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PRINCIPALI INIZIATIVE A LIVELLO INTERNAZIONALE ED EUROPEO PER

3 CAPITOLO TRE: L’ORDINAMENTO ITALIANO NEI CONFORNTI DELLE DONNE

3.2 PRINCIPALI INIZIATIVE A LIVELLO INTERNAZIONALE ED EUROPEO PER

EUROPEO PER LA TUTELA DELLA DONNA VITTIMA DI REATI VIOLENTI

Molto spesso le iniziative che in questi ultimi due decenni hanno portato all’adozione di numerosi strumenti di carattere politico oltre che giuridico in materia, che ormai sempre più frequentemente colpisce donne particolarmente vulnerabili e bisognose di una particolare protezione e assistenza. Maggiore attenzione è stata rivolta al trattamento sul piano giudiziario nei diversi ordinamenti nazionali sia alla parte attiva del reato, così come alle vittime26.

Nel 1979 è stata approvata la Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW). Questo accordo internazionale ha condannato l’ineguaglianza e la discriminazione contro le donne all’interno del contesto relativo alla povertà, alla razza, alla salute e alla rappresentazione politica, comprendendo nella definizione anche la discriminazione che avviene all’interno delle mura domestiche.

La Convenzione CEDAW non fa specifico riferimento specifico alla violenza sulle donne. Nel testo infatti non è mai contemplato questo termine e pertanto non vi sono norme esplicite sul dovere degli Stati firmatari a combattere la violenza di genere. Tuttavia, la Convenzione stessa ha chiarito che tutte le forme di violenza contro le donne rientrano in una definizione più ampia di discriminazione e che pertanto l’invito di vigilare e combattere i casi di discriminazione sessuale debbano riferirsi anche alla lotta contro la violenza di genere.

Nel 1989, il Comitato CEDAW istituito per vigilare l’applicazione della Convenzione, con la Raccomandazione Generale n.12, invita esplicitamente gli Stati nei rapporti periodici a fornire informazioni sulle leggi e le iniziative a livello nazionale per tutelare le donne da ogni forma di violenza nella vita quotidiana e per fornire loro assistenza e servizi.

Nel 1986 ritroviamo un intervento a livello europeo che riguarda sul lato dell’offerta dei servizi dedicati alle donne vittime di violenza dove la Commissione sui Diritti e pari opportunità delle donne del Parlamento Europeo stabilisce che ogni 10.000 abitanti dovrebbe essere disponibile un posto in un centro antiviolenza.

Negli anni Novanta inizia un periodo di impegno crescente da parte degli organismi delle Nazioni Unite sulla tematica della violenza contro le donne. Uno dei documenti più importanti sulla violenza di genere è la Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne

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M.Venturoli, La tutela della vittima nelle fonti europee, in “Diritto Penale Contemporaneo”, 18 settembre 2012, on line al sito web: http://www.penalecontemporaneo.it/

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adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 Dicembre 1993, frutto di una pressione sempre crescente dei movimenti femminili e su richiesta della Conferenza di Vienna sui diritti umani tenutasi nello stesso anno.

Per ciò che concerne la Convenzione Europea, diversi sono gli articoli dove si fa riferimento esplicitamente alla tutela dei diritti delle donne, in particolare sancendo la parità tra uomo e donna come condizione necessaria per un’efficace lotta alla violenza di genere. La disposizione più significativa della Convenzione è rappresentata dall’art. 14, che sancisce il diritto di non discriminazione nel godimento dei diritti e delle libertà riconosciute nella Convenzione stessa. La Raccomandazione Rec (2002) 5 emanata dal Consiglio dei Ministri degli Stati Membri adottata il 30 aprile 2002 è esplicitamente riferita alla violenza contro le donne ed è stata il primo strumento internazionale che ha proposto una strategia globale per prevenire la violenza e proteggere le vittime, e tuttora costituisce una delle misure legislative fondamentali a livello europeo nella lotta alla violenza contro le donne.

Parlando di lotta contro la violenza domestica ricordiamo anche la Raccomandazione n.1582 del 2002 del Consiglio di Europa che propone diversi strumenti per combattere questa forma di violenza, come garantire il patrocinio gratuito alle donne vittima di violenza, aprire centri di ascolto per le vittime, sviluppare piani e programmi di collaborazione tra le istituzioni e gli organismi non-governativi, incrementando il rapporto tra le istituzioni centrali e quelle locali.

Per quanto concerne l’Unione Europea il documento di riferimento è ancor oggi rappresentato dalla Decisione Quadro n. 2001/220/GAI del 15 marzo 2001 relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, nella quale vi è l’indicazione a riconoscere alle vittime di fatti criminosi un ruolo effettivo e appropriato nel segno di un trattamento rispettoso della dignità personale durante tutte le fasi del procedimento. Tale Decisione è stata sostituita dalla Direttiva 2012/29 del 25 ottobre 201227 che ha attuato norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, anche dopo la conclusione dei procedimenti penali. E’ uno strumento che interviene in modo significativo a copertura di numerose lacune nella Decisione quadro che è caratterizzata da una specifica attenzione alle persone vulnerabili e alle vittime di violenza familiare e di genere.

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Con D.lgs.212 del 15 dicembre 2015 (Attuazione della direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la decisione quadro 2001/220/GAI).

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Nella decisione quadro viene delineato lo statuto europeo della vittima nel processo penale fondato su tre diversi elementi: il diritto della vittima ad accedere al sistema “giustizia” quale compensazione simbolica che si traduce nel prendere parte al processo penale ma anche nell’avvalersi di mezzi alternativi di definizione dei conflitti come la mediazione penale, il diritto alla compensazione monetaria per il danno subito dal reato e il diritto alla protezione della vittima dai rischi di vittimizzazione secondaria.

Con riferimento alla tutela in ambito penale relativamente alle vittime di violenza maschile in Italia, la situazione più complessa riguarda sicuramente la violenza domestica, poiché attualmente manca nel nostro ordinamento una figura di reato specifica.

Va anzitutto ricordato che nell’ordinamento italiano esistono due binari per la tutela del soggetto vittima di violenze in famiglia, quello penale e quello civile. Se la violenza integra gli estremi di un reato la vittima può chiedere che l’ordinamento intervenga per punire l’aggressore tramite gli strumenti della giustizia penale.

Il ricorso al sistema penale da parte delle donne vittime di violenza non può comunque considerarsi una soluzione sufficiente ad ottenere una reale protezione contro la violenza. E’ necessario che la donna disponga di un sistema di interventi efficace sotto il profilo della tutela della sicurezza personale della donna nella piena reintegrazione nella vita sociale. Per far ciò è bene ricordare l’importanza di preparare e supportare adeguatamente la persona coinvolta in fatti di abuso o maltrattamento rispetto al percorso giudiziario che dovrà intraprendere e alle diverse fasi che scandiscono il sistema della giustizia.

In questi ultimi anni l’adozione di numerosi provvedimenti in questo ambito ha avuto la capacità di incidere sul tessuto normativo del codice, basti pensare alla pluralità e all’articolazione delle misure di carattere penale utilizzabili soprattutto nelle circostanze della violenza domestica, ma anche di quella sessuale e nel contrasto allo stalking che spesso anticipa abusi e maltrattamenti ben più gravi. Nell’ordinamento giuridico italiano attualmente vi è una situazione di frammentazione delle norme di riferimento poiché il legislatore ha messo mano su questa materia in momenti diversi, creando non poche difficoltà nella comprensione.