra casistica il sesso femminile ha una maggiore incidenza di adenocarcinoma; inoltre le mutazioni insorgono ad un’età inferiore rispetto agli uomini (p<0.01). Le alterazioni di ALK, ROS1 e MET si verificano più frequentemente in pazienti giovani, con differenze di 10-20 anni nell’età mediana rispetto ai wild-type. Al contrario le alterazioni di PIK3CA correlano con una maggiore età alla diagnosi (p=0.04). La frequenza delle alterazioni genetiche nel nostro studio è sovrapponibile con i dati riportati in letteratura: EGFR 13.25%, KRAS 32%, PIK3CA 4.6%, MET 4.4%, BRAF 3.9%, HER2 (mutazione) 1.2%. La più frequente alterazione di EGFR è stata registrata come delezione nell’esone 19 con (51.3%) seguito dalle mutazioni nell’esone 21 (36.6%), nell’esone 20 (6.6%) e l’esone 18 (5.1%). La mutazione di EGFR ha mostrato delle differenze di genere nel nostro studio: la mutazione dell’esone 19 è maggiormente presente nelle donne (p>0.0001) e quella dell’esone 21 è maggiormente presente negli uomini. Le mutazioni di KRAS si sono registrate per la maggioranza dei pazienti nel codone 12 (86%) seguite dal codone 13 (8%), codone 61 (5.2%) e co-delezione ai codoni 12 e 13 (0.7%). Nel nostro studio abbiamo utilizzato tutte le tipologie di campioni disponibili per effettuare la ricerca di alterazioni nei geni target, e abbiamo confermato la possibilità di effettuare tutte le analisi necessarie anche nel liquido citologico qualora questo fosse l’unico disponibile per l’analisi.

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INDICE

1 Neoplasie del polmone 6

1.1 Epidemiologia ... 6

1.1.1 Incidenza 6 1.1.2 Mortalità e sopravvivenza 8 1.1.3 Tumore polmonare nei non fumatori 8 1.2 Fattori di rischio ... 9 1.2.1 Fumo di tabacco 9 1.2.2 Cannabis 11 1.2.3 Sigaretta elettronica 11 1.2.4 Radon 12 1.2.5 Asbesto 12 1.2.6 Inquinamento 13 1.2.7 Fumo passivo 13 1.2.8 Infezioni 13 2 Istologia 14 2.1 Adenocarcinoma ... 17 2.1.1 Pattern di crescita 18 2.1.2 Grading 19 2.1.3 Fattori prognostici 19 2.2 Carcinoma squamoso ... 19

2.3 Carcinoma squamoso basaloide ... 21

2.4 Neoplasie neuroendocrine ... 22

2.4.1 Carcinoide tipico 23 2.4.2 Carcinoide atipico 23 2.4.3 Carcinoma neuroendocrino a piccole cellule 23 2.4.4 Carcinoma neuroendocrino a grandi cellule 25 2.5 Carcinoma a grandi cellule ... 26

2.6 Carcinoma adenosquamoso ... 27

2.7 Carcinoma sarcomatoide ... 28

2.8 Carcinosarcoma ... 29

2.9 Classificazione diagnostica su biopsia e citologico ... 29

2.9.1 Prelievo bioptico 29 2.9.2 Tipi di prelievo citologico 30 2.9.3 Le linee guida internazionali IASLC/ATS/ERSC 30 2.9.4 Immunoistochimica su piccola biopsia o citologico 33 3 Patologia molecolare 35 3.1 Geni di interesse nel carcinoma del polmone ... 35

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3

3.2 Profilo mutazionale dei carcinomi polmonari ... 43

3.2.1 Adenocarcinoma 43

3.2.2 Carcinoma squamoso 44

3.2.3 Carcinoma squamoso basaloide 45

3.2.4 Carcinoma sarcomatoide 45

3.2.5 Carcinosarcoma 45

3.3 Profilo mutazionale nei pazienti giovani ... 45 3.4 Immunologia del NSCLC ... 47 3.5 Raccomandazioni internazionali per il test molecolare ... 49

3.5.1 EGFR 52 3.5.2 ALK 54 3.5.3 ROS1 55 3.5.4 BRAF 56 3.5.5 RET 56 3.5.6 HER2 57 3.5.7 KRAS 57 3.5.8 MET 57

3.5.9 ALTRI GENI DI INTERESSE 58

4 Percorso del campione biologico in Anatomia Patologica 59

4.1 Fase pre-analitica ... 59

4.1.1 Accettazione 59

4.1.2 Campionamento 59

4.1.3 Processazione, taglio, colorazione 60

4.2 Fase analitica ... 61

5 Analisi molecolare 62

5.1 Gli spazi dedicati ... 62 5.2 Fase pre-analitica ... 63

5.2.1 Valutazione del materiale 63

5.2.2 Dissezione dell’area di interesse 63

5.2.3 Estrazione del DNA 64

5.2.4 Quantificazione del DNA 65

5.3 Fase analitica ... 65 5.4 Refertazione ... 66

5.4.1 I tempi di refertazione 67

5.5 Conservazione del DNA ... 67

5.6 Fattori pre-analitici che influenzano l’idoneità del materiale per esami molecolari 67

5.6.1 Pre-fissazione 67

5.6.2 Fissazione 68

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4

6 Analisi molecolari ed immunoistochimica 71

6.1 Sequenziamento Sanger ... 71 6.2 Polymerase Chain Reaction (PCR) ... 72

6.2.1 Real-time PCR 72

6.2.2 RT-PCR 72

6.3 Maldi-TOF ... 74 6.4 Next Generation Sequencing (NGS) ... 74 6.5 Ibridazione in situ fluorescente (FISH) ... 77

6.5.1 L’analisi di ALK 78 6.5.2 L’analisi di ROS1 81 6.5.3 L’analisi di RET 83 6.5.4 L’analisi di MET 83 6.5.5 L’analisi di HER2 84 6.6 Analisi immunoistochimica ... 84

6.6.1 Immunoistochimica per ALK 88

6.6.2 Immunoistochimica per ROS1 90

6.6.3 Immunoistochimica per PDL1 91 7 Trattamento 94 7.1 Trattamento del NSCLC ... 94 7.1.1 Stadio I-III 94 7.1.2 Stadio IV 95 7.2 Immunoterapia ... 99 7.3 Trattamento del SCC ... 100

8 Scopo dello studio 102

9 Materiali e metodi 103

9.1.1 Campione citologico e citoincluso 103

9.1.2 Campione incluso in paraffina 104

9.1.3 Analisi mutazionale 104 9.1.4 Metodica FISH 104 9.1.5 Metodica immunoistochimica 105 9.1.6 Analisi statistica 105 10 Risultati 106 10.1Caratteristiche clinico-patologiche ... 106 10.2Materiale esaminato ... 107 10.3Correlazioni clinico-mutazionali ... 108

10.3.1 Età e stato mutazionale 109

10.3.2 Sesso e stato mutazionale 110

(6)

5

10.3.4 Diagnosi e stato mutazionale 112

10.3.5 Stato di PDL1 e alterazioni molecolari 113

10.3.6 Performances dei test molecolari 113

10.3.7 Frequenza mutazionale 116

11 Discussione 119

12 Conclusioni 123

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6

1 NEOPLASIE DEL POLMONE

Le neoplasie polmonari rappresentano il secondo tumore più frequente nella popolazione generale e la prima causa di morte per neoplasia. Sono stati riconosciuti e descritti numerosi fattori di rischio, prevalentemente costituiti dal fumo di sigaretta e da inquinanti ambientali. Le manifestazioni cliniche possono essere molteplici, comunemente sono rappresentate da dispnea, tosse persistente, infezioni ricorrenti, dolore toracico o irradiato, raucedine o abbassamento del tono di voce, febbre, calo ponderale e astenia. Con un accurato esame clinico e strumentale è possibile individuare la sede della lesione ed effettuare una prima valutazione della diffusione neoplastica. Una volta individuata la sede più accessibile si provvede ad effettuare un prelievo per la diagnosi microscopica effettuata dall’anatomopatologo. Il prelievo si esegue tramite metodiche mini-invasive, principalmente rappresentate da endoscopia trans-bronchiale, agoaspirato e agobiopsia. In base ai criteri morfologici e immunofenotipici si possono caratterizzare le neoplasie polmonari in istotipi, di cui il principale è il gruppo a differenziazione epiteliale (carcinomi).

I carcinomi polmonari sono divisi in due gruppi principali: il carcinoma a piccole cellule (SCLC) e il carcinoma non a piccole cellule (NSCLC). Quest’ultimo rappresenta l’80-90% delle neoplasie polmonari e viene ulteriormente suddiviso in sottotipi in base alle caratteristiche morfologiche. La precisa identificazione dell’istotipo è un passaggio fondamentale per determinare la terapia più adeguata per il paziente.

Il trattamento dei NSCLC è la chirurgia negli stadi iniziali mentre nelle fasi localmente avanzate con la combinazione di radioterapia-chemioterapia e chirurgia. Le fasi avanzate di malattia, ovvero i casi con diffusione metastatica, possono essere trattati con terapia medica di tipo chemioterapico associata a nuovi farmaci biologici (anticorpi monoclonali). I carcinomi a piccole cellule sono raramente trattabili con chirurgia, e viene utilizzata principalmente la radio e chemioterapia.

1.1 Epidemiologia

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7

Il tumore del polmone rappresenta in Italia l’11% di tutte le nuove diagnosi di tumore all’anno nella popolazione generale (circa 41.500 pazienti), di cui il 14% di tutte le neoplasie dei maschi e l’8% delle femmine. Si stima che 1 uomo su 10 ed una donna su 34 possano sviluppare un tumore del polmone nel corso della vita.

Si hanno delle differenze regionali, con una maggiore frequenza nel nord Italia (nel periodo 2010-2014, 108,8 casi/100.000 abitanti) rispetto al centro (99,8 casi/100.000 abitanti) e al sud (104,2/100.000 abitanti). Nel sesso femminile si hanno differenze regionali più marcate: 36,2 casi/100.000 abitanti al Nord, 31,1/100.000 abitanti al Centro e 22,0/100.000 abitanti al Sud. Gli istotipi più frequenti, considerando il periodo 2010-2014 sono costituiti per il 40% da adenocarcinomi (34% tra gli uomini e 50% tra le donne), il 21% da carcinomi squamosi (25% tra gli uomini e 12% tra le donne), il 12% da carcinomi a piccole cellule, il 2% da carcinomi a grandi cellule, e altri istotipi più rari o non specificati per la quota rimanente (25%).

L’incidenza in base alle fasce d’età è molto diversa, infatti è poco frequente in età inferiore ai 50 anni (circa 5% di tutte le diagnosi di tumore nei maschi, vedi paragrafo), mentre risulta essere per incidenza il secondo tumore dopo i carcinomi della prostata sia nei maschi tra i 50 e i 69 anni (14%), sia in quelli al di sopra dei 70 anni (17%). Nelle donne è molto raro prima dei 50 anni (circa 2% di tutte le diagnosi di tumore), mentre è la terza neoplasia sia fra i 50 e i 69 anni (7%) che al di sopra dei 70 anni (7%).

Nei dati USA si conferma il tumore al polmone come la seconda neoplasia più frequente (dopo il carcinoma prostatico dell’uomo e il carcinoma mammario nella donna) con il 14% di incidenza tra le neoplasie. I tassi di incidenza rapportati all’età sono nettamente diminuti a partire dal 1982, grazie alle campagne di prevenzione mirate a ridurre il consumo di tabacco effettuate a partire dagli anni ’50-60. L’incidenza per genere è storicamente sempre stata maggiore per il sesso maschile, e proprio per questo si è visto un drastico declino dei tassi di incidenza negli uomini, ad una velocità doppia rispetto a quello femminile, raggiungendo un plateau negli anni 20001.

Le tendenze temporali dei tumori polmonari illustrano chiaramente gli andamenti della diffusione del principale fattore di rischio (il fumo di sigaretta) in funzione di determinanti sociali e di genere. Al netto degli effetti legati all’invecchiamento della popolazione, si registra una marcata diminuzione d’incidenza negli uomini (in relazione ad una altrettanto marcata riduzione dell’abitudine al fumo), pari a -1.6%/anno negli anni più recenti. A questa

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tendenza fa purtroppo riscontro un aumento dei nuovi casi tra le donne, pari a +1.7%/anno nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2014.

1.1.2 Mortalità e sopravvivenza

Secondo i dati dell’Unione Europea un quinto delle morti per tumore sono attribuibili al carcinoma polmonare per un totale di 273 milioni di persone. La mortalità nel sesso maschile è di 7.2 % , più del doppio di quella femminile (3.4 %)2. Nel 2019 la mortalità femminile per neoplasie polmonari è superiore a quella per neoplasie mammarie (96 800 contro 92 800)3.

Per quanto riguarda le ospedalizzazioni, ci sono state più di 578.000 dimissioni con la diagnosi di carcinoma polmonare nell’Unione Europea, con ovvie differenze tra i vari paesi e l’infelice primato dell’Ungheria con un totale di 278/100.000 dimissioni. La durata totale dell’ospedalizzazione è stata maggiore per il carcinoma polmonare rispetto ad altre neoplasie, con valori compresi tra 7 e 12 giorni.

Decenni di campagne di prevenzione volte a ridurre l’uso del tabacco hanno avuto esiti positivi sul lungo termine: si è registrato un dimezzamento della mortalità di carcinoma polmonare dal 1990 al 2015 negli uomini e una riduzione del 19% nelle donne (dati dal 2002 al 2015).

I tassi di sopravvivenza generali sono tendenzialmente bassi, inferiori a buona parte delle neoplasie, e comparabile con quelle del tumore epatico e pancreatico; si è avuto un lieve aumento della sopravvivenza a 5 anni, dal 12% degli anni ’70 (dati 1975-1977) al 18% (dati 2003-2009)4.

1.1.3 Tumore polmonare nei non fumatori

Rappresenta la 7° causa di morte tra i tumori e costituisce il 15-20% dei tumori polmonari (dati USA5). In asia il 60-80% delle donne con tumore del polmone non hanno mai fumato, e gli afroamericani non fumatori hanno maggiori probabilità di sviluppare un tumore polmonare rispetto ai causasici. I pazienti sono tipicamente giovani e donne, con un istotipo di adenocarcinoma e spesso con specifiche mutazioni driver come EGFR, e la proteina di fusione ELM4/ALK dunque hanno migliori possibilità di trattamento con nuovi farmaci6. I fattori di rischio in questa classe di pazienti sono l’esposizione ambientale a fumo passivo, particolati, rischi lavorativi, inquinamento ambientale e l’esposizione al radon1 fino a un

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30% secondo alcuni studi 7; la predisposizione genetica è un altro fattore correlato al tumore del polmone nei giovani, e include geni implicati nella sindrome metabolica 8,9.

1.2 Fattori di rischio

1.2.1 Fumo di tabacco

L’utilizzo del tabacco è il principale fattore di rischio con un 90% di tumori polmonari attribuibili al fumo.

Il tabacco è stato importato in Europa durante il XV secolo e utilizzato in molteplici modi, ma il suo uso era limitato alla classe bassa e non era in ogni caso utilizzato vicino alle donne. In Colombia, in epoche precedenti al XX secolo, veniva utilizzato per scopi medicinali e rituali.

L’utilizzo del tabacco si è diffuso nella popolazione comune a partire dalla metà del 1800; in quel periodo una nuova metodologia di essicazione lenta (flue-curing) senza l’utilizzo del fumo o del calore permetteva di ottenere un tabacco più dolce e più appetibile. Con l’essicazione l’amido è trasformato in zuccheri semplici che provocano la glicosilazione delle proteine, l’ossidazione e la caramellizzazione del prodotto. L’accendino e le macchinette automatiche per girare le sigarette, inventate nello stesso periodo, aumentando la fruibilità hanno ulteriormente permesso la diffusione del tabacco10. Durante la prima e la seconda guerra mondiale si è avuto un drastico aumento nell’utilizzo, considerando che venivano distribuite gratuitamente ai soldati, provocando dipendenza da nicotina che si sarebbe mantenuta anche dopo la fine della guerra. Durante la prima e la seconda guerra mondiale ancora non c’erano sospetti sugli effetti negativi del tabacco, a parte qualche isolato studio a partire dagli anni ’30 11,12; i primi studi epidemiologici che dimostravano indubitabilmente una correlazione si hanno negli anni ’50-60 con gli studi di Doll e Hill 13, anni in cui si inizia ad avvertire la popolazione del rischio correlato al fumo e si instaurano le misure preventive per cercare di ridurne il consumo 1. Grazie alle campagne di prevenzione il consumo è calato dal 42% (1945) al 15% (2015)14.

La nicotina è l’alcaloide che crea la dipendenza nell’uso del tabacco legandosi ai suoi recettori specifici acetilcolinici presenti nel sistema nervoso centrale e causando il rilascio di neurotrasmettitori come dopamina, serotonina, noradrenalina, endorfine e GABA. La nicotina per se non è carcinogenica ma stimola la produzione di recettori nicotinici e la

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dipendenza dall’utilizzo del tabacco15, aumentandone quindi l’utilizzo e la potenzialità

carcinogenica.

Sono noti numerosi composti carcinogenici derivanti dal fumo del tabacco, di cui i più rilevanti sono gli idrocarburi policiclici aromatici, i nitrati e le nitrosamine tabacco-specifiche16; la formazione di queste ultime avviene durante la fase di essicazione delle

foglie di tabacco quando, a causa della rottura della parete cellulare, si ha la morte delle cellule e l'arrivo dei batteri nitrificanti che attivano la nitrosazione degli alcaloidi. La nicotina viene trasformata in chetone nicotina-derivato della nitrosammina (NNK) portando all'apertura dell'anello pirrolidinico della nicotina e si ha inoltre il rilascio di radicali liberi. Questi vengono anche diffusi dalla componente particolata del fumo di sigaretta. I livelli di nitrosamine variano in base al tipo di tabacco, all’essicazione (e dunque il clima e la regione di produzione), ai livelli di nitriti e nitrati, ai livelli di alcaloidi presenti, fertilizzazione, selezione delle sementi, e altri fattori. La patogenesi è data da alterazioni nel DNA chiamati addotti 17 ovvero legami covalenti del DNA che ne danneggiano la struttura portando all’insorgenza di mutazioni. I derivati delle nitrosamine specifiche del tabacco possono essere dosate anche nelle urine e si può dunque correlare in modo specifico e dose-dipendente il rischio di insorgenza tumorale con i livelli urinari, come è stato fatto negli studi su Singapore e Shanghai 18. Negli anni si è ridotta la quantità di alcune sostanze nella produzione del tabacco (come la quantità di catrami, benzopirene ecc) mentre sembra essere aumentata la quantità di nitrosamine.

Ci sono due fattori che correlano con la maggiore incidenza di adenocarcinoma negli ultimi anni. La prima indaga il cambio di stile delle sigarette immesse nel mercato con l’utilizzo di filtri a ventilazione controllata, permettono un’inalazione più profonda raggiungendo anche le aree periferiche del polmone19. La seconda è un presunto aumento nella quantità di nitrosammine nelle sigarette18 , di cui è nota la correlazione con l’adenocarcinoma16.

Il mentolo è stato usato come addittivo nelle sigarette a partire dagli anni ’20, e ha avuto un buon riscontro soprattutto tra le donne, gli afroamericani e i giovani. Si utilizza in almeno il 90% delle sigarette sul mercato, con diverse percentuali e anche senza che la sua presenza venga pubblicizzata. L’effetto del mentolo è quello di ridurre l’irritazione delle mucose dell’ipofaringe e della trachea creando inoltre un’aroma piacevole. Si è dimostrato anche un effetto biologico nel legame con i recettori dell’acetilcolina aumentando la produzione di recettori nicotinici e quindi la dipendenza20,21.

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1.2.2 Cannabis

Il principale composto psicoattivo della cannabis è il Δ9-tetraidrocannabinolo (THC), che non ha proprietà carcinogeniche ma crea dipendenza e altera lo sviluppo neurologico negli adolescenti22. Il 17% degli adolescenti che inizia a fumare cannabis diventa dipendente, e circa il 25-50% dei fumatori quotidiani ne è dipendente 22; inoltre si è rilevato un costante aumento di principio attivo negli ultimi 20 anni, peggiorando la dipendenza. Negli USA è la principale sostanza d’abuso, con un 12% di adolescenti e adulti che ne dichiara l’utilizzo. Gli studi sugli effetti carcinogeni sono stati sempre limitati dalla combinazione di utilizzo con il tabacco, ma è dimostrata una maggiore quantità di catrami e di idrocarburi aromatici policiclici1, così come infiammazione delle vie aeree distali e alterazioni istologiche sul lungo termine simili a quelle del tabacco23.

1.2.3 Sigaretta elettronica

La sigaretta elettronica è stata introdotta nel commercio nel 2007, e consiste in una resistenza alimentata a batteria che riscalda un liquido contenuto in una cartuccia ricaricabile contenente un solvente in cui son disciolti nicotina e aromi24,25. Quando evapora produce un aerosol contenente nicotina, che viene inalato dal fumatore e raggiunge un picco plasmatico in un tempo variabile in base al tipo di dispositivo ma che può essere inferiore ai cinque minuti. Le sigarette elettroniche hanno avuto un boom economico a partire dal loro primo rilascio, grazie all’abbondante offerta di fragranze e al diverso tipo di dispositivi prodotti; si contano circa 500 marchi attivi nel settore e migliaia di fragranze disponibili sul mercato. Riguardo la sicurezza delle sigarette elettroniche rispetto alle tradizionali, è difficile da valutare in modo globale a causa della diversità di prodotti disponibili delle differenze nell’utilizzo, con differenze anche notevoli. Essendo un prodotto relativamente nuovo sono anche poche le normative in merito. Negli Stati Uniti ci sono delle regolamentazioni riguardo l’età e la vendita dietro documento di identità.

L’utilizzo stimato delle sigarette elettroniche è di circa il 3% tra gli adulti. L’utilizzo è molteplice: come sigaretta transitoria per smettere di fumare, come aggiunta alla sigaretta tradizionale e nei fumatori esclusivi della sigaretta elettronica, quest’ultima specialmente tra i giovani (18-24 anni) 26. Gli studi randomizzati che hanno analizzato l’uso della sigaretta elettronica come metodica di transizione per smettere di fumare e hanno confermato che il beneficio non è superiore rispetto ad altri prodotti presenti sul mercato (es. cerotti alla nicotina) 27 e che la percentuale di successo è maggiore se nella cartuccia veniva messa

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nicotina rispetto ai soli aromi28. Non si sono evidenziati benefici dal duplice utilizzo di sigarette tradizionali ed elettroniche 27,28. In studi condotti su fumatori tradizionali che utilizzano la sola sigaretta elettronica non hanno evidenziato particolari effetti collaterali in due anni di follow-up, ma mancano dati di sicurezza a breve e lungo termine1 . Le microparticelle inalate dalle sigarette elettroniche contengono formaldeide, acetaldeide e specie reattive dell’ossigeno, nitrosamine, idrocarburi aromatici e tracce di metalli, tutte sostanze capaci di indurre flogosi cronica dell’epitelio delle vie respiratorie e degli alveoli, depositandosi nei bronchioli25. Il marketing associato alle sigarette elettroniche ha giocato

sulla mancanza dei dati sulla sicurezza per convincere il consumatore che si tratta di un prodotto meno dannoso della sigaretta tradizionale, e ha trasmesso messaggi di libertà e coraggio correlandoli all’uso di questo prodotto. L’insieme di questi fattori forse spiega un utilizzo prevalente da parte della fascia più giovane, tra l’altro in continuo aumento26. Le

evidenze scientifiche dimostrano che la nicotina altera lo sviluppo cerebrale negli adolescenti e che la frequenza di utilizzo delle sigarette elettroniche è maggiormente correlata con problemi di ansietà e depressione1. In conclusione, le sigarette elettroniche continuano a non essere considerati un prodotto senza rischi, e particolarmente sconsigliate ad adolescenti, giovani e donne in gravidanza.

1.2.4 Radon

Il radon è un gas radioattivo prodotto dal decadimento dell’uranio nella crosta terrestre, e si separa in particelle alfa e polonio, e successivamente bismuto. La concentrazione nell’ambiente è variabile in base alla composizione del terreno e tende ad essere più elevata nei piani sotterranei e negli edifici con ventilazione inefficiente. L’associazione del tumore al polmone con l’esposizione al radon nasce nel XV secolo quando i lavoratori delle miniere di radon in Erzgebirge al confine ceco-tedesco iniziarono a sviluppare con elevata frequenza tumori polmonari, principalmente di istotipo squamoso. L’impatto stimato del radon nel tumore del polmone è stimato in circa il 10% dei casi1.

1.2.5 Asbesto

L’asbesto è un minerale siliceo, con diversi sottotipi in base alla forma dei cristalli e alle proprietà (amosite, crocidolite, trenolite, chrysotile). Le fibre di asbesto crisotide sono quelle maggiormente correlate a neoformazioni toraciche. L’esposizione lavorativa è causa del 5-10% dei casi di tumore al polmone1 e di queste l’asbesto è la più comune. L’esposizione all’asbesto aumenta di cinque volte il rischio di neoplasia1.

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1.2.6 Inquinamento

L’inquinamento è stato ipotizzato come fattore di rischio per il tumore al polmone fin dagli anni ‘20 ed è stato regolamentato a partire dagli anni ’50. I principali inquinanti derivano dai combustibili fossili e dal particolato nell’aria. Un fattore fondamentale è diametro del particolato: tutte le particelle con diametro inferiore a 2.5 µm (PM2.5) superano il filtro delle

vie aree superiori e arrivano a diretto contatto con i bronchioli terminali. Gli abitanti di città con valori ambientali elevati di PM2.5 hanno un aumentato rischio neoplastico. I PM2.5

costituiscono un rischio indipendente dall’esposizione al fumo di sigaretta, e sono inseriti come cancerogeni di gruppo I dall’International Agency for Research on Cancer (IARC)29 .

Il rischio occupazionale è correlato all’esposizione a questi inquinanti atmosferici ad elevate concentrazioni, che aumentano il rischio di sviluppare neoplasie polmonari al 50%24.

1.2.7 Fumo passivo

Il fumo di sigaretta è un inquinante ambientale che presenta un rischio dose-dipendente di sviluppare neoplasie polmonari30. I principali carcinogeni sono PAH, nitrosamine, amine aromatiche; il benzopirene è quattro volte più concentrato nel fumo passivo che in quello direttamente inalato dal fumatore; i non-fumatori partner di fumatori hanno un aumentato rischio del 20–30% di tumore al polmone30.

Il fumo passivo di sigarette elettroniche sono un problema insorto nell’ultimo decennio. Alcuni studi non hanno riscontrato livelli di carcinogeni nell’ambiente dopo utilizzo di sigarette elettroniche, mentre altri studi in cui si sono misurate le concentrazioni in seguito a frequenze reali di utilizzo hanno dimostrato alti livelli di nicotina, particolato, diossido di carbonio31; il fumo di sigarette elettroniche è considerato dalla US Surgeon General un fattore di rischio simile a quello delle sigarette.

1.2.8 Infezioni

Infiammazioni e infezioni sono correlati al rischio tumorale a causa del danno cronico creato nel parenchima polmonare. Il tumore al polmone è la neoplasia (escluse quelle specifiche correlate all’HIV) più frequente nei pazienti con HIV32 e la principale causa di morte valutata

in circa il 30% dei decessi. I farmaci antiretrovirali non sembrano aumentare il rischio ma è stato constatato un aumento dell’incidenza nei pazienti con HIV. Il virus HIV non è implicato nell’oncogenesi del tumore al polmone ma probabilmente aumenta il rischio perché induce immunosoppressione 32.

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2 ISTOLOGIA

La quasi totalità dei tumori del polmone è costituita da neoplasie epiteliali, divise in diversi istotipi a seconda delle caratteristiche morfologiche, che si riflettono in un diverso comportamento biologico e un diverso carico mutazionale. Negli ultimi decenni si è avuto un cambio radicale dell’incidenza degli istotipi, con una netta diminuzione delle diagnosi di carcinomi neuroendocrini e squamosi e un aumento degli adenocarcinomi che sono ora l’istotipo prevalente (vedi figura sottostante).

Figura 1 incidenza delle neoplasie polmonari per istotipo. Adattato daWHO Classification of Tumours of the Lung, Pleura, Thymus and Heart33

Questo cambio nell’incidenza degli istotipi è verosimilmente dovuto ad un cambiamento dei fattori di rischio, in primis il fumo di sigaretta. La diminuzione nel contenuto di nicotina e

0 10 20 30 40 50 60 70 1 9 8 0 1 9 9 0 2 0 0 0 2 0 1 0

INCIDENZA DEL TUMORE DEL POLMONE

PE R I STOT I PO (SU 1 0 0 . 0 0 0 /A N NO)

Adenocarcinoma Carcinoma squamoso Carcinoma a piccole cellule

Carcinoma a grandi cellule Altri carcinomi Non specificato

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la presenza di filtri più densi rispetto al passato causa un cambio comportamentale nei fumatori, che tendono ad avere un’inalazione più profonda e dunque a raggiungere anche la periferia polmonare.

La classificazione istologica è stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO), che determina anche i criteri di stadiazione TNM (Tumor, Node, Metastasis).

Epithelial tumors Adenocarcinoma Lepidic adenocarcinoma Acinar adenocarcinoma Papillary adenocarcinoma Micropapillary adenocarcinoma Solid adenocarcinoma

Invasive mucinous adenocarcinoma Colloid adenocarcinoma

Fetal adenocarcinoma Enteric adenocarcinoma

Minimally invasive adenocarcinoma

Squamous cell carcinoma Neuroendocrine tumors

Carcinoid tumors Typical carcinoid Atypical carcinoid Small cell carcinoma

Large cell neuroendocrine carcinoma

Large cell carcinoma

Adenosquamous carcinoma Sarcomatoid carcinoma

Pleomorphic carcinoma Spindle cell carcinoma Giant cell carcinoma Carcinosarcoma Pulmonary blastoma

Other and unclassified carcinomas

Lymphoepithelioma-like carcinoma NUT carcinoma

Salivary gland–type carcinomas Mucoepidermoid carcinoma Adenoid cystic carcinoma

Epithelial-myoepithelial carcinoma

Mesenchymal tumors Lymphohistiocytic tumors Tumors of ectopic origin Metastatic tumors

Classificazione delle neoplasie polmonari secondo la WHO (World Health Organization)

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La stadiazione TNM è il sistema internazionale utilizzato per stimare la diffusione della neoplasia, tramite la quale si può valutare la prognosi e impostare la terapia più adeguata. I tre parametri di valutazione sono l’estensione locale della neoplasia primitiva (T), il coinvolgimento linfonodale (N) e le metastasi a distanza (M).

Tabella 1. Stadiazione TNM dei tumori del polmone, sec. WHO VIII Edizione

Tis Carcinoma in situ

T1 Tumore di 3 cm o meno nella sua dimensione massima, circondato da polmone o da pleura viscerale, e alla broncoscopia non si rilevano segni di invasione più prossimale del bronco lobare (bronco principale non interessato da malattia)

T1a(mi) Adenocarcinoma minimamente invasivo

T1a Tumore non superiore a 1 cm nella dimensione maggiore

T1b Tumore superiore a 1 cm ma non superiore a 2 cm nella dimensione maggiore

T1c Tumore superiore a 2 cm ma non superiore a 3 cm nella dimensione maggiore

T2 Tumore superiore a 3 centimetri ma non superiore a 5 cm, o tumore con una qualunque delle seguenti caratteristiche:

• Interessamento del bronco principale indipendentemente dalla distanza dalla carena ma senza coinvolgimento della carena

• Invasione della pleura viscerale

• Associazione ad atelettasia o polmonite ostruttiva che si estende alla regione ilare, che coinvolge in parte o tutto il polmone

T2a Tumore superiore a 3 cm ma non superiore a 4 cm nel diametro maggiore

T2b Tumore superiore a 4 cm ma non superiore a 5 cm nel diametro maggiore

T3 Tumore superiore a 5 cm ma non superiore a 7 cm nel diametro maggiore o associato a nodulo(i) neoplastici separati nello stesso lobo del tumore primitivo o che invade direttamente una delle seguenti strutture: parete toracica (inclusa la pleura parietale ed i tumori del solco superiore), nervo frenico, pericardio parietale

T4 Tumore superiore a 7 cm nel diametro maggiore o associato a nodulo(i) separato(i) in un lobo ipsilaterale ma differente rispetto al lobo del tumore primitivo o che invade direttamente una delle seguenti strutture: diaframma, mediastino, cuore, grandi vasi, trachea, nervo laringeo ricorrente, esofago, corpo vertebrale, carena

N – linfonodi loco-regionali

NX I linfonodi regionali non possono essere valutati

N0 Assenza di metastasi nei linfonodi regionali

N1 Metastasi nei linfonodi peribronchiali e/o ilari ipsilaterali e intrapolmonari, incluso il coinvolgimento per estensione diretta

N2 Metastasi nei linfonodi mediastinici e/o sottocarenali ipsilaterali

N3 Metastasi nei linfonodi mediastinici controlaterali, ilari controlaterali, scaleni ipsi- o contro-laterali, sovraclaveari

M – metastasi a distanza

M0 Assenza di metastasi a distanza

M1a Noduli tumorali in un lobo controlaterale rispetto al tumore primitivo; tumore con noduli pleurici o versamento neoplastico pleurico o pericardico

M1b Singola metastasi extratoracica

M1c Multiple metastasi extratoraciche in uno o più organi

In base al TNM il tumore viene stadiato secondo la tabella sottostante in quattro stadi (I-IV) che determineranno prognosi e terapia del paziente.

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17

8th T/M N0 N1 N2 N3

T1a IA1 IIB IIIA IIIB

T1b IA2 IIB IIIA IIIB

T1c IA3 IIB IIIA IIIB

T2a IB IIB IIIA IIIB

T2b IIA IIB IIIA IIIB

T3 IIB IIIA IIIB IIIC

T4 IIIA IIIA IIIB IIIC

M1a IVA IVA IVA IVA

M1b IVA IVA IVA IVA

M1c IVB IVB IVB IVB

2.1 Adenocarcinoma

L’adenocarcinoma polmonare è una neoplasia epiteliale a differenziazione ghiandolare, e costituisce l’istotipo più frequente essendo la metà circa di tutti i tumori polmonari, il 60% dei non a piccole cellule (NSCLC). L’incidenza è aumentata gradualmente negli ultimi decenni.

Si manifesta come neoplasia in sede tipicamente periferica, spesso subpleurica, di consistenza aumentata e centralmente fibrotica.

La metodica di imaging più utilizzata per il basso costo e la bassa invasività è l’RX del torace, che permette una prima valutazione dei pazienti sintomatici ma presenta una bassa risoluzione; l’imaging di secondo livello è la tomografia computerizzata (TC) che ha un’elevata risoluzione spaziale (circa 0,5 cm per la TC spirale e 0,8 cm per la metodica tradizionale), consente un’accurata localizzazione e stadiazione della neoplasia.

La diffusione tumorale a distanza avviene per via linfatica nei linfonodi ilo-mediastinici e per via ematica dando metastasi tipicamente epatiche, ossee, cerebrali, surrenaliche. Esistono poi vie di diffusione locali che avvengono rispettivamente: tramite la superficie pleurica nel cavo pleurico e per via intraparenchimale attraverso gli alveoli (STAS: diffusione tramite gli spazi aerei) dando nodularità satelliti al tumore principale.

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2.1.1 Pattern di crescita

Istologicamente è una neoplasia invasiva a componente ghiandolare, con cinque pattern di crescita: lepidico, acinare, papillare, micropapillare e solido. Ogni neoplasia può essere costituita da uno o più pattern di crescita presenti in diverse percentuali.

 Il pattern lepidico è costituito dalla proliferazione di pneumociti atipici lungo gli alveoli, con almeno un focolaio di infiltrazione superiore a 0,5 cm; l’infiltrazione viene definita se il focolaio è costituito da pattern istologici diversi dal lepidico, sono presenti cellule tumorali invasive nell’intestizio polmonare, se è presente infiltrazione pleurica o linfovascolare, se sono presenti focolai alveolari a distanza (STAS). Il pattern lepidico è considerato ben differenziato e ha la prognosi migliore tra i cinque pattern dell’adenocarcinoma polmonare.

 Il pattern acinare è costituito da ghiandole di tipo acinare, rotondeggianti e con lume centrale, a volte con strutture cribriformi.

 Nel pattern papillare le cellule neoplastiche crescono lungo un asse fibrovascolare.  Il pattern micropapillare ha una crescita in piccole formazioni pseudopapillari prive di un asse fibrovascolare definito, e ha una prognosi peggiore rispetto agli istotipi precedenti.

 Nel pattern solido le cellule sono organizzate in foglietti, con un contenuto di mucina intracitoplasmatico variabile e confermabile con colorazioni istochimiche per la mucina come l’alcian blue o il PAS; questo pattern include una parte dei carcinomi precedentemente classificati come grandi cellule se esprimono TTF1 e napsina-A, è considerato scarsamente differenziato, è associato a scarsa prognosi e va differenziato morfologicamente dal carcinoma squamoso e dal carcinoma a grandi cellule.

Le cellule tumorali dell’adenocarcinoma esprimono i marcatori pneumocitici come TTF1, napsina-A nell’85% dei casi. Il pattern lepidico e il papillare esprimono il TTF1 nella quasi totalità dei casi, mentre il pattern solido lo può esprimere solo focalmente. Nella diagnosi differenziale tra l’adenocarcinoma a pattern solido e il carcinoma squamoso si possono usare sia il TTF1 che la napsina-A, insieme ai marcatori squamosi come p40 e p63. La WHO distingue inoltre due entità di adenocarcinoma ad ottima prognosi33. L’adenocarcinoma in situ, definito da un pattern esclusivamente lepidico e una dimensione ≤3 cm e l’adenocarcinoma minimamente invasivo con una dimensione ≤3 cm ed un’area

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infiltrante che misura al massimo 0,5 cm. La presenza di invasione vascolare o pleurica, la necrosi e un pattern diverso dal lepidico sono fattori che escludono la diagnosi di ADC in situ o minimamente invasivo.

2.1.2 Grading

Il grading tumorale, come proposto nel 2011 da Travis et al. (International Association for the Study of Lung Cancer/American Thoracic Society/European Respiratory Society), si basa prevalentemente sul pattern di crescita per distinguere tre gradi 34:

G1 ben differenziato, a pattern dominante lepidico

G2 moderatamente differenziato a pattern dominante acinare o papillare G3 scarsamente differenziato a pattern predominante solido o micropapillare

2.1.3 Fattori prognostici

Sono favorevoli nel paziente con anamnesi negativa per fumo e sesso femminile, e dipendono in modo indipendente anche dallo stato TNM e dal grado istologico (migliore per il pattern lepidico e peggiore per il pattern solido e micropapillare).

Tabella 2 Fattori prognostici favorevoli dell’adenocarcinoma

Clinico-anamnestici Non fumatore, sesso femminile, stadio.

Istopatologici Dimensioni della neoplasia (in particolare dell’area infiltrante), pattern di crescita, stato molecolare.

2.2 Carcinoma squamoso

Il carcinoma a cellule squamose è fortemente associato al fumo di sigaretta, con un aumento del rischio in base alla durata e all’intensità dell’esposizione, che viene calcolata in numero di sigarette/anno, all’età di inizio e agli anni di durata del consumo. L’incidenza è in lieve ma continua diminuzione, sovrapponibile al calo nell’abuso del fumo di sigaretta come descritto precedentemente (vedere il paragrafo sui fattori di rischio). L’insulto costante del fumo di sigaretta induce nelle basse vie aeree una diminuzione delle cilia, una ridotta motilità e una diminuzione della funzione delle cellule goblet35. Questo induce una ridotta clearance dell’agente tossico e un danno cronico all’epitelio, che presenta iperplasia dello

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strato basale e modificazioni nella differenziazione cellulare che porta nel tempo alla metaplasia squamosa. Costituisce circa il 30% delle neoplasie polmonari.

Il carcinoma squamoso si presenta macroscopicamente come una neoplasia biancastra, che può cavitarsi quando raggiunge grandi dimensioni e avere ampie aree di necrosi ischemica. La localizzazione del carcinoma squamoso è tipicamente centrale, lungo le vie aeree maggiori, spesso in associazione ad aree di metaplasia squamosa. Tende ad avere un’invasività locale prominente, e a causa della posizione centrale può invadere i grossi vasi, la carena e il mediastino. La neoplasia può crescere all’interno del lume bronchiale fino ad occludere completamente un bronco e causare stasi del muco, broncopolmoniti e atelectasia di uno o più lobi polmonari.

All’esame microscopico si riconosce per avere una cellularità solida o nidiforme, con elementi ad ampio citoplasma eosinofilo connessi da evidenti ponti intercellulari. Si può distinguere in base alle caratteristiche morfologiche in carcinoma squamoso cheratinizzante e non cheratinizzante; i nidi di cheratina sono l’elemento patognomonico del carcinoma squamoso cheratinizzante. Tuttavia la presenza di cheratina può anche essere solo focale o intracitoplasmatica. I nuclei son tipicamente ampi, ipercromatici e nucleolo assente o poco visibile. La perdita di cheratinizzazione evidente, un elevato polimorfismo cellulare e la presenza di numerose mitosi (anche atipiche) definiscono il carcinoma squamoso poco differenziato. Il carcinoma squamoso basaloide costituisce un istotipo separato secondo l’ultima edizione della classificazione WHO33.

I metodi più specifici per identificare con certezza il carcinoma squamoso, anche nelle forme meno differenziate, sono l’utilizzo di marcatori immunoistochimici per le cellule squamose: p40, p63, CK5 e CK5/6.

Le diagnosi differenziali si pongono con altre neoplasie non a piccole cellule polmonari, le metastasi e in particolare quelle da carcinomi squamosi di altre sedi anatomiche. Il marcatore TTF1 è normalmente negativo nei carcinomi squamosi e permette di differenziarlo dagli adenocarcinomi, in particolare in piccole biopsie o citologici. Alcuni tipi di adenocarcinomi poco differenziati possono infatti apparire morfologicamente come carcinomi squamosi non cheratinizzanti. Le metastasi di carcinoma squamoso provenienti da altre sedi anatomiche (tra i più comuni: distretto testa-collo, esofago e cervice) è molto difficile da differenziare su criteri morfologici, e va correlata con i dati anatomo-clinici; la positività per p16, HPV e p53 potrebbe aiutare ad orientare la diagnosi verso una lesione

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metastatica. Un’altra importante diagnosi differenziale si pone con una metastasi da carcinoma uroteliale, in quanto l’epitelio transizionale esprime p40, p63 e CK7; nei casi dubbi è utile aggiungere al pannello immunoistochimico i marcatori che favorirebbero un’origine uroteliale ovvero GATA3, uroplakina3 e CK20.

Analisi molecolari a scopo di ricerca hanno evidenziato un’elevato tasso di mutazione in questo tipo di tumori, che si può ricondurre al danno cronico da agenti esterni come il fumo33. L’istotipo squamoso non ha attualmente indicazione all’analisi molecolare perché

non esistono terapie a bersaglio molecolare che possano migliorarne la prognosi, né sono noti marcatori predittivi di risposta alla terapia che abbiano un utilizzo clinico.

2.3 Carcinoma squamoso basaloide

Questo istotipo è considerato come entità a parte nella classificazione WHO poichè presenta prognosi peggiore rispetto al carcinoma squamoso classico e pertanto è importante la differenziazione ai fini prognostici.

Si caratterizza per un’architettura solida, con aspetto a palizzata periferico. Le cellule sono piccole, a citoplasma eosinofilo e nucleo ipercromatico; sono tipicamente numerose le mitosi, e l’indice proliferativo è tendenzialmente alto (50-80%). Può essere presente cheratinizzazione, necrosi e stroma ialino interposto tra nidi neoplastici.

L’espressione di marcatori immunoistochimici è sovrapponibile a quella del carcinoma squamoso classico, dunque presenta positività per p40, p63, CK5 e CK5/6, CK10, CK14, negatività per TTF1; pur raramente sono segnalate focali positività coi marcatori neuroendocrini (cromogranina, sinaptofisina).

La diagnosi differenziale si pone principalmente col carcinoma squamoso scarsamente differenziato, il carcinoma neuroendocrino a grandi cellule e a piccole cellule. Nei casi di indeterminazione per la diagnosi di carcinoma adenoideo cistico si può utilizzare l’immunoistochimica come ausilio diagnostico in quanto è tipicamente positivo per CD117 e marcatori mioepiteliali. Una rara entità che potrebbe causare problematiche di differenziazione diagnostica è il carcinoma NUT (NUclear protein in Testis), caratterizzato da riarrangiamenti nel gene NUTM1 (e positività all’anticorpo specifico per NUT1) e da una prognosi infausta.

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2.4 Neoplasie neuroendocrine

I tumori neuroendocrini del polmone sono relativamente comuni, costituendo il 20% delle neoplasie polmonari. Sono correlati all’esposizione al fumo, in particolare nei carcinomi di alto grado (SCLC e LCLC), mentre in quelli di grado basso/moderato (carcinoide tipico e atipico) il 40% sono non fumatori. La presenza di mutazioni di MEN1 è associata con le neoplasie neuroendocrine di grado basso e moderato.

Clinicamente, a parte i sintomi comuni agli altri istotipi, si possono avere sindromi paraneoplastiche dovute alla secrezione di molecole neuroendocrine (come gastrin-releasing peptides, calcitonina, ADH).

La loro forte associazione col fumo è visibile anche nel pattern di alterazioni molecolari individuata in questi tumori, infatti sono comuni le inversioni G->T da idrocarburi policiclici e le metilazioni CpG.

Hanno caratteristiche morfologiche, immunoistochimiche e ultrastrutturali simili e questo permette di considerarle entità separate ma originate dalla stessa tipologia cellulare, ovvero le cellule neuroendocrine. Queste neoplasie hanno una crescita organoide, ovvero in piccoli nidi, trabecole, festoni, rosette, palizzate. Il citoplasma è granulare, la cromatina sale e pepe, e può essere presente la necrosi. L’immunoistochimica mostra classicamente positività ai marcatori neuroendocrini come CD56, NSE, cromogranina A e sinaptofisina; la cromogranina è presente in granuli citoplasmatici e può essere persa nelle forme indifferenziate che invece tendono a mantenere l’espressione della sinaptofisina. Le indagini immunoistochimiche per le citocheratine ad alto peso molecolare come 34βE12 (CK1, CK5, CK10 and CK14) e p40 sono solitamente negative.

Associata alla neoplasia, in particolare ai carcinoidi, ci possono essere aree di iperplasia neuroendocrina (DIPNEC) con o senza noduli tumorlet, considerate lesioni preneoplastiche. Nel DIPNEC si ha una proliferazione di cellule neuroendocrine confinate alla mucosa bronchiale con protrusione nel lume o invasione della membrana basale formando tumorlet (<0,5 cm). Le cellule sono piccole con nucleo sale-pepe, e possono avere dello stroma fibrotico attorno.

Il tasso di proliferazione cellulare nel tumore è un importante indice di aggressività della neoplasia ed è utilizzato come indice prognostico e classificativo nelle neoplasie neuroendocrine. L’antigene Ki67 identifica le cellule in fase G1 o M, e dunque rappresenta

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un indicatore della proliferazione del tumore, specialmente nelle piccole biopsie dove a causa del tipo di prelievo (coartazione e scarsità di materiale) è spesso difficile una diagnosi di precisione.

Tabella 3 Caratteristiche delle neoplasie neuroendocrine del polmone

Mitosi Necrosi Note Prognosi Grado

Carcinoide

tipico <2/2mm

2 Assente Ottima Basso

Carcinoide

atipico 2-10/2mm

2 Presente

L’indice mitotico e/o la necrosi definiscono il carcinoide atipico Buona Medio Carcinoma a piccole cellule SCLC >10/2mm2 Spesso presente Citologicamente

piccole cellule Scarsa Alto

Carcinoma a grandi cellule LCLC >10/2mm2 Spesso presente Citologicamente grandi

cellule Scarsa Alto

In base alle caratteristiche morfologiche e al grado di differenziazione nella classificazione WHO del 2015 sono comprese quattro entità; in ordine decrescente di differenziazione si hanno: carcinoide tipico, carcinoide atipico, carcinoma neuroendocrino a piccole cellule e a grandi cellule36.

2.4.1 Carcinoide tipico

Si definiscono carcinoidi tipici le neoplasie neuroendocrine che misurano 0,5 cm o più, con meno di 2 mitosi per 2mm2 e assenza di necrosi. Le indagini immunoistochimiche sono

positive per i marker neuroendocrini (CD56, sinaptofisina e cromogranina) e negative per p40 e TTF1.

2.4.2 Carcinoide atipico

Il criterio diagnostico del carcinoide atipico è la conta mitotica di 2-10/2mm2 e/o la presenza focale di necrosi. Le indagini immunoistochimiche sono positive per i marker neuroendocrini (CD56, sinaptofisina e cromogranina) e negative per p40 e TTF1.

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Costituisce il 13% delle neoplasie polmonari, ed quella con la più forte associazione causa-effetto con il fumo di tabacco. Altri fattori di rischio specifici sono la BPCO e l’asma. Sono frequenti le sindromi paraneoplastiche come Cushing, iponatriemia, sindrome miastenica, neuropatie periferiche.

La neoplasia ha una localizzazione tipicamente centrale, peribronchiale (95%). A causa della rapidità di crescita rispetto ad altri istotipi, viene diagnosticato in stadio avanzato e presenta spesso masse ilari mediastiniche. Le vie di diffusione sono quella linfatica, pleurica ed ematica con metastasi epatiche, cerebrali, il polmone omo- e contro-laterale, le ghiandole surrenaliche.

Il SCLC è una neoplasia epiteliale ad alto grado di malignità, con crescita solida o a isole. È composta da cellule piccole con scarso citoplasma e nucleo con cromatina granulare e nucleolo incospicuo. Le cellule hanno una forma ovalare o fusata, i nuclei sono indentati; molto comune è la presenza di aree di necrosi. L’indice mitotico è elevato, almeno 10 mitosi/2mm2, e valutato col Ki67 ha una positività del 50-80%.

Le indagini immunoistochimiche sono importanti per confermare la diagnosi. La neoplasia è positiva per le citocheratine ad ampio spettro come CK-pan e CAM5.2 che mostrano positività granulare citoplasmatica o perinucleare. Le citocheratine ad alto peso molecolare (CK1, CK5, CK10, CK14) sono tipicamente negative. Marcatori neuroendocrini positivi nel SCLC sono: CD56 (positività di membrana), cromogranina A e sinaptofisina (granuli citoplasmatici). Tra i marcatori in comune con l’adenocarcinoma, il TTF1 è generalmente positivo, mentre napsina A è negativa. CD117/CKIT nel 60% dei casi. A differenza dei carcinoidi, nel SCLC è molto comune la perdita della regolazione cellulare di fase G1 con l’inattivazione di RB e ciclinaD1.

Carcinoma a piccole cellule combinato: associazione tra carcinoma a piccole cellule (che costituisce almeno il 10%) e altri istotipi.

La diagnosi differenziale principale è con il carcinoma neuroendocrino a grandi cellule, che viene distinto principalmente in base a criteri morfologici (la dimensione cellulare e la presenza dei nucleoli). La presenza di una elevata conta mitotica (>10 mitosi su 2mm2) e

l’indice Ki67 (>50%) permettono di distinguere il SCLC dalle forme a grado basso-moderato. Nelle piccole biopsie è possibile un dubbio diagnostico con gli istotipi non a piccole cellule (NSCLC) come il carcinoma squamoso basaloide, in particolare in materiale coartato, che si può risolvere con l’ausilio di indagini immunoistochimiche per i marcatori

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neuroendocrini, le citocheratine ad alto peso molecolare e la napsina A. I tumori della famiglia Ewing sono invece tipicamente positivi al CD99 e negativi alle citocheratine.

2.4.4 Carcinoma neuroendocrino a grandi cellule

Rappresenta il 3% delle neoplasie polmonari ed è una minoranza dei casi dei carcinomi non a piccole cellule. Non hanno una morfologia riconducibile agli altri istotipi ed è dunque una diagnosi di esclusione.

La localizzazione è solitamente periferica (85%), con una massa solida e spesso necrotica. L’architettura della neoplasia è solida o nidiforme. Le cellule neoplastiche sono grandi, poligonali con nuclei ad elevato pleomorfismo.

L’istologia del carcinoma neuroendocrino a grandi cellule è caratterizzata da strutture nidiformi, trabecolari, a rosetta e spesso con organizzazione periferica a palizzata. Le cellule sono a citoplasma ampio, nucleo grande e vescicoloso e nucleolo evidente, che li distingue dal carcinoma neuroendocrino a grandi cellule. Le mitosi sono frequenti (>10/2mm2) e l’indice proliferativo valutato con Ki67 è elevato (40-80%). La necrosi è presente in misura diversa da puntiforme a massiva.

Il carcinoma neuroendocrino a grandi cellule può inoltre essere combinato, cioè avere componenti di adenocarcinoma, carcinoma squamoso e altri istotipi.

I marcatori neuroendocrini possono essere positivi con frequenza diversa a seconda del grado di differenziazione del tumore. CD56 è il più sensibile con una positività nel 90-100% dei casi, cromogranina nell’85%, sinaptofisina nel 50-60%. La metà circa dei casi esprime anche TTF1, e spesso si ha positività citoplasmatica per le citocheratine con un pattern puntiforme. Nel 70% dei casi si ha anche positività al KIT/CD117, che conferisce prognosi negativa.

Nelle biopsie e i citologici la quantità di materiale è spesso insufficiente per porre una diagnosi di certezza e viene tendenzialmente classificata con NSCLC, NOS. La diagnosi differenziale è con il neuroendocrino a piccole cellule, il carcinoide atipico, l’adenocarcinoma e altri NSCLC. Per la distinzione con il carcinoide atipico si fa riferimento alle mitosi, che saranno >10/2mm2 nel caso del LCLC. L’indagine immunoistochimica può aiutare nella diagnostica differenziale: un’eventuale positività per p40 e/o negatività per I marcatori neuroendocrini orienta verso un istotipo differente. La maggior parte dei NSCLC, NOS possono essere riclassificati in istotipi più specifici con

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l’utilizzo di un pannello immunoistochimico, riducendo le diagnosi di incertezza (NSCLC, NOS e LCC).

2.5 Carcinoma a grandi cellule

L’entità del carcinoma a grandi cellule comprende i NSCLC indifferenziati, cioè che non presentano caratteristiche morfologiche o immunoistochimiche necessarie per poterli classificare in altri istotipi.

I fattori eziologici e la clinica sono molto simili a quanto detto precedentemente per gli altri istotipi; l’incidenza è in calo (dal 10% negli anni ’90 al 2% degli ultimi anni37),

probabilmente per una migliore caratterizzazione immunoistochimica degli istotipi. Hanno una prognosi peggiore rispetto ad altri istotipi. La localizzazione è tipicamente periferica e le neoplasie sono grandi, spesso necrotiche. All’esame microscopico l’architettura è prevalentemente solida o nidiforme. Le cellule sono francamente atipiche, spesso presentante caratteristiche rabdoidi, con citoplasma eosinofilo, nucleo ampio e ipercromico talvolta lateralizzato, nucleolo evidente. Può presentare una citologia rabdoide con nucleo lateralizzato e citoplasma densamente eosinofilo e citologia a cellule chiare con citoplasma chiarificato. La neoplasia non deve contenere aree con differenziazione tipica di altri istotipi, valutata anche con esame immunoistochimico utilizzando un pannello costituito da marker neuroendocrini, TTF1, napsina A, p40 e CK5/6.

L’incidenza di questo istotipo è nettamente diminuita grazie all’utilizzo dell’immunoistochimica che ha permesso di classificare in modo più accurato neoplasie che presentano morfologie ambigue. È una diagnosi di esclusione e richiede un meticoloso campionamento della neoplasia: le raccomandazioni internazionali sconsigliano di porre questa diagnosi nei campioni citologici o bioptici, preferendo la classificazione in NSCLC, NOS nei casi ambigui.

L’analisi molecolare del carcinoma a grandi cellule non evidenzia nessuna alterazione genetica peculiare di questo istotipo ma i vari casi mostrano alterazioni in comune con l’adenocarcinoma, il carcinoma squamoso, i neuroendocrini a piccole cellule. Questo dato, in congiunzione con il calo dell’incidenza, è in linea con l’ipotesi che i casi dignosticati come carcinoma a grandi cellule includessero una buona percentuale di altri istotipi (adenocarcinoma, carcinoma squamoso e neurondocrini) dalla morfologia scarsamente differenziata; le tecniche immunoistochimiche e molecolari possono quindi essere un forte ausilio alla diagnostica anatomopatologica e permetterebbero una migliore classificazione

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di questi tumori consentendo di definire in modo più preciso prognosi e terapia per questi pazienti.

2.6 Carcinoma adenosquamoso

È un carcinoma con caratteristiche morfologiche in comune con l’adenocarcinoma e col carcinoma squamoso. Costituisce l’1-4% delle neoplasie polmonari, con incidenza maggiore nel sesso maschile e ha una forte associazione col fumo. La neoplasia può essere localizzata perifericamente, con maggior frequenza, o a livello centrale. Il carcinoma adenosquamoso mostra caratteristiche morfologiche sia dell’adenocarcinoma che dello squamoso. Secondo la classificazione WHO devono essere presenti entrambe le morfologie in almeno il 10% del tumore; le due componenti possono essere combinate oppure essere presenti in aree diverse. Questo pone degli ovvi problemi diagnostici sul campione bioptico o citologico, in cui dovrebbe essere refertato come NSCLC, NOS o NSCLC con caratteristiche di carcinoma adenosquamoso. Le analisi immunoistochimiche evidenziano le due popolazioni neoplastiche, rispettivamente con p40 o p63 la componente squamosa e con TTF1 o napsina A la componente di adenocarcinoma, a cui può essere aggiunta l’istochimica per le mucine. L’adenocarcinoma puro in una forma scarsamente differenziata può apparire morfologicamente simile al carcinoma squamoso ed esprimere focalmente marcatori squamosi; pertanto, per accertare la presenza della componente squamosa, la positività per p40 deve essere intensa e interessare tutta l’area citoplasmatica. Altre diagnosi differenziali si pongono con la metaplasia squamosa e con il carcinoma mucoepidermoide; quest’ultimo ha una localizzazione quasi esclusivamente centrale con protrusione nel lume bronchiale, è costituito da una cellularità mista di cellule mucoidi e squamose non cheratinizzanti senza aree di carcinoma squamoso in situ, non esprime TTF1 e presenta il riarrangiamento del gene MAML2.

L’analisi molecolare del carcinoma adenosquamoso presenta prevalentemente mutazioni di EGFR e KRAS, con una correlazione epidemiologica simile a quanto detto precedentemente per gli istotipi adenocarcinoma e carcinoma squamoso in quanto la prima è prevalentemente incontrata nei pazienti non fumatori e la seconda nei forti fumatori. Sono riscontrate in minor percentuale anche alterazioni di ALK, HER2, LKB1, ROS, RET,

FGFR1. In uno studio recente38 è stato evidenziato che il 39% degli adenosquamosi veniva refertato alla biopsia o al citologico come carcinoma squamoso (SqCC) e il 29% come SqCC scarsamente differenziato. Alla luce della frequente presenza del riarrangiamento di

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EGFR nei carcinomi adenosquamosi, è stato proposto di effettuare la ricerca della

mutazione di EGFR anche nei casi di NSCLC con orientamento SqCC 39 proprio per poter individuare e trattare i pazienti con carcinoma adenosquamoso che possono beneficiare della terapia con inibitori tirosin chinasici.

La neoplasia ha un comportamento aggressivo e la sopravvivenza a 5 anni è del 40%.

2.7 Carcinoma sarcomatoide

Il carcinoma sarcomatoide è una denominazione generica che include il carcinoma pleomorfo, il carcinosarcoma e il blastoma.

Questi tumori, considerati complessivamente, costituiscono meno dell’1% dei tumori polmonari, e sono rarissime le forme pure di carcinoma a cellule fusate e a cellule giganti. Sono associati con il fumo, l’asbesto e l’immunosoppressione. Si presentano spesso come una voluminosa massa periferica infiltrante la pleura, più frequentemente presente nei lobi superiori. Essendo già in stadio avanzato alla diagnosi ed avendo una morfologia indifferenziata hanno una prognosi infausta.

Il carcinoma pleomorfo è un NSCLC scarsamente differenziato che contiene per almeno un 10% una componente a cellule fusate o a cellule giganti. Il carcinoma a cellule fusate è costituito interamente da cellule fusate senza elementi con differenziazione epiteliale; il carcinoma a cellule giganti è costituito da cellule giganti e multinucleate senza elementi carcinomatosi differenziati. Istologicamente è costituito da diversi istotipi frequentemente commisti tra loro; la componente a cellule fusate è organizzata in un pattern storiforme o fascicolare con totale assenza di differenziazione epitelioide; il carcinoma a cellule giganti è costituito da cellule pleomorfe spesso multinucleate, con citoplasma ampio e granulare. Il carcinoma pleomorfo può contenere componenti variabili costituite da adenocarcinoma, carcinoma squamoso e NSCLC indifferenziato fino ad un massimo del 90% della neoplasia.

Le indagini immunoistochimiche possono evidenziare le componenti maggiormente differenziate, mentre quelle pleomorfe riducono l’espressione di marcatori specifici (p40, TTF1, napsina A, ecc), per i quali mantengono solo una parziale espressione; anche nei casi pleomorfi permane la positività per le citocheratine e inoltre spesso esprimono vimentina e fascina. Questi ultimi possono porre problemi diagnostici con un sarcoma ma l’espressione di citocheratine e TTF1 è di aiuto. L’emangioendotelioma epitelioide e

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l’angiosarcoma esprimono i marcatori vascolari CD31 e CD34. Nei casi in cui si impone una diagnosi differenziale col sarcoma sinoviale è importante individuare il gene di fusione specifico SS18-SSX. Altre neoplasie che si pongono in diagnosi differenziale sono il mesotelioma, le metastasi di melanoma a cellule fusate (HMB45+, S100+, SOX10+), il sarcoma follicolare dendritico e il rabdomiosarcoma pleomorfo (myoD1+, desmina+), le metastasi di carcinoma della corticale surrenalica (inibina+, HMB45+ e MART1+).

2.8 Carcinosarcoma

Il carcinosarcoma è costituito da una componente NSCLC e una sarcomatosa, rappresenta meno dell 0,5% dei tumori polmonari ed è correlato con il sesso maschile e i forti fumatori. È spesso diagnosticato in stadi avanzati; si presenta come neoplasia altamente infiltrante, necrotica. Ha una prognosi infausta.

La componente NSCLC è costituita da percentuali variabili dei vari istotipi, più frequentemente carcinoma squamoso, adenocarcinoma, grandi cellule e adenosquamoso. La presenza di componente neuroendocrina esclude questa diagnosi essendo più propriamente classificato come carcinoma neuroendocrino combinato. La componente sarcomatosa può comprendere tutte le linee differenziative, ma più frequentemente è costituita da rabdomiosarcoma, condrosarcoma e osteosarcoma.

Come detto in precedenza per il carcinoma adenosquamoso e il pleomorfo, non è consigliato porre questa diagnosi su campione bioptico o citologico perché il materiale è insufficiente per escludere una diagnosi diversa; dovrebbe pertanto essere campionato abbondantemente e studiato con indagini immunoistochimiche per escludere un altro istotipo o un sarcoma.

2.9 Classificazione diagnostica su biopsia e citologico

Normalmente la prima diagnosi patologica di tumore del polmone avviene tramite prelievi bioptici o citologici.

2.9.1 Prelievo bioptico

Le metodologie di prelievo per ottenere un campione bioptico sono principalmente l’agobiopsia tramite broncoscopia a fibra ottica o transbronchiale e l’agobiopsia “core” transcutanea ecoguidata o TC-guidata.

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2.9.2 Tipi di prelievo citologico

I prelievi citologici si possono suddividere in FNA (aspirati con ago sottile) o esfoliativi. Questi ultimi comprendono l’esame dello sputo, il brushing bronchiale, il lavaggio bronchiale, il lavaggio broncoalveolare e i versamenti da cavità pleurica o peritoneale. Gli FNA si effettuano per via trans-toracica eco-guidata nel caso di lesioni periferiche e per via transbronchiale o endobronchiale in caso di lesioni centrali. Una tecnica che permette di effettuare un prelievo ottimale è l’eco-endoscopia transbronchiale associata alla valutazione estemporanea dell’adeguatezza del prelievo effettuata dal patologo (ROSE, Rapid On Site Evaluation).

L’esame dello sputo viene effettuato senza endoscopia ed è l’esame meno invasivo tra i citologici esfoliativi, ma anche il meno sensibile; viene esaminato l’escreato delle vie aeree inferiori e superiori. Il brushing bronchiale è eseguito tramite esfoliazione della mucosa bronchiale in visualizzazione broncoscopica. I lavaggi bronchiali sono ottenuti in seguito al brushing, con lavaggio tramite soluzione salina. Il lavaggio broncoalveolare viene effettuato instillando soluzione salina negli alveoli e ri-aspirandola in piccole frazioni. L’esame del liquido pleurico viene effettuato tramite aspirazione del versamento.

Il materiale bioptico viene processato secondo le metodologie standard e incluso in paraffina; il citologico può essere strisciato su vetrino, fissato e colorato; quando possibile, se il materiale è riccamente cellulato, questo può essere centrifugato per ottenere un citoincluso. Il vetrino citologico o bioptico viene poi valutato dal patologo che lo assegna a una delle categorie diagnostiche. La diagnosi su piccola biopsia o su citologico non permette di avere una visione completa della neoplasia, pertanto il referto diagnostico su questi preparati deve fornire l’orientamento diagnostico per il miglior trattamento del paziente.

2.9.3 Le linee guida internazionali IASLC/ATS/ERSC

Per rendere più omogenea la classificazione diagnostica su biopsie e citologici, nel 2011 sono state stilate le linee guida internazionali40 IASLC/ATS/ERSC (International

Association for the Study of Lung Cancer/American Thoracic Society/European Respiratory Society Classification), che prevedono una semplificazione della terminologia

e forniscono delle raccomandazioni per un uso ottimale del materiale a disposizione. Le categorie diagnostiche sono ridotte all’essenziale: carcinoma non a piccole cellule

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