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Il principio di sovranità nazionale e le sue implicazioni per la

4. La cooperazione sanitaria in Cina: riflessioni per una programmazione

4.1. Il principio di sovranità nazionale e le sue implicazioni per la

Questo capitolo inizia con una breve discussione sui principi di sovranità nazionale e non intervento così come definiti dallo Statuto delle Nazioni Unite del 1945. Tali principi, che vincolano gli interventi ONU ma non quelli degli stati membri, sono stati spesso invocati dai rappresentanti della RPC per delegittimare l'interferenza delle potenze occidentali

negli affari nazionali1 e devono essere attentamente considerati nella pianificazione e

implementazione dei progetti di cooperazione in Cina.

La cooperazione internazionale delle Nazioni Unite si concentra sulla “soluzione dei

problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale od umanitario” e sulla promozione del “rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali per tutti [...]2”; eppure il suo operato è limitato dal principio di sovranità nazionale espresso nell'art. 2 paragrafo 7 dello suo statuto:

“Nessuna disposizione del presente Statuto autorizza le Nazioni Unite ad intervenire in questioni che appartengano essenzialmente alla competenza interna di uno Stato, né obbliga i Membri a sottoporre tali questioni ad una procedura di regolamento in applicazione del presente Statuto; questo principio non pregiudica però l'applicazione di misure coercitive a norma del capitolo VII”3.

Secondo quanto affermato da Ann Kent nel suo libro China, the United Nations and

Human Rights, il valore equivalente dei due principi sopra esposti e la natura non

vincolante della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo causa situazioni di impasse nella risoluzione di contese internazionali basate sulla tutela dei diritti umani4. Nel caso però in cui questi siano contenuti in convenzioni internazionali, la loro ratifica vincola giuridicamente i paesi sottoscrittori; ad esempio il diritto alla salute, sancito dall'art. 12 del Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali è stato ratificato da tutti i membri dell'ONU, compresa la RPC5.

Ai giorni d'oggi il dibatto sul tema è particolarmente rilevante in ambito sanitario per i suoi risvolti sulla sicurezza globale; la rapida diffusione della SARS del 2003 ha infatti reso evidente il pericolo rappresentato dalle malattie trasmissibili ed ha messo in luce la necessità di creare un sistema di supervisione che coinvolgesse tutte le nazioni. In quell'occasione il rifiuto della Cina a condividere le informazioni e a permettere l'appoggio dell'OMS negli sforzi di contenimento del virus6 si è rifatto al principio di non intervento e al concetto di sovranità nazionale come autorità suprema ed indipendente su di un territorio libero da controlli esterni7. Nel maggio 2003 il vice premier cinese Wu

2 ONU, Statuto delle Nazioni Unite, art. 1 par. 3, 1945.

3 ONU, Statuto delle Nazioni Unite, art. 2 par. 7, 1945. Le misure coercitive stabilite dagli articoli 41 e 42 sono applicabili solo nel caso in cui il Consiglio di Sicurezza accerti l'esistenza di una minaccia o violazione alla pace o di un atto di aggressione (art. 39).

4 Ann KENT, China, the United Nations and Human Rights: The Limits of Compliance, 1999, p. 26.

5 La Repubblica Popolare Cinese ha ratificato il Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturaliil 28 febbraio 2001 salvo rilasciare una dichiarazione sulla superiorità della legislazione cinese sull’art. 8, par. 1, lettera a) che tutela il diritto di costituire ed aderire al sindacato di propria scelta.

6 Cfr. nota 29, p. 9.

Yi ne ha sottolineato la centralità: “La cooperazione internazionale in ambito sanitario deve basarsi sul rispetto della sovranità nazionale (guojia zhuquan 国 家 主 权 ) e dell'integrità territoriale (lingtu wanzheng 领土完整), importanti principi dello Statuto

delle Nazioni Unite8” mentre nel 2005 la leadership cinese ha reiterato la sua condanna

verso gli interventi umanitari portati avanti da singole potenze ai danni di altre nazioni9. Il concetto di sovranità nazionale di influenza occidentale è legato indissolubilmente nella mentalità cinese alle Guerre dell'Oppio e all'imposizione del diritto internazionale quale teoria di governo dell'ordine mondiale. Dal 1949 tale principio ha assunto un ruolo fondamentale nella concezione delle relazioni diplomatiche cinesi ed è diventa uno strumento importante per la difesa dell'autorità nazionale dall'ingerenza estera10. A partire dalla crisi sanitaria del 2003 però la posizione della RPC ha cominciato ad essere meno rigida in considerazione dei pericoli derivanti dalla trasmissione delle malattie

infettive11. Azioni di questo tipo non devono però trarre in inganno; studiosi ed autorità

cinesi formano un fronte compatto contro la logica della “superiorità dei diritti umani sulla sovranità”, considerata un attraente mantello di cui si rivestono le potenze occidentali (USA prima fra tutte) per interferire negli affari interni degli altri Stati e destabilizzarne il sistema politico12.

Quanto discusso finora si ripercuote inevitabilmente sui rapporti che intercorrono tra le autorità cinesi ed i soggetti stranieri impegnati in progetti di cooperazione sanitaria in Cina. La maggior parte dei contrasti che si creano soprattutto con le ONG non riguarda

country, 2013, p.58.

8 Wu Yi zai shijie weisheng dahui zongwu weiyuanhui shenyi she Tai tian shi de fayin, 2003 (traduzione dell'autore).

9 Nel Position paper on the United Nations reforms del 7 giugno 2005, la RPC si è espressa sugli interventi umanitari e sul principio della “responsabilità di proteggere” che avrebbe autorizzato la comunità

internazionale ad intervenire, anche con misure militari, in caso di gravi violazioni dei diritti umani. La Cina ritiene legittime solo quelle azioni autorizzate dal Consiglio di Sicurezza in specifiche situazione

condannando invece quelle intraprese da singole nazioni (interventi anglo-americani in Iraq nel 1998, interventi NATO in Iugoslavia nel 1999). MINISTRY OF FOREIGN AFFAIRS OF THE PEOPLE'S REPUBLIC OF CHINA, Position paper on the United Nations reforms, 7 giugno 2005. Per la definizione di “responsabilità di proteggere”, consultare Pietro GARGIULO, Dall'intervento umanitario alla responsabilità di proteggere: riflessioni sull'uso della forza e la tutela dei diritti umani, in La Comunità Internazionale, 4 (2007), pp. 639-669.

10 Cfr. Ann KENT, China, the United Nations and Human Rights: The Limits of Compliance, 1999, p. 36; CHAN, Lai-Ha, China Engages Global Health Governance: Responsible Stakeholder or System-

Transformer?, 2011, p. 39.

11 Un esempio della maggiore apertura è stata la collaborazione con l'OMS nel caso dell'influenza H1N1 (influenza suina) del 2009. Jenny Qu, WANG, et al., Global health governance in China: the case of China's

health aid to foreign country, 2013, p.59.

12 JIAOYUBU ZHONGUO TESE SHEHUIZHUYI LILUN TIZHI YANJIU ZHONGXIN, Shipo “renquan

infatti i servizi sanitari da loro forniti ma la valenza politica da queste rappresentata; “[...] non ci opponiamo ai diritti umani” spiega il Research Center for theoretical system of socialism with Chinese characteristics del Ministero dell'istruzione cinese “ciò che rifiutiamo fermamente sono gli interessi delle nazioni mascherati sotto il principio della superiorità dei diritti umani sulla sovranità [...]”13. Le entità straniere che si occupano di questioni giudicate sensibili dalle autorità cinesi sono sottoposte a costanti controlli e restrizioni ed i loro progetti possono essere interrotti senza alcun preavviso14.

In ambito sanitario, le operazioni più a rischio sono quelle rivolte alle minoranze etniche (soprattutto quella tibetana nella Regione Autonoma del Tibet o uigura nel Xinjiang) per le quali le procedure burocratiche per l'avvio dei progetti o il rilascio dei visti stranieri e permessi per il trasferimento all'interno delle provincie seguono iter più complessi del

normale15. Ciò che il governo teme è che gli intenti solidaristici di questi organismi

nascondano in realtà il sostegno ai movimenti di indipendenza presenti in questi territori e che l'appoggio delle forze internazionali possa minare l'autorità e la legittimità del sistema esistente.

Per questo motivo, gli operatori di molte ONG, consapevoli della fermezza delle autorità nel esigere il non intervento straniero negli affari interni (bu ganshe neizheng 不干涉内

政), preferiscono non sostenere pubblicamente simili questioni e limitare il proprio

intervento negli ambiti ufficialmente concordati16.

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