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II. La letteratura mistica femminile

II. 6 Prime conclusioni

Premessa fondamentale di ogni testo che si occupi dell’analisi linguistica di un’opera, più o meno letteraria, è che la lingua, ogni lingua con la quale ci si possa confrontare, è un organismo “vivo” che esiste solo in funzione di coloro che la parlano e non, dunque, un ente astratto e vuoto, ma il mezzo di espressione principale di ogni società storicamente e culturalmente determinata. In quanto tale essa esiste solo perché esistono determinati contesti storici e solo in quanto riflesso di coloro che a tali contesti storici hanno dato vita.

Quando parliamo di “lingua della mistica“ dobbiamo tenere bene a mente che la complessità con la quale ci si approccia ad un argomento come questo è la complessità dell’indagine di

98 (“La sofferenza mi rende amabile l’uomo, poiché l’uomo che soffre è simile a me. [… Soffrire] è la via più sicura, la più breve e la più vicina.”). Cfr. Ibid.

99 La tradizione dell’ascesi e della sofferenza ha inizio notoriamente con i Padri del deserto in Egitto e in Siria. Poiché dopo l’Editto di Milano del 313 affrontare il martirio per Cristo non era più possibile, i singoli eremiti decisero di infliggersi personalmente delle torture simili a quelle di Cristo. Cfr. W. MUSCHG, Die

una lingua che ha il compito di trasporre un’esperienza, nella fattispecie quella mistica, che trascende per sua natura i confini della realtà all’interno della quale l’uomo è solito muoversi, rivolgendosi invece ad una realtà dominata dall‘incerto, dall‘indicibile e dal non detto. Tale esperienza avrà di conseguenza, nel momento stesso in cui si prova a registrarla e a fermarla nella pagina scritta, bisogno di mezzi stilistici e contenutistici che siano a loro volta capaci di trascendere le quelle modalità di espressione con le quali la lingua è solita, per antonomasia, “dire”, “affermare”, “esplicitare”. Avrà dunque bisogno di immagini che rendano a parole ciò non si può descrivere, e di metafore che traspongano simbolicamente tale immagini rendendole fruibili al lettore.

Da questo deriva la necessità della specializzazione di una lingua che, facendo tesoro del vasto e complesso immaginario offerto da una tradizione religiosa secolare, ne prenda avvio e lo adatti via via alle esigenze della rappresentazione di un realtà che di per sé è “inafferrabile”, “inesprimibile”, unsagbar.

Il discorso mistico è dunque quel discorso dove persino il tacere diventa un elemento funzionale al discorso, quando necessario.100 Per dirla con Baldini: “Il mistico si muove tra il

silenzio e la contestazione della parola.”101

Scrive Haas nel suo Sermo mysticus:

L’esperienza mistica ha adoperato nella sua storia con la lingua degli specifici modi loquendi: specialmente paradossi, ossimori, negazioni e tutte quelle forme linguistiche di una certa debolezza che devono esprimere la superiorità dell’esperienza e l’indicibilità dell’esperire. In tal modo l’affermazione mistica stessa giunge ad un paradosso che essa adopera impareggiabilmente: nell’attestare affermativamente ciò che essa diagnostica come al di là del dicibile, utilizza la negazione come proprio mezzo linguistico.102

La letteratura mistica, come abbiamo già visto, si sviluppa, all’interno dei paesi di lingua tedesca nell‘ambito di due diverse realtà linguistiche: il latino e la lingua popolare, la lingua del volgo. Quando le lingue volgari cominciarono ad affermarsi come lingue letterarie religiose, esse si trovarono a dover fare i conti con una lingua latina che per secoli era stata la

100 “Selbst das Schweigen ist in der christlichen Mystik gebetshaft, d.h. funktional zur Sprache hin.” in: A. M. HAAS, Sermo mysticus: Studien zu Theologie und Sprache der deutschen Mystik, Unversitätverlag Freiburg, Freiburg, p. 26.

101 M. BALDINI, Il linguaggio dei mistici, Queriniana, Brescia, 1986.

102 “Die mystische Erfahrung hat in ihrer Geschichte mit der Sprache ganz spezifische modi loquendi angewendet: vornehmlich Paradox, Oxymoron, Negation u.s.w., alle Sprachformen einer gewissen Ohnmacht, die die Übermacht der Erfahrung auszudrücken haben, die Unsagbarkeit des Erfahrenen. So wird die mystische Aussage selber zum Paradox, das sie so unnachahmlich anwendet: Indem sie affirmativ bestätigt, was sie als jenseits des Sagbaren diagnostiziert, braucht sie die Negation als ihr eigenes sprachliches Medium.” Cfr. A. M. HAAS Sermo mysticus, cit., p. 29.

lingua indiscussa della Chiesa; una lingua che di per sé costituiva un organismo complesso composto da immagini e forme ben strutturate. Il latino clericale, a differenza della giovane lingua volgare, possedeva un sistema lessicale secolare ed un apparato normativo che era rimasto fermo e intatto, nonostante le trasformazioni storiche e culturali avvenute nel corso del tempo. Esso era fortemente legato alla tradizione di un determinato gruppo, come quello del clero che si era formato all’interno di istituzioni scolastiche ed universitarie; era la lingua della Bibbia e della liturgia, la lingua della scolastica, delle Vitae dei Padri della Chiesa, delle cronache, delle lettere e dei documenti ufficiali. La lunga tradizione all‘interno della quale si era sviluppata l‘aveva fissata all‘interno di determinate tecniche di rappresentazione e portava con sé tutto un complesso inventario di immagini e concetti.103 Calare queste forme ben

strutturate all‘interno di una lingua come il volgare, che fino ad allora aveva vissuto praticamente solo nell‘immediatezza della comunicazione tra i parlanti, divenne il compito di quanti la riadattarono alle nuove esigenze che il nuovo movimento religioso portava con sé.104

Tra i protagonisti di quest’opera di riadattamento un posto d’onore va sicuramente riservato a quei religiosi tardo medioevali che oggi vengono racchiusi all’interno della generica definizione di “mistica renano-fiamminga”, ovvero Meister Eckhart, Johannes Tauler e Heinrich Seuse. Quest’ultimo in particolare sviluppa una dottrina, espressa principalmente nell’opera Daz büchli der ewigen wîsheit, nella quale, a partire da un’impostazione chiaramente eckhartiana, confluiscono sia la mistica della Passione sia elementi tipici del mondo cortese.

Angelo Nichilo ha ben sintetizzato nel suo studio sul lessico della sofferenza di Heinrich Seuse come Eckhart in primis abbia contribuito nel suo tentativo di colmare la mancanza di sostantivi, aggettivi e verbi della lingua volgare, a coniare tutta una serie di neologismi, in particolare derivati nominali e verbali e composti che furono poi riutilizzati negli scritti degli autori successivi i quali a loro volta ne elaborarono di nuovi:

103 “Das Lateinische war eine weitgehend augegrenzte Bildungs- und Fachsprache mit fachinterne Kommunikationsgewohnheiten, ein kulturell eigenständiger Bereich der auch dort, wo er mit der volksprachlichen Kultur in Kontakt und in Konkurrenz trat, dieser sich dennoch nie bruchlos integrierte. (…) Für beide Sprachen gelten unterschiedlische historische Bedingungen, beide Sprachen rufen eine je verschiedene kulturelle kollektive Überlieferung auf. Das Lateinische trägt ein weitgehend festgeschriebenes, kohärentes Wert- und Wissenssystem. Die Volkssprache (des 13. Jahrhunderts) ist im Vergleich dazu traditionsloser.” S. KÖBELE, Bilder der unbegriffenen Wahrheit: zur Struktur mystischer

Rede im Spannungsfeld von Latein und Volkssprache, Francke, Tübingen, 1993.

104 "Die Volkssprachen, die germanischen und romanischen Idiome, ordnen sich zunächst in einen allgemeinen Prozeß ein: sie vollziehn sich mit einer bemerksenwerten Eigengesetzlichkeit zu sich selbst (…) Die Volkssprachen vermitteln Mystik in einer religiöser Sprache sui generis.“ K. RUH, Geschichte der

abendländischen Mystik. Erster Band: Die Grundlegung durch die Kirchenväter und die Mönchstheologie des 12. Jahrhunderts, C.H. Beck, München 1990 , p. 17.

Ad esempio, nelle opere dei mistici compaiono spesso composti il cui primo elemento è got- o, per influenza della letteratura cortese, minne-, come in gotminen “amare Dio”, gotreden “parlare di Dio” e

minnenbant “legame d’amore”. Questi autori fanno anche largo uso di infiniti sostantivati, laddove

essi avevano a disposizione il verbo relativo a un determinato concetto, ma non il sostantivo corrispondente. In diversi casi Eckhart opera una sorta di slittamento semantico rispetto a termini esistenti con un certo significato, mada lui adoperati con un’accezione nuova o secondaria, che spesso è prevalsa nell’uso e si è conservata fino al tedesco moderno (…) Numerosi risultano anche i sostantivi astratti, costruiti con i suffissi -heit, -unge, -nisse, come in bitterkeit “amarezza, dolore”,

crêâtiurlicheit “creaturalità”, verborgenheit “segretezza”, lidunge “dolore, sofferenza”, niderunge

“mortificazione”, verstentnisse “comprensione”. Sono utilizzati inoltre diversi prefissi, tra cui mit-,

ent-, ver-, un-, uz-, uf-, in- e durch-, per dare una particolare sfumatura semantica a verbi, sostantivi o

aggettivi già esistenti (…). Ciascun prefisso assume un valore ben preciso rispetto alla dinamica della mistica, per cui mit- allude al rapporto scambievole tra anima e Dio, ent- ha una funzione privativa, legata alla necessità di distacco dalla dimensione terrena dell’esistenza, ver- si riferisce al perdersi dell’anima in Dio, un- si comporta come prefisso di negazione, uz- indica il momento dell’estasi mistica, in cui l’anima in un certo senso esce da sé per rivolgersi completamente a Dio, uf- rappresenta il moto ascensionale dell’anima verso Dio, in- esprime l’idea dell’impronta di sé che la Grazia divina lascia nell’anima, durch- riproduce a livello linguistico il concetto della compenetrazione tra anima e Dio.105

Un’altra opera, della quale abbiamo già fatto menzione, che lasciò una forte impronta all’interno della letteratura mistica medievale, è il Das fließende Licht der Gottheit di Mechthild von Magdeburg. La lingua di Mechthild è una lingua che coniuga mistica sponsale e linguaggio della letteratura cortese e che si fa, attraverso le sue metafore e le sue allegorie, portavoce di tutta la pienezza dell’esperienza religiosa delle donne che animarono con la loro produzione letteraria il tardo Medioevo.106

105 A. NICHILO, Innovazione linguistica nella mistica tedesca. Il caso dei verbi della sofferenza con prefisso

durch- nel Büchi der ewigen wîsheit di Heinrich Seuse, in: “Quaderni di Palazzo Serra”, XXII (2013), pp.

42-53, p. 45.

106 Sulla lingua di Mechthild von Magdeburg esiste una vastissima bibliografia. Mi limito qui a citare l’opera di M. HEIMBACH, “Der ungelehrte Mund” als Autorität: mystische Erfahrung als Quelle kirchlich-

prophetischer Rede im Werk Mechthilds von Magdeburg, Frommann-Holzboog, Stuttgart-Bad