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Procedimento di ammissione al passivo del credito tributa-

3.3 I risvolti tributari della crisi di impresa per i creditori »

4.2.5 Procedimento di ammissione al passivo del credito tributa-

Per i crediti tributari trova applicazione il normale procedimento di ammissione al passivo disciplinato dagli artt. 93 e ss. L.F., sia pure con la peculiare previsione di ammissione con riserva in caso di con- troversia, ex art. 88 d.p.r. 602/1973.

Per quanto concerne l’accertamento dei crediti tributari, è necessa- rio fare una distinzione a seconda che questi siano stati contestati o meno.

In caso di credito tributario non contestato dal debitore fallito e non più contestabile dal curatore (per decorrenza dei termini d’impugnazione o perché determinato da sentenza passata in cosa giudicata), il credito deve essere ammesso al passivo del fallimento (in via tempestiva o in via tardiva) con l'eventuale privilegio spet- tante per legge.

Nel caso, invece, di credito tributario contestato dal debitore o dal curatore dopo la sottoposizione del primo a fallimento, con giudizio instaurato avanti la competente Commissione tributaria, questo de- ve essere ammesso con riserva anche nel caso in cui la domanda d’insinuazione sia stata presentata tardivamente, ex art. 101 L.F. Sul punto, la tesi assolutamente dominante nella prassi ritiene che nel caso di specie si debba procedere all'ammissione al passivo con

riserva ai sensi degli artt. 55, ultimo comma e 95, comma 2, L.F.78,

con conseguente inammissibilità della sospensione del procedimento avanti al tribunale fallimentare, in attesa della pronuncia dei giudici tributari. In merito, la Suprema Corte è pacifica nell’affermare che: “i crediti tributari […] debbono essere ammessi con riserva al passi-

78 Cfr. Cassazione, SS.UU. 22 marzo 1972, n. 879, in Dir. fall., 1972, I, 260; Cas-

sazione, 19 giugno 1974, n. 1806, in Giust. Civ. 1975, II, 301; per la giurispru- denza di merito Trib. Genova, 30 gennaio 1989, in Fall., 1989, 927; Trib. Milano, 16 novembre 1987, in Fall, 1988, 507; Trib. Padova, 10 gennaio 1986, in Falli-

mento, 1987, 193. Contra Trib. Roma, 14 luglio 1965, in Dir. fall., 1967, II, 153;

Trib. Roma, 18 ottobre 1965, ivi, 1967, II, 163; Trib. Roma, 17 novembre 1967, ivi, 1968, II, 341.

vo fallimentare. E l’ammissione con riserva esclude che sia legittima la sospensione ex art. 295 c.p.c. in attesa della pronuncia dei giudici tributari”; inoltre “il principio della necessaria formazione dello stato passivo ed il disposto del comma 2 dell’art. 35 d.p.r. 602/1972 […], applicabile ad ogni forma di accertamento del passivo indipenden- temente dalla tempestività […] o tardività […] della domanda, spie- ga che i crediti tributari ancora sub iudice presso gli organi del con- tenzioso tributario siano trattati alla stregua di crediti condizionali e

ammessi al passivo con riserva”79.

Tale tesi è stata recepita dal legislatore con riferimento alle imposte dirette, ma esprimendo un principio ormai pienamente applicabile anche alle imposte indirette. L'art. 88 d.p.r. 29 settembre 1973, n. 602, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 46/1999, prevede, infatti, al primo comma, che: "se sulle somme

iscritte a ruolo sorgono contestazioni, il credito è ammesso al passi- vo con riserva, anche nel caso in cui la domanda di ammissione sia presentata in via tardiva a norma dell'art. 101 del r.d. 16 marzo 1942, n. 26”'.

Sul piano più strettamente procedimentale, l’art. 88 d.p.r. 602/1973 prevede una disciplina parzialmente derogatoria rispetto a quella di cui agli artt. 93 e ss. L.F., in ragione del riparto giurisdizionale tra giudice ordinario e giudice tributario.

L’ammissione con riserva del credito tributario rientra fra le ipotesi tipiche riconducibili ad uno dei “casi previsti dalla legge”, diversi da quelli indicati dall’art. 96 comma 2 L.F.80.

È il caso di ribadire che l’ammissione con riserva non esclude la ne- cessità per l'Amministrazione Finanziaria di provvedere all'iscrizione a ruolo, non essendo possibile, in mancanza della stessa, procedere

79Cfr. Cass. 9 dicembre 2004, n. 23001, in Dir. Fallim., 2006, II, 58, con nota di

F. Rasi, L’ammissione con riserva dei crediti tributari; conf. da ultimo da Cass. 29 maggio 2006, n. 12777, in Mass. Giur. It., 2006.

80 Sul punto vedi M. Montanari, L’accertamento fallimentare dei crediti d’imposta

all’ammissione al passivo di un credito tributario. In sede di verifica dei crediti tributari, infatti, si devono coordinare i poteri del giudice tributario e di quello fallimentare. In primo luogo, spetta al giudice tributario determinare l'entità del credito tributario, qualora si mani- festino contemporaneamente le due condizioni, ossia l'attribuzione di materia, ex art. 2 d.lgs. 546/1992, e l’individuazione dell'atto im- pugnabile, ex art. 19 d.lgs. 546/1992. Solo successivamente il Giu- dice dovrà procedere ad accertare sia l'esistenza di un titolo valido ed opponibile, sia la concorsualità dei credito tributario, al fine di va- lutare l'ammissione a titolo definitivo o "con riserva" dei crediti del Fisco al passivo fallimentare.

La riserva è sciolta dal Giudice delegato con decreto a seguito di i- stanza presentata dal curatore o dall’esattore, decorso il termine ul-

timo per proporre ricorso81, ovvero quando il giudizio è stato deciso

con sentenza passata in giudicato o è stato dichiarato estinto. In ca- so di liquidazione coatta amministrativa, il commissario liquidatore provvede direttamente o su istanza dell’esattore allo scioglimento della riserva, con conseguente variazione all’elenco dei crediti am- messi.

Il provvedimento di scioglimento della riserva è così comunicato all’esattore dal curatore, ovvero dal commissario giudiziale, median- te lettera raccomandata con avviso di ricevimento; nei successi dieci giorni l’esattore può proporre reclamo davanti al tribunale fallimen- tare il quale, sentite le parti in camera di consiglio, decide con de- creto motivato. La legittimazione ad esperire reclamo sembra circo-

81 Sul punto M. Montanari, L’accertamento fallimentare dei crediti d’imposta dopo

la riforma, in op. cit., 1130 ha osservato: “il riferimento compiuto dalla legge, in funzione di evento legittimante lo scioglimento della riserva, al vano decorso del termine assegnato per adire il giudice tributario competente a risolvere dette con- testazioni, assume un ulteriore significato. Esso sta, infatti, a dimostrare che, ai fini dell’ammissione con riserva al passivo del credito erariale, non è necessario che alla data della pronuncia la contestazione del credito già sia stata portata all’esame del giudice tributario, dovendosi all’opposto ritenere sufficiente l’estrinsecazione, a quella stessa data, della mera intenzione di adire quel giudice, a condizione, naturalmente, che il termine a questo scopo concesso non sia anco- ra spirato”.

scritta al solo esattore, ma, alla luce di una lettura della norma co- stituzionalmente orientata, si deve ritenere che tale potere spetti anche al curatore quando presenti un proprio interesse ad agire. Per quanto riguarda i crediti tributari ammessi a seguito dello scio- glimento della riserva, trova normale applicazione l’art. 98 L.F. rela- tivo all’opposizione allo stato passivo.

Qualora non si sia ancora proceduto allo scioglimento della riserva al momento delle ripartizioni parziali dell’attivo fallimentare, si deve procedere all’accantonamento della somma, secondo quanto previ- sto dall’art. 113 comma 1 o art. 117 comma 2 L.F.