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SCOPO DEL LAVORO

2.1.5 Il problema dello stoccaggio del sangue

Le emazie concentrate e deleucocitate possono essere conservate, in condizioni standard per un periodo massimo di 42 giorni [40], durante i quali subiscono una serie di cambiamenti biochimici, chimico-fisici e metabolici che possono influire sull’efficacia trasfusionale comportando eventuali complicazioni legate ad essa [41]. Tali disagi sono accompagnati da un peggioramento delle proprietà reoligiche del sangue, dovuto in gran parte ad una progressiva riduzione della plasticità eritrocitaria, e sono una conseguenza diretta di ciò che nella letteratura scientifica è conosciuto con il termine di storage lesions.

Durante il periodo di stoccaggio in risposta a tali fenomeni la morfologia dell’eritrocita degenera in modo progressivo ed irreversibile [42, 43]. L’eritrocita passa dalla classica forma discocita biconcava ad una sferoidale (sferocita) per poi assumerne una a cellula “spigata” (echinocita). Con il tempo poi le “spighe” si distaccano per esocitosi generando così delle microvescicole ricche di lipidi e di emoglobina (Hb). Alla base di questo processo è stata dimostrata la progressiva perdita di flessibilità da parte della membrana plasmatica. Una volta che gli

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eritrociti sono trasfusi ad un ricevente, alcuni di essi rimangono in circolo con una emivita mediamente normale mentre altri sono rimossi entro poche ore, questo perché la perdita di elasticità risulta reversibile solo parzialmente, e ciò riduce la capacità della cellula di passare attraverso il letto microcircolatorio. Ne consegue una riduzione del flusso ematico microvascolare con un’ipossia locale, e in pazienti con complicazioni cardio-circolatorie, gravi disordini emoreologici accompagnati da danni a livello di vari organi [44, 45].

Lo sviluppo di soluzioni preservanti o di modalità di stoccaggio in grado di bloccare e/o ridurre l’entità di tali fenomeni, sembra essere la soluzione più consona a tale problematica. Molti studi hanno testato l’aggiunta nelle soluzioni di mantenimento di opportuni additivi (adenina, glucosio, mannitolo) con le finalità di allungare i tempi di conservazione, aumentare il recupero delle cellule conservate e migliorarne la funzione. Sono state così proposte delle soluzioni di stoccaggio che, in base ai parametri di funzionalità eritrocitaria generalmente considerati (ATP, 2,3 DPG, potassio, indice di deviazione morfologica e la valutazione della percentuale di emolisi), potrebbero prolungare i tempi di conservazione anche fino a 12 settimane [46]. Comunque un protocollo ideale in grado di preservare efficacemente le emazie contrastando tutti i fenomeni degenerativi ancora non è stato proposto, e questo perché non si ha ancora una corretta e profonda conoscenza di tutti i processi compartecipanti nel fenomeno delle storage lesions.

Molti studiosi sono oggi concordi nell’affermare che l’eziologia delle lesioni della membrana eritrocitaria sia multifattoriale. Tra i diversi fattori quelli che sembrano contribuire maggiormente alla degradazione funzionale delle proteine della membrana eritrocitaria, sono due:

a. l’attacco da parte di specie reattive dell’ossigeno (Reactive Oxygen Species, ROS) [47, 48],

b. l’attacco da parte di enzimi ad attività proteolitica.

Nel processo di invecchiamento e di lisi degli eritrociti (tanto in vivo quanto

in vitro) lo stress ossidativo svolge un ruolo fondamentale. Essendo esposto

continuamente ad ossigeno, ricco di lipidi poliinsaturi e di ferro (un potente catalizzatore per le reazioni dei ROS attraverso la reazione di Fenton) [49], il globulo rosso si trova continuamente a contatto con radicali intra ed extracellulari

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[50], dai quali è in grado di proteggersi grazie ad una complessa architettura di membrana e alla presenza di sostanze scavenger (glutatione, GSH) e di sistemi enzimatici (glutatione perossidasi, GSH-PX). In vitro, però durante il periodo dello stoccaggio, l’eritrocita è sostanzialmente impossibilitato alla rigenerazione delle difese antiossidanti, e ciò fa sì che esso non sia più in grado di contrastare la produzione di radicali liberi, che inesorabilmente aumenta nel tempo. Questo innesca una reazione a catena irreversibile che accelera l’invecchiamento del globulo rosso con variazioni importanti a carico della permeabilità, dell’antigenicità e delle sue proprietà reologiche [51, 52]. A sostegno di quanto detto, nel 2000 Dumaswala e collaboratori dimostrarono che l’aggiunta di GSH ridotto alle soluzioni preservanti, riduceva nel tempo l’entità del danno ossidativo [53]. Il bersaglio principale degli insulti ossidativi rimane comunque l’emoglobina che una volta ossidata si lega irreversibilmente alle proteine della membrana determinando gravi alterazioni nell’organizzazione del membrano-scheletro. Oltre alle interazioni tra emoglobina ossidata e proteine del citoscheletro [54, 55], gli aspetti più importanti della denaturazione ossidativa della membrana sono la formazione di emicromi irreversibili legati alla proteina banda 3 [56] e la perossidazione dei lipidi di membrana con riorganizzazione dei fosfolipidi. Tali eventi si associano a modificazioni morfologiche, ad una diminuzione di deformabilità dell’eritrocita con un accumulo di marcatori associati alla membrana per il riconoscimento e la rimozione dal circolo. Wolfe et al. hanno dimostrato un crescente danno ossidativo a carico della spettrina [57], mentre altri autori hanno riportato un incremento tempo-dipendente del clustering proteico e delle forme carbonilate della proteina 4.1 [52] Tali studi, in linea con molti altri, non solo dimostrano l’esistenza dello stress ossidativo delle proteine del citoscheletro membranale, ma soprattutto indicano come tale processo sia irreversibile e controllato da una cinetica esponenziale.

Un altro contributo significativo al processo di invecchiamento e lisi eitrocitaria, è dato da enzimi proteolitici di origine intracellulare e/o extra cellulare, che con la loro azione destabilizzano il network proteico alla base del citoscheletro membranale. Studi recenti hanno infatti dimostrato che la spettrina e il dominio citoplasmatico N-terminale della banda 3 (CDB3) sono substrati della proteasi

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apoptotica caspasi 3 [58], mentre la proteina 4.1 e l’anchirina sembrano essere attaccate più facilmente dalla calpaina I [59]. Sempre su questa linea è stato dimostrato che enzimi di origine leucocitaria come l’elastasi sono in grado di incrementare l’emolisi dei globuli rossi durante lo stoccaggio [60].

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