Il Processus degli Opuscula (cc. C7v-K2v) è ambientato nel 1487, quando Leonardo Loredan era ancora podestà di Padova e il Catti studiava giurisprudenza presso l’Ateneo patavino. Il contenuto dell’opera è quanto mai curioso: il poeta-giurista in- tenta un processo contro la sua amata Lidia per il furto del pro- prio cuore, a lei prestato senza ottenere alcunché in cambio. A queste accuse, la fanciulla ribatte sostenendo di aver ricevuto il cuore come pegno d’amore e che, sebbene ella avesse ricambia- to, il poeta l’avrebbe comunque accusata di infedeltà in alcune poesie. Ascoltati alcuni testimoni di entrambe le parti, la difesa presenta come prova un fatidico libretto di poesie di cui il Catti è costretto ad ammettere la paternità. In queste poesie egli scrive di donare il cuore all’amata. Viene scelto un consultore tra i nomi indicati dalle parti e si giunge a una sentenza definitiva: i due amanti si scambino i cuori e vivano per sempre uniti.
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Per l’unico studio completo del Processus negli Opuscula si veda Rego- lini 2017. Al suo interno, l’autrice ha menzionato anche questo mio lavoro sul ms. VI/50. Il Processus dovette godere di una certa fama anche presso i suoi contemporanei. Accennando alle opere del Catti il contemporaneo Girolamo Rossi infatti scrive: «Dall’altra parte ai giovani [rispetto ad altre opere del poeta] piacciono di più carmi latini di vario genere, nei quali dice di volere che l’amatissima Lidia gli dia indietro il cuore e le intenta un processo vero e proprio, senza nulla tralasciare di quanto causidici e avvocati sono soliti dire nelle cause giudiziarie» (Rossi 1996, 659).
Dopo una lettera di dedica al Loredan e la sintesi del conte- nuto del processo (cc. C7v-C8r), l’azione giudiziaria si svolge in poco più di due mesi, tra febbraio e aprile, seguendo fedelmente la complicata articolazione dell’actio giudiziaria. Nel testo, i ti- toli segnalati da piè di mosca introducono ogni componimento, indicandone la funzione nel sistema, mentre numerose didasca- lie in distici elegiaci inframezzano e chiarificano lo svolgimento del processo. Quella che a prima vista sembra una congerie ete- rogenea di carmina è in realtà un mosaico, una narrazione coe- rente benché frammentata in più di 123 componimenti.
La continuità della causa giudiziaria, di cui non manca nes- sun procedimento, subisce un’unica sospensione tra le carte E6v e H4r, dove viene presentata alla corte la raccolta di componi- menti che il Catti avrebbe donato a Lidia. La successione delle 38 poesie in volgare, in un’arguta mise en abyme, forma un vero e proprio canzoniere volgare del poeta dedicato alla sua amata. L’inventiva del Catti, laddove non sperimenta nuove vie metri- che, costruisce una complicata cornice assolutamente inedita per uno dei generi letterari più comuni.
Finora la versione completa del Processus degli Opuscula è stata l’unica conosciuta e studiata. Alla luce tuttavia delle con- siderazioni sulla tradizione del Catti, il Processus sarà sempre circolato in questa forma dal 1487 al 1502? Il manoscritto VI/50 di Forlì potrebbe dare una risposta.
Nel suo Iter Italicum, Kristeller riassume il contenuto del manoscritto come «Bernardinus Cattus, carmen, to the Doge Leon. Lauretanus. s. XVI in.». La forma del codice è sicuramen- te meno preziosa della controparte marciana, ciononostante, una volta aperto il libellum, due elementi già menzionati conferma- no subito la sua importanza. La scrittura del testo innanzitutto è la medesima del Marc. Lat. XI, 30, mentre un piccolo stemma della famiglia Loredan miniato in foglia d’oro compare a piè del f. 1r, lo stesso in cui è presente la dedica al praetor di Padova Leonardo Loredan. Questa caratteristica, come è già stato detto per il manoscritto marciano, è propria degli esemplari di dedica.
Procedendo oltre l’aspetto formale del codice, si può passare all’esame del contenuto. Il manoscritto trasmette una serie di ventinove componimenti latini, a eccezione di uno semilatino e di due in volgare, nel seguente ordine:
f. 1r: Ad Magnificum et iustissimum dominum Leonardum Lauredano,
patritium Venetum praestantissimum, Antenoreumque praetorem op- timum Lydii Catti Ravennatis carmen: tre strofe saffiche minori;
f. 1v: Tenor libelli: sonetto caudato semilatino; ff. 1v-2r: Die prima Augusti 1487: endecasillabi faleci;
ff. 2r-3v: Die secunda Augusti 1487. Expositio causae per Lydium:
carmen in distici elegiaci;
ff. 3v-5r: Eadem die Lydiae Puellae responsio: carmen in distici ele-
giaci;
ff. 5r-5v: Eadem die per Lydiam rhythmorum praesentatio. Eorum te-
nor infra sequitur. Latinus rhythmus. Auctoris nomen in primordiis:
sonetto latino con acrostico;
ff. 5v-6r: De syllaba in syllabam sequitur vulgaris. Auctoris nomen in
primordiis: sonetto in volgare con acrostico;
f. 6r: Eadem die assignatio termini: endecasillabi faleci;
ff. 6r-8v: Die tertia Augusti. Allegationes in causa per Lydium: car-
men in distici elegiaci;
f. 8r: Eadem die et hora capitulum Lydii: carmen in distici elegiaci; ff. 8r-8v: Eadem die capitulum Lydae puellae: carmen in distici ele-
giaci;
f. 8v: Eadem die capitulorum petitio: carmen in distici elegiaci; f. 8v: Die quarta Augusti. Interrogatoria Lydii: carmen in distici ele-
giaci;
ff. 8v-9r: Interrogatoria partis adversae: endecasillabi faleci; f. 9r: Eadem die prima citatio: un distico elegiaco;
f. 9r: Citatio secunda eadem hora: endecasillabi faleci; ff. 9r-9v: Eadem hora citatio tertia: un distico elegiaco; f. 9v: Eadem die citatio ultima: endecasillabi faleci; ff. 9v-10r: Testis ex parte Lydii: carmen in distici elegiaci;
ff. 10v-11r: Testis pro parte Lydae puellae: carmen in endecasillabi
faleci;
f. 11r: Ad eundem dominum praetorem ut sententiam ferat: carmen in
distici elegiaci;
f. 11r: Versus qui et transverso tramite leguntur. Ad eundem: versi re-
ticolati;
ff. 11v-12r: Ad eundem. Tertia rima, primordiis et ad quem et mitten-
tis nomen demonstrantibus: terza rima in latino con acrostico;
f. 13r: Ad eundem: terzina ABA formata da esametro + endecasillabo
+ esametro;
ff. 13r-13v: Ad eundem dominum praetorem. Commendatio causae:
sonetto in volgare;
f. 13v: Summarium processus. Versus Anguinei: carmen anguineum; f. 13v: Constructio: un esametro;
f. 13v: Ad eundem: carmen in distici elegiaci.
Già a un primo sguardo, la ricorrenza dell’anno 1487, la de- dica al Loredan ancora praetor, i titoli dei componimenti e la stessa struttura del testo non possono che rieccheggiare quel Processus ordine iudiciario contenuto nella raccolta stampata nel 1502.
Questo processo manoscritto si presenta come una forma più breve (quattro giorni d’agosto contro i due mesi tra febbraio e marzo) e priva del canzoniere, ma non meno giuridicamente ac- curata e metricamente interessante.21 Prima di sostenere qualun- que parentela tra i due testi, si deve affrontare la possibilità che il Catti abbia utilizzato il topos del processo in più occasioni. Durante il mandato del Loredan a Padova, il poeta era uno stu- dente universitario immerso nel mondo del diritto, dei tribunali e del linguaggio tecnico giuridico: sarebbe verosimile pensare che egli possa aver più volte sfruttato questa realtà per i suoi la- vori letterari.
Ciononostante, la collazione testuale tra manoscritto e stam- pa smentisce una simile ipotesi già dal primo componimento. Le tre strofe saffiche che aprono il processo manoscritto sono infat- ti inequivocabilmente imparentate con le tre che aprono, dopo la dedica e la sintesi, il testo vero e proprio del processo degli Opuscula.22
21 Nella mia tesi di laurea sono inclusi anche uno studio della metrica e un’edizione critica commentata del testo trasmesso dal manoscritto forlivese VI/50.
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Per facilitare la lettura, nei testi citati sono stati modernizzati grafia, punteggiatura (eccetto per il carmen anguineum) e segni diacritici, è stata in- trodotta la distinzione moderna u/v e i/j, sono state normalizzate le maiuscole
Ms., f. 1r: Opuscula, c. D1r:
Omne virtutum decus et columna stirpe qui in terris bene Lauredana vivis antiquae monumenta chartae tempore in isto, 4 sive tu quicquid petis est quaterni
fontis, in toto potiora seclo
dona, seu quicquid placidi aut benigni pectoris extat. 8 Accipe humanis manibus Thalia
nostra quod praebet tibi et istud ore quo soles miti nimis atque laeto
perlege carmen. 12
Grande virtutum decus atque lumen
stirpe qui natus tribuente laurum
diceris diae dare secla vitae
tempore nostro,
sive tu quicquid petis est parentis
maximi divum Iovis atque Phoebi, sive tu poscis Sophiae Minervae quicquid habetur.
Accipe humanis manibus Ravennas
quod tibi munus facit atque, semper ut soles, nostrum facie serena
perlege carmen.
È evidente come entrambi gli elogi al protettore del poeta siano collegati. Nella prima strofa della versione a stampa il passaggio stirpe…Lauredana > stirpe…tribuente laurum mostra maggiore finezza, occultando il cognome del destinatario trami- te la sua etimologia e attribuendogli la facoltà di incoronare i poeti. La seconda strofa condivide nelle due versioni solo l’incipit, mentre nella stampa si introducono le divinità classi- che. Nella terza strofa a stampa, il munus non è più offerto dalla Musa Talia, bensì dal ravennate stesso. L’invito finale rimane invece inalterato.
Il secondo componimento del manoscritto è il sonetto semi- latino Tenor libelli, ossia un sonetto costituito da esametri nei quali sono inserite parole volgari senza adattamento morfologi- co (a differenza del macaronico). Anche in questo caso i versi non sono privi di riscontro nel Processus a stampa, dove ricor- rono col titolo Libellus Catti Latino rhythmo e con la medesima funzione:
Ms., f. 1v: Opuscula, cc. D1v-D2r:
Comparet Catto et coram se presenta vobis et vestro officio rectore, et exponendo petit el so core,
Te coram Patavi regente lata, praetor, moenia Cattus ex dolore heu compareo, postulo et furore
(eccetto quando indicanti acrostico), sciolte le abbreviazioni e separate le pa- role in scriptio continua.
pignus datum di cui per amor stenta. 4 Lyda puella cum la mente fenta
negat, ma dicit ben in gran furore quod huius cordis quel fo donatore, ergo in reddendo cor vol esser lenta. 8 Quare peto a vobis cum iustitia
quod comdemnetur illa darmi el mio offerens me provar se fia bisogno. 11 Et quia fovet causam cum nequitia,
quod haec expensas vinta senza oblio solvat pro lite le qual già ripogno. 14
Et si forte menzogno sum in libello, io dico salvo et coetera addendi et minuendi a questa lettera. 17
reddat Lydia corda commodata. Et dico ut tulit haec dolis creata
scriptis munera finge Catte, amore te dono penitus meo, calore tanto littera sic fuit notata. Ergo tradere cum velit puella
neutrum, restituat duo reposco semper quae fuerint probans necesse. Protestor, fovet haec iniqua bella,
de expensis mihi quae feruntur esse factae et quas fieri decere nosco.
E perché anchor cognosco formam libelli io dico salvo et coetera addendi et minuendi a questa lettera. A prima vista i due componimenti parrebbero assimilabili soltanto per essere sonetti. Le ricorrenze testuali sono assai spo- radiche, il primo sonetto è in endecasillabi e il secondo in ende- casillabi faleci, il primo è costituito da versi per metà latini e per metà volgari, mentre il secondo relega il volgare nella coda. Ciononostante, la comunione del tema e della coda gettano una luce differente sui due componimenti, entrambi concepiti come introduzione al processo. Il sonetto a stampa, così come nel caso precedente, si presenta come una versione più raffinata ed ela- borata della controparte manoscritta. Quest’ultimo è meno com- plicato prosodicamente, giacché gli inserti volgari a fine verso permettono di evitare rime latine; il sonetto a stampa è semilati- no solo in virtù della coda e adotta l’endecasillabo falecio, un metro molto amato dagli umanisti e molto usato proprio in que- sto tipo di produzione.23
Il manoscritto a questo punto procede con il carme Die prima Augusti 1487, nel quale ha inizio il processo e fa il suo ingresso l’imputata Lidia. Andando a recuperare il carmen che negli Opuscula ha la medesima funzione, si noterà come anche in questo caso esista un legame:
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Ms., ff. 1v-2r: Opuscula, c. D1v:
Praefata officio dieque et anno Lydam nomine Lydii, sedentis prima iudicis ut veniret hora
et respondeat ad petenda, vere 4 personaliter ore cum fideli
preco rettulit Arfus, inter ipsos in causa quam agitant simul, citasse.
Hac dicta officio dieque et anno Catti nomine Lydiam sedentis prima iudicis ut veniret hora et respondeat ad petenda, vere personaliter ore cum fideli praeco rettulit Arphus, inter ipsos in causa quam agitant simul, citasse.
Anche senza l’uso del corsivo, è palese come questi due componimenti siano in sostanza identici. Il metro che adottano è il falecio e il soggetto che trattano è lo stesso, condividendo an- che il nome del praeco Arfo, il banditore del tribunale. Due so- no le differenze degne di nota: la prima è la variante Lyda per Lydia (comunque presente nel manoscritto); la seconda è la dif- ferente posizione del carmen negli Opuscula, dove precede an- ziché seguire il sonetto semilatino. Le ricorrenze nel manoscrit- to non rispecchiano perciò l’ordine della stampa, sebbene pos- sano condividerne la funzione giuridico-narrativa.
Il quarto componimento del manoscritto, intitolato Die secu- nda Augusti 1487. Expositio Causae per Lydium condivide l’explicit con le Replicationes Catti exceptionibus Lydiae degli Opuscula:
Ms., ff. 2r-3v: Opuscula, cc. D5v-D7v:
[…]
Si petit ut reddam tribuit quae bina puella 77 oscula, pro binis reddere mille volo.
[…]
Si petit ut reddam tribuit quae bina puella 131 basia, pro binis reddere mille volo.
Il quinto componimento, Eadem die Lydiae puellae respon- sio, condivide invece l’incipit con le Exceptiones Lydiae libello Catti degli Opuscula:
Ms., ff. 3v-5r: Opuscula, cc. D2r-D4r:
Quae tua sola micat penitus super aethera, praetor, iustitia et pietas in genus omne potens. 2 Non sinit ut pro me capiam qui iure superbus
advocet et totum misceat ille forum. 4 Sed quod sola humili confidam foemina verbo […]
Quae tua summa volat Patavi super aethera, praetor,
iustitia et pietas in genus omne potens. Non sinit ut pro me capiam qui iure superbus
advocet et totum misceat usque forum. Sed facit ut possim nostro confidere versu
[…]
Nonostante le loro differenze, in entrambi questi componi- menti Lidia parla approfonditamente della poesia del Catti e di quei versi con cui egli ammetterebbe di averle donato sua spon- te il proprio cuore. La differenza principale è che nel primo caso Lidia parafrasa quelli che saranno i due componimenti che di lì a poco presenterà, mentre negli Opuscula fornisce un importan- te – e forse unico – manifesto poetico del Catti e del suo speri- mentalismo.
Così nel manoscritto vengono introdotte le prove della col- pevolezza di Lidio. Qui però è il Catti a costringere Lidia a mo- strare i suoi scritti a lei dedicati, non viceversa, e al posto del lungo canzoniere volgare, ci si limita a due componimenti legati tra loro in uno degli esperimenti del nostro poeta. È infatti por- tato come prova il sonetto latino rubricato Eadem die per Lydam rhythmorum praesentatio. Eorum tenor infra sequitur. Latinus rhythmus. Auctoris nomen in primordiis, seguito subito dal so- netto in volgare De syllaba in syllabam sequitur vulgaris. Auc- toris nomen in primordiis, il quale altro non è che la traduzione letterale del primo.
Il fatto che questo esperimento non ricorra nel Processus a stampa porterebbe a pensare che la presenza ingombrante del canzoniere abbia escluso questo artificio poetico. Per la logica del Processus l’ipotesi può essere corretta, ma è altrettanto vero che il doppio sonetto ricorre comunque negli Opuscula. Sempli- cemente non si trova nel Processus.
Se si sfoglia infatti la seconda sezione della raccolta,24 inte- ramente dedicata agli esperimenti e alle acrobazie poetiche del ravennate, balzeranno all’occhio uno dopo l’altro proprio i due sonetti del manoscritto alle cc. C3v-C4r.25 Anche qui essi sono posti in successione, divisi dalla rubrica Maternus Rhythmus ut latinus et lege Plautina imitatione primordia. Al di là di qualche differenza nella seconda quartina e nelle terzine, rimangono inalterati soggetto, contrapposizione tra testo latino e volgariz- zamento, nonché l’acrostico «Bernardin Catto».
I due sonetti non sono d’altro canto gli unici componimenti del manoscritto che ricorrono in un’altra sezione degli Opuscu- la. Ai ff. 11r-13v, condividono la medesima sorte tre carmina con i quali il poeta, terminato il processo, tesse le lodi del prae- tor perché gli sia favorevole nel giudizio. Questi sono un car- men in versi reticolati, un carmen in terzine latine e una sestina in latino. Così come i sonetti, queste poesie esprimono appieno l’attitudine sperimentale di Lidio Catti e, in quanto tali, non ri- corrono nel Processus degli Opuscula (il cui finale è molto più articolato di quello manoscritto), ma tra gli esperimenti della prima e della seconda sezione della raccolta.
In particolare, il carmen reticulatum vive una situazione pri- vilegiata: se consideriamo il manoscritto anteriore alla stampa e lo incrociamo con la già menzionata pagina dei diari del Sanudo datata 11 maggio 1500,26 sarà difatti possibile ricostruire la ge- nesi del componimento.
La versione del manoscritto forlivese è la seguente:
Vivat iustitiae spes, lumen, gloria praetor, Iustitiae splendor, legum dux, dulcis amicus, Spes legum, exemplar virtutum, copia grandis,
24 Opuscula, c. A1r: «Latina quaedam et materna singularia carmina a nullo alio tali genere forte composita».
25
I due sonetti si possono leggere, secondo la versione degli Opuscula, in Duso 2004, pp. 48-49.
26
Lumen, dux, virtutum primus, iuris amator, Gloria dulcis, copia iuris, pectore Brutus, Praetor amicus, grandis amator, Brutus et alter.
La chiave del carmen è sempre quella suggerita da Pozzi,27 per cui la lettura può avvenire indifferentemente sia da sinistra a destra sia dall’alto verso il basso. Questo effetto è ottenuto ripe- tendo ciascuna parola nei versi successivi, attorno a un verso in diagonale «Vivat splendor, exemplar primus, pectore et alter» escluso da tale ripetizione.
Una seconda versione di questo componimento è riportata dal Sanudo col titolo De divo Marco, dopo la sua trascrizione del carmen anguineum sugli Sforza. Come avviene per quest’ultimo, anche i versi reticolati trasmessi nel diario presen- tano numerose varianti:
Vivat. bellorum. flos. lumen. gloria. Marcus. Bellorum. splendor. lumen. dux. fortis. in armis. Flos. lumen. sedes. virtutum. copia. Martis.
Lumen. dux. virtutum. primus. iuris. amicus.
Gloria. fortis. copia. iuris. carmine. vivat. Marcus. in armis. Martis. amicus. vivat. in aevum.
Le parole comuni segnalate in corsivo dimostrano la parente- la tra i due carmina. Il soggetto non è più il praetor di Padova ma Venezia («Marcus»), e pertanto alcuni epiteti sono stati ria- dattati, come la iustitia che diventa bella o dulcis che diventa fortis. D’altronde il contesto è ormai quello della guerra turco- veneziana del 1499-1503, a cui il Catti stesso dimostra di essere interessato tramite gli epiteti attribuiti al doge Loredan nella prima lettera di dedica e alcuni suoi componimenti, primo fra tutti il Sotadicum carmen in Turchum al f. 24r del manoscritto marciano e quindi a c. B7v degli Opuscula. Non sarà perciò un caso che il poeta riproponga nella medesima sede l’ultima rivisi- tazione del carmen reticulatum, ormai pienamente rivolto alla guerra contro l’impero ottomano. Negli Opuscula il carme al di-
27
vus Marcus è soggetto a sdoppiamento antitetico, cosicché, do- po esser stato ancora rimaneggiato con parti della prima e della seconda versione, gli viene anteposto un nuovo carmen reticula- tum contro il Turco, in una perfetta antitesi verbatim:
Occidat Italiae mors, Christi belva Turchus Italiae terror, fidei hostis, tristis, iniquus, Mors fidei, pacis destructor, gloria Ditis, Christi hostis, destructor pacis, Ditis amicus, Belva tristis, gloria Ditis, milite perdat, Turchus iniquus, Ditis amicus, perdat in armis.
Vivat et Italiae spes, Christi gloria Marcus Italiae tutor, fidei dux, grandis amicus, Spes fidei, pacis servator, copia Martis, Christi dux, servator pacis, Martis alumnus,
Gloria grandis, copia Martis, milite vincat, Marcus amicus, Martis alumnus, vincat in armis.
Analizzando il secondo componimento, oltre ad alcuni ele- menti già presenti nella versione trasmessa dal Sanudo (segnala- ti con sottolineature), ricompaiono anche lezioni proprie della sola prima versione (segnalate in corsivo). Innanzitutto, iustitia e bella sono sostituiti dall’Italia di cui Venezia diventa spes, con un sostantivo recuperato della prima versione, e tutor. Il lumen delle versioni precedenti e le leges della prima diventano Chri- stus e fides, perché la guerra contro gli Ottomani è anche una guerra tra due religioni. In questa prospettiva, se Venezia è «Christi gloria», «Italiae tutor», «fidei dux» «spes fidei» e «pa-