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Press, Cambridge 1934 M Alpatov, N Brunov Geschichte der

altrussischen Kunst.

Filser, Augsburg. 1932 // СЗ. 1934. No 55. С. 436-438. L’articolo è una recensione di due testi riguardanti l’architettura antico-russa, di cui

Russian Mediaeval Architecture, di D. R. Buxton, è il primo in inglese ad occuparsi di

questo argomento. Nel suo studio Buxton si propone di sintetizzare le più importanti notizie sull’architettura russa prepetrina, e su quella medievale greca e armena. La sovrapposizione dei temi è indice di una certa casualità nella genesi del testo, il quale di fatto non ha il valore di una ricerca scientifica. Inoltre, sebbene Buxton sia un cultore della materia interessato ad opere poco conosciute dell’antichità russa, egli non è uno storico dell’arte, e in merito alle questioni di centrale importanza si affida alle opinioni esposte da un altro studioso, Grabar. Il punto di forza del libro sono le illustrazioni e le fotografie raccolte dall’autore nei suoi due viaggi in Russia, e nonostante questi scatti non si distinguano per originalità, il libro appare illustrato in modo eccellente, a partire dalla fotografia iniziale della Chiesa dell’Intercessione sul Nerl’.

Di altro genere è l’opera di Alpatov e Brunov, talentuosi storici dell’arte della generazione più giovane. Oltre ad una notevole parte illustrata, il testo è sintetico e innovativo sia per quanto riguarda i materiali utilizzati sia per le sue intuizioni: viene definito da Vejdle il miglior compendio di storia dell’arte antico-russa. Il pregio principale del libro consiste nella messa a fuoco da parte di entrambi gli autori non di questioni accessorie all’arte, ma di forme artistiche e del loro sviluppo stilistico, la cui indagine permette di compiere delle sintesi storico-culturali. La prima parte del libro, scritta da Brunov e dedicata all’architettura, risulta la più interessante, per l’attenzione e la padronanza con cui viene trattata la materia. Il senso qui risiede proprio nella corrispondenza tra il tutto e le parti, tale per cui l’attitudine alla generalizzazione non pregiudica l’analisi dei singoli

architettonico russo una tendenza unificante e un elemento di costruzione strutturale base, ovvero la colonna verticale, nell’architettura di Kiev, in quella Naryškin, fino al “gotico russo”.

Dal punto di vista di Vejdle il testo non sembra completamente riuscito, ma le novità che apporta lo rendono significativo per la storia dell’arte e della storiografia russa.

[Recensione]

Oskar Wulf. Die neurussische Kunst.

Filser. Augsburg. 1932. // СЗ. 1934. No 56. С. 438-439.

Qui Vejdle presenta il lavoro di Oskar Wulff, professore dell’università di Berlino e studioso di arte bizantina e paleocristiana, intitolato La nuova arte russa (Die neurussische Kunst). Il testo ha la medesima impostazione ed è stato pubblicato dalla stessa casa editrice del testo di Brunov e Alpatov recensito nel numero precedente,

Geschichte der altrussischen Kunst (Il volto dell’arte russa antica).92 Vejdle ritiene che la

pittura russa del XVIII e del XIX secolo, di cui è oggetto il libro, sia inferiore alla pittura europea dello stesso periodo e all’arte antico-russa, ma giustifica l’approccio benevolo di Wulff considerando le radici culturali russe dell’autore.

La visione panoramica degli eventi fornita dal testo lo rende particolarmente utile al lettore europeo, tuttavia il difetto principale viene individuato da Vejdle nel gusto artistico di Wulff, formatosi su un periodo non particolarmente significativo per l’arte russa, cioè la fine del XIX secolo. A conseguenza di tale preparazione egli tende a sopravvalutare i realisti e il movimento dei Peredvižniki, come Repin, Vereščagin, Šiškin, Jarošenko e Korzuchin, pur tralasciando pittori di grande importanza, come Ivanov, Surikov e Vrubel’.

92 V. Vejdle, Buxton D.R. Russian Mediaeval architecture: With an account of the Transcaucasian styles and their influence in the West. Cambridge: Univ. Press, 1934; Alpatov M., Brunov N. Geschichte der altrussischen Kunst. Augsburg: Filser, 1932, “Sovremennye zapiski”, 55 (1934), pp. 436-438.

In riferimento all’autore Vejdle afferma che «lo interessano le intenzioni più dei risultati, gli interessi nazionali e populisti degli artisti più dell’alta qualità e l’autentico carattere nazionale della loro arte».93(439) L’A. giudica positivamente il libro, in parte per un senso

di patriottismo, ma pone l’accento sul fatto che le opere di cui tratta Wulff non rispecchiano la grandezza dell’arte russa, soprattutto in un’ottica futura.

Действующие лица

// СЗ. 1935. No 57. С. 429-438.

In quest’articolo Vejdle invita a riflettere sul cambiamento subito dalla creazione del personaggio romanzesco nel contesto della letteratura contemporanea. Per far intendere quanto gli autori del passato, soprattutto nel secolo XIX, infondessero vita nei loro personaggi di finzione l’A. ricorda alcune testimonianze su Balzac, talmente legato all’universo della sua Comédie humaine da parlarne come se alcuni dei suoi componenti esistessero realmente. A proposito di questa concezione l’A. osserva:

I personaggi vivi creati dal romanziere o dal drammaturgo sono vivi proprio perché non dipendono interamente da lui, perché non gli sono del tutto subordinati, e ciò significa che anche a lui si presentano come persone separate, che egli può accusare, odiare, amare, compatire; in questo non c’è grande differenza tra Cervantes e Tolstoj, Shakespeare e Balzac.94(430)

Per il poema epico vale lo stesso: anche l’Iliade o la Chanson de Roland presentano eroi che sembrano appartenere alla realtà storica. La creazione di un personaggio letterario non consiste né in una completa invenzione, né nell’assemblaggio di elementi trasposti direttamente dalla vita: quest’ultimo caso, come afferma François Mauriac, può essere

93 Намерения интересуют его больше результатов, национальные и народнические интересы художников больше, чем высокое качество и настоящая национальность их искусства. V. Vejdle, Oskar Wulf. Die neurussische Kunst, 1932, “Sovremennye zapiski”, 56 (1934), pp. 439.

94 Живые люди, созданные романистом или драматургом, именно потому и живы, что не вполне от него зависят, не до конца ему подчинены, а значит и ему самому естественно представляют их себе, как людей от него отдельных, которых можно осуждать, и ненавидеть, жалеть и любить; так что в

vero per quanto riguarda i personaggi secondari, ma in genere un personaggio appare tanto più vivo quanto meno è subordinato all’autore. Secondo Vejdle creando dei concatenamenti di atomi l’arte giungerebbe solo a un pallido ritratto della realtà, mentre «il vero artista non cerca la verosimiglianza, ma la verità, non imita la vita, ma le forze che generano la vita».95(430) Il carattere di un personaggio non deriva unicamente dalla

rappresentazione del reale, esso è prima di tutto frutto dell’immaginazione irrazionale del romanziere. Per questo motivo l’estetica realista o naturalista non risponde direttamente all’esigenza di vitalità del romanzo, infatti, ricorda Vejdle «Julien Sorel non somiglia a nessuno: lui esiste proprio come Byron o Bonaparte. I personaggi di Dostoevskij non sono verosimili, ma sono più vivi delle persone reali».96(431) Alla visione di Gor’kij, secondo

la quale è necessario ricavare dall’osservazione di molti casi particolari le caratteristiche generali di un “tipo” sociale dall’osservazione, Vejdle oppone l’immaginazione come principio creatore: «[…] Schiller scriveva del mare, eppure non l’aveva mai visto; Macbeth o Don Giovanni non sono affatto composti a partire da “piccoli tratti disgiunti”».97(431) Da questo punto di vista la letteratura russa appare esemplificativa per

non aver mai costruito dei “tipi” attraverso dei procedimenti meccanico-collettivi, infatti ogni sorta di generalizzazione le è estranea, tanto che anche i suoi personaggi secondari, come Pljuškin in Gogol’, oppure Ferdyščenko e Rakitin in Dostoevskij, sembrano avere vita propria.

Vejdle spiega la nascita di un personaggio immaginario con un episodio tratto da Anna

Karenina: nel ruolo del romanziere c’è il pittore Michajlov, il quale prende il foglio dove

ha abbozzato la figura di un uomo incollerito e nota che un’accidentale macchia di cera

95 Истинный художник ищет не правдоподобие, а правды, подражает не жизни, а силам рождающим жизни. Ibidem. 96 Жюльен Сорел ни на кого не похож, но он есть – не менее Байрона или Бонапарта. Люди Достоевского неправдоподобны, но они живее живых людей. Ivi, p. 431. 97 […] Шиллер никогда не видел моря, но умел о нём писать; Макбет или Дон-Жуан совсем не сделаны из «отдельных черточек». Ibidem.

le ha fornito il carattere distintivo necessario a darle vita. Questa genesi fortuita non è seguita dall’aggiunta di dettagli da parte del pittore, poiché l’immagine si dà nella sua interezza dall’inizio, e rispetto ad essa il ruolo dell’artista è quello di togliere il superfluo senza rovinare l’opera. Questo procedimento è molto distante dal modo di operare del romanziere naturalista o produttivista, di per sé più affine a quello di uno scienziato che seziona il materiale e lo trasforma in pura astrazione. L’A. rileva che la disgregazione del romanzo in quanto genere letterario è dovuta alla diffusione di un metodo analitico di matrice scientifica, e che proprio la volontà di rappresentazione accurata della realtà ha snaturato il romanzo, rendendolo una sorta di trattato sociologico.

Rifacendosi invece ad un principio di unitarietà dal quale l’arte non può prescindere, Vejdle osserva:

La scienza scompone e ricompone, uccide per capire. L’arte genera vita che, come ogni vita, nella sua profondità è impenetrabile a una conoscenza analitico-scientifica. Ogni opera si basa sulla fede nella verità, nell’esistenza creata: senza questa fede non c’è arte. Per creare un personaggio vivo, è necessario credere nell’unitarietà della personalità umana – proprio credere –, perché questa non è data in ogni esperienza e non è dimostrabile per mezzo di argomenti razionali.98 (434)

La rappresentazione dell’umano mediante tratti generici o mimetici rispetto alla realtà è dovuta proprio al venir meno di tale fede. Nella Recherche Proust non mostra l’uomo per com’è, ma solo per come si riflette nella coscienza dello stesso narratore, e in generale tutta la letteratura contemporanea soffre della mancanza di personaggi a tutto tondo, indipendenti rispetto al loro creatore; essi sono più spesso unilaterali, eroi meccanici raffigurati ricorrendo alla realtà oppure ad eccessive schematizzazioni. Ciò non significa

98 Наука разлагает и слагает, умерщвляет, дабы уразуметь. Искусство рождает жизнь, — непроницаемую, как и всякая жизнь, в самой глубине, для анализирующего научного познания. Всякое творчество основано на вере в истинность, в бытие творимого; без этой веры нет искусства. Для того, чтобы создать живое действующее лицо, нужно верить в целостность человеческой личности, — именно верить, так как не во всяком опыте она дана и нельзя доказать ее доводами

che la letteratura contemporanea debba riprendere la vecchia concezione di personaggio letterario, ma che anzi può ricorrere ad una raffigurazione frammentaria dell’uomo, che rispecchia la sua incertezza.

L’opera di Pirandello dimostra come l’arte sia limitata dalla mancanza di una reale fede nell’individuo, e proprio attraverso il teatro egli riflette sull’incapacità di vivificare dei personaggi. Non a caso i suoi drammi sono denominati Maschere nude a segnalare come dietro queste non si riveli nessun essere vivo, ma ci sia effettivamente il nulla. Se, dunque, alla maschera viene assegnata la vera realtà, i personaggi di finzione sono quasi più autentici della persona umana, poiché è solo attraverso la creazione che l’artista può conferire ordine agli esseri del mondo. Al contrario, il rifiuto della personalità umana da parte di Pirandello è dovuto al fatto che essa viene identificata unicamente con una coscienza, totalizzante, capace di assorbire qualsiasi realtà esterna all’io. Secondo Vejdle, il distacco tra uomo che agisce e io pensante è presente in gran parte degli scrittori contemporanei, in Valéry, in Gide o nel Dostoevskij delle Memorie dal sottosuolo, ed è la spia di una sorta di malattia dell’arte. L’impossibilità di ricreare la vita risalendo al suo principio unitario, infatti, induce ad un rifiuto dell’atto creatore e sottrae all’arte la sua forza vitale.

[Рец. на кн.:]

Собрание сочинений И.А. Бунина. T. T. II, III и VII

(Изд. Петрополись). // СЗ. 1935. No 57. С. 462-464.

La raccolta delle opere di Bunin rappresenta un anello nella sequenzialità delle sue opere, ed è testimone dello sviluppo della sua personalità creatrice.

A giudizio di Vejdle, Bunin risponde a tutti i criteri con cui egli valuta l’importanza di un autore: la tensione di forze spirituali nel passaggio da un’opera all’altra, la differenza e la varietà di concetti, la lotta delle passioni, le sempre maggiori possibilità creative, e inoltre la continuità della crescita, segnale decisivo della sua grandezza.

A dimostrazione di quest’evoluzione è possibile confrontare opere del settimo tomo, come Žizn’ Arseneva (La vita di Arsenev) oppure Mitina ljubov’ (L'amore di Mitja), o il racconto Delo korneta Elagina (L’affare dell’alfiere Elagin) con i primi racconti contenuti nel secondo, scritti tra il 1909 e il 1912.

L’A. ritiene che solo in Žizn’ Arseneva Bunin abbia raggiunto l’espressione autentica a cui aveva sempre teso e di cui aveva nostalgia, e in riferimento a questa le sue opere precedenti appaiono come un lungo lavoro preparatorio. Se in questo libro l’arte di Bunin acquista una forma definitiva, ciò non significa che racconti come Ida e Solnečnyj udar (Colpo di sole), la cui scrittura già si contraddistingue per una particolare spiritualità, non siano eccellenti. Accanto a questi, lo stile di racconti precedenti come Derevnja (Campagna), Suchodol (Valsecca) e Vesëlyj dvor (L’allegro cortile) sembra far prevalere la descrizione e la materialità delle cose su pensieri e sensazioni. Mentre in Derevnja la pluralità delle immagini non crea un insieme, in Suchodol e in Chorošaja žizn’ (La bella vita) questa unità si rafforza in favore dell’intenzione generale. Žizn’ Arseneva è l’esempio di come l’unità compositiva sia più congeniale a Bunin, della quale sono rappresentativi anche Delo korneta Elagina e i Gospodin iz San-Francisko (Il signore di San Francisco). Dunque, gli scritti del secondo e del terzo tomo appaiono necessariamente

di ciascun racconto, poiché nonostante alcune opere risultino effettivamente migliori di altre, esse sono tutte manifestazioni dell’arte “autentica” di Bunin, della sua concezione di Russia e della sua vera poesia, nonostante i critici del tempo avessero a lungo insistito sulla questione.

Механизация бессознательного

// СЗ. 1935. No 58. С. 461-469.


Nell’articolo intitolato Mechanizacija bessoznatel’nogo (La meccanizzazione dell’inconscio) Vejdle analizza l’influenza della teoria psicanalitica sull’arte contemporanea. Rispetto a questo tema, la posizione dell’A. risulta chiara fin dall’inizio: per l’artista contemporaneo la psicanalisi è simile a una luce «che lo tormenta come fosse un carcerato nella cui cella, in maniera insopportabile, resta accesa tutta la notte una luminosa lampadina elettrica».99(461)

Secondo Vejdle l’arte ricrea la vita nella sua assenza di senso, perciò i principi di causalità propri della scienza, alla quale appartiene anche la psicanalisi, le sono estranei. A partire dall’epoca romantica l’opera d’arte guarda alla tenebra, al «volto notturno del mondo»,100(462) si inoltra in profondità precluse alla coscienza e all’intelletto. L’A. pone

in discussione la possibilità di ripetere tali esperienze a causa dell’interferenza della teoria freudiana dell’inconscio. Quest’ultima rappresenta un «[…] tentativo di ridurre a funzioni meccaniche tutto il “subconscio” e tutto quanto è ad esso legato: il sogno, l’amore, la vita spirituale indipendente dalla ragione, la creazione del mito, la creazione artistica».101(462) Il culto della psicanalisi appare tanto più ingiustificato poiché mentre

99 […] мучимый ею подобен заключенному, у которого в камере всю ночь горит непереносимо яркая электрическая лампочка. V. Vejdle, Mechanizacija bessoznatel’nogo, “Sovremennye zapiski”, 58 (1935), p. 461.

100 […] ночное лицо мира […] Ivi, p. 462.

101 […] попытка к механическим функциям свести всё «подсознательное» и всё связанное с ним: сновидения, любовь, неподчиненную рассудку душевную жизнь, мифотворение, художественное творчество. Ibidem.

l’arte ha da sempre avuto l’accesso all’inconscio, la teoria freudiana, a causa delle sue intime contraddizioni, l’ha ostacolato.

Il surrealismo francese ha tentato di adattare il processo creativo alla psicanalisi con la scrittura automatica: l’atto creativo non è più organizzato e sistematico, ma è diventato un semplice meccanismo attraverso il quale l’artista fa defluire la propria coscienza. L’A. sostiene che tale procedimento è incompatibile con la pratica letteraria:

Sostanzialmente, la sconsideratezza principale dell’iperrealismo consiste nel supporre che il subconscio e il flusso verbale emergente sulla sua soglia siano originali, efficaci, liberi da qualsiasi letteratura, mentre invece quelli di ogni letterato sono intessuti di prestiti e reminiscenze. La creazione viene sostituita con il confronto di materiali pronti, ed è originale solo perché i materiali non sono in alcun modo organizzati, sistemati, e cioè semplicemente non sono rielaborati.102(463)

Un ulteriore errore che l’A. ravvisa nella pratica del surrealismo è la mancanza di un piano, di un progetto in base al quale realizzare l’opera d’arte. Analogamente, la psicanalisi non è in grado di cogliere il nucleo autentico dell’opera letteraria, poiché il suo interesse è principalmente quello di far emergere la volontà dell’autore, nascosta nel testo. Questo metodo potrebbe essere facilmente applicato ad opere di qualità scadente (bul’varnye romany) in cui la vita viene “abbellita”, ma non alla letteratura di valore artistico, la quale trasforma completamente la realtà.

Né il noto concetto di sublimazione a cui ricorre Freud, né la dicotomia tra istinto e ragione riescono a spiegare davvero la genesi della creazione artistica, la quale si lega piuttosto all’attività immaginativa e all’idea di trasfigurazione (preobraženie).

Tuttavia, numerose convergenze tra lo sviluppo artistico e la teoria psicanalitica testimoniano di un loro progressivo avvicinamento. A questo proposito Vejdle scrive:

102 Практически, главное недомыслие в том, что сверхреалист предполагает своё подсознание и поток слов, возникающий на его пороге, первозданными, действенными, свободными от всякой литературы, тогда как у любого литератора они, наоборот, полны реминисценций и заимствований. Вместо творчества получается у него сопоставление готовых материалов, оригинальное лишь тем,

L’invenzione libera viene sostituita sempre più spesso da una realtà camuffata più o meno abilmente. Rinunciando alla trasfigurazione del mondo, l’arte diventa permeabile alla ragione e adatta allo sviluppo psicanalitico. […] Per la psicanalisi la personalità non esiste, poiché non c’è scelta né libera volontà, poiché il nucleo della persona umana è una forza impersonale […] e l’unico antagonista di questa forza è l’intelletto umano.103(465)

Nonostante l’artista cerchi di sfuggirvi, la diretta conseguenza di tale concezione dell’umano è la costruzione meccanica di personaggi letterari.

In ambito pittorico Vejdle contrappone artisti la cui immaginazione ancora sfugge al dominio scientifico, come Čiurlionis, Rouault o Chagall, agli «iperrealisti» quali de Chirico, Max Ernst e Salvador Dalì, i cui lavori invece risentono del nuovo clima culturale: «contrariamente alla formula del sensismo, è possibile dire che nei loro sensi non c’è nulla che prima non sia stato nell’intelletto».104(466)

La crescente rilevanza della scienza è avvertibile anche nell’opera di D. H. Lawrence, il cui pansessualismo non arriva ad essere una celebrazione della vita viscerale quanto quello di Rozanov, poiché «qui viene sostituito da prescrizioni relative al corretto funzionamento dell’apparato genitale».105(466)

È possibile riscontrare le implicazioni di questo fenomeno nell’attività di singoli autori: la dissoluzione della personalità e degli schemi narrativi del romanzo si avverte distintamente nell’opera di Marcel Proust, mentre la «meccanizzazione dell’inconscio»106(467) trova il suo apice negli scritti di Franz Kafka. Vejdle loda

l’originalità e lo stile di Kafka, caratterizzato da una lingua «[…] insolitamente lineare,

103 Вольный вымысел заменяется всё чаще более или менее искусно камуфлированной действительностью. Отказ от преображения мира делает искусство проницаемым для рассудка и пригодным для психоаналитического развития. […] Для психоанализа нет личности, потому что нет выбора и свободы воли, потому что ядро человеческой особи – безличная сила […] и единственный антагонист этой силы, человеческий рассудок. Ivi, p. 465. 104 О них, в противоположность формуле сенсуализма, можно сказать, что в их чувстве нет ничего, чего бы раньше не было в рассудке. Ivi, p. 466. 105 […] подменяется тут предписаниями на предмет нормального функционирования полового механизма. Ibidem. 106 […] Механизация бессознательного […] Ivi, p. 467.

trasparente, musicale, mite in senso classico […]»,107(467) grazie alla quale lo scrittore

tedesco riesce a trasmettere ciò che è più profondo e difficilmente esprimibile, «[…] come tenebra notturna in un vaso cristallino […]».108(467)

Prendendo come esempio l’intreccio di America, l’A. nota che la particolarità dei romanzi kafkiani non risiede nemmeno nella forma esteriore dei suoi romanzi, ma piuttosto in quella sfumatura di irrealtà che l’autore conferisce agli stessi eventi, nella sua visione allegorica del mondo.

Attraverso i destini dei suoi personaggi Kafka vuole «[…] mostrare contemporaneamente l’insensatezza e l’inesorabilità della legge che pesa sull’esistenza umana».109(468) Il

compito dell’arte dovrebbe essere proprio quello di svelare all’uomo la sua condanna eterna (večnyj prigovor), ma come intuisce Kafka, la stessa la libertà creativa è ostacolata dal meccanicismo, la cui influenza si è estesa all’immaginazione.

Dunque, a parere dell’A. non è possibile affrancarsi da questa causalità meccanica partendo dall’inconscio; il risultato dei tentativi in questa direzione è «[…] non l’arte della morte, ma la morte dell’arte. L’irrazionalismo, elevato a principio astratto, può dimostrarsi la peggiore forma di illusione razionalistica».110(469)

Vejdle conclude affermando che, per non soccombere al pensiero scientifico-razionale, l’arte deve ritrovare la sua fonte originaria, la sua luce del sole.

107 […] необыкновенно чёткий, прозрачный, музыкальный, классически спокойный […] Ibidem. 108 […] как ночная тьма в хрустальный сосуд […] Ibidem. 109 […] показать одновременно бессмысленность и неизбежность тяготеющего над человеческим бытием закона. Ivi, p. 468. 110 […] уже не искусство гибели, а гибель самого искусства. Иррационализм, возведенный в

Границы Европы

// СЗ. 1936. No 60. С. 304-318.


La questione con cui l’A. apre l’articolo riguarda il concetto di Europa come autentica espressione di una cultura che da un lato non si estenda a tal punto da ridimensionare il valore di altre culture, e dall’altro che non cerchi nemmeno di ricondurre tutto ciò che c’è di positivo in esse a sé stessa.

Vejdle ritiene che nel secondo caso l’errore in cui si incorre sia più grave, poiché implica l’interpretazione dell’Europa come un tutto unitario, indistinto al suo interno. Di fatto, secondo l’A. entrambi i punti di vista non prendono in considerazione la vera natura dell’Europa, ovvero un organismo spirituale (duchovnyj organism) complesso e dai confini mobili, anche se la volontà di arginare eventuali incursioni esterne porta a mortificarne la vitalità imponendogli limiti netti.

Vejdle identifica tre teorie in base alle quali gli storici delimitano il territorio europeo partendo da fatti storici: «È possibile chiamarle teoria germanica, romanica e romano- germanica».111(305)

La teoria germanica risulta la meno convincente nonostante sia fondata sulla comprovata influenza dell’elemento nordico sulla cultura europea, così come testimonia la provenienza nordica di greci e italiani, nonché il contributo dei popoli barbari alla cultura medioevale. L’A. ritiene che quest’ultima non possa derivare dalla tradizione tardoantica, poiché il divario tra l’arte medievale e l’antichità classica è troppo grande, com’è possibile constatare a proposito delle chansons de geste.

Di fatto, però, la contrapposizione tra Nord e Sud è soggetta a generalizzazioni che rischiano di tralasciare aderenze piuttosto esplicite. Ad esempio, la stessa architettura gotica medioevale è impensabile senza l’influsso di quella antica, e lo stile gotico non è nato in Germania, ma in Francia.

111 Назвать же их можно теориями германской, романской и романо-германской. V. Vejdle, Granicy Evropy, “Sovremennye zapiski”, 60 (1936), p. 305.

La seconda teoria, quella romanica, demarca i confini europei in maniera speculare rispetto alla prima, ma appare intrinsecamente più veritiera data l’impossibilità di pensare l’Europa senza la componente greco-romana. Una possibile obiezione a questa teoria è la presenza, già all’interno del mondo antico, di un’influenza nordica. A proposito di questo