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Il processo di de intermediazione nei bilanci delle principali banche italiane

5. Le ragioni sociali della trasformazione

5.2. Il processo di de intermediazione nei bilanci delle principali banche italiane

In maniera analoga a quanto fatto a livello macro, per descrivere l’evoluzione e la dimensione del processo di de intermediazione, ricorreremo a dati di bilancio, seppur disaggregati a livello di singola banca. I tre istituti presi in esame sono Unicredit, Intesa Sanpaolo e Monte dei Paschi di Siena che insieme possono essere considerate le principali banche italiane83. Il periodo di riferimento è lo stesso delle analisi precedenti. Come abbiamo visto nel quarto capitolo, sarà infatti a partire dall’emanazione del TUF nel 1997 che verrà sancito il riconoscimento della banca come intermediario mobiliare. Per quanto concerne le variabili indagate metteremo in evidenza l’andamento degli attivi, del margine di intermediazione nonché l’evoluzione della componente finanziaria e del leverage.

In linea con quanto emerso nelle analisi precedenti ci attendiamo di trovare un quadro che presenti da un lato, una riduzione contenuta delle attività tradizionali e, dall’altro, un consolidamento degli attivi di bilancio, riconducibile ai processi di fusioni e acquisizioni che hanno contraddistinto l’ultimo decennio.

Infine, pur prevedendo una crescita degli attivi di natura finanziaria – analogamente a quanto osservato a livello aggregato nel terzo capitolo –, proprio in virtù degli elementi richiamati a proposito del caratteristiche sistema economico italiano e in ragione di una trasformazione che si è inserita nel solco di decenni di evoluzioni contraddistinte da forme di “efficienza adattiva”, ipotizziamo un livello di finanziarizzazione differente tra i tre istituti. In questo senso, da un lato il ruolo delle fondazioni e, dall’altro, il differente radicamento socio–economico potrebbero aver influenzato le scelte del management rispetto alle strategie da adottare.

La prima dimensione presa in esame è il totale dell’attivo (Graf. 11). Nel decennio 1997–2007 tutti e tre gli istituti, sulla scorta delle fusioni e delle acquisizioni realizzate – anche a livello europeo –, hanno fatto registrate un incremento consistente dei loro bilanci, seppur con livelli talvolta molto distanti. Così, se a partire dal 2005 la crescita

83 Nei rapporti di Mediobanca per l’Italia, ad esempio, gli istituti presi in esame sono due: Unicredit e

di Unicredit è stata particolarmente consistente, Mps registra invece una tendenza sostanzialmente stabile nel tempo mentre il consolidamento dell’attivo di Intesa SanPaolo evidenzia un trend meno lineare e più contenuto.

Graf. 11 – Intesa San Paolo, Monte dei Paschi e Unicredit, evoluzione degli attivi. Anni 1997-2007

Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Pierobon [2009]

Differenze meno marcate emergono guardando l’evoluzione del margine di interesse, mentre si registra uno scarto maggiore se ne osserviamo l’andamento nel tempo. Così, mentre Mps e Intesa Sanpaolo presentano un trend sostanzialmente simile (Graf. 12 e 13), la diminuzione dei margini derivanti dell’attività bancaria tradizionale è invece molto più marcata nel caso di Unicredit. A questo proposito è inoltre interessante notare come alla consistente riduzione del margine di interesse corrisponda una forte crescita del totale attivo (Graf. 14).

Graf. 12 – Intesa San Paolo, evoluzione dell’attivo e del margine di interesse. Anni 1997-2007

Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Pierobon [2009]

Graf. 13 – Monte dei Paschi, evoluzione dell’attivo e del margine di interesse. Anni 1997-2007

Graf. 14 – Unicredit, evoluzione dell’attivo e del margine di interesse. Anni 1997- 2007

Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Pierobon [2009]

Se scendiamo nel dettaglio (Tab. 5), l’analisi mostra come i titoli di debito sovrano, così come le partecipazioni azionarie, rappresentino una componente residuale dell’attivo. Si tratta di un dato coerente con quanto discusso a proposito dell’evoluzione degli assetti proprietari delle imprese italiane. Come abbiamo osservato, infatti, il processo di privatizzazioni non ha condotto alla creazione di nuclei stabili attraverso il coinvolgimento attivo delle banche. Viceversa, se spostiamo l’attenzione sul livello complessivo di “finanziarizzazione”, il combinato di titoli finanziari e crediti ad altre istituzioni finanziarie raggiunge nel 2007 il 27% per Mps, il 31% per Intesa e il 34% per Unicredit.

Tab. 5 – Intesa San Paolo, Monte dei Paschi e Unicredit, composizione dell’attivo al dicembre 2007 Crediti alla clientela crediti a banche titoli di debito sovrano derivati altri titoli partecipazioni azionarie totale titoli

finanziari totale attivo

2005 ISP 54% 12% n.c. 0% 25% 1% 26% 534.379 MPS 54% 6% 9% 5% 17% 2% 33% 153.767 UC 54% 10% n.c. 22% 8% 0% 31% 787.284 2006 ISP 57% 11% n.c. 0% 23% 0% 24% 576.784 MPS 58% 7% 2% 4% 13% 1% 20% 158.556 UC 54% 9% 5% 7% 17% 2% 31% 823.284 2007 ISP 59% 10% 7% 4% 7% 3% 21% 572.902 MPS 66% 7% 2% 3% 13% 1% 20% 161.984 UC 56% 8% 3% 6% 15% 1% 26% 1.021.758 Fonte: Pierobon [2009]

A questo proposito, possiamo osservare come la progressiva finanziarizzazione degli attivi presenti un andamento simile seppur con un livello di intensità differente. Così, se nel il periodo compreso tra il 1997 e il 2003 la percentuale di securities è sostanzialmente la stessa – oscillando tra il 15 e il 20% – a partire dal 200384, in concomitanza con la crescita della capitalizzazione del mercato azionario (Graf. 9), Unicredit registra un ampliamento consistente del comparto finanziario a cui fanno seguito l’anno successivo incrementi analoghi degli altri due istituti – più contenuti per Intesa e più intensi per Mps – (Graf. 15).

84 Come è possibile notare dal grafico 15, tra il 2003 e il 2004 si registra una forte crescita degli attivi

di natura finanziaria. A questo proposito, oltre alle dimensioni prima richiamate – privatizzazioni e trasformazioni nella corporate governance, crescita dei mercati finanziari, processi di aggregazione – un ruolo rilevante potrebbe essere stato occupato dall’entrata in vigore principi contabili IAS che hanno modificato in particolare il trattamento dei derivati. Per una descrizione sulle caratteristiche della nuova regolazione si veda [Rossi, 2009].

Graf. 15 - Intesa San Paolo, Monte dei Paschi e Unicredit, evoluzione degli attivi di natura finanziaria. Anni 1997-2007.

Fonte: elaborazioni dell’autore su dati Pierobon [2009]

L’ultima dimensione presa in esame è quella legata alla leva finanziaria. In questo caso, però, diversamente dalle altre variabili indagate, sia l’andamento del fenomeno che la sua intensità, registrano valori piuttosto simili, con soltanto il MPS che presenta negli ultimi anni una leva più contenuta (Graf. 16).

Graf. 16 - Intesa San Paolo, Monte dei Paschi e Unicredit, evoluzione della leva finanziaria. Anni 1997-2007.

Nell’approccio della varietà dei capitalismi la competitività delle imprese – e in particolare il livello di innovatività – era strettamente connesso con le caratteristiche del contesto istituzionale. In questa prospettiva, erano le dinamiche a livello micro che, una volta aggregate, davano i risultati a livello macro.

La nostra analisi riparte da quel filone di studi ma ne cambia la prospettiva. In questo caso, infatti, abbiamo visto come le trasformazioni a livello europeo abbiano influenzato il contestito istituazionale italiano. Tuttavia, nonostante la presenza di un ambiente istituzionale che avrebbe dovuto rafforzare il modello anglosassone – sia per per quanto concerne i modelli di corporate governance si rispetto alle differenti strategie bancarie –, le performance delle differenti banche risultano differenti. Da questo punto di vista, l’evoluzione degli assetti proprietari e delle strategie adottate dai differenti intermediari, sembrano riflettere le caratteristiche storiche del contesto. La nostra non vuole tuttavia essere un’analisi esaustiva dei bilanci e delle performance degli istituti di credito ma si pone piuttosto come un contributo prevalentemente “esplorativo”. I dati presentati, che riprendono la metodologia utilizzata da Pierobon [2009], rappresentano infatti una proxy di un fenomeno più complesso. Per questa ragione le domande di ricerca non erano legate al processo di finanziarizzazione dell’economia quanto piuttosto alla verifica dell’ipotesi della convergenza a partire dalle riflessioni di Dore. Lungo questa prospettiva abbiamo cercato di dimostrare come a livello macro il processo di omologazione non sia nei fatti così scontato mentre si osserva la presenza di equilibri multipli riconducibili alla path dependence. Si tratta di tendenze che, oltretutto, sembrano fortemernte ridimensionate a partire dalla crisi economica. Successivamente abbiamo cercato di illustrare come, nonostante gli obiettivi del legislatore, le trasformazioni interventute nel contesto italiano possano contribuire a spiegare sia gli elementi di continuità che quelli di discontinuità nelle strategie dei principali gruppi bancari. Gli intermediari presi in esame, infatti, presentano alcune diversità sia per quanto riguarda la dimensione dei bilanci sia nei confronti del livello di finanziariazzione degli attivi, mentre più simile risulta il ricorso alla leva finanziaria. Per spiegare tali differenze nel prossimo paragrafo ricorreremo a tecniche di analisi di tipo qualitativo, al fine di evidenziare da un lato, la presenza di processi isomorfici – sia di tipo mimetico che normativo – e, dall’altro, il ruolo della

dimensione relazionale nelle scelte organizzative. L’ultima dimensione indagata, infine, cercherà di ricostruire il ruolo giocato dalla teoria economica nel favorire il processo di finanziarizzazione.