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Il presupposto della responsabilità: la violazione dei principi di corretta

Il presupposto comune alle differenti ipotesi di responsabilità risiede nell‟esercizio dell'attività di direzione e di coordinamento posto in essere dalla

holding agendo «nell‟interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei

principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale».

Come osservato dai primi commentatori della nuova disciplina, essa si caratterizza per l'utilizzo di espressioni generiche e vaghe che rischiano di porre nel nulla gli obiettivi che il legislatore si proponeva di realizzare, rendendo poco efficace la tutela effettiva dei soggetti che ne risultano destinatari.45

I principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale, infatti, che costituiscono il fulcro intorno al quale ruota la responsabilità da direzione e coordinamento di società, non rinvengono antecedente alcuno nell'ordinamento giuridico societario.

Si pone, quindi, la necessità di tentarne una specificazione, ancorandoli a parametri di tipo oggettivo che consentano di comprendere quando l'attività di direzione diventi patologica e foriera di responsabilità per la holding.

Per poter definire il contenuto del potere – dovere del buon esercizio dell'attività di direzione unitaria occorre tenere in conto gli interessi che la norma si prefigge di salvaguardare: solamente individuando specificamente i beni giuridici tutelati è possibile delineare le condotte capaci di pregiudicarli.

Orbene, se i beni giuridici tutelati dalle azioni di responsabilità sancite dall'art. 2497, commi primo e secondo, c.c., possono essere individuati nella integrità del patrimonio sociale e nella redditività e nel valore della partecipazione sociale, potrà dirsi che l‟attività di direzione e coordinamento, risulterà perpetrata in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale

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E‟ questa l‟opinione di PORTALE, Osservazioni sullo schema di decreto delegato in tema di

ogniqualvolta sia idonea a ledere il patrimonio sociale della dominata, sino a renderlo insufficiente a soddisfare le ragioni creditorie.

Quanto alla redditività della partecipazione sociale, se essa viene identificata nella potenzialità della partecipazione sociale a produrre la remunerazione del capitale investito, si potrà parlare di gestione societaria o imprenditoriale scorretta ogniqualvolta la condotta della società dominante sia idonea ad impedire l'effettiva trasformazione della qualità potenziale della partecipazione a produrre la remunerazione.

Più complessa appare l'individuazione delle condotte rilevanti ai fini dell'insorgere della responsabilità ex art. 2497 c.c., quando ad essere compromesso sia il bene del valore della partecipazione sociale: in tali casi, infatti, la differente ricostruzione esegetica del bene giuridico tutelato dall'azione di responsabilità, influenza significativamente lo spettro delle mala gestio giuridicamente rilevanti della holding.

Infatti, se il concetto di valore della partecipazione sociale coincide con i potenziali incrementi del valore nominale della stessa, la attività di gestione della controllante sarà rilevante ai fini dell'insorgere della responsabilità solo ove riesca a provarsi che era possibile porre in essere strategie alternative a quelle attuate dal gruppo, idonee a trasformare il valore potenziale (inizialmente solo astratto) in un bene attuale e concreto.

Ove, invece, si riconosca al valore della partecipazione sociale il significato di valore reale, calcolato tenendo conto del valore effettivo del patrimonio sociale anche in termini finanziari, trattandosi di un valore già esistente, la condotta censurabile dovrà consistere in azioni concretamente pregiudizievoli.

Significative, nell'individuazione dei parametri a cui ancorare la valutazione delle politiche di gruppo, appaiono le indicazioni tratte dalle elaborazioni giurisprudenziali sviluppate in tema di responsabilità degli amministratori ex art. 2392 c.c., i cui elementi costitutivi, richiamano in parte

quelli posti a fondamento della responsabilità da direzione e da coordinamento di società.

In particolare, il parametro della diligenza da utilizzare nell'adottare le scelte strategiche infragruppo, diviene un utile indice per valutare la correttezza della politica della holding nella gestione delle società satellite.

Il concetto di diligenza, tuttavia, quale concetto generale ed astratto, deve, ancora una volta, essere adattato alla differente e multiforme realtà dei gruppi di imprese, tenendo conto della specificità degli interessi perseguiti nell‟impresa di gruppo: solamente dopo aver individuato l‟interesse che deve essere perseguito dalla holding sarà possibile valutare la diligenza della politica in concreto posta in essere46.

Nella valutazione concreta della conformità o meno della politica di gruppo ai principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale sarà necessario tener conto del risultato complessivo dell'attività di direzione e di coordinamento di società, non potendo il giudizio essere isolato a singoli atti.

Illuminante in tal senso è l‟ultima parte del disposto dell‟art. 2497, primo comma, c.c., il quale sancisce che «non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette».

La condotta foriera di responsabilità è dunque quella connotata da uno scorretto bilanciamento degli interessi dei soggetti coinvolti; bilanciamento, che secondo la lettera della legge, deve essere necessariamente effettuato alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e di coordinamento.

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Le riflessioni sono di CASADEI, Gruppi di società nel codice civile, cit., p. 333 s.s, la quale, evidenzia, tra l'altro, che uno dei limiti alle valutazioni giurisprudenziali della correttezza della politica di gruppo è quello del «business judgement rule» che consente di distinguere in sede di valutazioni il merito delle scelte gestionali poste in essere dagli amministratori, mai censurabili in ambito giudiziario, dalle ipotesi di mancato rispetto generale di diligenza così come richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze professionali.

Sembra evidente che il legislatore, attuando il principio guida indicato nella legge delega del «contemperamento degli interessi coinvolti» ( art. 2, lett. h), l. 366/2002), abbia inteso richiamare la teoria di vantaggi compensativi elaborata in dottrina ed in giurisprudenza allo scopo di risolvere i problemi che si pongono ogniqualvolta ci si trovi innanzi a soggetti portatori di interessi disomogenei47.

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