IL PRIMO TEST ATOMICO INDIANO: IMPLICAZIONI E CONSEGUENZE SUL PIANO
3.5 Principali reazioni internazionali al primo test nucleare indiano E se gli Stati Uniti esprimevano la loro contrarietà senza neanche
troppo ardore, l’Unione Sovietica che nei primi anni Settanta si era stabilmente affermata come principale sostenitrice e protettrice dell’India, si asteneva da qualsiasi tipo di commento negativo dell’evento, nonostante essa sostenesse insieme agli Stati Uniti la causa della lotta contro la proliferazione nucleare nel mondo.281
Per quanto riguardava l’ONU, principale sostenitrice della necessità di una politica contro la proliferazione delle armi nucleari, il Segretario Generale Kurt Waldheim espresse semplicemente “serious concern” sull’accaduto.282
Una condanna durissima venne invece da Tokio, il primo segretario del Consiglio dei Ministri Nikaido affermava: “[l’esperimento indiano]
contrasta con l’opinione pubblica mondiale e con la costante posizione del Giappone contraria alla proliferazione di armi nucleari”, ed entrambe le
Camere del Parlamento nipponico adottavano una risoluzione di condanna del test.283
Da Pechino non giunsero critiche e si ribadì soltanto che la posizione cinese sul nucleare era nota: il proprio arsenale atomico era difensivo e mirava a “spezzare il monopolio nucleare delle superpotenze” e la Cina non sarebbe mai stata la prima ad utilizzare armi nucleari.284
Tra i paesi non-allineati, l’unico che salutò con entusiasmo l’esplosione indiana fu la Yugoslavia, mentre Egitto e Romania scelsero di
281 United Kingdom Delegation to the Conference of the Committee on Disarmament to Arms
Control & Disarmament Dept. Foreign & Commonwealth Office in London, 15 luglio 1974, “Note on
reactions to the Indian explosion”, in NA, FCO 66-604.
282 Keesing’s contemporary archives, 24 – 30 giugno, 1974, p. 26585 A.
283 S. Villani, “Prima esplosione nucleare indiana”, Corriere della Sera, 19-05-1974.
284 George Perkovich, op. cit., pp. 184 – 185; cfr. anche in S. Villani, “Prima esplosione nucleare
non fare dichiarazioni ufficiali, nonostante il grande risalto dato dalla stampa locale al caso indiano. Altrettanto fece il Messico.
Il Canada fu tra i paesi che maggiormente condannarono l’azione indiana, seguito da Australia e Nuova Zelanda. Il Primo Ministro svedese Olav Palme accennava acutamente al fatto che non solo il test avrebbe danneggiato il clima di aiuti umanitari all’India, ma avrebbe anche ostacolato il processo di distensione nel subcontinente.285 Dall’altra parte il governo argentino si affrettò a concludere un accordo di cooperazione con il governo indiano per gli usi pacifici dell’energia atomica. Altrettanto interesse arrivò da Indonesia, Tailandia e Laos.286
Ma il paese decisamente più scosso dall’esperimento indiano era, chiaramente, il Pakistan. Un portavoce del Ministero degli Esteri parlò di colpo mortale al NPT e della preoccupazione del proprio paese nonostante le affermazioni indiane riguardo agli scopi pacifici dell’esperimento.287 Del resto il Pakistan non poteva esser rassicurato da certe prese di posizione di alcuni partiti politici indiani, come per esempio quella del partito nazionalista induista indiano Jan Sangh, il cui rappresentante alla Camera Alta Subramanian Swamy aveva affermato: “L’India sta diventando una
potenza globale. Le intenzioni pacifiche del governo non sono che una foglia di fico. Adesso dobbiamo dare la priorità assoluta alla costruzione di missili a grande gittata”.288
Inoltre, pochi giorni dopo l’esplosione nel Rajasthan, il giornale sovietico Industria socialista rivelava l’esistenza di una cooperazione scientifica tra Unione Sovietica e India, per il lancio del primo satellite artificiale indiano con razzo sovietico, dopodiché presto l’India sarebbe stata in grado di lanciare satelliti con razzi di tecnologia sovietica costruiti
285 Keesing’s contemporary archives, 24 – 30 giugno, 1974, p. 26585 A.
286 United Kingdom Delegation to the Conference of the Committee on Disarmament to Arms
Control & Disarmament Dept. Foreign & Commonwealth Office in London, cit.
287 Ibidem.
sul proprio territorio.289 Non deve destare sorpresa perciò, l’allarme e lo scompiglio che il test indiano provocò sui dirigenti pakistani e sull’opinione pubblica del loro paese.
Il giorno successivo all’esperimento, in una conferenza stampa a Lahore il Presidente pakistano Buttho associava alle proteste vibranti contro l’India e la sua sconsiderata decisione di dotarsi di armi di distruzione di massa la richiesta di un “ombrello nucleare” a protezione del suo paese dal “ricatto nucleare” indiano.290 Si diceva certo, infatti, dell’intenzioni indiane di sfruttare la loro nuova arma come strumento di intimidazione e coercizione diplomatica, perciò chiedeva che i membri del Consiglio di Sicurezza assumessero l’impegno di agire, collettivamente o individualmente, in difesa degli Stati minacciati. Buttho invocava l’instaurazione di un ombrello nucleare di tutte le cinque grandi potenze o, se ciò non fosse stato possibile, almeno di una di esse: considerando la posizione sovietica rispetto all’India e la relativa scarsezza degli arsenali nucleari di Gran Bretagna e Francia, nonché forse una certa loro indifferenza in quel momento per la questione, l’appello di Buttho appariva rivolto soprattutto a Stati Uniti e Cina.291
Tuttavia il 22 maggio il Primo Ministro Gandhi, nel tentativo di arginare i timori del Pakistan, scrisse la seguente lettera a Buttho:
“We remain fully committed to our traditional policy of developing nuclear Energy entirely for peaceful purposes. The recent underground nuclear experiment conducted by our scientists in no way alters this policy… There are no political or foreign policy implications of this test. We remain committed to
289 United Kingdom Delegation to the Conference of the Committee on Disarmament to Arms
Control & Disarmament Dept. Foreign & Commonwealth Office in London, cit.
290 Keesing’s Contemporary Archives; 24 – 30 giugno, 1974, p.26585 B. 291 Ibidem.
settle all our differences with Pakistan peacefully through bilateral negotiations in accordance with the Simla Agreement”.292
Non era da escludere per il Pakistan l’alternativa di procedere a sua volta verso l’obiettivo dell’ armamento atomico, magari con l’aiuto tecnico-scientifico o direttamente in forniture di testate nucleari di una potenza militarmente nucleare che non aderisse al NPT, come la Cina ad esempio.293
Tuttavia, nel 1974 il programma nucleare pakistano non era molto sviluppato anche a causa della difficoltà a reperire l’uranio, mentre la Cina era ancora molto lontana dall’aver creato un consistente stockpile di testate nucleari tale da permetterle di venderne ad altri paesi.294 D’altronde il test atomico indiano era sì una manifestazione di forza nei confronti del Pakistan, ma nulla poteva far pensare che l’India intendesse, almeno nel breve periodo, compiere un aggressione al Pakistan, dato che l’ultimo recente conflitto si era concluso favorevolmente con la secessione del province orientali pakistane (Bangladesh) e che la popolazione indiana ne era uscita molto provata e certamente non disposta ad appoggiare una nuova guerra.295