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Premessa: la repressione degli atti prodromici alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.

PER FINI DI RICERCA SCIENTIFICA

1. Premessa: la repressione degli atti prodromici alla ricerca sulle cellule staminali embrionali.

Una questione particolarmente attuale, intorno alla quale si sono sviluppati numerosi dibattiti all‟interno del tessuto scientifico e politico è rappresentata dalla legittimità della ricerca sulle cellule staminali embrionali. La possibilità di impiegarle in modo terapeutico per la cura di numerose patologie degenerative del corpo umano, da una parte, e gli i danni arrecabili agli embrioni oggetto di sperimentazione, dall‟altra, rappresentano gli interessi in gioco.

In proposito, il legislatore del nostro ordinamento ha utilizzato una tecnica di incriminazione rigorosa: l‟art. 13, comma 1, della legge n. 40/2004, infatti vieta qualsiasi sperimentazione sugli embrioni umani. La norma ha, di fatto, prodotto un sacrificio assoluto della libertà della ricerca scientifica, garantita agli artt. 9 e 33 della Costituzione, in favore della tutela della vita dell‟embrione, la cui rilevanza costituzionale può essere soltanto di tipo indiretto,

nella misura in cui si consideri l‟embrione come “persona”, avente diritto alle stesse garanzie giuridiche di cui godono gli altri soggetti di diritto132.

Considerando che il bene giuridico protetto è la vita dell‟embrione133

, sarebbe stata necessaria una maggiore flessibilità della legislazione, che predisponesse una tutela non meramente simbolica di tale interesse: in tal senso, avrebbe potuto essere predisposto un sistema di scriminanti procedurali134, funzionale a creare margini di legittimazione della sperimentazione con riguardo a quegli embrioni non più in grado di svilupparsi135 o comunque

132 Dato il silenzio della Costituzione sulla tutela da apprestare all‟embrione,

sarebbe lecito pensare di trovarsi di fronte a un esempio di «avanzamento da progresso» dei confini di tutela dei beni giuridici, «di un oggetto di protezione, cioè, non nuovo, bensì reso giuridicamente visibile da nuove forme di aggressione»: cfr. W. HASSEMER, Theorie und Soziologie des Verbrechens, Frankfurt am Main, 1980, p. 132.

133

Cfr. S. CANESTRARI, Procreazione assistita: limiti e sanzioni (Commento alla legge 19 febbraio 2004 n. 40), in Dir. pen. e proc. 2004, p. 420, che, a tal proposito, parla di illeciti aventi lo scopo «di salvaguardare l'integrità dell'embrione umano»; L.RISICATO, Dal «diritto di vivere» al «diritto di morire». Riflessioni sul ruolo della laicità nell‟esperienza penalistica, Giappichelli, Torino 2008, p. 27, secondo cui «La legge n. 40 del 2004 ritaglia un‟anomala configurazione del “diritto di vivere” attraverso una tutela totalizzante, penale ed extrapenale, dell‟embrione»; D. BARTOLETTI – F. MARENGHI –A. VALLINI,Testi sotto obiettivo – Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, in Legisl. Pen. 2005, p. 9, secondo cui «la ratio della norma appare chiaramente rivolta a tutelare sempre e comunque l‟integrità embrionale (anche quella degli embrioni cd. “soprannumerari” già esistenti e comunque destinati alla soppressione perché non più “impiantabili”), nei confronti di un qualsiasi esperimento, ricerca, “prova” scientifica (compresi quelli finalizzati alla individuazione di possibili terapie per gravi malattie».

134 In questi termini si è espresso M. D

ONINI,Il caso Welby e le tentazioni pericolose di uno “spazio libero dal diritto”, in Cass. Pen. 2007, p. 908: « Che sia un aborto, una sperimentazione su embrioni o l'effettuazione di una terapia sperimentale o la pratica di forme di eutanasia consensuale, in ogni caso la liceità del fatto può richiedere l‟intervento regolatore preventivo di un soggetto o di un comitato competenti a bilanciare i profili tecnici e morali della scelta da compiere, a risolvere alcune situazioni di conflitti di doveri, o a verificare i requisiti di sussistenza del consenso attualmente prestato da un soggetto».

135 Il Comitato nazionale per la bioetica ha affermato che in capo agli

embrioni in condizione di arresto irreversibile dello sviluppo cellulare, sarebbe ravvisabile una percentuale di blastomeri ancora in vita, utilizzabili nell‟ambito della ricerca scientifica, in parallelo con quanto stabilito normativamente per la donazione di organi ex mortuo: C.N.B., Parere del comitato nazionale per la

abbandonati e destinati a morte certa, in mancanza di una legge che ne autorizzi l‟adottabilità136

.

Accanto a questo divieto penale – la cui severità si deduce anche dalla misura della sanzione predisposta per la sua violazione, la reclusione da due a sei anni e la multa da 50.000 a 150.000 euro – il legislatore ha posto una serie di altre proibizioni al terzo comma dell‟articolo 13137

: si tratta delle cosiddette fattispecie “aggravanti” del delitto di sperimentazione sugli embrioni umani, finalizzate a reprimere l‟intera area delle attività di laboratorio con finalità extraprocreative concernenti l‟embrione.

Di queste, alcune costituiscono atti prodromici alla sperimentazione sugli embrioni, meritevoli, secondo quanto stabilito dal legislatore, di assumere autonoma rilevanza penale. Tali comportamenti, in quanto sintomo di un‟intenzionale strumentalizzazione ab origine dell‟embrione per scopi

extraesistenziali, sono, infatti, dotati di una carica di disvalore maggiore rispetto alla sperimentazione tout court, in cui è sovente ravvisabile un utilizzo in via soltanto sussidiaria di quegli embrioni soprannumerari residuati da pratiche di fecondazione assistita, per i quali non sarebbe più prospettabile un progetto di vita.

La natura circostanziata in senso aggravante delle predette fattispecie si può desumere dal disposto del quarto comma, secondo cui: «In caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 3 la

bioetica sul destino degli embrioni derivanti da pma e non più impiantabili, 26 ottobre 2007, in www.governo.it/bioetica/testi/parere061007.pdf, p. 7.

136 Sulla questione della necessità dell‟emanazione di una legge che disciplini

l‟adozione degli embrioni abbandonati, si veda G. BALDINI, Libertà procreativa e fecondazione artificiale. Riflessioni a margine delle prime applicazioni giurisprudenziali, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli – Roma 2006, p. 88 ss.

137 Art.13. Comma 3: Sono, comunque, vietati:

a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge;

b) ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo;

c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione precoce dell'embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca;

d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere.

pena è aumentata. Le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste dal comma 3 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste». La sanzione applicabile, dunque, sarà quella prevista per la fattispecie di sperimentazione sugli embrioni umani, la reclusione da due a sei anni e la multa da 50.000 a 150.000 euro, aumentata fino a un terzo: si tratta, infatti – come desumibile dal silenzio del legislatore circa l‟entità della variazione della pena – di circostanze a efficacia comune.

Ai fini della nostra trattazione, sarà necessario, in prima istanza, passare in rassegna tali fattispecie per valutare quali di esse possano essere utilizzate per incriminare gli atti preparatori della sperimentazione sugli embrioni, funzionale al progresso della ricerca scientifica sulle relative cellule staminali.

Conseguentemente, in seconda istanza, andrà esaminata la ragionevolezza della scelta legislativa di tipizzare tali condotte come forme aggravate del delitto di cui all‟art. 13, comma 1 e non, invece, come fattispecie autonome di reato.

2. Le fattispecie “aggravanti” del delitto di sperimentazione.