• Non ci sono risultati.

SEZIONE II: I tentativi delle Corte costituzionale di armonizzare le

4.2.3 Il principio di colpevolezza

4.2.3.1 Il principio di colpevolezza come limite alla pena edittale – Se il

presente lavoro concernesse problematiche relative ai limiti che incombono

sul legislatore nella strutturazione del fatto di reato o di norme che comunque

incidono sui presupposti sostanziali della responsabilità penale, potremmo

senza difficoltà affermare che tra essi vi è, senza ombra di dubbio

239

, il

principio di colpevolezza. E identica conclusione andrebbe tratta, se queste

problematiche concernessero la colpevolezza quale limite all’attività di

commisurazione giudiziale della pena

240

Tuttavia, affermare che tale limite operi anche sul versante quantitativo

dello jus puniendi, ed in particolare sul piano dell’attività della determinazione

edittale della pena, non è così scontato, almeno non nel nostro ordinamento

.

241

Esiste dunque un principio costituzionale che vieta al legislatore di

comminare pene edittali che superino la rimproverabilità soggettiva del fatto

all’agente? La risposta a questo interrogativo ci sembra debba essere positiva,

;

pertanto, occorre soffermare il fuoco dell’analisi su questo punto decisivo per

il prosieguo dell’indagine.

239

Senza nessuna pretesa di completezza cfr. SPASARI,Diritto penale e Costituzione, Milano, 1966, p. 84 ss.; BRICOLA, Teoria generale, cit., p. 53 ss.; MARINUCCI, Studi di diritto penale, 1991, p. 70 ss.; MUSCO, Bene giuridico e tutela dell’onore, 1974, p. 116 ss. Più di recente, CORBETTA,La cornice edittale di pena, cit., p. 157 ss.; BASILE, La colpa in attività illecita. Un’indagine di diritto comparato sul superamento della responsabilità oggettiva, 2005, p. 219 ss.; VASSALLI,Introduzione, in Diritto penale e giurisprudenza costituzionale, VASSALLI (a cura di), Napoli, 2006 p. XIV ss. Per un’approfondita analisi della giurisprudenza costituzionale cfr.GROSSO,Principio di colpevolezza e personalità della responsabilità penale, in Diritto penale e giurisprudenza costituzionale, VASSALLI (a cura di), Napoli, 2006, p. 3 ss.; MARINUCCI-DOLCINI, Corso, cit. p. 455 ss (in partic. p. 473 sub nt. 64 in cui si dà anche conto delle opinioni dottrinali, comunque minoritarie, che negano il rango costituzionale del principio di colpevolezza); ROXIN, Sul problema del diritto penale della colpevolezza, in Riv. it. dir. pen. proc., 1984, p. 16 ss; HASSEMER, Principio di colpevolezza e struttura del reato, in Arch. Pen., 1982, p. 50 ss.

240

Sul punto, per tutti, DOLCINI,La commisurazione della pena. La pena detentiva, 1979, p. 257 ss.

241

Ben diversa è la situazione nell’ordinamento tedesco; questo principio, infatti. è da tempo patrimonio della giurisprudenza. A tal proposito, vale la pena ricordare le chiare parole scandite dal Bayerischer Verfassungsgerichthof già nel 1950 (sentenza citata da BASILE,La colpa, cit. p. 823 con ampi riferimenti giurisprudenziali conformi) che, su questo punto, rilevava la necessità che “la pena minacciata si trovi in un giusto rapporto con la gravità del fatto e, in particolare, con la colpevolezza dell’agente”.

103

e possiamo giustificarla sulla base di un ragionamento che si articola in due

punti essenziali:

a) la riconosciuta cogenza del principio in esame anche per il legislatore;

b) l’estensione della portata dello stesso principio alla fase della

determinazione edittale di pena.

Sotto il primo profilo, invero, non si pongono particolari problemi: il

principio di colpevolezza, notoriamente assurto al rango di principio

costituzionale grazie alle note sentenze n. 364 del 1988

242

e 1085 del 1988

243

,

e oggi riconosciuto anche dalla Corte europea dei diritti dell’uomo

244

, ha quale

primo destinatario il legislatore e, solo in seconda battuta, anche il giudice. Il

suo principale effetto, infatti, è stato quello di decretare l’incostituzionalità di

ogni forma di responsabilità oggettiva in campo penale, e di riaffermare

l’imprescindibile necessità di un legame psichico tra fatto e autore, legame che

deve avere ad oggetto non solo l’evento del reato, ma tutti gli “elementi più

significativi della fattispecie”

245

242

Edita in Riv. it. dir. pen. proc., 1988, p. 686 ss. con nota di PULITANÒ, Una sentenza storica che restaura il principio di colpevolezza, in Riv. it. dir. pen. proc., 1988, p. 686 ss. e in Foro it., 1988, I, p. 1385, con nota di FIANDACA,Principio di colpevolezza ed ignoranza scusabile della legge penale: “prima lettura” della sentenza n. 364/1988.

243

Edita in Riv. it. dir. pen. proc., 1990, p. 289 ss. con nota di VENEZIANI,Furto d’uso e principio di colpevolezza.

244

Sul punto cfr. l’ormai nota pronuncia Corte eur. dir. uomo, 20 gennaio 2009, Sud Fondi et al. c. Italia, che per la prima volta, peraltro in materia di confisca, ha espressamente richiesto (cfr., in partic., par. 116 della sentenza) la sussistenza di un legame psichico tra fatto e autore, affinché quest’ultimo sia legittimamente assoggettabile a pena. Sul punto, in dottrina, v. MANES, Nessuna interpretazione conforme al diritto comunitario con effetti in malam partem, in Cass. pen., 2010, p. 114 ss.; MAZZACUVA, Un “hard case” davanti alla Corte europea: argomenti e principi nella sentenza su punta Perotti, in Cass. pen., 2009, p. 1540 ss.

245

Sono quelli che Corte cost. 1085/1988 cit. definisce “elementi estranei alla materia del divieto” e che la dottrina identifica con le condizioni obiettive di punibilità estrinseche. Per una penetrante critica alle c.d. condizioni “intrinseche” di punibilità cfr. MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, 2001, p. 654 ss.

, con la sola esclusione di quelli che, esterni ad

essa, non contribuiscono alla descrizione dell’offesa al bene giuridico tutelato.

Se, dunque, il nucleo essenziale del principio di colpevolezza si è sostanziato

104

in primis nel divieto di configurare ipotesi di responsabilità penale che

prescindano da legami soggettivi tra l’autore del fatto di reato ed il fatto

stesso

246

La conclusione, comunque, è anche in questo caso positiva. Sulle orme

di un’ampia indagine dottrinale

, il primo destinatario di questo divieto non può che essere il

legislatore, cioè l’unico organo costituzionale che detiene il potere di

configurare quelle ipotesi. Questo divieto, poi, si traduce anche in un canone

di tipo ermeneutico il cui fruitore è il giudice, che se ne serve per ricondurre

entro il quadro di legalità costituzionale tutte quelle ipotesi normative che, per

assoggettare a pena il reo, sembrano accontentarsi di una imputazione del fatto

all’agente in termini di pura causalità materiale, ma le parole della Corte sono

prima di tutto per il legislatore.

Lievemente più complesso, ma non più di tanto, è invece chiarire se

questo freno costituzionale, che attiene all’an del punire, debba o meno

estendersi anche al quantum.

247

, si deve infatti evidenziare come la funzione

svolta dalla colpevolezza abbia natura essenzialmente “limitativa” del potere

punitivo statuale, e non già “costitutiva” dello stesso

248

246

MARINUCCI, Problemi della riforma del diritto penale in Italia, in MARINUCCI-DOLCINI (a cura di), Diritto penale in trasformazione, 1991, p. 353.

247

MUSCO,Bene giuridico, cit., p. 120. In senso analogo FIANDACA, Considerazioni, cit., p. 838 ss.

248

Contra ROMANO, Commentario, cit., p. 326-327, secondo il quale “i reati sono pensati dal legislatore come punibili in quanto commessi con colpevolezza” e quindi quest’ultima “è anche un limite, ma prima ancora è costitutiva della pena, la fonda”.

; il fondamento della

punibilità dell’agente, in altri termini, non è nella colpevolezza di costui, bensì

nel fatto offensivo del bene giuridico. Pertanto, se la colpevolezza assolve la

funzione di limite invalicabile alla pena che può essere inflitta al reo, sarebbe

paradossale che fosse proprio il legislatore, il quale nella fenomenologia della

pena è un attore non meno importante del giudice, a non dover soggiacere a

tale limite.

105

Inoltre, vi è una seconda, e forse assorbente, ragione che spinge a

concludere in questo senso. Fin dalla nota sent. 313 del 1990, sulla quale si

tornerà ampiamente più avanti, la Corte ha affermato che anche la

comminatoria edittale è chiamata ad assicurare che la pena tenda alla

rieducazione del reo (art. 27, c. 3, Cost.); allo stesso tempo, la sent. 364 del

1988 insegna che non vi può essere alcuna rieducazione nei riguardi di chi,

rispetto al fatto, non è almeno in colpa. Da ciò deriva che, se la pena

minacciata supera la colpevolezza dell’agente, automaticamente essa viola

il principio rieducativo della pena

249

. Pertanto, deve ritenersi

costituzionalizzato non solo il principio per cui il legislatore non può

prevedere ipotesi di responsabilità penale che prescindano dalla colpevolezza

dell’agente, ma anche il principio per cui quest’ultimo non può prevedere pene

più gravi senza colpevolezza più grave

250

4.2.3.2 (segue): e le conseguenti (ma superabili) difficoltà operative –

Chiarito così che anche il principio di colpevolezza “ha da dire la sua” in tema

di dosimetria sanzionatoria, non ci si può esimere dal confrontarsi con quelle

critiche dottrinali

.

251

249

Cfr., sul punto, MARINUCCI, Politica criminale e riforma del diritto penale, in Studi di diritto penale, MARINUCCI - DOLCINI (a cura di), Milano, 1991, p. 70-71, secondo il quale “la funzione risocializzatrice primaria per rango costituzionale (art. 27, c. 3, Cost.) esige infatti che la risposta penale non superi mai, nell’an e nel quantum, la misura della colpevolezza individuale” e la stessa conclusione vale anche con riferimento alla “funzione di prevenzione generale che la pena tende ad adempiere legittimamente allo stadio della minaccia”.

250

Cfr. LANG-HINRICHESEN, Zur Frage der Zurechnung von Folgen der straftat bei der Strafzumessung, in GA, 1957, p. 1, citato da BASILE,La colpa, cit. p. 825 sub nt. 159.

251

FIANDACA,Considerazioni sulla colpevolezza, cit., p. 876 ss. Ma si vedano anche gli Autori di lingua tedesca, von Liszt e Haffke (citati da BASILE, La colpa, cit., p. 824, sub nt. 153) il secondo dei quali ritiene che le difficoltà di implementazione del principio di colpevolezza nell’ambito della dosimetria edittale siano addirittura “insuperabili”.

secondo le quali il principio di colpevolezza,

nell’accezione qui valorizzata, pur potendo teoricamente fungere da limite

nella dosimetria edittale, incontrerebbe in sede operativa difficoltà tali da

risultare, di fatto, incapace sia di orientare il legislatore nella scelta di

106

comminatorie edittali ad esso conformi, sia di fungere da effettivo parametro

di liceità per la Corte costituzionale.

Queste critiche, pur autorevoli, non appaiono insuperabili.

Premesso che, in ogni caso, non costituirebbero motivo per non

valorizzare la colpevolezza quale criterio di dosimetria della sanzione, esse

non appaiono comunque fondate, soprattutto in relazione alla presunta

difficoltà del principio in esame di tradursi in un effettivo parametro di

costituzionalità. Sotto questo profilo, è utile rifarsi ad un approfondito studio

dottrinale

252

252

BASILE, La colpa, cit., p. 819 ss.

che, in tema di delitti preterintenzionali e aggravati dall’evento,

ha dimostrato come in un numero elevato di ipotesi siffatte la pena comminata

dal legislatore violi il principio di colpevolezza. Si consideri il seguente

esempio: la pena edittale prevista per l’art. 584 c.p. è la reclusione da dieci a

diciotto anni; orbene, se si procede al calcolo della pena che si otterrebbe,

applicando la disciplina del concorso materiale tra le pene previste per il

delitto base più grave (le lesioni personali gravissime) e quella prevista per

l’omicidio colposo, ne deriva una cornice edittale che spazia da 6 anni e sei

mesi a 17 anni di reclusione. Questo significa che il massimo edittale previsto

dall’art. 584 c.p. è costituzionalmente illegittimo per violazione del principio

di colpevolezza. L’ulteriore anno di pena, infatti, risulta previsto in totale

carenza di un nesso psicologico con l’autore del reato, poiché il dolo è

interamente assorbito nel massimo edittale del delitto di lesioni e la colpa nel

massimo edittale del delitto di omicidio colposo; né può affermarsi che

l’ulteriore anno di pena sia dovuto al fatto che l’evento più grave si verifica in

seguito ad una condotta di base dolosa; primo perché si punirebbe due volte

per un medesimo elemento di fatto (il dolo del delitto base è già punito ai sensi

della relativa norma incriminatrice), violando così il principio del ne bis in

107

all’evidenza, un residuato del principio del versari in re illecita, che

rappresenta l’antitesi del principio di colpevolezza.

Quanto poi all’effettiva possibilità per la Corte costituzionale di

rimuovere la situazione di illegittimità, essa lo potrebbe fare senza difficoltà,

in quanto, proprio avendo a riferimento il cumulo materiale delle pene

253

Il principio in esame, dunque, gode di ampi spazi per assurgere al ruolo

di argine nell’ambito del dosaggio edittale di pena; è senz’altro vero che, fino

ad oggi, la Corte costituzionale non si è ancora determinata a percorre questa

strada

, ha a

disposizione un tertium comparationis chiaro e definito che le consentirebbe

di abbattere il massimo edittale e ricondurlo entro i limiti della colpevolezza.

254

, né sono ravvisabili segnali di possibili cambiamenti di rotta. Se

davvero si intende, però, lo Schuldprinzip come “imprescindibile principio di

civiltà giuridica”

255

, come “punto d’arrivo di una lunga evoluzione verso il

rispetto della persona umana”

256

Prima di studiare il volto costituzionale della pena, come ricostruito dalla

Corte nella sua elaborazione giurisprudenziale, è fondamentale chiedersi qual

sia, secondo quest’ultima, il fine della sanzione criminale. Di per sé, infatti,

, questo ulteriore passo va compiuto senza

ulteriori timori o indugi.