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1. INTRODUZIONE

1.3. Principi generali degli effetti delle radiazioni nelle cellule e nei tessuti

1.3.1 Sopravvivenza cellulare

(15) La deplezione cellulare gioca un ruolo importante nelle prime reazioni desquamative, dovute a irradiazione, nei tessuti epiteliali. In alcuni tipi di cellule e di tessuti la rapida perdita cellulare dopo irradiazione è mediata dall’apoptosi, come mostrato da linfociti e cellule acinose di ghiandola salivare. In altri tessuti la morte cellulare è causata principalmente dalla mancanza di moltiplicazione delle cellule staminali rigenerative che possono andare incontro ad apoptosi prima o dopo il tentativo di mitosi, o delle cellule in fase di differenziamento. La maggior parte delle cellule mature del tipo “non proliferante” non muore per l’irraggiamento, ma per invecchiamento naturale. L’invecchiamento precoce può contribuire ad alcuni effetti tardivi delle radiazioni.

(16) Il termine “sopravvivenza cellulare” in questo contesto indica la capacità di una cellula di riprodursi indefinitamente e di formare una colonia di cellule figlie. La dose media necessaria per distruggere l’integrità riproduttiva di una cellula è generalmente molto inferiore a quella richiesta per distruggere la sua attività funzionale o metabolica. Pertanto per “morte cellulare”, in questo documento, si intende la perdita di integrità riproduttiva della cellula, senza necessariamente la perdita della sua vitalità fisica o di altre funzioni.

(17) Per un dato livello di danno tissutale in organi come l’intestino, è stato dimostrato un chiaro legame tra la sopravvivenza delle cellule bersaglio del tessuto e il livello dei danni immediati del tessuto stesso, dimostrando l’importanza della sopravvivenza delle cellule bersaglio per questi tipi di reazione (Thames e Hendry,1987). Per le reazioni tardive che si sviluppano lentamente, il legame tra la sopravvivenza delle cellule bersaglio e il danno è molto meno evidente.

(18) A partire dalla Pubblicazione 60 (ICRP,1991), si è consolidato l’utilizzo della formula lineare- quadratica (LQ) per descrivere la sopravvivenza cellulare in funzione della dose e per confrontare le variazioni di dose totale iso-efficace derivanti dalle variazioni del rateo di dose o dell’entità delle frazioni di dose.(Fig. 1.2).

(19) Nella formula LQ: S=exp–(αD+βD2), la costante α descrive la componente lineare dell’effetto letale a carico delle cellule (effetto “cell killing”) su un grafico semilogaritmico della sopravvivenza (in scala logaritmica) in funzione della dose (in scala lineare); la componente β invece ne descrive l’incremento a dosi di radiazione più alte.

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Fig. 1.2. Relazione dose-risposta per la sopravvivenza cellulare (S) su un piano semi-logaritmico (logS=E) rispetto alla dose, descritta dalla equazione lineare-quadratica S0=exp–(αD+βD2) o E=exp–(αD+βD2) (Fowler, 2006). α e β sono i

coefficienti delle componenti non riparabili e riparabili dei danni da radiazioni, rispettivamente α è il numero dilogaritmo (e) di eliminazione cellulare per Gy, e β è il numero di logaritmo per Gy2. La componente β svanisce in un tempo da minuti

ad ore, quindi, dosi molto basse danno curve di sopravvivenza vicine alla curva α.

Il rapporto α/β è la dose alla quale la componente lineare (non riparabile) e quella quadratica (riparabile) di effetto letale (“cell killing”) si equivalgono. Questo rapporto è una misura della curvatura del diagramma di sopravvivenza. In caso di popolazioni cellulari omogenee a lenta proliferazione, come quelle degli organi a lenta rigenerazione (ad esempio rene e midollo spinale), la componente β tende ad essere più grande, e quindi il rapporto α/β tende a diminuire e la curva sul grafico semilogaritmico ad essere più pronunciata. La componente β tende ad essere relativamente minore, e quindi il rapporto α/β ad essere maggiore e la curva di sopravvivenza ad essere rettilinea, per popolazioni di cellule eterogenee a rapida rigenerazione (ad esempio popolazioni cellulari bersaglio in rinnovamento della mucosa orale e nell’intestino). Un contributo a questo fenomeno è dato dal tempo relativamente breve a disposizione tra irraggiamento e mitosi per la riparazione. Un’altra possibile causa è la presenza di sottopopolazioni con differenti sensibilità in funzione della fase del ciclo cellulare. Il rapporto α/β si colloca generalmente nell'intervallo di 7-20 Gy per le reazioni precoci nei tessuti (10 Gy è comunemente utilizzato come valore medio) e di 0,5-6 Gy per le reazioni tardive (3 Gy è comunemente utilizzato come valore medio). L’applicazione del modello LQ non include un termine temporale, quindi non si tiene conto del ripopolamento delle cellule sopravvissute con l’aumentare della durata complessiva del processo.

(20) L’intervallo di tempo per la riparazione è generalmente di 1-2 ore, e c’è spesso una seconda componente di riparazione più lenta. Ciò significa che dopo un’esposizione acuta passano molte ore prima che le cellule sopravvissute concludano quasi completamente il processo di riparazione.

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L’incompleta riparazione diventa importante quando ci sono esposizioni frazionate (vedi oltre). Quando i ratei di dose sono inferiori a circa 0,1 Gy/min, già durante l’esposizione avviene qualche riparazione dei danni cellulari. Ciò determina la diminuzione della componente β fino a raggiungere lo zero a dosi molto basse. La componente α non cambia invece al variare del rateo di dose. Un comportamento particolare, riscontrato in alcuni tipi di cellule, è l’ipersensibilità a dosi <0,5 Gy. In cellule che mostrano questa ipersensibilità, la forma della curva di sopravvivenza a basse dosi è caratterizzata da una pendenza più accentuata rispetto a quella estrapolata in basso dalle dosi elevate. Tale comportamento è riconducibile alla stimolazione dei processi riparativi a dosi > 0,2-0,3 Gy, quando cioè le rotture indotte nel doppio filamento del DNA sono sufficienti ad innescare il segnale di risposta al danno (Joiner et al., 2001). Ciò rappresenta, quindi, una limitazione nell’utilizzo del modello LQ alle basse dosi. Il fenomeno è stato rilevato per reazioni cutanee precoci negli esseri umani, e per reazioni cutanee e lesioni renali in esperimenti in vivo ed in vitro. La rilevanza di questo fenomeno di ipersensibilità nei riguardi delle soglie di danno tissutale non è ancora chiara. Per irradiazioni ad alto LET vi è un danno meno riparabile, e quindi la componente β e gli effetti derivanti dal rateo di dose sono piccoli o assenti. Non c’è inoltre alcuna ipersensibilità nella curva di sopravvivenza per radiazione ad alto LET.

(21) Agli inizi della radiobiologia, la curva dose-risposta fu descritta come avente una spalla iniziale, seguita da un tratto rettilineo, o quasi rettileo, su scala semilogaritmica. La curva fu caratterizzata attraverso due fra i tre seguenti parametri: D0, la dose necessaria per ridurre al 37% la sopravvivenza sulla parte esponenziale della curva, n, il numero di estrapolazione sull’asse logaritmico della sopravvivenza, e Dq (la dose quasi-soglia, la estrapolata della curva esponenziale sull’asse delle dosi). I parametri della curva di sopravvivenza erano legati dalla formula: logen=D/D0. Ora è noto che anche se quest’ultima formula è spesso una buona rappresentazione della risposta per dose singola a dosi elevate, il modello LQ è più appropriato in caso di dosi frazionate, come quelle utilizzate clinicamente, in cui la quota di dose per frazione varia in un range ristretto. Questo range è nella zona di maggiore pendenza della curva di sopravvivenza cellulare, che è scarsamente descritta dalla formula D0/n.

1.3.2 Cinetica dei tessuti

(22) I tessuti variano ampiamente nel grado di normale sostituzione delle loro cellule costituenti e nelle dinamiche di popolazione attraverso le quali si verificano la produzione, la differenziazione, l’invecchiamento e la perdita di tali cellule. Queste differenze influenzano la rapidità con cui i vari tessuti mostrano gli effetti delle radiazioni, poiché l’evento di morte cellulare da radiazione viene generalmente ritardato fino alla mitosi. I tessuti in rapida proliferazione hanno una quota di cellule staminali (con grado di rinnovamento cellulare indefinito), che dà origine ad un certo numero di cellule proliferanti e di cellule post-mitotiche differenziate e funzionanti. I tempi di comparsa dei danni radioindotti dipendono dalla durata della vita delle cellule mature, che sono relativamente radioresistenti, e sono quindi sostanzialmente indipendenti dalla dose. Durante esposizioni prolungate o frazionate, la proliferazione di cellule staminali può compensare l’effetto letale sulle cellule e ridurre il danno da radiazioni. Esempi di tessuti con proliferazione rapida sono l’epitelio della mucosa intestinale, il midollo osseo e l’epidermide.

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(23) Esistono altri tipi di tessuti nei quali sono presenti cellule staminali, ma non funzionano nello stesso modo dei tessuti gerarchicamente strutturati per recuperare il danno conseguente a dosi acute. Essi possiedono un grande numero di cellule funzionali mature ancora in grado di compiere alcune divisioni per aiutare a ripristinare la funzione anche dopo la perdita di un certo numero di cellule. Questi tessuti erano chiamati ‘tessuti flessibili’, ora sono più comunemente definiti ‘tessuti complessi’. Hanno livelli di attività cellulare proliferativa generalmente molto bassi e tempi di risposta alle radiazioni dose-dipendenti, e l’effetto che potrebbe però essere evidente solo molto tempo dopo l’irradiazione. A seguito di esposizioni frazionate o protratte, la protezione attraverso la proliferazione rigenerativa o compensativa è prevedibilmente molto minore in questo tipo di tessuti; ad esempio, il fegato, dove il rinnovamento delle cellule parenchimali è basso, o i vasi sanguigni, in cui la proliferazione delle cellule endoteliali è molto bassa (Michalowski 198; Wheldon et al., 1982). (24) Poiché tessuti e organi sono costituiti da diversi tipi di cellule con differenti tassi di proliferazione, la manifestazione dei danni da radiazione non avviene contemporaneamente in tutta la popolazione cellulare presente all'interno del tessuto. In caso di esposizione frazionata o prolungata, la comparsa delle lesioni tende ad essere contrastata anche dalla proliferazione compensatoria e da altri processi omeostatici che modificano la cinetica cellulare.

(25) A livello del singolo tessuto, diversi meccanismi possono contribuire a determinare una soglia di compromissione della funzione del tessuto stesso, sebbene non esista una soglia specifica per la morte delle cellule colpite. Questi meccanismi comprendono: il ripopolamento attraverso cellule sopravvissute; la capacità di differenziazione, di maturazione e l’utilizzo di cellule funzionali capaci di compensare in qualche misura le lesioni nel comparto staminale; la capacità del tessuto di sottoporsi a cambiamenti compensatori per mantenere la propria produzione di cellule differenziate; le capacità funzionali di riserva di un dato organo. Questo potrebbe spiegare perché talvolta sono necessarie dosi relativamente grandi per produrre una significativa perdita di funzionalità del tessuto, e perché questa soglia varia in base al tessuto e al parametro funzionale considerato.

1.3.3 Effetti del frazionamento e dell’irradiazione cronica

(26) Quando una dose di radiazione è suddivisa in due o più frazioni, la sua efficacia biologica è generalmente ridotta. I due principali fattori che contribuiscono a questo effetto sono la riparazione dei danni sub-letali e la sostituzione, attraverso il ripopolamento, delle cellule mortalmente colpite. Altri meccanismi di riparazione intracellulare, ad esempio per danni potenzialmente letali e attraverso riparazioni lente, possono contribuire in modo analogo ad un aumento della sopravvivenza. La sostituzione cellulare può avvenire anche attraverso la migrazione delle cellule non irradiate da regioni non colpite.

(27) Contrariamente agli effetti di riparazione intracellulare e di sostituzione, la ridistribuzione delle cellule nella popolazione superstite può, in particolari condizioni, aumentare l’efficacia dell’effetto letale di una determinata dose frazionata (Withers and Elkind, 1969; UNSCEAR,1982).

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(28) L’irradiazione a basso LET è generalmente meno efficace, per dose unitaria, alle basse dosi rispetto a quelle elevate, il che indica che le cellule possono accumulare una certa quantità di danno subletale prima di perdere la loro integrità riproduttiva. La misura della riparazione del danno subletale è mostrata dal fatto che dosi successive, se separate da molte ore, non sono pienamente additive nei loro effetti letali; in altre parole, quando una dose di radiazioni a basso LET viene erogata in due esposizioni, la dose necessaria per uccidere una data percentuale di cellule aumenta in funzione del tempo (fino a diverse ore) tra le esposizioni. La potenziale riparazione di un tessuto può essere stimata dal valore del rapporto α/β, che è una misura della pendenza della curva di sopravvivenza delle cellule bersaglio così come un’indicazione della sensibilità del tessuto al frazionamento. Più basso è il rapporto α/β per un tessuto, maggiore è il suo potenziale per la riparazione delle lesioni subletali.

(29) Quando l’irradiazione è molto frazionata, la riparazione delle lesioni subletali si verifica dopo ogni dose successiva e la curva di sopravvivenza multifrazione è della forma mostrata in fig. 1.3. Quando una dose viene erogata con piccoli incrementi, si evidenzia una quota crescente del danno letale dovuta alla componente iniziale non riparabile del danno. In definitiva, specifici valori di dose frazionata (< 0,3 Gy/frazione per reazioni tardive) o di basso rateo di dose (0,2 Gy/min) saranno raggiunti quando tutti i danni subletali saranno riparati, e permarrà soltanto il danno letale iniziale. In questo caso, la pendenza della curva di sopravvivenza verrà descritta unicamente dalla componente α (linea continua in grassetto nella figura 1.4) . C'è anche una inversione dell’effetto del rateo di dose al rateo in cui le cellule sono prevalentemente nella fase radiosensibile G2 del ciclo, e questo incrementa leggermente la sensibillità della popolazione cellulare.

Ripopolamento

(30) L’irradiazione provoca un periodo di ritardo mitotico dose-dipendente, dopo il quale la proliferazione cellulare nei tessuti può riprendere o addirittura accelerarsi in tessuti con rapido turnover. Con irradiazione continua a vari ratei di dose, il grado con il quale le cellule si riproducono, rispetto a quante ne muoiono, è indicato dalla linea più alta al di sopra della linea spessa continua in Fig. 1.4. Il rateo di dose al quale la riproduzione cellulare può completamente controbilanciare la perdita di cellule varia significativamente da un tessuto all’altro, a seconda della capacità proliferativa delle cellule in questione. Per il piccolo intestino di ratto, in cui le cellule staminali hanno una elevata e non comune capacità di proliferazione, il tessuto è in grado di resistere fino a 4 Gy/giorno per un certo periodo di tempo (Quastler et al.,1959). Al contrario, la più lenta capacità proliferativa dei testicoli di un cane può far tollerare solamente 0,0017-0,005 Gy/giorno per esposizione giornaliera per tutta la vita dell’animale. (Casarett and Eddy,1968; Fedorova and Markelov, 1978, 1979). (31) Per i tessuti con tasso di proliferazione basso, il ripopolamento non avviene fino a molto tempo dopo l’irradiazione, e il valore di dose-rate critico non è ben conosciuto. In un tessuto, la mancata di rigenerazione dopo irradiazione potrebbe determinare la fibrosi e/o la perdita nel tempo della specifica funzionalità.

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Fig. 1.3. La curva dose-risposta per un regime multifrazione si approssima ad una funzione esponenziale della dose per molteplici valori di dose. La relazione dose-risposta è una linea retta dall'origine fino al punto sulla curva di sopravvivenza per singola dose corrispondente alla frazione di dose giornaliera (tipicamente 2 Gy) (Hall e Giaccia, 2006).

Fig. 1.4. L'effetto dose-rate risultante dalla riparazione di danni subletali da radiazioni, dalla redistribuzione nel ciclo cellulare e dalla proliferazione cellulare. La curva dose-risposta per esposizioni acute è caratterizzata da un andamento iniziale molto ripido. Man mano che il rateo di dose si riduce, la curva di sopravvivenza diventa progressivamente meno ripida poichè vengono riparati più danni subletali, ma le cellule sono 'congelate' nei loro stadi del ciclo e non progrediscono. Quando il rateo di dose si abbassa ulteriormente, e per un range limitato didosi, la pendenza delle curva disopravvivenzaaumentadi nuovoperché le cellulepossono progredireattraverso il ciclo fino ad accumularsi in fase G2, una faseradiosensibile, ma sono bloccate e non possono dividersi. Un ulterioreabbassamento del rateo di dose al

di sotto di quello critico permette alle cellule di sfuggire dal blocco G2 e di dividersi; la proliferazione cellulare può quindi

verificarsi durante l’esposizione prolungata, e le curve di sopravvivenza diventano più basse, poichè le cellule nate dalla mitosi cellulare compensano quelle uccise dalle radiazioni (Hall e Giaccia, 2006).

53 Esposizione cronica alle radiazioni ed effetti

(32) Gli animali da esperimento e gli esseri umani possono tollerare dosi totali più elevate se erogate con modalità di irradiazione cronica a bassi ratei di dose, rispetto a singole dosi acute (Fliedner et al., 2002). Ciò è dovuto alla reazione di adattamento delle cellule, degli organi e dell’intero corpo, che si aggiunge al fenomeno di riparazione dei danni subletali descritto precedentemente. La reazione di un tessuto all’esposizione cronica a basse dosi, pertanto, riflette lo sviluppo simultaneo del danno cellulare e del processo di adattamento (Rigaud e Moustacchi,1996; Wolf,1996).

(33) Il “radio-adattamento” è definito come un cambiamento della risposta all’esposizione alle radiazioni, che rende possibile mantenere la sopravvivenza, la fertilità e le normali funzionalità degli individui esposti ad irradiazione cronica. L’adattamento alle radiazioni si manifesta come un incremento della radioresistenza; per tale motivo, la dose alla quale non ci sono effetti dannosi è significativamente maggiore per esposizione cronica rispetto all’esposizione acuta (Smirnova e Yonezawa, 2004). L’induzione delle reazioni adattative decresce all’aumentare della dose, ed è limitata al di sopra di 0,5 Gy (Fliedner et al., 2002). C’è scarsa evidenza di effetti adattativi in caso di esposizione a radiazioni ad alto LET.

(34) Ci sono due livelli di sviluppo dell’adattamento: un iniziale adattamento rapido ma incompleto, ed una fase adattativa maggiormente persistente che si manifesta successivamente. La fase rapida si sviluppa immediatamente dopo l’irradiazione, e coinvolge meccanismi fisiologici preesistenti, quali l’aumento dei livelli naturali degli antiossidanti. La fase adattativa persistente si sviluppa gradualmente e coinvolge meccanismi come la stimolazione del riparo del DNA, l’induzione di checkpoint delle fasi G1 e G2, e di sintesi proteica, la stimolazione della proliferazione cellulare, la attivazione di sistemi radioprotettivi (come ad esempio proteine endogene dello stress o antiossidanti) (Nogami et al., 1993; Ikushima et al., 1996; Seed et al., 2002). Il glutatione prodotto dopo esposizione a basse dosi di radiazioni ha anche un effetto stimolante sulle reazioni immunitarie (Kojima et al., 2002).

(35) La sindrome da irradiazione cronica (ChRS) è una sindrome clinica che si sviluppa negli uomini dopo un’esposizione annuale al corpo intero superiore a 0,7-1,0 Gy e una dose accumulata superiore a 2-3 Gy per oltre 2-3 anni (Barabanova et al., 2007). La ChRS è caratterizzata dall’inibizione dell’emopoiesi e di reazioni immunitarie, da disturbi funzionali e strutturali del sistema nervoso, cardiovascolare e di altri organi. La gravità di questi effetti dipende dal rateo di dose e dalla dose totale. L’interruzione dell’esposizione alle radiazioni consente l’attivazione dei processi di riparazione, che determinano una veloce regressione delle alterazioni funzionali iniziali ed una più lenta normalizzazione dell’emopoiesi. Il grado e la completezza del recupero dipendono dall’estensione del danno tissutale; potrebbero essere necessari decenni per un recupero totale (Okladnikova et al.,1993,1994; Akleyev e Kisselyov, 2002).

1.3.4 Relazioni iso-effetto

(36) Gli sforzi per quantificare le relazioni tra gravità del danno tissutale e dose totale, dose per esposizione, numero di esposizioni e durata complessiva della esposizione hanno portato all’elaborazione di vari modelli matematici o formule di iso-effetto. Questi modelli sono stati utili

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nella ricerca radioterapeutica e in oncologia. Tuttavia, la loro rilevanza per gli scenari di radioprotezione è limitata in quanto possono essere applicati solo ai livelli di tolleranza tissutale massimale, stimata sulla base della mancanza di gravi complicazioni a seguito di radioterapia, e non sono ugualmente applicabili a tutti i tessuti e a tutte le reazioni all’interno di un determinato tessuto. Inoltre, l’estrapolazione per esposizioni molto frazionate o croniche, che si protraggono per molti mesi o anni, è soggetta ad una notevole incertezza. Tuttavia, queste relazioni possono essere di qualche utilità nella stima delle dosi ED1 per esposizioni croniche, che potrebbero verificarsi dopo un incidente.

(37) L’approccio più comune è basato sul modello della curva di sopravvivenza cellulare, dato da: E=αD+βD2, dove E è un certo effetto della dose D. In questa formula, il tempo di esposizione non è rappresentato e deve essere considerato separatamente. Poiché il contributo del termine βD2 dipende dall’interazione tra le sublesioni intracellulari, che devono avvenire in modo spazialmente e temporalmente ravvicinato tra loro, esso è fortemente dipendente dalla dose e dal rateo di dose. Quindi, a basse dosi e a bassi ratei di dose, la risposta dipende da α, che è difficile da misurare. Tuttavia, il rapporto α/β è un parametro utile per descrivere gli effetti del frazionamento e dei bassi ratei di dose, potendo evidenziare la dose a cui le componenti αD e βD2 contribuiscono ugualmente al danno. Il rapporto α/β varia da circa 1 Gy fino a 15 Gy, a seconda del tipo di tessuto e della specifica risposta. In generale, bassi valori del rapporto α/β (al di sotto di circa 6 Gy, comunemente 3 Gy è scelto come valore indicativo) si riferiscono a tessuti lentamente proliferanti che danno luogo a reazioni tardive. Valori elevati si riferiscono a tessuti in rapida proliferazione che danno luogo a reazioni immediate (10 Gy è comunemente posto come valore indicativo) (Withers et al., 1980;. Barendsen, 1982). L’effetto della incompleta riparazione può essere calcolato sostituendo il termine βD2 con il termine gβD2, dove i valori di g sono funzione sia dell’intervallo tra le dosi frazionate che della durata della esposizione continua (Thames and Hendry,1987; Steel, 2002).

(38) Si può tenere conto dell’effetto derivante dall’aumento del tempo di esposizione, introducendo il tempo potenziale di raddoppio Tpot di un tessuto dopo un periodo di latenza o “kick-off time” Tk:

E=nd(α+βd) – (T- Tk)(loge2)/Tpot

E/α=nd(1+d/(α/β)) – (T- Tk)(loge2)/Tpot)

dove E/α è la dose biologica equivalente, che corrisponde alla dose equivalente totale somministrata ad un rateo di dose molto basso, oppure usando numerosi piccoli frazionamenti ad alti ratei di dose, cioè nd nella formula sopra, meno la correzione per il ripopolamento (Fowler, 1989). La correzione per il ripopolamento, in termini di dose recuperata al giorno in virtù della proliferazione, varia tra i tessuti rinnovabili e può arrivare fino a 0,8 Gy/al giorno per la mucosa dopo un periodo di latenza

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