La base della discussione è l'assunto cardine, che fonda l'idea della superiorità del sistema concorrenziale, per cui quando sul mercato vi è sufficiente concorrenza sono i prezzi di mercato a rappresentare il miglior indicatore del valore di un bene o servizio. Essi, infatti, assicurano sia l'efficienza allocativa, sia quella dinamica.
In base all'efficienza allocativa il prodotto viene acquistato da coloro che dal suo consumo ricavano il maggior beneficio, essendo
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disposti a pagarlo anche di più, e allo stesso momento viene venduto da coloro che lo producono al costo più basso.
Per quanto riguarda l'efficienza dinamica i protagonisti del mercato assumono decisioni di investimento in maniera tale da ottenere risultati sempre più efficienti.
Nei casi di fallimento di mercato, sia che si renda necessario l'intervento ex ante sui prezzi di un regolatore, sia che si renda necessario l'intervento ex post di un'autorità antitrust, il rischio è che vengano imposti prezzi che non rispecchiano, per eccesso o per difetto, quelli di mercato, con ciò creando inefficienze sia allocative sia dinamiche.
Il dibattito sulla determinazione del prezzo si sposta sul terreno delle migliori metodologie per l'individuazione del prezzo di mercato del prodotto, e non si può dire che si tratti di un dibattito vicino a soluzione.
Il metodo che ha suscitato da ultimo più accesa discussione è la c.d. Efficient Component Pricing Rule (ECPR)33 o parity principle.
33 La regolamentazione tramite la efficient component pricing rule è un metodo volto a
individuare prezzi di accesso che assicurino un'entrata efficiente. Tale regola è stata formulata da
Baumol (1983) and Baumol and Sidak (1994). Tale regola fissa il prezzo di accesso eguale al costo
marginale di accesso più un termine che esprime il costo opportunità dell'entrata. Il costo marginale è il maggior costo unitario causato direttamente dall'aumento di produzione del servizio sulla rete. Il costo opportunità è dato dal contributo alle spese fisse, che il gestore verticalmente integrato avrebbe guadagnato se avesse continuato ad offrire quel servizio al consumatore. Il costo opportunità, in base alla formula di Baumol, è calcolato assumendo un mercato contendibile nel quale il prezzo del servizio finale eguaglia il costo medio, sottraendo dal prezzo del servizio finale
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L'idea che la sorregge è che il titolare della risorsa essenziale, che si pone quindi come input in un prodotto, deve porla a disposizione delle altre imprese a un prezzo uguale a quello che egli stesso sostanzialmente paga per il suo uso. Il pregio del metodo sarebbe, secondo i suoi propugnatori, di consentire l'uso della risorsa alle imprese che sono efficienti almeno quanto quella che detiene la risorsa, cioè a quelle che, pagato il prezzo per l'accesso alla risorsa, riescono a concorrere sulla restante parte dei costi che essi affrontano per la fornitura e la commercializzazione del bene rispetto al quale la risorsa costituisce input.
Alcuni studiosi hanno mosso molte critiche a tale metodo, perché esso sembrerebbe non poter funzionare se non si verificano determinate coincidenze. In particolare, se viene applicato ad un incumbent34 dotato
di potere sul mercato finale del prodotto rispetto alla quale la risorsa in questione rappresenta un input, esso finisce con il garantire la
del gestore verticalmente integrato il costo marginale di accesso. In un mercato contendibile quindi il problema del calcolo del prezzo di accesso è abbastanza semplificato. Nel caso il mercato non sia contendibile ed il prezzo del servizio finale diverga dal costo medio permettendo extra profitti, il problema è molto più complicato.
34 Impresa, solitamente di grandi dimensioni, che è monopolista di uno specifico mercato e tenta
di bloccare l’entrata di altre imprese, definite come imprese entranti. Incumbent di un mercato può essere anche un gruppo di imprese oligopoliste che agiscono all’unisono per bloccare l’ingresso di nuovi competitori.Essendo presente da tempo su uno specifico mercato, l’incumbent matura una serie di vantaggi competitivi che sfrutta per frenare l’entrata delle nuove imprese. L’economista statunitense J.S. Bain (1956) è stato fra coloro che hanno pionieristicamente messo in luce i benefici derivanti dall’essere già presente in un mercato. Essi si possono riassumere in vantaggi connessi alla fidelizzazione del cliente, al brand già affermato sul mercato, alla rete di relazioni con le altre imprese, alla rete logistica e commerciale e alla conoscenza del settore. Tali fattori concedono un’indubbia superiorità all’incumbent, che solitamente li combina con la finalità di escludere eventuali entranti dal mercato. Questi fattori costituiscono, pertanto, barriere all’entrata.
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protezione integrale del relativo profitto monopolistico: il prezzo di accesso si riverbera anche sulle imprese accedenti, pregiudicando ogni possibilità di miglioramento della condizione dei consumatori.
Pertanto, non è sbagliato affermare che nessuna regola per il prezzo di accesso è neutrale rispetto ai fini che il diritto della concorrenza vuole perseguire nel consentire l'accesso a un mercato. Commisurare la sostenibilità del prezzo dell'input ai costi individuali dell'impresa, che lo richiede, significherebbe tutelare un diritto individuale nella logica complessiva del mercato, in cui possa addirittura costringere a mettere la risorsa sotto costo. E' una logica incompatibile con la logica antitrust, ma che potrebbe avere senso in un contesto di grave carenza concorrenziale.
Garantire condizioni di accesso cost oriented consente, per contro, all'impresa detentrice della risorsa di remunerare gli investimenti effettuati (incluso un “ragionevole” margine di profitto), garantendo allo stesso tempo ampie possibilità di accesso alla concorrenza, in quanto consente comunque l'ingresso di tutte quelle imprese che sono in grado di sopportare il costo dell'input.
Dal punto di vista comunitario registriamo una certa ambiguità per quanto riguarda i riferimenti normativi. Dai principi generali sanciti in materia di essential facilities doctrine può però desumersi che l'accesso
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vada garantito solo a imprese efficienti almeno quanto quella che detiene la risorsa: questo ha sostenuto la Corte di Giustizia nel leading
case “Oskar Bronner35”, escludendo che l'aspirante all'accesso a una
risorsa possa parametrare sulla propria minore efficienza l'induplicabilità della risorsa. Una regola parallela in termini di fissazione del prezzo di accesso appare l'esito più coerente, proprio alla luce di un sistema che vuole garantire la concorrenza, sub specie di promozione dell'innovazione, ma non deprimere lo stimolo all'innovazione favorendo forme di parassitismo.
Ma, a ben vedere, se questa della parità di efficienza con l'incumbent è la regola normale di selezione degli accedenti e di fissazione del prezzo di accesso, centrale appare, ancor più del controllo dell'entità delle condizioni praticate per l'accesso ad una risorsa essenziale, il presidio dell'obbligo di non discriminazione, non solamente espresso in tutti i contesti regolamentari, ma affermato in generale in ambito antitrust dall'art. 102 TFUE. Da esso discende che l'impresa dominate non deve praticare condizioni ingiustificatamente differenti tra i diversi concorrenti acquirenti di input, ma anche che essa
35 Sentenza della Corte (Sesta Sezione) del 26 novembre 1998. - Oscar Bronner GmbH & Co.
contro Mediaprint Zeitungs - Domanda di pronuncia pregiudiziale: art. 86 del Trattato CE - Abuso di posizione dominante - Rifiuto di un'impresa del settore della stampa, che detiene una posizione dominante nel territorio di uno Stato membro, di inserire nel suo sistema di recapito di giornali a domicilio la distribuzione di un quotidiano concorrente di un'altra impresa dello stesso Stato membro. - Causa C-7/97.
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non deve praticare a tali concorrenti-clienti condizioni peggiori rispetto a quelle che essa pratica a se stessa (cioè alla sua componente “a valle”, che acquista l'input). La violazione di tale obbligo avrebbe, infatti, un effetto di margin squeeze e sancirebbe l'impossibilità di imprese concorrenti di pari efficienza di competere ad armi pari con l'incumbent, sbarrando la via all'ulteriore innovazione.
A ben vedere, l'obbligo di condivisione a parità di condizioni rivela la scelta di obiettivo dell'azione di contrasto antitrust alle manovre escludenti di imprese che controllino risorse essenziali. Esso consente di porre in secondo piano la positiva eterodeterminazione, da parte delle autorità antitrust, delle condizioni contrattuali, tutelando invece il pari sviluppo delle opportunità competitive. E' così che si mira dunque a realizzare quella competizione nell'innovazione, alla luce della quale la libertà contrattuale viene declinata nell'attuale contesto di tutela della concorrenza.