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I principali termini della questione sono riepilogati nella tabella 2

Tabella 2 - Le disposizioni di completamento e sviluppo

ART. 4, D.L. 138/2011 E S.M.I. MODIFICHE E/O INTEGRAZIONI RECATE DALL’ART. 9 DELLA LEGGE DI STABILITÀ

COMMENTO

comma 2 “...All’esito della verifica di cui al comma 1 l’ente

comma 2, lett. a)

Al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

Viene reintrodotta, anche nella nuova normativa in materia di servizi pubblici locali, l’ipotesi della “gara multiservizi“,

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adotta una delibera quadro che illustra l’istruttoria compiuta ed evidenzia, per i settori sottratti alla liberalizzazione, le ragioni della decisione e i benefici per la comunità delibera gli enti locali valutano l’opportunità’

di procedere all’affidamento simultaneo con gara di una pluralità di servizi pubblici locali nei casi in cui possa essere dimostrato che tale scelta sia economicamente vantaggiosa”.

già contemplata dal comma 6 dell’abrogato art. 23-bis. In questo caso, peraltro, è rimessa alla “delibera quadro”, in sede di identificazione dei presupposti socio-economici di mantenimento dei diritti di esclusiva sui servizi pubblici di rilevanza

economica per i quali l’ente ha valutato la sussistenza di specifici benefici per la comunità locale, valutare la possibilità di avvalersi di questo strumento, ferma restando la preventiva analisi di convenienza economica della relativa scelta. Qui nulla non si dice (come invece già al comma 6 del 23-bis) circa l’obbligo di dare dimostrazione del conseguimento di specifiche “economie di scala” o di “scopo”, anche se ciò appare insito nel concetto di valutazione della convenienza economica che, a stretto rigore, non potrà non considerare anche tali parametri. Tuttavia la mancata esplicitazione normativa potrebbe indurre a sicuri difetti motivazionali ovvero a motivazioni di convenienza di tipo auto dichiarativo.

Del pari non viene replicato il vincolo costituito dalla durata del relativo affidamento nei limiti della media delle durate previste per i singoli settori interessati. data del 10 ottobre 2003 a società a le parole: “a condizione che la partecipazione capo a soci pubblici detentori di azioni alla data del 13 agosto 2011, ovvero quella

La norma pone ulteriori limiti alla guarentigia recata dall’ordinamento in tema di società quotate in borsa e di loro controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c., già titolari di affidamenti diretti (assentiti).

La disposizione pare volta a precisare che la partecipazione pubblica

interessata alla procedura di dismissione progressiva non sia tanto quella

posseduta da soci pubblici, bensì quella posta “in capo a soci pubblici”, alla data di entrata in vigore del d.l. 138/2011.

La formulazione letterale, per quanto

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che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015…”.

sindacata, si riduca anche progressivamente…”.

tecnicamente non formulata nel migliore dei modi, tende a far considerare interessata a dette procedure l’effettiva partecipazione azionaria controllata alla data di riferimento da parte de soci pubblici, comprensiva di quella che, direttamente o per interposto soggetto o per effetto di sindacati azionari, fa comunque capo ad essi, in relazione all’esercizio dei diritti inerenti il titolo. In proposito, così si esprime la scheda tecnica redatta dal Servizio Studi del Senato sul maxiemedamento governativo:

“… La modifica introdotta dalla norma in esame, chiede che non sia la «partecipazione pubblica» a doversi ridurre progressivamente, ma «la partecipazione in capo ai soci pubblici detentori di azioni alla data del 13 agosto 2011, ovvero quella sindacata»…”.

comma 3 “…Alla delibera di cui al comma del mercato ai fini della relazione al delle parole: “ai fini della relazione al Parlamento” è inserita la seguente:

“…anche…”

L’aggiunta dell’inciso “anche” vuole espandere il campo di utilizzo potenziale della delibera quadro trasmessa dagli enti locali, da parte dell’AgCm. In tal modo, infatti, essa potrà tener conto delle informazioni e dei dati acquisiti con la trasmissione della delibera quadro non solo ai fini della relazione annuale al Parlamento sullo stato della concorrenza, bensì anche ad altri fini, comunque connessi con l’esercizio dei poteri propri dell’Antitrust, di cui alla legge 287/1990 (e quindi anche al fine di valutare se ed in quali casi il mantenimento dei diritti di esclusiva possa configurare eventuali situazioni di abuso di posizione dominante, giusto art. 3 della medesima legge).

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inesistente inesistente comma 2, disposizioni di cui al comma 32, il prefetto accerta che gli enti locali abbiano attuato, entro i termini stabiliti, quanto previsto al legge 5 giugno 2003, n. 131”

Trattasi di una delle disposizioni maggiormente innovative.

L’obbiettivo del legislatore pare esser quello di istituire una vera e propria vigilanza statale sull’obbligo di addivenire alla liberalizzazione (ovvero alla messa in concorrenza dei diritti di esclusiva) sui servizi pubblici locali che, sulla scorta del regime transitorio, andranno a scadenza nei termini ivi indicati.

Va premessa la non felice formulazione letterale; infatti, non si comprende cosa si voglia significare con il termine “…Al fine di verificare e assicurare il rispetto delle disposizioni di cui al comma 32…”, atteso che il comma 32 reca una serie di disposizioni autoapplicative, che prevedono meccanismi di “decadenza automatica” degli affidamenti

difformi. Peraltro, il richiamo al potere sostitutivo del Governo ex art. 120 della Costituzione, pare sproporzionato nel caso di specie e finanche lesivo dell’autonomia degli enti locali. Tale potere, infatti, può esser esercitato dal livello centrale solo per le motivazioni espressamente indicate dalla norma costituzionale e, nel caso di specie, non sembra che si possa parlare di “garanzia dell’unità economica della Repubblica”, anche perché laddove gli enti locali non provvedessero a bandire le relative gare si dovrebbe considerare prevalente il principio di liberalizzazione.

Le schede di commento al

maxiemendamento governativo, poi refluito nella legge di stabilità, redatte dall’ufficio Studi del Senato, sul punto così si esprimono:

“…Viene quindi inserito (lettera g)) un comma 32-bis che affida al Prefetto il compito di accertare che gli enti locali abbiano ottemperato, entro i termini

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stabiliti, le citate disposizioni transitorie sugli affidamenti e sulla loro cessazione.

In caso contrario, il Prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere, decorso il quale sarà il Governo, ricorrendone i presupposti, ad esercitare il potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione e secondo le modalità previste dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Il meccanismo normativo appare simile a quello già previsto dall’art.16, comma 20 dello stesso d.l. 131 del 2011…”.

comma nazionale alla prima gara successiva

Al comma 33, l’ultimo periodo è sostituito dal seguente:

“…I soggetti affidatari diretti di servizi pubblici locali possono

comunque concorrere su tutto il territorio nazionale a gare indette nell’ultimo anno di affidamento dei servizi da essi gestiti, a condizione che sia stata indetta la procedura competitiva ad evidenza pubblica per il nuovo affidamento del servizio o, almeno, sia stata adottata la decisione di procedere al nuovo affidamento attraverso la predetta procedura ovvero, purché in favore di soggetto diverso, ai sensi del comma 13…”.

La disposizione è volta a limitare il campo di operatività temporale della guarentigia di favore per le società già affidatarie dirette che intendono partecipare alla prima gara successiva.

Viene mantenuta la possibilità di partecipare a detta gara su tutto l’ambito territoriale nazionale, ma si stabilisce un limite temporale entro cui tale partecipazione è consentita, individuandolo nell’ultimo anno di vigenza dell’affidamento difforme relativo ai servizi già resi. Tale possibilità viene altresì condizionata al fatto che, l’ente affidante, abbia provveduto, entro il predetto termine (l’ultimo anno di vigenza dell’affidamento), a bandire la relativa gara secondo il modello ordinario ovvero a disporre un diverso e nuovo affidamento a favore di società in house providing, a condizione che sia un soggetto diverso da quello uscente e nei limiti consentiti dal comma 13.

È parificato a tale evento il fatto che sia stata almeno formalmente adottata la decisione di avvio del procedimento che dovrebbe portare al bando di gara o alla decisione di affidamento in house a diverso soggetto (se consentito).

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inesistente inesistente comma 2, qualità di gestione dei servizi pubblici locali e di effettuare valutazioni comparative delle diverse gestioni, gli enti affidatari sono tenuti a rendere pubblici i dati concernenti il livello di qualità del servizio reso, il prezzo medio per utente e il livello degli investimenti effettuati, nonché ogni ulteriore informazione necessaria alle predette finalità…”.

La disposizione risponde alla dichiarata finalità di “…assicurare, mediante un sistema di benchmarking, il progressivo miglioramento della qualità ed

efficienza di gestione dei medesimi servizi…”, di cui al comma 2, primo periodo della stessa legge 183/2011.

L’obbligo di rendere pubblici, con modalità che risulteranno definiti da un successivo decreto attuativo giusto comma 33-ter, i dati relativi al livello di qualità dei servizi resi, al prezzo medio per utente ed al livello degli investimenti effettuati, è posto a carico degli enti “affidatari” dei servizi pubblici. Il termine “enti” è qui utilizzato in accezione generica, alludendo a tutti i soggetti che potrebbero risultare aggiudicatari di una gara per i servizi pubblici locali, compresi quelli che non fossero costituiti in forma societaria.

Il terzo vettore è invece rappresentato da disposizioni che, ad una più attenta, possono

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