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La comminatoria edittale di pena tra principi costituzionali, diritto e processo penale

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO Facoltà di Giurisprudenza

Dipartimento di Scienze Giuridiche Cesare Beccaria

Dottorato di Ricerca in

Diritto Penale Italiano, Comparato e Internazionale XXIII Ciclo

LA COMMINATORIA EDITTALE DI PENA TRA PRINCIPI COSTITUZIONALI,

DIRITTO E PROCESSO PENALE

Coordinatore:

Chiar.mo Prof. Francesco VIGANO’

Tutor:

Chiar.ma Prof.ssa Grazia MANNOZZI

Tesi di dottorato di Marco PANZARASA

Matr. n. R07769

Anno Accademico 2009-2010

n. R07769

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LA COMMINATORIA EDITTALE DI PENA TRA PRINCIPI COSTITUZIONALI, DIRITTO E PROCESSO PENALE

Introduzione...4

1. La comminatoria edittale di pena: considerazioni generali...9 1.1.1 La genesi della comminatoria legale di pena tra ideologie, mass-

media e processo penale...9 1.1.2 Un’importante precisazione preliminare: la diversa funzione del minimimo e del massimo edittale...12

2. L’evoluzione storica della comminatoria edittale: la scelta del codice Rocco tra autoritarismo politico e tecnicismo giuridico...15 2.1 L’affermazione della centralità della comminatoria di pena...15 2.2 I caratteri della comminatoria legale nel codice Rocco...20

3. Gli interventi di riforma immediatamente successivi alla caduta del fascismo e l’avvento della Carta costituzionale...23 3.1 Le modifiche normative pre-costituzionali...23 3.2 L’avvento della Costituzione repubblicana...25

4. L’evoluzione delle comminatorie edittali nel cinquantennio successivo

all’entrata in vigore della Costituzione: cronaca di un’abolizione di fatto...29

(3)

2

SEZIONE I: Il progressivo svuotamento delle cornici edittali da parte

del legislatore ordinario...29

4.1.1 Gli interventi in materia di diritto penale sostanziale...33

4.1.2 L’introduzione del nuovo ordinamento penitenziario...39

4.1.3 L’emanazione del nuovo codice di procedura penale: i riti speciali...43

4.1.3.1 Premessa...43

4.1.3.2 L’impatto del patteggiamento sulle comminatorie edittali...44

4.1.3.3 Il rito “dimenticato”: comminatorie e giudizio abbreviato...51

4.1.4 Uno sguardo complessivo sugli effetti degli interventi legislativi: il delitto di omicidio dal 1930 ad oggi...60

SEZIONE II: I tentativi delle Corte costituzionale di armonizzare le comminatorie di pena al quadro di legalità costituzionale...63

4.2.1 Il principio di uguaglianza/ragionevolezza: analisi delle varie fasi di evoluzione della giurisprudenza costituzionale...63

4.2.1.1 Prima fase: la cornice edittale di pena come “zona franca”...67

4.2.1.2 Seconda fase: la sent. n. 26 del 1979...78

4.2.1.3 Terza fase: la sentenza n. 364 del 2006...85

4.2.1.4 Lo stato attuale del sindacato costituzionale di ragionevolezza...88

4.2.2 Il principio di legalità: il divieto di cornici edittali troppo ampie...90

4.2.2.1 L’affermazione del principio di legalità della pena...90

4.2.2.2 (segue): e la sua sconfessione in concreto...98

4.2.3 Il principio di colpevolezza...102

4.2.3.1 Il principio di colpevolezza come limite alla pena edittale...102

4.2.3.2 (segue): e le conseguenti (ma superabili) difficoltà operative....105

4.2.4 Il principio rieducativo...107

4.2.4.1 La finalità rieducativa nella giurisprudenza della Corte...111

4.2.4.2 Gli orizzonti schiusi dalla sent. n. 341 del 1994...114

(4)

3

5. I delitti contro la libertà personale e sessuale come banco di prova delle

problematiche in materia di comminatorie edittali di pena...121

5.1 Il sequestro di persona dopo la l. 94/2009...122

5.1.1 Note sulla nozione di libertà personale...122

5.1.2 L’attuale quadro edittale dell’art. 605 c.p...131

5.2 Le ulteriori figure di limitazione abusiva della libertà...135

5.2.1 Arresto illegale (art. 606 c.p.)...135

5.2.2 Indebita limitazione di libertà personale (art. 607 c.p.)...141

5.2.3 Abuso di autorità contro arrestati o detenuti (art. 608 c.p.)...142

5.2.4 Perquisizioni e ispezioni arbitrarie (art. 609 c.p.)...145

5.3 Il sequestro di persona a scopo estorsivo...146

5.3.1 La ricostruzione del quadro edittale...146

5.3.2 Le tensioni con i principi costituzionali...149

5.4 L’attenuante dei casi di “minore gravità” nella violenza sessuale...157

6. Il neuer Kurs del legislatore: l’era dei pacchetti sicurezza e i tentativi di reazione all’eccessiva discrezionalità sanzionatoria del giudice...164

6.1 La riforma delle sanzioni edittali di furto del 2001...167

6.2 L’incisione sui processi motivazionali del giudice...174

6.3 Gli analoghi interventi in materia processuale e penitenziaria...180

6.4 Un bilancio (poco rassicurante) delle riforme degli ultimi anni...189

7. Conclusioni: la rifondazione della comminatoria edittale quale presupposto ineludibile di un nuovo sistema sanzionatorio...189

7.1 Sintesi dell’indagine svolta e dei risultati ottenuti...191

7.2 Note de jure condendo: la previsione di fasce edittali di gravità...192

Riferimenti bibliografici...206

(5)

4

INTRODUZIONE

L’autore di un celebre lavoro pubblicato nell’ormai lontano 1989

1

, prima di esporre alcune lucidissime considerazioni in tema di comminatorie edittali di pena, è costretto a rilevare come esse rappresentino per la dottrina italiana un tema del tutto privo di interesse scientifico e di ricerca; a fronte di un’enorme messe di contributi dottrinali – che prendono avvio soprattutto da una fondamentale opera monografica del 1979

2

1FERRAJOLI,Diritto e ragione. Teoria del garantismo penale, Bari, I ed., 1988, p. 396.

2DOLCINI, La commisurazione della pena: la pena detentiva, Padova, 1979.

– concernenti la problematica relativa alla commisurazione della pena, si nota infatti la pressoché totale assenza, a livello scientifico, di tematizzazione dei vari problemi concettuali ed operativi che caratterizzano la cornice edittale della pena dalla sua genesi ai fattori normativi e giurisprudenziali che ne condizionano in concreto l’esecuzione.

Di per sé, lo scarso interesse mostrato dagli osservatori professionali dell’ordinamento giuridico verso la comminatoria legale di pena potrebbe anche significare che, in realtà, si tratta di un tema non caratterizzato da particolari problemi di carattere teorico o applicativo, e che non vi sia, dunque, necessità alcuna di procedere ad un suo studio analitico; la comminatoria astratta, detto altrimenti, potrebbe rappresentare un puro “dato di fatto” – non modificabile, né, a differenza del precetto, interpretabile – che il giudice assume quale base di avvio per le proprie determinazioni in punto quantificazione della pena.

Tuttavia, vi è una serie di ragioni – di cui si darà ampiamente conto

nel corso dell’indagine – che induce a ritenere questo atteggiamento

profondamente errato.

(6)

5

In primo luogo, la comminatoria edittale di pena è un elemento del sistema sanzionatorio che assume una valenza decisiva sotto una pluralità di profili: è, ad es., l’indice principale da cui si ricava la valutazione del legislatore circa la gravità del reato (favorendo quindi la prevenzione generale c.d. positiva), ad essa (ed in particolare al massimo edittale) è connesso un ruolo decisivo per l’assecondamento delle esigenze di deterrenza (prevenzione generale c.d. negativa), senza poi dimenticare che dalla stessa dipende l’operatività di un’ampia serie di istituti giuridici. Si pensi, con riguardo al versante del diritto sostanziale, al tempo necessario a prescrivere, che oggi, a seguito della riforma operata nel 2005, è determinato in correlazione al massimo edittale

3

, ovvero all’amnistia e all’indulto, per i quali il legislatore è solito indicare i reati che vi sono ricompresi, facendo riferimento al massimo edittale

4

3 Evidenzia i rischi connessi a tale scelta legislativa PULITANÒ, Tempi del processo e diritto penale sostanziale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2005, p. 507 ss.

4 MARINUCCI –DOLCINI, Manuale di diritto penale, Milano, 2009, p. 589.

), ma si pensi, soprattutto, al versante processuale, rispetto al quale la comminatoria costituisce il principale ponte di collegamento (competenza per materia, applicazione delle misure cautelari personali, arresto in flagranza, fermo di indiziato di delitto).

Né è corretto affermare che la comminatoria edittale sia un dato di

partenza che non può essere messo in discussione se non dal legislatore. Come

dimostrerà l’analisi della giurisprudenza costituzionale, infatti, i limiti alle

scelte edittali operate dal legislatore sono sempre più stringenti

(ragionevolezza, legalità, colpevolezza, principio rieducativo, proporzione,

etc.), e non sono più così rare – anche se, come vedremo, ancora insufficienti –

le pronunce della Corte costituzionale che incidono sensibilmente su tali scelte

anche, e si tratta di una novità dagli effetti potenzialmente dirompenti, contra

reum.

(7)

6

Del pari, non sembra ragionevole riservare un’attenzione così elevata ai temi della commisurazione giudiziale, senza però tenere in debito conto quali sono i problemi e le criticità che affliggono il background normativo in cui la stessa commisurazione ha la propria genesi e dovrebbe incontrare il proprio limite; approfondendo un solo aspetto della fenomenologia della pena (la sua determinazione da parte del giudice), si rischia talora di non cogliere alcuni nodi essenziali della vicenda punitiva che, se non risolti, determinano un effetto–domino destinato a ripercuotersi fino alla sua concreta espiazione da parte del reo.

In definitiva, sembra che vi sia più di una ragione per interrompere il silenzio dottrinale su questa materia e per tentare – con tutti i limiti che può incontrare un’indagine su un terreno non sondato in precedenza o quanto meno in misura significativa – avviare un’analisi “a tutto campo” sulle comminatorie di pena che possa ricostruirne l’evoluzione, i caratteri, i problemi e – infine – prospettare una soluzione ragionevole agli stessi.

Peraltro, a questo proposito, conviene specificare ulteriormente quale sarà l’oggetto della presente indagine. Essa, infatti, non riguarderà la pena pecuniaria – perché la sua ontologica diversità dalla pena detentiva e le sue inesauribili questioni teoriche ed applicative meriterebbero una trattazione a parte

5

– né riguarderà la pena dell’arresto, poiché avendo per legge limiti edittali particolarmente ridotti, essa non pone di fatto alcun problema di rilievo, e non è un caso che, in recenti progetti di legge, sia stata condivisibilmente ventilata la sua espulsione dal catalogo legale delle pene

6

5 Su tale tema cfr. la recente indagine di GOISIS, La pena pecuniaria. Un’indagine storica e comparata. Profili di effettività della sanzione, Milano, 2008, passim.

6 Si tratta, più precisamente, del progetto Grosso. Cfr. la Relazione della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale, in GROSSO (a cura di), Per un nuovo codice penale, Padova, 2000.

.

La necessità di un approfondimento delle comminatorie edittale, in altri

termini, si pone in tutta la sua problematicità solo con riguardo alla pena della

(8)

7

reclusione per la sua predominanza sul sistema sanzionatorio vigente, la sua estensione a livello di limiti edittali (da quindici giorni a ventiquattro anni) e, soprattutto, per la sua effettiva incidenza sulla libertà personale.

Così chiarito l’oggetto dell’indagine ed il suo obiettivo, possiamo ora descriverne in sintesi la struttura.

Punto di avvio della stessa è una ricostruzione delle caratteristiche

generali della comminatoria edittale ed una panoramica del ruolo che ad essa è

stato originariamente affidato dal legislatore del 1930, la quale servirà per

chiarire l’origine di alcuni problemi con cui ancora oggi l’interprete deve fare i

conti. Il passo successivo sarà quello di individuare l’evoluzione che il

significato della comminatoria edittale ha subito nel corso dei decenni

successivi all’entrata in vigore del codice, ed in particolare dall’avvento della

Carta costituzionale in poi. Ciò verrà effettuato, seguendo una duplice

direttrice d’indagine: da un lato, si avrà riguardo a come i principi

costituzionali rilevanti in materia di cornici edittali siano stati implementati

dalla Corte costituzionale, mediante l’esame delle (numerose) pronunce

emesse dall’inizio degli anni ’70 ad oggi; dall’altro, e parallelamente, a come

tali principi siano stati attuati (e se siano stati attuati) dal legislatore ordinario,

prendendo in esame le modifiche più rilevanti che hanno avuto per oggetto o

per effetto quello di conferire una nuova configurazione alla comminatoria

edittale di pena. Il terzo passaggio sarà invece un’incursione nella parte

speciale del codice che consisterà nell’analisi di uno specifico e delicato

settore di tutela (la libertà personale e sessuale) condotta al lume delle

modifiche occorse alle comminatorie edittali previste per i delitti che rientrano

in questo settore, sì da verificare quali siano – in concreto – le ampie criticità

che la sostanziale incuranza di questo tema da parte del legislatore (e della

dottrina) determina. Il quarto e ultimo passaggio sarà invece dedicato, prima,

ad una sintesi dell’indagine svolta ed una sistematizzazione dei risultati cui

(9)

8

essa ha condotto e, poi, all’individuazione dei possibili rimedi ai problemi che

il futuro legislatore potrebbe adottare per porvi se non una soluzione

definitiva, quanto meno una sensibile attenuazione, nell’auspicio di garantire il

più possibile il valore della certezza del diritto.

(10)

9

1. LA COMMINATORIA EDITTALE DI PENA:

CONSIDERAZIONI GENERALI

1.1 La genesi della comminatoria edittale tra ideologie, mass-media e processo penale

Senza dubbio, uno degli aspetti delle comminatorie edittali di pena che ancora oggi resta avvolto nel mistero più fitto è rappresentato dalla sua genesi;

cosa spinge il legislatore a comminare una pena da cinque a dieci anni, e non già da tre a otto? Quali sono i criteri logico-giuridici che governano questa delicatissima fase della vicenda punitiva?

Va subito rilevato che, in realtà, una risposta a siffatto quesito nessuno è in grado di darla. Chiunque abbia tentato, e non sono molti in verità

7

Un primo fattore di enorme (e preoccupante) rilevanza che può incidere significativamente sulla determinazione legale della pena è rappresentato dall’influenza esercitata sul legislatore dalla rappresentazione mediatica della

, di ricavare una logica comune sottesa alle comminatorie legali di pena ha dovuto constatare come di tale logica non vi sia, in realtà, alcuna traccia. Il legislatore non segue alcun criterio di carattere sistematico al fine di introdurre nell’ordinamento dati edittali dotati di un più o meno elevato livello di coerenza intrasistematica e si orienta, nella strutturazione della comminatoria edittale, sulla base delle più disparate circostanze che vengono di volta in volta in rilievo in relazione al singolo settore di tutela. Proviamo ad operare una classificazione generale di quali potrebbero essere queste circostanze.

7 Cfr., sul punto, PADOVANI, La disintegrazione attuale del sistema sanzionatorio e le prospettive di riforma: il problema delle cornici edittali, in Riv. it. dir. pen. proc., 1992, pp. 438-439. Più di recente, PONGILUPPI, Le cornici edittali al banco di prova do un sistema sanzionatorio differenziato, in Riv. it.

dir. pen. proc., 2007, p. 947 ss.

(11)

10

criminalità

8

. Si pensi alle norme contro la violenza sessuale del 1996

9

o alla riforma dei delitti di furto avvenuta con il c.d. pacchetto-sicurezza del 2001

10

La previsione di trattamenti edittali particolarmente elevati può però derivare anche dal clima ideologico particolarmente acceso che dà origine alla legge. Sotto questo profilo, l’esempio più emblematico è senz’altro rappresentato dalla l. 40 del 2004 in materia di fecondazione assistita caratterizzata da un “autentico furore punitivo”

; come si vedrà meglio anche nei capitoli a ciò dedicati, i lavori preparatori di tali riforme sono pieni di continui riferimenti alla specifica emergenza criminale in quel momento pressante (ma in realtà statisticamente insussistente), che hanno condizionato fortemente l’operato del legislatore, determinandolo ad un esasperato rigorismo edittale che investe non solo – come sembrerebbe ragionevole attendersi – sul massimo edittale, ma anche sul minimo problematicamente oggetto di significativi aumenti.

11

8 Per un’ampia indagine sui rapporti tra sistema penale e mass-media cfr. AA. VV., La televisione del crimine, in FORTI –BERTOLINO (a cura di), Milano, 2005, passim. PALAZZO, Mezzi di comunicazione e giustizia penale, in Pol. dir., II, 2009, p. 193 ss.

9 Cfr., infra, par. 5.4.

10 Cfr., infra, par. 6.1

11 DOLCINI,Responsabilità del medico e reati in materia di procreazione assistita ambiguità e rigori della legge n. 40 del 2004, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2009, p. 27 ss.

. Basti ricordare che chi viola

l'obbligo di trasferire contemporaneamente tutti gli embrioni prodotti, o

congela embrioni, ovvero li sopprime, è punito con la reclusione fino a tre

anni (nonché con la multa da 50.000 a 150.000 euro), mentre la

sperimentazione su embrioni è punita con la reclusione da due a sei anni (oltre

che con la multa da 50.000 a 150.000 euro), per arrivare poi alla draconiana

previsione edittale della reclusione da dieci a vent’anni (si badi: il minimo

edittale per questo delitto è pari al massimo edittale della violenza sessuale e

del sequestro di persona aggravato) prevista per chi realizza interventi di

clonazione; se si ha a mente il contesto politico-ideologico che aveva fatto da

(12)

11

sfondo all’approvazione di questa legge

12

Ma non va comunque dimenticato che non necessariamente di tipo sostanziale sono le ragioni che possono essere alla base importanti riflessi sulle comminatorie edittali: si può citare, a questo proposito, la modifica della pena edittale prevista per il delitto di abuso d’ufficio, la quale è stata progressivamente ridotta fino alla misura attuale (da sei mesi a tre anni), e la cui ratio essendi deve essere fatta risalire – come ricordano autorevoli voci dottrinali – alla volontà del legislatore di allontanare, nell’ambito di un complessivo disegno volto a limitare l’intervento del giudice penale sull’operato delle pubbliche amministrazioni, “lo spauracchio della custodia cautelare in carcere”

, non è invero difficile intuire che sia proprio questa la ragione che è alla base di un apparato edittale così esasperatamente punitivo; o, quanto meno, è difficile negare che il dichiarato sfavore per le tecniche di PMA espresso dal legislatore con tale legge abbia avuto un ruolo decisivo in questo senso.

13

12 DOLCINI, Laicità, "sana laicità" e diritto penale la chiesa cattolica maestra (anche) di laicità?, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2009, p. 1017 ss.

13 FIANDACA –MUSCO,Diritto penale. Parte speciale, vol. I, 2002, p. 240.

; ciò significa che un elemento decisivo della fattispecie penale, cioè la pena legalmente prevista per essa, è stato modificato al solo fine assecondare un’istanza puramente processuale.

Gli esempi, sotto questo profilo, potrebbero continuare sostanzialmente

all’infinito e non farebbero che confermare l’inconfutabile dato di fatto già

ricordato: nell’ordinamento italiano le comminatorie edittali non costituiscono

un sistema ordinato e tendenzialmente razionale, ma rappresentano più

propriamente una “galassia” in cui ognuna di esse risponde ad esigenze le più

eterogenee.

(13)

12

1.1.2 Un’importante precisazione di fondo: la diversa funzione del minimo e del massimo edittale – Prima di avviare l’indagine sullo sviluppo della comminatoria edittale, non sembra inutile operare ancora talune riflessioni di carattere generale con riguardo, più precisamente, ai due elementi costitutivi della comminatoria edittale, e cioè il minimo ed il massimo edittali.

Innanzitutto, così come non esiste alcuna coerenza sistematica tra le varie comminatorie edittali tra di loro, tale coerenza manca integralmente anche all’interno delle stesse comminatorie edittali, nel senso anche la determinazione della distanza tra il minimo ed il massimo edittale non segue alcun criterio logico, al punto che esistono comminatorie edittale di pena estremamente rigide ed altre nella quali la distanza tra il minimo ed il massimo è di dieci o quindici anni.

Ma anche sotto il profilo teorico vi è più di un profilo d’incertezza, come ben evidenziato in alcuni contributi dottrinali

14

14 Non sono peraltro molti i contributi dottrinali in materia: si segnalano, in particolare, DONINI, Il volto attuale dell’illecito penale, Milano, 2004, p. 275 ss.; cenni alla problematica in STILE, Prospettive di riforme della commisurazione della pena, in AA. VV., Verso un nuovo codice penale.

Itinerari – problemi – prospettive, Milano, 1993, p. 326. Più di recente, TUMIELLO Il volto del reo, Milano, 2010, p. 221 ss.

. In particolare, per

quanto concerne il massimo edittale va rilevato come esso sia di gran lunga

l’elemento della comminatoria edittale più rilevante, in quanto si tratta

dell’elemento cui più spesso si fa riferimento allorquando si parla di

comminatoria edittale di pena. Ciò deriva sia dalla circostanza di fatto che

quando la legge penale sostanziale (prescrizione), il codice di rito (misure

cautelari) o anche l’ordinamento penitenziario fanno riferimento alla cornice

edittale, essi fanno riferimento in realtà al massimo edittale, mentre di rado si

fa riferimento anche al minimo e quasi mai al solo a quest’ultimo, sia dalla

considerazione che la prevenzione generale, dominante nella fase della

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13

comminazione legale della pena

15

Più controversa è, invece, la corretta determinazione dei profili funzionalistici del minimo edittale, poiché su tale punto non vi è unanimità di vedute in dottrina. Secondo un primo orientamento

, è perseguita non tanto attraverso la comminatoria edittale in sé, bensì attraverso il massimo edittale, che assurge così a strumento “naturale” di assecondamento – da parte del legislatore – delle esigenze di deterrenza.

16

, il minimo edittale

avrebbe una funzione special-preventiva ed sarebbe quindi determinato avendo riguardo alla persona, al reo, e non già al fatto, mentre, secondo altra opinione

17

, il minimo edittale risentirebbe anche delle caratteristiche oggettive del fatto e del valore del bene giuridico tutelato; da ultimo, va segnalato un’ulteriore ed autorevole impostazione che vuole invece il minimo edittale concorrente con il massimo nell’assolvimento nel soddisfacimento di esigenze general-preventive

18

Volendo tentare una sintesi, è verosimile ritenere che le impostazioni qui ricordate colgano tutte nel segno, nel senso che, in linea generale, le esigenze che esse riconnettono al minimo edittale sono tutte destinate ad avere – ancorché non simultaneamente – un ruolo importante nella strutturazione della pena edittale. Più nello specifico, sembra ragionevole ipotizzare uno scambio dei ruoli, a livello funzionale, tra le varie esigenze cui si è fatto cenno. Più in particolare, per quanto riguarda il massimo edittale, le esigenze di prevenzione generale, di per sé, spingerebbero quest’ultimo verso l’alto potenzialmente senza limiti, ma vengono in concreto limitate sia dal valore del bene giuridico leso dal reato (che può non essere particolarmente elevato), sia

.

15 ANDENAES, La prevenzione generale nella fase della minaccia, dell’irrogazione e dell’esecuzione della pena, in ROMANO –STELLA (a cura di), Teoria e prassi della prevenzione generale dei reati, 1980, p. 43 ss.

16 DONINI, Il volto attuale, cit., p. 275.

17 PADOVANI, La disintegrazione attuale, cit., p. 445-446.

18 FERRAJOLI, Diritto e ragione, cit., p. 147 il quale, peraltro, auspica l’abolizione dei minimi edittali.

(15)

14

dalla considerazione della preminenza assoluta che incontra, nel nostro sistema la tutela della libertà personale (anche se non è sempre stato così: ad es., in materia di sequestro di persona a scopo di estorsione, è stato pretermesso ogni rapporto di proporzionalità tra fatto e pena e le esigenze di repressione dell’emergenza criminale hanno completamente dominato la fase della comminazione legale di pena). Al contrario, quando il legislatore deve determinare il minimo edittale, ecco che sono le esigenze di umanizzazione e proporzione della pena (che, per loro natura, spingono verso il basso la pena) a dover trovare un limite, e questo è risultato dei rapporti di forza tra tali ultime esigenze, e il valore del bene giuridico tutelato (si pensi al minimo di anni ventuno in tema di omicidio doloso), nonché la necessità di evitare l’efficacia general-preventiva che si era ricercata attraverso il massimo edittale venga poi azzerata in sede giudiziale (com’è avvenuto, ad es., con l’innalzamento del minimo edittale del delitto di furto, operato con la l. 128/2001, e della violazione di domicilio operata con il pacchetto sicurezza del 2009)

19

19 Del resto, espellere del tutto dall’orizzonte teleologico il minimo edittale non sembra corretto: basti ricordare che la stretta sul sistema penale avvenuta negli Stati Uniti con la reform sentencing ha, visto tra i propri punti qualificanti, l’introduzione dei c.d. mandatory minimum prison sentencing, cioè una forte incisione sui minimi edittali. Sul punto, cfr. MANNOZZI, Razionalità e “giustizia” nella commisurazione della pena, Padova, 1996, p. 178 ss.

. Tutte le

esigenze individuate in dottrina sono quindi presenti; a variare sono i relativi

rapporti di forza che si atteggiano diversamente a seconda che si tratti del

minimo o del massimo edittale.

(16)

15

2. LA SCELTA ORIGINARIA DEL CODICE ROCCO TRA AUTORITARISMO POLITICO E TECNICISMO GIURIDICO

2.1 L’affermazione della centralità della comminatoria edittale – Come noto, per via di una congerie di problematiche che non può essere qui ripercorsa

20

Sotto questo profilo, mentre, da un lato, appare evidente che non occorrono particolari sforzi argomentativi per comprendere l’asprezza delle comminatorie edittali di pena previste nel vigente codice penale

, l’ordinamento penale italiano si fonda su un’opera di codificazione che, ad oggi, è riuscita al solo legislatore del 1930; ogni discorso sulla comminatoria edittale di pena, dunque, non può che partire da quanto è in essa previsto.

21

Il primo ordine di ragioni che ha surrettiziamente condotto ad una marcata accentuazione dei profili sanzionatori del “nuovo” ordinamento penale affonda le proprie radici, paradossalmente, nel quadro della forte , lievemente più complesso appare invece, dall’altro lato, spiegare e indagare le origini profonde di questa marcata durezza dei livelli edittali di pena, al di là del dato, in sé noto e pacifico, della matrice autoritaria in cui il codice ha visto la luce.

Tralasciando quest’ultimo profilo, e occupandoci quindi dell’eziologia delle asperità sanzionatorie che caratterizzano il codice penale su un piano più strettamente giuridico, possiamo osservare che esse siano riconducibili a due grandi ordini di ragioni che, stante la loro ontologica diversità, debbono essere esaminati separatamente.

20 Per uno schizzo dei problemi che ostacolano una nuova codificazioneVASSALLI,Riforma del codice penale: se, come e quando, in Riv. it. dir. pen. proc., 2002, p. 10 ss.; MARINUCCI, Problemi della riforma del diritto penale in Italia, in MARINUCCI DOLCINI (a cura di), Diritto penale in trasformazione, Milano, 1985, p. 349 ss.

21 Le definisce “terroristiche” MARINUCCI, Il sistema sanzionatorio tra collasso e prospettive di riforma, in Riv. it. dir. pen. proc., 2000, p. 160. V. anche LARIZZA,Il principio di legalità della pena, in Riv. it. dir. pen. proc., 2004, p. 128; GROSSO,Su alcuni problemi generali di diritto penale, in Riv.

it. dir. pen. proc., 2003, p. 36.

(17)

16

resistenza della cultura liberale e garantistica alla cancellazione violenta delle fondamenta illuministiche del diritto penale ottocentesco. È noto, infatti, che la lotta al diritto penale liberale, mentre trovò terreno fertile nella Germania nazista e negli esponenti, ad essa fedeli, della nota Scuola di Kiel

22

, non incontrò, invece, il favore della dottrina italiana; il codice del ’30 infatti, pur con vistose deviazioni, è rimasto sostanzialmente ancorato ai principi del diritto penale liberale

23

, e così rimase anche la dottrina maggioritaria del tempo

24

Questo preciso dato storico segna un punto che, nell’ambito di questa indagine, riveste particolare importanza. La tenace resistenza opposta dalla dottrina italiana del tempo all’obliterazione dei principi basilari del diritto penale classico ha infatti impedito che il “volto autoritario” del regime politico allora al potere incidesse sulla filosofia liberale che ispirava la tradizione penalistica italiana

.

25

, salvaguardando così il principio di legalità, di

irretroattività ed il divieto di analogia che invece furono travolti dalla furia autoritaria della Germania nazista

26

22 Cfr., sul punto, MARINUCCI,GiuseppeBettiol e la crisi del diritto penale negli anni trenta, in Riv. it.

dir. pen. proc., 2008, p. 929 ss.

23 DOLCINI, Codice penale, in MARINUCCI –DOLCINI (a cura di), Studi di diritto penale, Milano, 1991, p. 21 ss.; FIANDACA-MUSCO,Diritto penale. Parte generale, Bologna, 2007, p. 38.

24 In particolare, come ricorda MARINUCCI, Giuseppe Bettiol, cit., p. 929 ss., Vassalli e Bettiol.

L’orientamento che – sulle orme di quanto accadeva in Germania – proponeva una modifica dell’art. 1 c.p. in modo da consentire la punibilità di fatti non espressamente previsti come reati da un precisa disposizione di legge (notoria è, sul punto, la posizione espressa da MAGGIORE, Diritto penale totalitario nello Stato totalitario, in Riv. it. dir. pen., 1939, p. 140 ss.) rimase infatti “non a caso isolato” (FIANDACA-MUSCO,Diritto penale, cit., p. XXXIII).

25 Sulla tesi della “continuità istituzionale” tra codice Zanardelli e codice Rocco cfr. FIANDACA,Il codice Rocco e la continuità istituzionale in materia penale, in Quest. crim., 1981, p. 67 ss.

26 MARINUCCI, L'analogia e la "punibilità svincolata dalla conformità alla fattispecie penale", in Riv.

it. dir. e proc. pen., 2007, p. 1254 ss.

. Naturalmente, ciò non ha impedito (e non

poteva impedire) che il marchio autoritario, comunque presente nei

compilatori, facesse avvertire il proprio peso in una materia cruciale per uno

Stato autoritario quale è la materia penale e, a fronte della tenace resistenza

opposta da illustri studiosi alla cancellazione del nucleo essenziale del

garantismo penale, a fare le spese dell’autoritarismo fu proprio il versante

(18)

17

sanzionatorio dell’impianto codicistico, che diveniva così la valvola di sfogo per le aspirazioni illiberali del regime fascista.

Appurato ciò, possiamo ora esaminare il secondo ordine di ragioni che ha condotto all’affermarsi di così elevati livelli sanzionatori e, per tale via, all’attuale centralità della comminatoria edittale nel vigente sistema penale.

Sappiamo con certezza quale fosse lo Zeitgeist che animava i compilatori nella ferma ed irrinunciabile volontà di tutela dello Stato dalla criminalità. Il legislatore del ’30, infatti, aveva ben chiaro quale doveva essere il telos della pena nella struttura del codice, e lo descriveva con parole che, per la loro chiarezza, vale la pena riprendere testualmente: “Il diritto di punire non è però semplicemente un diritto di difesa sociale […] contro il pericolo della recidiva del reo, bensì un diritto di difesa della società contro il pericolo di reati o di nuovi reati da parte di tutti e contro tutti […]; difesa che si attua mediante la minaccia, l’applicazione e l’esecuzione della pena; che si esplica per via della prevenzione generale […], per via della prevenzione speciale […] e così per mezzo della intimidazione, dell’emenda e dell’eliminazione individuale dei rei”

27

È quindi abbastanza agevole rilevare che i caratteri della pena come intesi dal legislatore fascista assumono una caratterizzazione palesemente afflittiva ed orientata ad una esasperata intimidazione generale. Non debbono infatti trarre in inganno i riferimenti alla “prevenzione speciale” o alla

“emenda” del reo che riecheggiano nei lavori preparatori, poiché qualunque istanza di risocializzazione e recupero del reo-persona è spazzata via dagli stessi compilatori nel momento esatto in cui, respingendo le critiche, massimamente condensate e sistematizzate da Becccaria

.

28

27 Cfr. la Relazione al Re, n. 1, in MANGINI-GABRIELI-COSENTINO (a cura di), Codice penale illustrato con i lavori preparatori, 1930, p. XLIII-XLIV.

, essi stendono una

28 BECCARIA, Dei delitti delle pene, ed. critica a cura di ARMANI G.,Milano,2003,p. 59 ss. Ma si vedano anche le splendide pagine di CRIVELLARI, Il codice penale per il Regno d’Italia, vol. II, Roma, 1890, p. 24 ss.; per un quadro aggiornato della materia cfr. MARINUCCI,La pena di morte, in Riv. it.

(19)

18

vera e propria apologia della pena capitale

29

. Si legge infatti nei lavori preparatori che “circa la pretesa barbarie della pena di morte, si potrebbe anzitutto rispondere che quando la difesa dello Stato lo richiede, non vi è mezzo o provvedimento che possa scartarsi perché appaia crudele dal punto di vista individuale. In questa materia, non è il punto di vista individuale che deve prevalere, ma quello sociale”

30

Alla luce di tali premesse, appare quindi chiaro che la pena di morte e la pena detentiva non potevano non assumere un ruolo assorbente nell’economia sanzionatoria dell’emanando codice

. La difesa dello Stato, dunque, non ha e non deve avere limiti etico-umanitari, con la inevitabile conseguenza che qualunque tipo di pena, se necessario, diventa legittimo.

31

Si deve in particolare rilevare che la prima conseguenza della spasmodica ricerca di elevati livelli di afflittività della risposta sanzionatoria è rappresentata dalla chiusura di qualunque seria prospettiva di valorizzazione della pena pecuniaria; essa, infatti, siccome priva dei caratteri di afflittività essenziali all’affermazione di uno Stato autoritario, viene relegata dal codice del ’30 ai margini del sistema sanzionatorio, dove peraltro vi resterà per un lunghissimo periodo, e dove, forse, si trova ancora oggi

. Tuttavia, per giungere a comprendere il ruolo centrale delle comminatorie edittali di pena, occorre operare ancora alcune riflessioni.

32

dir. pen. proc., 2009, p. 3 ss.; GOISIS, La revisione dell'articolo 27, comma 4 della costituzione:

l'ultima tappa di un lungo cammino, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2008, p. 1655 ss.

29 Vale peraltro la pena ricordare che, in realtà, la pena capitale non è una “novità” del codice Rocco, in quanto questa era stata introdotta nell’ordinamento penale con la l. 25 novembre 1926, n. 2008, limitatamente ai delitti inerenti la difesa dello Stato; il codice Rocco, in ragione della “necessità di un maggior rigore” (così la Relazione al Re, cit., p. 26), si limitò ad estenderla anche ai delitti di criminalità comune.

30 Cfr. la Relazione al Re, n. 1, in MANGINI-GABRIELI-COSENTINO (a cura di), Codice penale, cit., p.

XLIV.

31 ROMANO, Sub pre-Art. 17, inCommentario sistematico del codice penale, vol. I, 2004, p. 194 ss.

. Tuttavia, e

32 GOISIS, La pena pecuniaria. Un’indagine storica e comparata. Profili di effettività della sanzione, Milano, 2008, passim. Cfr., soprattutto, la parte in cui (p. 123 ss) si constata la totale ineffettività della pena, anche sul versante della riscossione della stessa da parte dello Stato; la percentuale è tal punto bassa (il 2,4 per cento) che amaramente l’A. si trova a dover correggere l’affermazione di un’autorevole dottrina (DOLCINI,La pena in Italia, oggi, tra diritto scritto e prassi applicativa, in

(20)

19

contestualmente, a questa scarsa idoneità espansiva della pena pecuniaria fa da contraltare la speculare incapacità di occupare zone intermedie dell’area sanzionatoria che caratterizza la pena più grave tra le sanzioni previste, cioè la pena capitale. Quest’ultima, infatti, per la sua intrinseca atrocità ed efferatezza, non poteva che rimanere destinata a presidiare le più gravi forme di criminalità contro lo Stato e la persona, non essendo seriamente prospettabile, nemmeno in un contesto politico-istituzionale a vocazione autoritaria, una sua utilizzazione su larga scala. La conseguenza del congiunto operare di questi due fattori, cioè l’arretramento della pena pecuniaria e la necessaria limitatezza delle ipotesi in cui può farsi ricorso alla pena capitale, è una sorta di “vuoto sanzionatorio” che, per forza di cose, viene colmato con l’unico strumento sanzionatorio che residua, e cioè la pena detentiva, che diviene così centrale nell’impianto del codice Rocco.

A questo punto, il passo da compiere per giungere a comprendere le ragioni della centralità delle comminatorie legali è breve. Gli effetti delle spinte antagoniste poc’anzi non si esauriscono nella polarizzazione della risposta punitiva verso la pena detentiva, ma proseguono anche all’interno della stessa. La sanzione detentiva, infatti, è a sua volta scindibile in due tipologie essenziali, ovverosia, la pena fissa e la comminatoria edittale.

Generalmente però, la pena fissa si sostanzia o nell’ergastolo o in una pena temporanea di durata particolarmente elevata (ad es., trent’anni), ma ciò fa sì che di tale tipologia non possa che farsi – per manifeste esigenze di proporzionalità – un uso essenzialmente parco. Pertanto, l’intera area sanzionatoria non coperta da pena capitale, pena detentiva fissa e pena pecuniaria nel nostro sistema sanzionatorio viene ad essere colmata proprio

DOLCINI-PALIERO (a cura di), Studi in onore di Giorgio Marinucci, vol. II., Milano, 2006, p. 1098) secondo cui “in Italia la pena pecuniaria non viene né eseguita né convertita”, trasformandola in “le pene pecuniarie non sono mai convertite, ed eccezionalmente vengono eseguite” (GOISIS,Op. cit., p.

147).

(21)

20

dalla comminatoria edittale di pena, che diviene così il fulcro del sistema penale.

2.2 I caratteri della comminatoria legale nel codice Rocco – Sinteticamente ricostruito il percorso storico che ha condotto all’affermarsi della centralità della comminatoria edittale nel sistema penale, possiamo ora soffermarci sui suoi caratteri generali, come concepiti dal legislatore del 1930.

Con riguardo all’analisi di tipo storico, si deve rilevare che l’impronta autoritaria non ha mancato di far sentire la propria influenza sulle comminatorie di pena: rispetto al codice previgente, infatti, risultano aumentati sia il minimo della reclusione (che da tre passa a quindici giorni, mentre resta invariato il massimo, cioè ventiquattro anni), sia il minimo e il massimo della pena dell’arresto (che erano in precedenza da un giorno a due anni, e che ora è da cinque giorni a tre anni). Se si raffrontano poi le previsioni di parte speciale notiamo un generalizzato aumento delle comminatorie edittali

33

Non va poi dimenticato che alla particolare severità delle comminatorie di pena si accompagnava anche un certo livello di effettività della sanzione; lo scarto tra pena comminata e pena eseguita era cioè decisamente più ridotto

; il furto aggravato, la rapina aggravata, l’estorsione aggravata, l’omicidio, per limitarci alle costanti criminologiche più significative, hanno visto tutte aumentare il precedente quadro edittale, talora anche in modo sensibile.

34

33 PADOVANI,La sopravvivenza del codice Rocco nella «età della decodificazione», in Quest. crim., 1981, p. 90.

34 DOLCINI, Il castigo sia moderato, ma certo, in AA. VV., Sistema sanzionatorio: effettività e certezza della pena, Milano, 2001, p. 33.

.

Naturalmente, non si dispone di dati statistici che possano suffragare questa

ipotesi; tuttavia, essa può ragionevolmente essere sostenuta in base alle

seguenti considerazioni.

(22)

21

Nella sua versione originaria, infatti, il codice penale nell’ordine:

a) escludeva dal bilanciamento le circostanze c.d. “autonome” e quelle inerenti la persona del colpevole;

b) assumeva come regola il cumulo materiale delle pene, e non il cumulo giuridico;

c) consentiva l’accesso alla sospensione condizionale della pena una sola volta e per pene irrogate in misura non eccedente l’anno;

d) prevedeva una disciplina della recidiva assai rigida e vietava l’accesso all’istituto della liberazione condizionale non solo al condannato all’ergastolo, ma anche al condannato ad una pena non superiore agli anni cinque.

Sul versante processuale, poi, non erano previsti meccanismi di sconto della pena dipendenti dalle scelte in punto rito effettuate dall’imputato

35

1) il fulcro del sistema sanzionatorio codicistico, poiché destinate a veicolare il nuer Kurs in tema di lotta alla criminalità;

e infine, sul versante penitenziario, i benefici concedibili al detenuto risultavano estremamente più limitati di oggi, in quanto non esistevano né le sanzioni sostitutive (introdotte dalla l. 689 del 1981), né quelle alternative (introdotte con la l. n. 354 del 1975). Le possibilità per la pena di “perdersi” nei meandri della commisurazione e dell’esecuzione, pertanto, erano decisamente inferiori a quelle attuali.

Ciò posto, possiamo quindi abbozzare alcune osservazioni conclusive sulle comminatorie edittali di pena come originariamente concepite dal legislatore del 1930. Queste ultime, in particolare, sono:

35 L’unico procedimento speciale che, vigente il codice di procedura penale abrogato, consentiva un’attenuazione di pena era il procedimento per decreto (TONINI, Manuale di procedura penale, Milano, 2009, p. 717) il quale, però, aveva una portata limitatissima, e del tutto inidonea a scalfire il rigore delle pene edittali proprie del codice Rocco.

(23)

22

2) caratterizzate da elevati livelli di afflittività, in quanto permeate ideologia autoritaria;

3) tendenzialmente effettive, in quanto lo scarto tra pena comminata e

pena scontata, stante l’assenza di meccanismi di attenuazione

sanzionatoria operanti sul piano sostanziale, processuale e

penitenziario, appare particolarmente ridotto.

(24)

23

3. GLI INTERVENTI DI RIFORMA IMMEDIATAMENTE SUCCESSIVI ALLA CADUTA DEL FASCISMO E L’AVVENTO DELLA CARTA COSTITUZIONALE

3.1 Le modifiche normative pre-costituzionali – Il quadro delle comminatorie e delle sanzioni consegnatoci dal legislatore del ’30, pur di eccellente fattura sul piano tecnico-giuridico e dotato di un elevato grado di coerenza intrasistematica, non poteva però reggere al peso delle dirompenti novità legislative che si sono verificate nei decenni successivi.

Procedendo in ordine cronologico, la prima di tali novità che merita di essere citata, pur essendo antecedente all’avvento del regime costituzionale, è il d. lgs. lgt. 10 agosto 1944, n. 224 e, in particolare, l’art. 1 di tale provvedimento il quale, come noto, ha previsto l’abrogazione della pena di morte “per i delitti previsti nel codice penale”; una scelta che il legislatore abbandonò solo momentaneamente nel 1945

36

L’abrogazione della pena di morte, in nome del “sovracostituzionale principio materiale di umanità”

, per poi adottarla definitivamente con l’introduzione dell’art. 27, c. 4, Cost. Su questo punto, occorre peraltro sviluppare alcune osservazioni.

37

, è stata senza dubbio un’operazione

legittima e doverosa; la sua espulsione dall’orizzonte legale delle pene non può quindi che accogliersi con energico favore. Tuttavia, vale la pena evidenziare come le modalità, forse sbrigative, con le quali tale operazione è stata condotta possono sollevare perplessità

38

36 RONCO –BERARDI, Le pene principali, in RONCO (a cura di), Persone e sanzioni, 2006, p. 282.

37 ROMANO,Sub art. 21, in Commentario sistematico, cit., p. 224.

38 SERIANNI,Omicidio, in Enc. Giur. Treccani, XXI, 1980.

. In linea generale, infatti, la

scelta del legislatore del ’30 di prevedere una certa pena in luogo di un’altra è

stata specificamente ponderata in ragione della singola figura di reato di cui si

trattava di determinare il profilo sanzionatorio; l’opzione per la pena capitale

(25)

24

esprimeva cioè una precisa scelta di valore. Allorquando si è dato seguito alla legge abolitrice della pena capitale, però, ciò non si è verificato. Infatti, mentre la scelta differenziatrice era stata ponderata dal legislatore storico e modulata sui caratteri dell’illecito cui accedeva, la scelta abolizionista è stata invece compiuta, per così dire, “con un tratto di penna”, e cioè senza una contro- scelta politico criminale di segno opposto, opportunamente calibrata rispetto alla singola figura di reato ed al disvalore da questa espresso. Si pensi, ad esempio, a quanto è accaduto con riferimento alle pene previste per il delitto di omicidio; per talune ipotesi aggravate (art. 576 c.p.) era originariamente prevista la pena di morte, mentre per altre (art. 577 c.p.) la pena dell’ergastolo e ciò, all’evidenza, perché il legislatore aveva ritenuto che le prime, per le loro caratteristiche oggettive, meritassero una sanzione più grave delle seconde. A seguito dell’abolizione della pena capitale, però, tutte le circostanze sopra indicate sono indistintamente punite con la sola pena dell’ergastolo, senza più alcuna distinzione, il che pone seri interrogativi sulla legittimità costituzionale di tali pene sotto il profilo della proporzionalità e della ragionevolezza

39

Non può poi omettersi di segnalare una tra le più importanti novità normative pre-costituzionali che costituisce il primo esempio di quella caratteristica della legislazione in tema della sanzione penale che, come vedremo, ancora oggi contraddistingue i tentativi di correzione del livello delle comminatorie edittali proprie del codice vigente: svuotarne il contenuto, lasciandole però formalmente intatte. Il riferimento è al d.l. lgt. 14 settembre 1944, n. 288 che, sulla scorta di quanto prevedeva il codice del 1889, ha introdotto le c.d. “circostanze attenuanti generiche”

.

40

39 FIANDACA-MUSCO, Diritto penale. Parte Speciale. I delitti contro la persona, Bologna, 2008, p. 13.

40 Le definisce “una sorta di vera e propria rivoluzione” MELCHIONDA, Le circostanze del reato, Padova, 2000, p. 660.

, disciplinate all’art. 62-

bis c.p.

(26)

25

I caratteri di questo elemento accidentale del reato sono noti: importa una riduzione di pena fino a un terzo, è applicabile a qualunque reato ed è indeterminata nei contenuti, in quanto l’evento costitutivo dell’attenuante può identificarsi con qualunque condizione oggettiva o soggettiva che, in relazione alle circostanze del caso concreto, faccia apparire l’agente meritevole di un’attenuazione di pena

41

. L’introduzione delle circostanze attenuanti generiche si segnala in quanto rappresenta la prima (ma rilevantissima) spia della tendenza del legislatore al progressivo svuotamento della comminatoria edittale di pena. Le attenuanti “generiche”, infatti, proprio in ragione dell’atipicità e della latitudine che le connotano, accedono a qualunque tipologia di delitto, ed è sufficiente un qualunque elemento presente nel caso concreto per ridurre a vent’anni una pena che, nella sua previsione legale, è di trenta. Su queste problematiche torneremo ampiamente in seguito, specie alla luce degli interventi più recenti del legislatore che, come noto, hanno avuto di mira anche la disciplina delle circostanze attenuanti generiche

42

3.2 L’avvento della Costituzione repubblicana – Senza dubbio, però, il contributo decisivo che ha completamente capovolto la prospettiva teleologica da osservare in tema di pene è l’avvento della Costituzione repubblicana. Con riferimento alle pene, infatti, plurime e di primaria rilevanza sono le disposizioni costituzionali che impongono al legislatore di seguire una direttrice di politica criminale che è di fatto l’antitesi di quanto abbiamo fin qui descritto. In questa sede ci si limiterà ad una elencazione dei principi costituzionali più rilevante per ciò che rileva ai nostri fini; nel paragrafo

.

41 Con il limite, naturalmente, del divieto di bis in idem; sul punto, MARINUCCI-DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte generale, 2009, p. 474; Contra, ROMANO, Sub art. 63, in Commentario sistematico, cit., p. 693.

42 Per le modifiche che hanno attinto tale circostanza cfr., infra, par. 6.2.

(27)

26

successivo si affronterà il ben più complesso e delicato tema dell’implementazione di tali principi da parte del legislatore e della Corte costituzionale.

In primo luogo, possiamo ricordare come la Costituzione si apra con il riconoscimento del principio fondamentale della inviolabilità della dignità umana (art. 2 Cost.) e cioè con un principio che, pur non espressamente concepito con specifico riferimento alla materia della pena, vede però in essa un terreno di elezione naturale, e obbliga il legislatore ad assumere – nel disciplinare il sistema delle pene, nonché i suoi singoli componenti – una prospettiva opposta a quella cara al legislatore fascista; indipendentemente dallo scopo che con l’arma della pena si persegue, infatti, il diritto penale incontra un limite etico e giuridico, quello cioè della dignità umana e della persona come fine e mai come strumento, che non può essere valicato. Questo principio, peraltro, si ritrova declinato, in termini espressamente penalistici, nei commi 3 e 4 dell’art. 27 Cost., laddove viene sancito il divieto di prevedere la pena di morte

43

e di strutturare le altre tipologie di pena facendole consistere in trattamenti “contrari al senso di umanità”, che sembra essere una risposta a quanto affermavano, meno di vent’anni prima, i compilatori del codice vigente, secondo i quali “quando la difesa dello Stato lo richiede, non vi è mezzo o provvedimento che possa scartarsi perché appaia crudele dal punto di vista individuale. In questa materia, non è il punto di vista individuale che deve prevalere, ma quello sociale”

44

In secondo luogo, l’elevazione della libertà personale a principio cardine del sistema costituzionale, da cui discende che ogni sua limitazione

.

43 Sul punto, si deve ricordare che il Parlamento, con la l. cost. 2 ottobre 2007, n. 1, ha eliminato con votazione unanime la seconda parte di tale disposizione in cui si derogava al divieto in oggetto con riferimento alle leggi penali militari di guerra. Per un’accurata ricostruzione della l. cost. testé citata, nel quadro di ampi riferimenti storici e comparatistici, cfr. GOISIS, La revisione dell'articolo 27, comma 4 della costituzione, cit., p. 1655 ss.

44 Cfr., supra, nota 30.

(28)

27

non può che costituire una extrema ratio sia in una prospettiva di c.d. diritto penale minimo

45

sia in una prospettiva di ridimensionamento della pena detentiva

46

In terzo luogo, i Costituenti hanno voluto estendere alla pena anche la garanzia fondamentale della riserva di legge, costituzionalizzando anche per essa – ancorché non espressamente – il principio di legalità (art. 25, c. 2, Cost.)

, impatta in modo frontale con l’esasperazione punitiva propria del codice Rocco, e con il confino cui ha condannato altre tipologie di pene, prima fra tutte, quella pecuniaria.

47

In quarto luogo, la Costituzione prende espressamente posizione sui fini della pena, chiarendo all’art. 27 comma 3 che, oltre a non poter essere né inumana né degradante, essa deve “tendere” alla rieducazione del condannato, con la conseguente incostituzionalità di quelle previsioni sanzionatorie che si collocano – già a livello edittale

.

48

Esiste poi un ulteriore vincolo costituzionale che, quantunque di natura non strettamente penalistica, assurge a criterio guida dell’attività del legislatore in qualunque settore del diritto non meno che in quello penale, ovvero, il principio di uguaglianza/ragionevolezza (art. 3 Cost.). Mediante tale principio, la Corte può spingersi (vedremo in quale misura e con quali limiti) fino a sindacare le scelte sanzionatorie operate dal legislatore, tutelando

– al di fuori di una ragionevole prospettiva di proporzionalità tra fatto e pena e che, per tale ragione, offuscano ab origine ogni disponibilità psichica del reo ad introiettare il dovere di rispetto per i valori giuridici lesi dal reato.

45 FERRAJOLI,Diritto e ragione, cit., p. 80 ss.

46 Imprescindibile il richiamo a BRICOLA, Teoria generale del reato, in Nss. Dig. It., vol. XIX, 1973, p. 18 ss. Più di recente, cfr. GROSSO, Riserva di codice, diritto penale minimo, carcere come extrema ratio di tutela penale, in Cass. pen., 2001, p. 3581 ss.

47 Sulla costituzionalizzazione del principio di legalità della pena cfr. NUVOLONE,Il sistema del diritto penale, Padova, II ed., 1982, p. 54; DOLCINI,Note sui profili costituzionali della commisurazione della pena, in Riv. it. dir. proc. pen., 1974, p. 338.

48 Il punto sarà oggetto di specifico approfondimento al par. 4.2.4 in cui si tratterà dello specifico tema della rilevanza del principio rieducativo a livello di comminatoria legale di pena.

(29)

28

l’individuo da opzioni punitive del tutto sproporzionate o, al contrario, illegittimamente accondiscendenti verso talune classi di rei o di reati.

Chiarito sinteticamente il quadro di legalità costituzionale entro il quale

deve collocarsi la pena, va ora approfondito il tema senz’altro più spinoso

rappresentato dalla descrizione della misura in cui legislatore e Corte

costituzionale abbiano inteso la portata di questi principi, come li abbiano in

concreto resi operativi e con quali ripercussioni sul sistema delle

comminatorie edittali di pena.

(30)

29

4. L’EVOLUZIONE DELLE COMMINATORIE EDITTALI NEL CINQUANTENNIO SUCCESSIVO ALL’ENTRATA IN VIGORE DELLA CARTA COSTITUZIONALE: CRONACA DI UNA ABOLIZIONE DI FATTO

SEZIONE I: IL PROGRESSIVO SVUOTAMENTO DELLE CORNICI EDITTALI DI PENA DA PARTE DEL LEGISLATORE ORDINARIO

Dal punto di vista dei principi costituzionali, risulta senz’altro corretta la previsione secondo la quale gli esasperati rigorismi sanzionatori del codice Rocco “sembravano destinati ad essere spazzati via dallo Stato repubblicano”

49

La totalità delle riforme indotte dalle dure scelte sanzionatorie operate dal legislatore fascista, infatti, è in radice viziata da una sorta di paradosso: si è infatti dato fondo ad ogni possibile modifica sostanziale, processuale e penitenziaria che consentisse il giusto affievolimento delle comminatorie legali di pena tranne una, e cioè riformarle. Naturalmente, questa situazione è un riflesso di quella più generale omessa assunzione di responsabilità del legislatore che è la mancata promulgazione di un nuovo codice penale

anche in ragione del fatto che, come vedremo, in larga misura ciò è effettivamente avvenuto, sia mediante importanti iniziative di riforma operate dal legislatore, sia mediante interventi manipolativi realizzati, talora coraggiosamente, dalla Corte costituzionale; tuttavia, pare altrettanto corretto affermare che non si è affatto trattato di un’evoluzione indolore.

50

49 DOLCINI, Il castigo sia moderato, cit., p. 34.

50 Per un’accurata analisi delle perduranti esigenze di una nuova codificazione VASSALLI,Riforma del codice penale: se, come e quando, in Riv. it. dir. pen. proc., 2002, p. 10 ss.; MARINUCCI, Problemi della riforma, cit., p. 349 ss. Parlano di “vivissima esigenza di un corpo normativo coerente”

MARINUCCI –DOLCINI, Manuale, cit., p. 25.

,

(31)

30

l’unica sede in cui è possibile progettare una seria riforma anche del sistema sanzionatorio conseguente al rinnovato impianto codicistico

51

. Questa strada, però, per ragioni che qui non possono essere trattate

52

, non è mai stata percorsa, ed il risultato del disorganico incedere di interventi legislativi e manipolazioni giurisprudenziali, è un sistema incoerente ed inefficace, convincentemente definito “una tigre di carta” che “mostra un volto in apparenza feroce, ma che nei fatti funziona come le proverbiali grida di manzoniana memoria”

53

; un sistema quasi kafkiano in cui è finanche possibile, come vedremo a breve

54

Purtroppo, il legislatore italiano non ha intrapreso nessuna delle predette strade: non ha né soppiantato il codice penale del 1930, né approntato rimedi settoriali più o meno mirati per arginare gli effetti distorsivi più intollerabili, ma ha al contrario preferito seguire una sorta di “terza via”, con i , che un imputato di omicidio doloso si veda prima accordata dal pubblico ministero una pena pari ad anni cinque di reclusione e poi inflitto l’ergastolo.

A fil di logica, invero, al problema dell’eccessiva asprezza delle comminatorie edittali di pena potrebbe trovarsi soluzione in un duplice modo:

una generalizzata rimodulazione costituzionalmente orientata delle stesse, che però richiede tempi non brevi, essendo una nuova codificazione penale l’unica sede in cui ciò può razionalmente avvenire, oppure il ricorso ad interventi settoriali mirati a sanare le “zone” sanzionatorie più esposte a critiche di incompatibilità con i valori costituzionali, in attesa di una riforma organica della materia.

51 Parla invece una “inversione” nei rapporti tra riforma dei reati e riforma della sanzioni, auspicando che sia la prima a strutturarsi in base alle potenzialità effettive che può riservare la seconda, e non già viceversa, PALIERO, Metodologie de lege ferenda: per una riforma non improbabile del sistema sanzionatorio”, in Riv. it. dir. pen. proc., 1992, p. 510 ss.

52 Sul punto cfr. PALAZZO, Scienza penale e produzione legislativa, paradossi e contraddizioni di un rapporto problematico, in Riv. it. dir. pen. proc., 2002, p. 717 ss.

53 DOLCINI, Il castigo sia moderato, cit., p. 31.

54 Cfr., infra, par. 4.1.3.2.

(32)

31

guasti della quale, però, l’interprete è ancora oggi costretto a fare seriamente i conti.

Il legislatore, infatti, ha concatenato una serie di interventi legislativi che hanno bensì avuto l’effetto di ridurre il carico sanzionatorio delle comminatorie edittali, raggiungendo così l’obiettivo più urgente, lasciandole però nella stessa identica misura in cui erano state concepite dal legislatore del 1930. Comprendere le ragioni per le quali il legislatore ha inteso percorrere questa via, anziché altre, più semplici e ragionevoli, non invero difficile. È illuminante, sotto questo profilo, la vicenda relativa alle pene previste per i delitti di furto, in particolare ai draconiani aumenti di pena previsti dall’art.

625 c.p. nel caso in cui ricorrano le speciali circostanze aggravanti ivi minuziosamente disciplinate

55

Tuttavia, l’aspetto più preoccupante di questo modus procedendi è che esso è in seguito divenuto una costante nella legislazione penale ed ha poi

. La via più immediata per ricondurre a legittimità costituzionale tali sanzioni edittali sarebbe stata una riforma integrale delle pene previste per questi delitti in modo tale che – almeno con riferimento a questo settore – il problema dell’eccessiva durezza della risposta sanzionatoria sarebbe stato risolto, o quantomeno attenuato. È del tutto chiaro, però, che dal momento che il furto è uno dei reati che desta maggiore allarme sociale, ridurre le sanzioni previste per esso è un’operazione legislativa che non è certo destinata ad incrociare il consenso popolare e dunque, elettoralmente, essa rappresenta una via appare particolarmente accidentata da percorrere. Si è così preferito, con scarsa lungimiranza circa gli effetti devastanti sulla credibilità del sistema sanzionatorio nel medio-lungo periodo, optare per una erosione indiretta delle comminatorie edittali, assoggettando alla disciplina del bilanciamento anche le circostanze ad effetto speciale.

55 Le descrive come “un’intricata e pletorica maglia di aggravanti” MANTOVANI, Diritto penale.

Delitti contro il patrimonio, Padova, 2002, p. 77.

(33)

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innescato quello che è stato correttamente definito come un “patologico meccanismo di generalizzata fuga dalle pene detentive”

56

che, secondo alcuni autori, può risolversi addirittura “in una fuga dalla sanzione tout court”

57

Procedendo con ordine, si è inteso suddividere l’analisi dei provvedimenti legislativi proprio seguendo i tre settori fondamentali della

. Le istituzioni parlamentari, infatti, forse preoccupate anche della necessità di non dare all’esterno l’immagine di un indebolimento dello Stato, specie in periodi caratterizzati da una forte instabilità politica, non hanno quasi mai proceduto ad un serio ripensamento delle comminatorie edittali, e nelle rare occasioni in cui ciò è stato fatto, paradossalmente, si è verificato un inasprimento delle stesse, anziché una loro mitigazione.

Detta linea di tendenza, l’astensione cioè dall’operare direttamente sulle comminatorie per ridurre il carico sanzionatorio, come già anticipato, si è manifestata fin da subito dopo la caduta del fascismo con l’introduzione, nell’emergenza dell’immediato dopoguerra, delle attenuanti generiche e con l’abolizione della pena di morte e si è poi mantenuta – fino a pochi anni orsono, ed in particolare fino all’adozione del c.d. pacchetto sicurezza del 2001 – in svariate altre leggi che hanno interessato il diritto sostanziale, il diritto processuale e, non da ultimo, anche l’ordinamento penitenziario.

Naturalmente, le modalità attraverso le quali tali importanti interventi normativi hanno inciso sulle comminatorie di pena sono profondamente diverse tra di loro e, pertanto, di esse deve necessariamente darsi una lettura appositamente calibrata sul tipo di intervento preso in esame e sul settore in cui viene in rilievo; successivamente, verrà fornito un quadro unitario dell’analisi così svolta, di guisa da avere una prospettiva più generale sull’eziologia della situazione attuale.

56 MARINUCCI,Riforma o collasso del controllo penale?, in Dir. pen. proc., 1998, p. 1063.

57 GIUNTA, L'effettività della pena nell'epoca del dissolvimento del sistema sanzionatorio, in Riv. it.

dir. proc. pen., 1998, p. 414.

Riferimenti

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