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Prima di passare alla discussione dei dati testuali, aggiungiamo che i codici di p

sembrano essere tutti di provenienza italiana, come confermato dalla bibliografia pregressa: come si vedrà di seguito, al dato geografico corrisponderà anche il dato testuale dato che la famiglia è individuabile tramite una serie di errori congiuntivi.

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Sul luogo di produzione di P10 si rimanda ai contributi di AVRIL-GOUSSET 1984 (p.

181), PERRET 2011 (p. 362), PAPI 2016 (p. 94): il codice, tuttavia, a partire dal 1638 si

trovava già a Parigi, come recita una nota di possesso al f. 1r.

Per P8 notizie sulla collocazione geografica emergono in PAPI 2016 (p. 91), PERRET

2011 (p. 367), BRIGGS 1999 (p. 38), AVRIL-GOUSSET 1984 (p. 149-150); le miniature

sono riconducibili all’area italiana e Briggs suppone la produzione da parte di un copista francese che opera a Bologna mentre Papi sottolinea la probabile circolazione veneziana prima di approdare nella biblioteca dei duchi di Milano.

Per MR si vedano PERRET 2011 (p. 358), SCHIFF 1905(p. 209-210) e EXPOSICION 1958

(p. 42, n. 73), ma soprattutto DOMINGUEZ-BORDONA 1933(p. 321) dove si legge che la

decorazione è un esempio di «Arte boloñés», indicazione poi riportata anche dalla scheda online del catalogo della Biblioteca Nacional de España.

Per M si veda PERRET 2011 (p. 359) e bibliografia pregressa ma soprattutto FAVA-

SALMI 1973(p. 112), dove viene sottolineato che la miniatura è francese ma nelle due

carte di guardia iniziali (dove si legge un frammento del Liber Novus Almansoris) vi è un’iniziale miniata (f. iivb) ancora di scuola bolognese. Ancora il ms. sarebbe appartenuto agli Este almeno dal 1436; questi due fattori, secondo Fava, permettono una collocazione cronologica ascrivibile agli inizi del XIV secolo. Altro elemento materiale che ne testimonia le circolazione italiana è un appunto in italiano leggibile al f. 109v riguardante la Sibilla Tiburtina. Quindi fattori come la miniatura iniziale dell’Almansore, l’appartenenza agli Este e la precoce circolazione italiana segnalano un legame solido con l’Italia anche se non è possibile confermarne l’effettiva produzione italiana.

Nonostante non si possa avere la certezza che M sia stato prodotto in Italia e considerando che vi sono diversi dati che a supporto di tale ipotesi, ciò che invece sembra emergere è quindi l’italianità della famiglia p. Si elencano quindi una serie di luoghi testuali che confermano non solo l’appartenenza di M alla famiglia p ma anche la solidità dell’intera famiglia che sembra discostarsi dal resto della tradizione.

73 Loci tav. 1:128 dimostrazione della famiglia p

1.1) [PROL.; M, f. 1ra; § 2] Li livres de gouverner les citez, qu’en apele «Politique»,

(om. M P8 MR) nous enseigne que toutes seignories ne durent pas tant l’une

comme l’autre.

Clamat Politicorum sententia omnes principatus non esse aequaliter diuturnos... (DRP, PROL.)

Apparato positivo: B B1 B2 B3 B4 C CT D DR F L1 L2 L3 L4 L5 MN N P1 P3 P4 P5 P7 P9

R T V1 V2. Sono esclusi L, B5 e P6 poiché non presentano il prologo; CT è stato qui

inserito poiché il testo è leggibile tramite le riproduzioni fotografiche inserite nella notizia nel catalogo di riferimento.129

Probabile lacuna di p evidenziata dal confronto con la fonte in quanto si tratta di una tipica citazione egidiana; il teologo, infatti, cita frequentemente e puntualmente le opere aristoteliche nel corso dell’opera latina e la Politica di Aristotele risulta la materia principale del III libro del DRP ed è quindi spesso citata, ad esempio: «Probat autem Philosophus primo Politicorum duplici via civitatem constitutam esse gratia alicuius boni» (DRP, III I I)e così nel francese «Li philosophes ou premier de «Poletique» prueve

que toutes viles et totes citez sont establies pour aucun biens» (M, f. 68rb; ed. MOLENAER

1899, III I I, p. 268). Nel testo egidiano non vi sono altri luoghi testuali dove si cita nello

specifico la sententia Politicorum ma spesso si usano formule di citazione come sententia

philosophi: in questo caso potrebbe anche trattarsi di un riferimento ancora più puntuale,

in quanto Egidio utilizza la materia aristotelica mutuata dal commento di san Tommaso e quindi l’opera di riferimento sarebbe la Sententia libri Politicorum.130 Inoltre,

trattandosi della prima volta che viene citata l’opera, è possibile che il volgarizzatore voglia sottolineare ed esplicare il rimando alla fonte.

128 Come si vedrà in seguito quando saranno esplicitati i criteri di edizione, nei casi di errori di p si ricorre

a V1 (e successivamente a B3, L2 e C): per considerazioni più approfondite a riguardo si rimanda alla NOTA FILOLOGICA che introduce l’edizione.

129 STEYN 2002, p. 148.

130 Sui rapporti di dipendenza tra il DRP, in particolare il III libro, e il commento dell’aquinate alla Politica

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1.2) [PROL.; M, f. 1rb; § 11] Et apert bien que Dieu, en cui cuisse il est escrit (il est

fet escrit M P8 MR) Sire des sires et Roi des rois, ait especial cure de vostre sainte

lignié et de vostre sainte meson.

Videtur enim Deus omnipotens, in cuius foemore scribitur dominus dominantium et rex regum, vestrae domus sanctissimae curam gerere specialem. (DRP, PROL.)

Apparato positivo: B1 B3 B4 DR L1 L2 L3 L4 L5 P5 P9 R V2; est om. B D N V1; il est

Crist B2 MN P1 P4 P7; tout est qui est C. I mss L, B5 e P6 non presentano il prologo mentre

z omette questa porzione di testo.

L’aggiunta di fait crea non solo problemi sintattici ma anche diegetici e possiamo considerarla un’inserzione posteriore più che una lezione originaria dell’autore. L’errore potrebbe essersi generato a partire dalla forma poissance in luogo di cuisse (errore d’archetipo; vedi cap. 1 par. 4 e APPARATO PROL. § 11) che ha alterato il senso del testo

ed ha portato probabilmente i copisti a rimodellare e riformulare la frase, la quale poteva suonare dubbia: con il participio passato fet si allude probabilmente al fatto che Dio si compie e si manifesta in Cristo, sua incarnazione terrena; la potenza di Dio quindi non è altro che la sua incarnazione, considerato in terra il Re dei re.

1.3) [PROL.; M, f. 1rb; §12] ... vous voulez garder les bones lois et les droites (bonnes

M P8 MR) coustumes du roiaume.

... sed lege et intellectu regulas regni iustissimas cupiat praeservare. (DRP, PROL.)

Apparato positivo: B B1 B2 B3 B4 C D DR L1 L2 L3 L4 L5 MN N P1 P4 P5 P7 P9 R V1

V2. I codici L, B5 e P6 non presentano il prologo mentre z omette questa porzione di testo.

Il doublet sinonimico originario doveva contenere droites costumes (probabile retaggio della traduzione di Henri de Gauchy), in linea con le regulas iustissimas della fonte latina:

bonnes costumes di p pare essere quindi una semplificazione testuale, forse generatasi a

partire dall’influenza del precedente bonnes lois.

1.4) [PROL.; M, f. 1rb; §14] ... vostre requeste loable et honeste. (ennoree M P8 MR)

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Apparato positivo: B B1 B2 B3 B4 C D DR L1 L2 L3 L4 L5 MN N P1 P4 P5 P7 P9 R V1

V2. I codici L, B5 e P6 non presentano il prologo mentre z omette questa porzione di testo.

Non si tratta di un errore vero e proprio in quanto le due lezioni sarebbero adiafore se non ci fosse il passo latino corrispondente: pertanto tra ennoree131 (meritevole di onore) ed

honeste (< HONESTA), la lezione originaria sembrerebbe essere quest’ultima, condivisa da

tutto il resto della tradizione.

1.5) [I I I; M, f. 1vb; §4] Et por ce les oevres humaines demostrent la maniere de parler

en ceste science estre grosse et par example. Dont li philosophe dit que c’est maniere de sage homme enquerre tele certaineté en la chose comme l’en i puet trouver. (Dont le philosophe... i puet trouver om. M P8 MR) La seconde reson...

Quia ergo sic est, ipsa acta singularia, quae sunt materia huis operis, ostendunt incedendum esse figuraliter et typo. Hanc autem rationem videtur tangere Philosophus I. Ethicorum, cum ait, quod dicetur sufficienter de morali negocio, si manifestatio fiat secundum subiectam materiam. Unde

subdit quod disciplinati est intantum certitudinem inquirere secundum unumquodque genus, inquantum natura rei recipit. (DRP, I I I)

Apparato positivo: B B1 B2 B3 B4 B5 C D DR F L1 L2 L3 L4 L5 L MN N P1 P3 P4 P5 P7

P9 R T V1 V2; P6 omette questo capitolo. Lacuna di p confermata dal riscontro con la fonte

e non generatasi a partire da porzioni di testo uguali.

1.6) [I I V; M, f. 3va] ... quar nus ne doit estre loez, ne blamé, (om. M P8 MR) ne avoir

honor de chose que il face contre sa volenté.

Ex involuntariis autem (ut patet per Philosophum 3. Ethic.) non laudamur nec vituperamur.

(DRP, I I V)

Apparato positivo: B B1 B2 B3 B4 B5 C D DR L1 L2 L3 L4 L5 L MN N P1 P4 P5 P6 P7 P9

R V1 V2. Il gruppo z rimaneggia il testo ed omette sia il segmento in questione, sia quello

successivo (ne avoir honor), per cui è impossibile verificare l’esistenza di questa lacuna nel rifacimento della frase. Altra lacuna di p resa evidente dal controllo sulla fonte.

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1.7) [I I VI; M, f. 4rb] ... combien que il soit vieulz, il est enfés en sens (om. M P8 MR)

et n’est dignes de seignorir.

... dato quod sit senex tempore, quia est puer moribus, indignus est principari. (DRP, I I VI)

Apparato positivo: B B1 B2 B3 B4 B5 C D DR L1 L2 L3 L4 L5 L MN N P1 P4 P5 P6 P7 P9

R V1 V2; nel gruppo z il passo risulta rimaneggiato e non confrontabile in quanto manca

il riferimento diretto all’incapacità di governare dell’uomo anziano. Omissione di p probabilmente causata dal fatto che le due unità della sequenza enfés en sens presentano una grafia facilmente sovrapponibile.

1.8) [I II VIII; M, f. 10vb] ... quar tout ausi comme nous veons aucunes choses qui

semblent vraies et ne sont pas vraies, tout ausi aucunes choses mauveses semblent bones (om.M P8 MR) qui ne sont pas bones.

Nam sicut in speculabilibus falsa aliquando admiscentur veris propter quod creduntur vera quae non sunt vera sed apparent vera: sic in agibilibus mala multotiens admiscentur bonis propter quod creduntur bona sed non sunt bona sed apparent bona. (DRP, I II VIII)

Apparato positivo: B1 B2 B3 B4 B5 B C D DR L1 L2 L3 L5 L MN N P4 P5 P7 P9 V1 V2.

Il ms. P1 ha una lacuna per omeoteleuto in questo punto; il gruppo z omette questo

passaggio; L4 e P6 omettono questo capitolo.

1.9) [I II XXII; M, f. 18rb] L’une est apelee selonc latin magnanimité, c’est a dire vertu

de grant corage, par quoi l’en se contient convenablement en granz oevres et en granz honneurs. L’autre vertu si est apelee selonc latin amour (que mour M cremeur P8 MR) d’onneur, par quoi li hons se contient convenablement es

moiennes honners.

Sic circa ipsa bona honesta est duplex virtus: una quae respicit magnos honores, ut magnanimitas, et alia quae respicit mediocres, quae communi nomine dici potest honoris amativa. (DRP, I II XXII)

Apparato positivo: B1 B2 B3 B4 B5 C D DR L1 L2 L3 L5 L MN N P1 P4 P5 P9 R V1 V2. I

mss B e P7 hanno una lacuna per omeoteleuto in questo punto. Il gruppo z omette questo

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diffrazione all’interno dei due rami, M da un lato, P8 eMR dall’altro: il primo dà una

lezione quasi incomprensibile, che crea oltretutto problemi sintattici con l’introduzione del que relativo; gli altri due, invece, cercano di congetturare il testo proponendo cremeur, cioè “paura di onore”. Il resto dei codici contengono invece la lezione corretta, ovvero l’amour d’onneur, cioè la predisposizione naturale ad amare gli onori modesti a cui siamo destinati.

1.10) [II I VI; M, f. 39ra] La tierce reson si est quar se li hons avoit pluseurs fames, il

n’avroit pas si grant cure en norrir ne en sostenir (consentir M conseillir P8 MR)

ses enfanz.

Tertia via ad investigandum hoc idem sumitur ex nutritione filiorum. [...] Cum igitur ad supportandum onera coniugii in hominibus non sufficiat sola foemina, naturale est enim hominibus ut unus vir uni mulieri nubat. Ea enim naturalia iudicare debemus quae sunt ut in pluribus ut naturale est homini quod sit dexter, licet contingat aliquos esse sinistros. Sic quia ut in pluribus sola foemina non potest portare onera matrimonii nec sufficit ad praestandum filiis

omnia necessaria et debitum nutrimentum: licet ergo forte aliquae mulieres, quia facultatibus

abundant, sufficient ad praestandum filiis debitum nutrimentum, quia tamen naturale non est iudicandum illud quod est in paucioribus sed quod est ut in pluribus: reliquum est ut in hominibus iudicetur quid naturale, ut tam mas quam foemina supportent onera filiorum. (DRP, II I IX)

Apparato positivo: B B1 B2 B3 B4 B5 C D F L1 L2 L3 L5 L MN N P1 P3 P4 P5 P7 P9 R T

V1 V2. Il capitolo è omesso in L4 e P6 poiché all’interno della macro-lacuna strutturale

che interessa questa coppia di mss. La fonte latina è molto più argomentata e articolata: per Egidio l’uomo tende naturalmente a ricercare più mogli poiché una sola non riesce a sostenere gli oneri del matrimonio (ad supportandum onera coniugii) ed a prendersi cura degli figli in generale, soprattutto per ciò che concerne la loro gestione e sostentamento; e poiché effettivamente la donna non può da sola badare a tutti gli oneri matrimoniali, la soluzione è una reciproca collaborazione tra coniugi (tam mas quam foemina supportent

onera filiorum), non la ricerca di altre donne al di fuori del matrimonio. Nel francese si

afferma che nel caso in cui l’uomo avesse più mogli e si dedicasse ed esse, non avrebbe modo di dedicarsi alla gestione ed alla cura dei propri figli. Il senso della traduzione è quindi stravolto ma il binomio dei due oneri matrimoniali legati al sostentamento dei figli all’interno del matrimonio resta intatto: per questo le forme, per altro graficamente simili,

consentir e conseillir possono essere considerate erronee in luogo della più appropriata sostenir (< ad praestandum omnia necessaria).

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1.11) [II I XIV; M, f. 42va-b; § 13-14] La seconde reson si est quar le cors de l’omme ne

se grieve pas tant en user de mariage en yver et en gesir a sa fame en froit tens conme il fet en esté, por ce que la chaleur naturele que li hons a dedenz le cors est plus fort (froit M P8 MR) en yver que en esté et puet plus en yver fere a l’omme

avoir plus de semence que en esté.

Secunda via ad investigandum hoc idem sumitur ex laesione virorum. Nam viri magis laeduntur si utantur coniugali copula tempore calido flante austro quam frigido flante borea. Tempore enim boreali et frigido quia calor naturalis magis reservatur interius plus possumus convertere de alimento, quare usus coniugalis copulae in tali tempore non sic laedit corpora virorum nec si attenuat ea, eo quod maior sit ibi conversio alimenti. (DRP, II I XVII)

Apparato positivo: B B1 B2 B3 B4 B5 C D F L2 L3 L5 L MN N P1 P3 P4 P5 P7 P9 T V1

V2. Il capitolo è omesso in L4 e P6 poiché all’interno della macro-lacuna strutturale che

interessa questa coppia di mss. In L1-R il passo è riscritto ma sembra concordare in

positivo con la maggior parte dei manoscritti:

La seconde raison si est car le corps de l’homme n’est pas en temps d’iver grevé de gesir avec femme comme il est en esté, pour ce que la challour naturele qu’il a dedens le corps par froit temps luy preste plus de semence que en temps chault, ou quel come dit est nature se refroide, la quele chose tesmoignent les naturiens. (L1, f. 204v).

L’errore è probabilmente generato dall’influenza del contesto (in particolare il precedente en froit tens): dalla prospettiva dell’interpretazione testuale, sembra chiaro che il calore naturale accumulato dall’uomo in inverno è maggiore, e quindi più forte, rispetto a quanto avviene in estate; perciò si genera una situazione favorevole al concepimento poiché il calore interiore può essere più facilmente trasformato in semence. D’altronde un ossimorico calore più freddo non troverebbe nessun tipo di riscontro nella fonte.

1.12) [III III VII; M, f. 99rb] La sisieme chose a quoi l’en doit les batailleeurs aprendre

si est quar l’en les doit aprendre et exerciter a ferir de maces plomees et doit l’en atachier une chaenne de fer a un manche de fust et a la chaenne l’en doit atachier une piece de plon ou de fer ou d’autre metal; et tele mace plomee, por le grant mouvement que ele fet en l’air, fiert plus grant coup que ele ne feroit se le plon ou le fer estoit atachié au baston. (braz M P8 MR)

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Sexto exercitandi sunt bellantes ad percutiendum cum plumbatis. Nam pila plumbea vel ferrea cum cathena aliqua coniuncta manubrio ligneo vehementem ictum reddit. Nam propter vehementiorem motum aeris vehementius percutit pila cum cathena hastae infixa quam si ipsi

hastae vel ipsi manubrio ligneo esset coniuncta. (DRP, III III VII)

Apparato positivo:B B1 B2 B3 B5 C D L1 L3 L4 L5 L MN N P1 P2 P4 P5 P6 P7 P9 R V1

V2. I codici B4 e L2 omettono il capitolo per lacuna macro-strutturale. Il gruppo z

rimaneggia ma si parla comunque di baston gros: «La siste chose que on doit apendre les bateilleurs est ferir de maches plommees pendues a chainnes de fer en un baston gros et cele plommee doune tres grant cop qui ferir en set» (F, f. 236ra). La bontà di baston sarebbe giustificata si dalla presenza di manche de fust di cui si parla poco sopra, sia dal fatto che per braz non vi sono attestazione in cui esso assume il significato di “asta, manico, bastone”.132

Loci tav. 2: errori separativi di M

Si elencano ora una serie di errori singolari di M che dimostrano come tale manoscritto faccia ramo a sé e non risulti essere il capostipite di tale famiglia. Da p quindi si dipartono due rami: M e p1 (da cui discondono P

8 e MR). L’esiguità del numero dei passaggi erronei

di M dimostra che esso trasmette uno stadio del testo più fedele all’originale rispetto a

p1.133

2.1) [I II I; M, f. 8rb] Et pour ce que les vertuz font l’ame parfete, il couvient

premierement savoir (om. M) quantes poissances l’ame a et es quelles les vertus de bonnes oevres doivent estre.

Virtutes autem quaedam sunt quidam ornatus et quaedam perfectiones animae. Oportet ergo prius ostendere quot sunt potentiae animae et in quibus potentiis habent esse virtutes. (DRP,

I II I)

2.2) [I II I; M, ff. 8rb-8va] Mes por bien norrir, ne pour bien estre acreu, ne pour

bien veoir, ne por bien sentir, nul ne doit estre principaument ne blasmé ne loé se il n’est avis que par trop boivre et par trop menger il a aquis (il a fet aquis M) maladie, par quoi telles vertuz sont empeechiees en leur oevres.

Nam sicut nullus laudatur tanquam bonus homo ex eo quod bene digerit vel bene crescit: sic non laudatur ex eo quod acute videt vel subtiliter audit nisi forte hoc esset per accidens ut si

132 Cfr. DMF, s. v. bras; FEW s. v. brachium; GDs. v. bras.

133 Per gli emendamenti nei luoghi in cui M contiene un guasto, si è ricorso a P

8 ma la verifica è stata

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quis ex superflua comestione vel ex nimia potatione incurrisset ophthalmiam oculorum ne bene videret vel debilitatem stomachi ne bene digereret: increparetur ille non quia male digerit vel quia non clare videt quia clarem videre et bene digerere (per se loquendo) non est in potestate hominis; sed increparetur ex nimio potu vel ex superfluo cibo nam erat in potestate sua ut posset uti potu et cibo moderate. (DRP, I II I)

2.3) [I II XXIV; M, f. 19rb] Li philosophe dit que cil qui n’a cure de avoir honneur

por ce que il ne veut pas fere les oevres dignes d’onneur fet mult a blasmer. Dont li hons (philosophe M) doit amer honneur, non pas por ce que il ne soit trop couvoiteus, ne pour ce qu’en avoir honneurs il mete son souverain bien, mes il doit amer honneur por ce que il face les oevres de vertu, qui sont dignes de toutes honneurs.

Amatores honorum aliquando vituperantur aliquando vero laudantur, ut vult Philosophus 4. Ethicor. Increpamus enim aliquos dicentes eos non curare de honore suo et rursus quia vituperamus ambitiosos laudamus non curantes de honore suo. Curare igitur de proprio honore uno modo est laudabile et alio vituperabile. Nam non curare de honore quia non vult agere opera honore digna vituperabile est. Nobis igitur debet esse curae de honore non quod

simus ambitiosi nec quod finem nostrum ponamus in honoribus sed quod agamus opera honore digna. (DRP, I II XXIV)

2.4) [I III VI; M, f. 27ra] Puis que nous avons dit que les rois et les princes doivent

douter et cremir par reson et atempreement, l’en puet legierement savoir quel hardement il doivent avoir (om. M) car il doivent avoir hardiece atempré et par raison.

Viso quomodo reges se habere debeant ad timorem quia difficilius est reprimere timorem quam moderare audaciam, ut dictum fuit supra capitulo de fortitudine, de facili videri potest quomodo se habere debeant ad audacias, decet enim eos non habere audaciam immoderatam sed moderatam. (DRP, I III VI)

2.5) [I IV III; M, f. 32ra] Les vielles genz ont en eus defaute de chaleur naturele et

ont les menbres (manieres M) naturelment froiz por quoi il sont pooreus et de petit corage.

Cum ergo timidi efficiantur frigidi quicunque est naturaliter frigidus sequitur quod sit naturaliter timidos, quia deficit in eis naturalis calor et habent membra naturaliter frigida.

(DRP, I IV III)

2.6) [II I V; M, f. 38va] Et ceste reson touche li philosophe en l’uitieme

d’«Etiques», (de «Poletiques» M) ou il dit que ceus qui sont brehaing et ne pueent avoir enfanz se departent plus tost li uns de l’autre.

Hanc autem rationem tangit Philosophus 8. Ethic. dicens quod quia commune continet et coniungit filii eo quod sint commune bonum utrorumque coniugium videtur esse causa quare sit ipsum coniuntio. Unde subdit quod steriles cuius dissoluuntur. Dicit autem steriles citius dissolvi. (DRP, II I VIII)

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2.7) [II III II; M, f. 58rb] La seconde reson si est quar, quant li pueples voit que li

princes fet grant despens et granz oevres et granz hedefiemenz et forz, il en a grant amiration et meinz s’esmuet (souvent M) le pueple en contre le prince.

Secunda via ad investigandum hoc idem sumitur ex parte ipsius populi et hanc tangit Philosophus 6. Politicorum, ubi ait quod principes decet sic magnifica facere et talia aedificia construere, quod populus ea videns quasi sit mente suspensus proter vehementem admirationem. Nam populus minus insurgit contra principem videns ipsum sic magnificum.

(DRP, II III III)

Loci tav. 3: il sottogruppo p1 (P

8 MR P10)

Si dimostra di seguito l’esistenza del sottogruppo p1 attraverso la discussione di una

ricca casistica di luoghi testuali, i quali si aggiungono all’inserimento del testo latino del