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PRINCIPALI METODI DI PREPARAZIONE [65,66,67,68]

Sono state prese in considerazione diverse metodologie per preparare i PLSN; attualmente le tecniche più conosciute e diffuse sono:

Polimerizzazione in situ

Intercalazione del polimero da soluzione

Intercalazione diretta del polimero fuso (per polimeri termoplastici)

Polimerizzazione in emulsione

La polimerizzazione in situ (Figura 1.30) consiste nel mescolare fillosilicato e monomero in modo da far penetrare quest'ultimo negli interstrati della carica e successivamente promuovere la reazio ne di polimerizzazione, cosicché il polimero in crescita si trovi già all'interno delle gallerie. E' quindi il monomero stesso a distanziare le lamelle del silicato, coadiuvato in ogni caso da un modificante organico per permetterne, o facilitarne, l'ingresso nelle gallerie. Se i surfactanti inseriti hanno nella loro struttura dei gruppi vinilici, un ulteriore forza motrice alla intercalazione può derivare dalla formazione di legami covalenti tra le catene in accrescimento e i surfactanti. La polimerizzazio ne può essere attivata sia con il calore o con radiazioni, sia con la diffusione di un opportuno iniziatore organico o di un catalizzatore.

La conoscenza del rapporto tra le velocità di polimerizzazione extra e intralamellare è un fattore molto importante che permette di prevedere il tipo di struttura ottenibile. Infatti, se la velocità di reticolazione intralamellare è molto superiore a quella extralamellare, quando il sistema comincia a reticolare, si ha una diminuzione della quantità del monomero all’interno dell’interstrato e ciò fa sì che altro ne diffonda tra le lamine. Al procedere della polimerizzazione la distanza tra le lamine aumenta e si forma un sistema completamente delaminato. Risulta quindi di estrema importanza catalizzare la reticolazione nell’interstrato dell’argilla per mezzo di specifici compatibilizzanti che rendano la superficie lipofila, fungendo da catalizzatori della reticolazione.

Figura 1.30 Schema della preparazione di un nanocomposito mediante polimerizzazione in situ. È il monomero stesso a

distanziare le lamelle del silicato, comunque coadiuvato ad un modificante organico

A proposito dell'effetto delle caratteristiche delle argille sulla morfologia (e quindi sulle proprietà) del nanocomposito è bene sottolineare come le alte temperature possano alterare sensibilmente la natura del fillosilicato. Il modificante (sale di alchilammonio) può, infatti, decomporsi con diminuzione sia dell'affinità dell'argilla con la matrice, sia dell'ampiezza degli interstrati, con duplice negativo effetto sulla morfologia del materiale: la penetrazione delle catene polimeriche (o la loro crescita) nelle gallerie potrebbe allora risultare fortemente ostacolata con possibile conseguente sviluppo di aggregati argillosi di dimensioni micrometriche (e non nanometriche) e indesiderato calo delle proprietà.

Intercalazione del polimero da soluzione

L'intercalazione del polimero da soluzione (Figura 1.31) è un processo nel quale il polimero viene scambiato con un opportuno solvente precedentemente intercalato. Poiché le forze che tengono le lamelle del silicato sono deboli, (forze di Van der Waals), esse possono essere facilmente disperse in un solvente adeguato, in cui il polimero viene solubilizzato in separata sede. È quindi necessario scegliere un solvente in grado sia di solubilizzare il polimero sia di diffondere nell’argilla. Le due soluzioni vengono poi mescolate e il polimero si adsorbe sulle lamine del silicato. In seguito il solvente evapora o precipita e le lamine tornano a riunirsi intrappolando il polimero al loro interno e formando una struttura ordinata multistrato.

Questa tecnica è adatta ai polimeri solubili in acqua (il compatibilizzante non è richiesto poiché le argille sono già idrofile) o ai polimeri solubili in solventi organici.

Questo metodo però presenta alcuni inconvenienti legati non solo all’identificazione di adeguati sistemi nanofiller-polimero-solvente, ma soprattutto all’estrazione del solvente; infatti, la stabilità termica di quest’ultimo può aumentare molto una volta intercalato, rendendo necessari trattamenti termici sotto vuoto estremamente lunghi e costosi. Ciò rende questo metodo di sintesi

inapplicabile a polimeri di rilevanza industriale. Si deve inoltre considerare che l’impiego di solventi abbia un costo da calcolarsi sia in termini di materie prime sia di smaltimento e impatto ambientale.

Figura 1.31 Schema della preparazione di un nanocomposito mediante intercalazione del polimero da soluzione. I

puntini neri rappresentano le molecole di solvente

Intercalazione diretta del polimero fuso

Questa nuova metodologia che consiste nell’intercalazione diretta del polimero allo stato fuso (Figura 1.32), non richiede l’uso di solventi. Da un punto di vista industriale questa è la tecnica più interessante ed è utilizzata per polimeri termoplastici.

Figura 1.32 Schema della preparazione di un nanocomposito tramite intercalazione diretta del polimero fuso

Una volta portato il polimero a temperatura superiore a quella di transizione vetrosa, vi si disperdono le particelle di argilla. Il silicato lamellare è miscelato con la matrice polimerica allo stato fuso. In tale stato se le superfici degli strati sono sufficientemente compatibili con il polimero, questo può diffondervi e formare sia un nanocomposito esfoliato che uno intercalato. Mediante il riscaldamento e l’applicazione di sforzi di taglio, durante il mixing, si può avere intercalazione e in alcuni casi delaminazione dell’argilla, a seconda del grado di penetrazione del polimero nel silicato.

La lavorazione dei nanocompositi termoplastici così ottenuti può essere fatta con le tecniche di lavorazione tradizionali dei polimeri termoplastici (estrusione e iniezione). Questo rappresenta un enorme vantaggio ma per contro tale metodologia presenta lo svantaggio fondamentale di difficile reperimento di sistemi carica-compatibilizzante-polimero realmente efficaci.

Polimerizzazione in emulsione

La polimerizzazione in emulsione si svolge in un sistema che comprende il monomero, un mezzo disperdente (solitamente acquoso), in cui il monomero è limitatamente solubile, degli opportuni stabilizzanti colloidali e l’iniziatore, solubile in acqua.

Il principale vantaggio nella polimerizzazione in emulsione, a differenza di altri metodi di polimerizzazione d’addizione radicalica, è la possibilità di ottenere polimeri con un alto grado di polimerizzazione a velocità relativamente alte, il che è vantaggioso, in quanto comporta una riduzione dei costi di produzione [69]; inoltre, la presenza del solvente acquoso permette un efficace smaltimento del calore durante il processo.

Tuttavia, vi sono anche degli svantaggi: nel lattice finale, il polimero si trova spesso associato con una certa quantità di costituenti non-polimerici (tensioattivi, residui dell’iniziatore, additivi per il controllo del pH, etc...) [70] che possono influenzare le proprietà del lattice stesso e le prestazioni dei coatings da essi ottenuti.

Capitolo 2

Lo stato dell’arte negli studi sulla fotodegradazione di

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