• Non ci sono risultati.

Il problema della realtà nel Don Chisciotte di Cervantes

Dove si incontrano effettivamente due principi che non si possono riconciliare l’uno con l’altro, là ciascuno dichiara che l’altro è folle e eretico

L. Wittgenstein,

Della certezza

3.1 Premessa

Nel saggio Don Chisciotte e il problema della realtà1 Schütz torna ad

affrontare il tema di cui aveva già trattato in Sulle realtà multiple: come gli attori sociali fanno esperienza della realtà2.

Il lavoro su Don Chisciotte si apre, come il saggio sulle realtà multiple, sotto il nome di William James e del suo saggio sulla percezione della realtà.

Schütz riprendendo James ribadisce che la fonte e l’origine della realtà è assolutamente soggettiva, e che, di conseguenza, «esistono molti diversi ordini di realtà – probabilmente un numero infinito – ciascuno con il suo stile di esistenza particolare e distinto. […] Ogni mondo, nel momento in cui vi si fa riferimento, è reale a proprio modo, ed ogni relazione con la nostra mente, se non vi è la presenza di un relazione più forte che la contrasti, è sufficiente a rendere un oggetto reale»3.

In questo saggio il problema della realtà, che per James diventava il problema

della percezione della realtà, e per Schütz il problema del senso della realtà, finisce

per ancorarsi al tema della costruzione intersoggettiva: ciò che intendiamo per reale

e come reale è ciò che crediamo reale. Ma tale credenza è possibile solo se

convalidata intersoggettivamente, ovvero se è il risultato di un accordo intersoggettivo, di un accordo tacito, non esplicito, che si basa in parte sulla

1 Il saggio è uscito per la prima volta in una rivista spagnola, Don Quijota y El Problema de La Realidad, «Anuario de Filosofia», I, 1955. L’edizione italiana è a cura di P. Jedlowski, in SCHÜTZ A.,Don Chisciotte e il problema della realtà, Armando, Roma, 1995.

2 Cfr, ivi, p. 27. 3 Ivi, pp. 25-26.

tradizione di ogni gruppo sociale e in parte è costantemente riprodotto e confermato dall’attiva prestazione di fede da parte degli attori sociali.

In questo capitolo la nostra attenzione si concentrerà sui seguenti punti: 1) Una disamina del saggio di Schütz, con particolare riferimento ad alcuni episodi particolari del romanzo di Cervantes che sottolineano l’emergere dei seguenti temi:

a) l’esistenza di diverse sfere di realtà, e il conflitto tra queste sfere;

b) la questione dell’intersoggettività e della costruzione intersoggettiva della realtà, che, in questo saggio, è definita come «la dialettica dell’esperienza intersoggettiva della realtà»4, e che può ritenersi il fulcro attorno al quale ruotano le riflessioni teoriche di Alfred Schütz;

c) la relazione dialettica tra il senso della realtà e il senso dell’identità;

2) La proposta di utilizzare come chiave di lettura del saggio di Schütz e delle avventure del cavaliere della Mancia la nozione goffmaniana di frame, e le analisi sull’organizzazione dell’esperienza sviluppate da Goffman in Frame Analysis, e questo al fine di analizzare, in controluce, alcuni concetti del pensiero di Schütz, in

primis quello relativo al «mondo delle realtà concrete ben consce», come lo definisce

Goffmann5 (il mondo della vita quotidiana per Schütz), e la possibilità di un passaggio non traumatico da una provincia finita di senso all’altra.

Quest’ultimo punto si impone in tutta la sua rilevanza, in quanto, nel dibattito sociologico degli ultimi anni, Erving Goffman - con la sua Frame Analysis - è stato ritenuto un continuatore della linea di pensiero inaugurata da James e approfondita dalla sociologia fenomenologica di Schütz riguardo il problema delle realtà multiple. Sebbene egli accolga l’intuizione di questo filone, se ne distacca in seguito per due motivi: in primo luogo non condivide lo statuto di realtà preminente che Schütz attribuisce alla vita quotidiana (questa non è un tutto omogeneo ma è piuttosto formata da una varietà di fenomeni diversamente incorniciati che si sovrappongono tra di loro, conferendo così diversi status di realtà a certi fatti, azioni o eventi entro i confini di tale provincia); in secondo luogo perché le province finite di significato sono strumenti concettuali troppo rigidi per afferrare le metamorfosi improvvise che

4 S

CHÜTZ A.,Don Chisciotte e il problema della realtà, cit., p. 44. 5 G

OFFMAN E.,Frame Analysis. L’organizzazione dell’esperienza, Roma, Armando Editore,

si realizzano nella vita di tutti i giorni. Rispetto all’idea di “finitezza” tematizzata da Schütz, egli trova assai più rilevante la nozione di Bateson di “messa tra parentesi”,

frame, di cui abbiamo già parlato nel precedente capitolo.

Pertanto si cercherà, a partire dall’analisi di alcuni episodi del Don Chisciotte di analizzare come Schütz affronti i temi sopra esposti, e di valutare se effettivamente e in quale misura le considerazioni di Goffman sviluppino le analisi Schütziane. Per compiere questo ragionamento si renderà necessario richiamarsi costantemente sia al saggio di Goffman Frame Analysis, sia al saggio di Bateson

Una teoria del gioco e della fantasia6, poiché è proprio in questo testo, come già sottolineato nel precedente capitolo, che il termine frame è proposto in un senso simile cui Goffman intende usarlo.

3.2 L’esistenza di diverse sfere di realtà

Don Chisciotte è il protagonista del celebre romanzo di Miguel De Cervantes7, che immedesimandosi nelle letture di opere di cavalleria, si sente, come gli antichi cavalieri erranti dei romanzi cavallereschi, di cui crede di essere l’erede spirituale, votati alla difesa dei più nobili e puri ideali di giustizia e di difesa dei deboli e degli oppressi. Suo compagno di sventure è il contadino/scudiero Sancho Panza, rappresentante «del pensiero quotidiano che ha sempre un repertorio di proverbi a portata di mano, pronti a spiegare ogni cosa nei termini della conoscenza che si dà per scontata»8.

Schütz parte dalla celebre domanda di James formulata nei principi di psicologia: «In quali circostanze consideriamo le cose reali?». James muove da questa domanda per sviluppare la sua teoria dei diversi ordini di realtà. Egli scopre che tutto quello che viene «pensato in modo non contraddittorio viene ipso facto creduto, cioè inteso come assolutamente reale. E una cosa pensata può essere

6

BATESON G.,Una teoria del gioco e della fantasia, in ID.,Verso un’ecologia della mente,

Adelphi, Milano, 1976, pp. 218-235.

7 D

E CERVANTES M.,Don Chisciotte della Mancia, Garzanti, Milano, 1974. 8 S

contraddetta da un’altra solo se l’una inizia la disputa affermando qualcosa che non è ammissibile per l’altra. Se si verifica questo caso la mente deve fare una scelta»9. In tal modo, prosegue Schütz, ogni proposizione, sia quella che predica un attributo, sia quella che afferma l’esistenza di qualcosa, «viene creduta per il fatto stesso di essere

concepita»10, a meno che non entri in conflitto con altre proposizioni alle quali si crede contemporaneamente.

Per James la differenza tra reale e irreale, e il rapporto tra credenza, incredulità e dubbio, si fondano su due punti: da una parte sulla possibilità di pensare in modi differenti allo stesso oggetto; dall’altra parte, che quando abbiamo pensato a tale oggetto possiamo scegliere a quale modo aderire e quale eliminare. Allora, «la fonte di tutta la realtà, sia dal punto di vista assoluto che da quello pratico, è dunque soggettiva: siamo noi»11. La conseguenza è inevitabile: se il soggetto è l’origine di tutta la realtà, esistono molteplici e differenti ordini e livelli di realtà, ognuno con il proprio stile di esistenza, chiamato da James «sotto-universi»12. Gli oggetti a cui pensiamo, afferma Schütz, si riferiscono ai diversi mondi. E ogni mondo diventa reale nel momento in cui ci riferiamo ad esso, in quanto è la nostra mente, o meglio, la relazione con essa, a rendere reale un oggetto, sempre a meno che non vi sia simultaneamente una diversa e più forte relazione che la avversi.

Alla luce delle riflessioni di James, Schütz analizza il problema della realtà nel Don Chisciotte di Cervantes. La sua tesi è che: «il racconto di Cervantes ha a che fare proprio con il problema delle realtà multiple posto da William James, e che le varie fasi delle avventure di Don Chisciotte sono variazioni attentamente elaborate del tema principale, cioè di come noi abbiamo esperienza della realtà»13.

Nel romanzo di Cervantes i problemi sorgono a causa dell’anomalo rapporto che Don Chisciotte stabilisce con la realtà: egli la determina, la costruisce e la valuta in base alle sue suggestioni e infatuazioni letterarie, e tutto ciò darà luogo ad una

9 Ivi, p.25. 10 Ibidem. 11 Ibidem. 12 Ivi, p. 26.

13 Ibidem. Su tale punto cfr. anche E

NDRESS M.,Alfred Schutz’s Interpretation of Cervantes’s Don Quixote and His Microsociological View on Literature, in Alfred Schutz’s “Sociological Aspect of Literature”. Construction and Complementary Essays, edited by Lester Embree, Florida Atlantic

University, published by Kluwer Academic Publishers, 1998, p. 113: Don Chisciotte e il problema

della realtà «non è una riflessione sulla letteratura ma piuttosto l’uso di una novella per illustrare la

serie di misunderstandings tragicomici. «Così la follia si configura come un espediente impiegato dall’autore per introdurre nell’opera lo scontro tra un punto di vista, legittimando, anzi rendendo addirittura indispensabile, una lettura non univoca della realtà»14.

Il conflitto tra la realtà e l’illusione si fa sempre più stridente, in quanto l’ambito della realtà diventa sempre meno oggettivo e autonomo, finendo per diventare ambiguo e sfuggente, e i suoi confini con il mondo dell’immaginazione e della fantasia divengono sempre più vaghi; ma soprattutto sembra profilarsi all’orizzonte l’aspetto inquietante che qualcosa possa essere al medesimo tempo non più se stessa, ma altra da sé (scardinando in tal modo lo ieratico principio di non contraddizione che per millenni ha regnato incontrastato nei domini della logica e del pensiero occidentale).

Innanzi tutto abbiamo un peculiare sotto-universo (il mondo della follia di Don Chisciotte), incastrato dentro un altro sotto-universo (il mondo della cavalleria) che cozzano in maniera netta e violenta contro un altro sotto-universo (mondo dato per scontato del senso comune, rappresentato dal personaggio di Sancho Panza), ma vi sono anche altri sotto universi come quello costituito dai maghi ingannatori e dai loro trucchi e quello del “far finta” rappresentato dal Duca e dalla Duchessa che organizzano una burla ai danni di Don Chisciotte. L’esistenza di molteplici universi e sotto-universi fa sorgere una domanda: com’è possibile mantenere un terreno comune su cui far dialogare Don Chisciotte con gli altri personaggi, rappresentanti di due universi lontani e incomunicabili?

E inoltre come può esser possibile che nonostante Don Chisciotte viva nel suo universo popolato da personaggi e eventi fantastici del mondo della cavalleria, egli si trovi a vivere anche nel mondo del sogno ad occhi aperti, e sia in grado tuttavia di intervenire su questo mondo e di modificarlo?

A tal proposito è necessario chiarire un aspetto fondamentale.

Schütz, nel saggio Sulle realtà multiple, analizzando la struttura di altre province finite di significato, dopo aver dato ampio spazio alla trattazione della

realtà preminente, sottolinea come i vari mondi fantastici, il mondo dei sogni ad

14 D

occhi aperti15, del gioco, i racconti di fate, di miti scherzosi, della fantasia e dell’immaginazione, siano accomunati dal fatto che in essi il Sé che immagina non opera nessuna trasformazione del mondo esterno». E questo in quanto il passaggio, il salto da una provincia all’altra comporta una graduale diminuzione della tensione di coscienza dal mondo del working e di conseguenza dei suoi compiti. In tal modo il soggetto sarà libero dai comuni vincoli dello spazio e del tempo intersoggettivi, condivisi, libero dal «movente pragmatico che regola il suo atteggiamento naturale. In una parola, non dovrà più ‘piegare’ il mondo esterno per la realizzazione dei suoi fini»16.

Emblematico è, a tal proposito, il famoso episodio in cui Don Chisciotte scambia i mulini a vento per dei giganti, intraprendendo con essi un indimenticabile duello17, in quanto esso illustra la situazione paradossale in cui il protagonista lottando contro i mulini a vento riesce ad inserirsi nel mondo esterno e riuscendo ad interagire con esso e a modificarlo. Ma, sebbene Don Chisciotte interagisca con altri individui e manipoli oggetti reali esistenti nel mondo della vita quotidiana, egli, in verità, egli non oltrepassa mai i limiti di questa provincia finita di significato.

«Don Chisciotte è, e sempre rimane, un sognatore, il quale si trova di fronte una realtà in cui non vi sono castelli immaginari, dame ideali, giganti enormi, bensì castelli, dame e giganti reali. Come ci fa acutamente osservare Schütz, la situazione in cui si trova il mitico cavaliere è paragonabile a quell’esperienza che probabilmente è capitata a tutti noi entro l’ambito dell’atteggiamento naturale, quando scopriamo che qualcosa di distante che credevamo essere un albero, risulta invece un uomo»18. Ma mentre noi reagiremmo riconoscendo di essere stati vittime di un’illusione, Don Chisciotte, che ha spostato il suo accento di realtà verso un’altra provincia finita di significato (il mondo delle sue fantasticherie), è nonostante tutto costretto a prendere atto della resistenza su cui si è scontrato (la presenza dei mulini a vento), ma interpreta tale fatto come se fosse estraneo, non appartenesse al suo mondo: pertanto egli non è in grado di rendersi conto di come i giganti si siano potuti

15 A tal proposito Schütz, nel saggio sulle Realtà multiple, cit., p. 216, rileva che «il sognare

è essenzialmente solitario […] così la monade è davvero senza finestre, mentre sogna, e che quindi questa specifica provincia di significato, questo specifico regno non è condivisibile da altri».

16 D

AMARI,C.,La percezione della realtà in Alfred Schütz e Erving Goffman, cit., pp. 29-30. 17 D

E CERVANTES M.,Don Chisciotte della Mancia, cit., vol. I, cap. VIII, pp. 54-61. 18 D

trasformare in mulini a vento, e non ammette la possibilità di essere vittima di un’illusione.

Schütz ritiene che l’abilità di Cervantes risieda nel far intervenire nelle vicende del cavaliere della Mancia una sorta di «intervento dall’alto» riparatore, ovvero la presenza di maghi, per garantire compatibilità e coesistenza reciproca tra i sotto-universi di significato differenti, e di assicurare il mantenimento dell’accento di realtà posto su ciascuno di questi sotto-universi. È così che i giganti, agli occhi di Don Chisciotte, sono davvero dei giganti, ed è per colpa del mago Frestone che essi sono trasformati in mulini a vento e questo rende lo scontro inevitabile. In tal modo, d’ora in poi, l’incantesimo si configura come l’elemento fondamentale per permettere di fissare l’accento di realtà sul mondo privato della cavalleria, difendendolo dalla accuse di tutti quelli che non condividono la stessa visione della realtà.

Berger, a tal proposito, sostiene che il problema dell’altra condizione (quello che egli definisce come una realtà altra che invade la realtà della vita quotidiana), se considerato dalla prospettiva della realtà preminente si risolve nello spiegare e nel rendere innocua la presenza aliena; se invece è analizzato dalla prospettiva stessa dell’altra condizione (dal punto di vista di Don Chisciotte) si tratta di dover legittimare questa situazione alternativa, preservare la sua effimera realtà dall’invadente pericolo della realtà quotidiana19.

Ma come fanno a comunicare personaggi lontani, rappresentanti di mondi ancora più lontani, quali Don Chisciotte, Sancho Panza, e gli altri personaggi del romanzo di Cervantes?

Prima di rispondere a questa domanda, è necessario seguire l’analisi fatta da Schütz dei vari sotto-universi. A cominciare da quello riguardante la cavalleria.

Questo mondo è, per usare le parole di Schütz, un «sotto universo chiuso», e Don Chisciotte non ha nessun dubbio sul fatto che gli eroi di cui parlano i libri di cavalieri siano esistiti e che le loro imprese siano vere. E adduce buoni argomenti per spiegare tutto ciò: «l’istituzione dei cavalieri erranti […], è autentica e universalmente riconosciuta. La storia di Fierobraccio ebbe luogo ai tempi di Carlo Magno, le gesta di re Artù sono registrate nelle storie e negli annali d’Inghilterra,

19 B

ERGER P., The Problem of Multiple Realities: Alfred Schutz and Robert Musil, in Phenomenology and Sociology, ed. By T. Luckmann, Harmondsworth, Penguin, 1978, pp. 343-367.

nell’armeria reale a Madrid si può vedere ancor oggi il corno di Rolando»20. Tutte queste sono, per il cavaliere della Mancia, prove infallibili della loro esistenza. Non solo. Non si può dubitare che i libri stampati con bolla e decreto imperiale dicano il falso. Essi devono essere necessariamente veri. Allo stesso modo si deve credere nell’esistenza dei giganti, in quanto in Sicilia sono state trovate ossa della loro dimensione e essi sono menzionati nelle Sacre Scritture.

Pertanto «la cavalleria errante è prima di tutto un modo di vita. Obbedisce a una missione divina. I cavalieri erranti sono “ministri di Dio sulla terra, il braccio armato con cui si amministra quaggiù la sua giustizia”». Ma, prosegue Schütz, la cavalleria è anche un modello di vita, «una scienza. Di più: la regina di tutte le scienze, che comprende tutte o quasi tutte le scienze del mondo». E quindi, il cavaliere deve essere un giurista, un teologo, «un medico, e specialmente un erborista, per poter preparare un flacone del balsamo di Fierobraccio, poche gocce del quale curano un cavaliere tagliato a metà, sempre che le due parti siano poste a contatto prima che il sangue congeli»21, un astronomo per orientarsi con la posizione delle stelle, deve sapere nuotare, ferrare un cavallo, e soprattutto deve essere devoto alla verità.

Inoltre il mondo della cavalleria ha il suo vero e proprio «sistema legale ed economico»: i cavalieri sono al di fuori di ogni giurisdizione, «la loro legge è la spada, il diritto il coraggio, i loro editti sono la loro volontà». Essi non sono tenuti a pagare le tasse, né i vestiti ai sarti, né per l’ospitalità ricevuta. E non pagano neanche i loro scudieri. Li ricompensano facendoli governatori delle isole che conquistano.

L’universo della cavalleria «è caratterizzato da peculiari modificazioni delle categorie basilari del pensiero, cioè quelle che riguardano lo spazio, il tempo e la causalità». Alcuni luoghi favoleggiati da Don Chisciotte, come «il regno di Micomicona in Etiopia, l’impero di Trebisonda sono concetti geografici ben determinati», così come lo sono i luoghi stabiliti dalla fisica celeste, dove si origina il gelo e la neve, i lampi e i tuoni. E soprattutto, questi posti possono essere «raggiunti con facilità»22, grazie all’aiuto dei maghi, che possono spostare un cavaliere da un posto all’altro, facendogli percorrere migliaia di miglia in pochissimo tempo, o fare

20 S

CHÜTZ A.,Don Chisciotte e il problema della realtà, cit., p. 28. 21 Ivi, p. 29.

in modo che il tempo vissuto da un cavaliere sia diverso dal tempo degli altri uomini23.

Accanto al mondo della cavalleria, v’è il mondo dei maghi. Essi hanno un ruolo particolare nel mondo di Don Chisciotte, in quanto la «loro attività è la categoria di base con cui Don Chisciotte interpreta il mondo. La loro funzione è quella di tradurre l’ordine del regno della fantasia in quello dell’esperienza di senso comune». Essi sono in grado di mutare e trasformare ogni cosa. «Ma in senso stretto, quello che trasformano è lo schema di interpretazione che prevale in un sotto- universo nello schema di interpretazione che è valido in un altro. […] Così la funzione dei maghi è quella di garantire la coesistenza e la compatibilità reciproca di sotto-universi di significato differenti ma riguardanti gli stessi dati di fatto, e di assicurare il mantenimento dell’accento di realtà posto su ciascuno di questi sotto- universi»24. E, soprattutto, una volta che l’azione dei maghi si è compiuta e dispiegata non rimane nulla di inspiegato e inspiegabile, niente di misterioso e di assurdo. Inoltre Schütz afferma che per il cavaliere della Mancia, l’esistenza dei maghi è molto di più che una semplice ipotesi: «si tratta di fatti storici provati da tutti i sacri testi che trattano della cavalleria. Ovviamente questi fatti non sono verificabili con i mezzi ordinari della percezione sensoriale. Infatti i maghi non si fanno vedere, ed è chiaro che l’assioma dell’incantesimo – ciò che rende possibile la riconciliazione tra il sotto-universo delle fantasia e la realtà ordinaria – che non può

Documenti correlati