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I profili della rilevanza di una corretta redazione del testo della domanda di brevetto

2. LE MODIFICHE AL TESTO DELLA DOMANDA BREVETTUALE NEL CORSO DEL PROCEDIMENTO

2.2. I profili della rilevanza di una corretta redazione del testo della domanda di brevetto

La redazione di un buon testo brevettuale è compito non facile, ma di notevole importanza, tanto sul piano giuridico, quanto su quello economico.

Non basta che l’invenzione così come concepita possieda intrinsecamente i requisiti per una valida protezione brevettuale ad assicurare che l’inventore potrà effettivamente godere di una “buona”

e piena esclusiva: il valore dell’invenzione, inteso sia quale valore intrinseco, sia quale valore di scambio, è infatti condizionato dal grado di efficienza con cui il brevetto, e in particolare le sue rivendicazioni, sono state scritte.

Non è infrequente che il brevetto nasca imperfetto.

Le rivendicazioni possono, ad esempio, non rispecchiare integralmente gli aspetti inventivi del trovato75; o, ancora, la descrizione può risultare incompleta, oscura ovvero – cosa che accade in particolare nel campo farmaceutico – non dimostrare in modo sufficiente che il trovato risolve effettivamente il problema tecnico (ad esempio, con la dimostrazione dell’attività terapeutica rivendicata) 76. In linea di principio, come vedremo, il primo problema può essere risolto ove la descrizione contenga materia idonea a supportare una

74 Così, già GRECO-VERCELLONE, Le invenzioni e i modelli industriali, Torino, 1968, pag.

157, per i quali, ai fini di garantirsi un’efficace tutela dell’invenzione, occorre che si possa

«impedire che i terzi la sfruttino per le altre applicazioni non precisate nel brevetto o […]

evitare comunque questioni e contestazioni sulla esatta portata di quest’ultimo, o, come si dice, sulla sua interpretazione».

75 VANZETTI-DI CATALDO, Manuale di diritto industriale, ed. 7a, Milano, 2012, pag. 148.

76 CARTELLA, op. cit., pag. 114, o ve si legge che, in tale situazione, «il testo brevettuale è spesso carente nella descrizione dell’invenzione, vista nell’ottica di questo più ampio o parzialmente diverso profilo applicativo».

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riformulazione delle rivendicazioni che avvicinino l’ambito di protezione al reale oggetto del trovato; i deficit della descrizione – che tra l’altro possono ridondare in una causa di nullità del brevetto, se la descrizione stessa non è tale da consentire all’esperto del settore di attuare l’invenzione - sono invece “curabili” entro limiti ristretti, essenzialmente sul piano di esplicitare o confermare ciò che era contenuto nella o già desumibile senza sforzo dalla stessa, e ciò in quanto, come si diceva, la possibilità di operare sul brevetto sconta il limite del divieto di aggiunta di materia nuova (con l’integrazione della descrizione in modo tale che consenta di supportare rivendicazioni che, viceversa, non avrebbero trovato sostegno nella domanda così come depositata o, più precisamente, nel suo contenuto).

Quando si verifica una delle ipotesi di cui sopra, la tendenza primaria dell’ordinamento è nel senso di porre a disposizione del futuro titolare di un brevetto gli strumenti necessari per emendare l’imperfezione.

Il legislatore, infatti, non può certo trascurare che l’attuazione di un’invenzione comporta ingenti investimenti, sia nella fase prodromica della ricerca, sia nella successiva fase di ingegnerizzazione, così come in quella di creazione dell’organizzazione produttiva.

Sarebbe, quindi, eccessivamente gravoso per l’inventore se il quadro normativo prevedesse la cristallizzazione della tutela sulla base della domanda così come depositata, poiché il basso grado di efficienza scaturente dalla privativa brevettuale (e che verrà prima o poi riscontrato) non consentirebbe al titolare né di recuperare gli investimenti sostenuti né tantomeno di conseguire una remunerazione adeguata alla originalità e alla utilità della propria invenzione77.

77 In un prospettiva opposta, la cristallizzazione della tutela brevettuale sulla base della domanda così come depositata comporterebbe il rischio del generarsi di privative apparenti, con il conseguente infittirsi di quella selva di esclusive in cui già oggi l’attività di ricerca e sviluppo deve districarsi, e renderebbe pressoché inevitabile, prima del deposito di una domanda di brevetto, lo svolgimento di approfondite ricerche private, con tutto ciò che ne consegue in termini di ostacoli alla ricerca.

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Una simile penalizzazione, in poche parole, andrebbe contro l’idea di brevetto come premio per l’inventore e, al contempo, come incentivo alla ricerca.

Queste osservazioni valgono a spiegare l’importanza di una idonea ed efficace stesura della domanda di brevetto, «che la renda tale da rappresentare in modo chiaro e corretto il (e da corrispondere effettivamente al) trovato brevettando e alle sue potenzialità; e, quindi, valgono a spiegare l’interesse ad intervenire sul testo brevettuale, finché la domanda di brevetto è in progress, al fine di far sì che il testo concesso corrisponda a tali obiettivi»78.

Al riguardo, è appena il caso di notare che le possibilità e le modalità di intervento sul testo brevettuale sono diverse, secondo che il brevetto sia ancora allo stato di domanda, oppure esso sia già stato concesso.

Nel primo caso, lo spazio di intervento sarà più ampio, poiché, non essendo ancora stato rilasciato il titolo, minore è l’esigenza di tutela dei terzi.

Il titolare, quindi, potrà muoversi nell’ambito del «contenuto della domanda» di brevetto così come depositata, da intendersi quale soglia invalicabile in fase di apporto di eventuali modifiche.

Ciò non toglie che occorrerà comunque evitare che la domanda di brevetto possa servire quale sorta di prenotazione per future coperture brevettuali relative a trovati non ancora individuati al momento del suo deposito.79

In particolare, bisogna fare attenzione a che l’inventore, attraverso la proposizione di modifiche alla domanda originaria, non riesca nell’intento di retrodatare l’individuazione di un nuovo trovato, autonomamente brevettabile, alla data del primo deposito, pregiudicando in tal modo eventuali terzi inventori che siano arrivati

78 CARTELLA, op. cit., pag. 115.

79 GHIDINI-DE BENEDETTI, Codice della Proprietà industriale, Il Sole 24 Ore, Milano, pag.

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alla stessa invenzione nell’intervallo di tempo tra il deposito della prima domanda e la sua successiva modifica.

A brevetto concesso, invece, come avremo modo di mettere in evidenza nel terzo capitolo, la necessità di garantire l’affidamento dei terzi su quanto specificamente individuato dal titolare nel brevetto si fa più stringente.

I terzi, infatti, devono, da un lato, poter conoscere con precisione quali elementi del trovato risultano essere coperti da esclusiva brevettuale, in modo da poter evitare di incorrere in ipotesi di contraffazione e, dall’altro, poter contare sulla circostanza che tutto ciò che non è espressamente rivendicato, per quanto interpretato alla luce di descrizione e disegni, sia di pubblico dominio.

In tale ipotesi, pertanto, il margine di modifica che l’ordinamento riconosce al titolare del brevetto risulta più ristretto: l’inventore, infatti, dovrà scontare non solo il precetto di dover rimanere nell’ambito del «contenuto della domanda» iniziale, ma anche il limite di non estendere la protezione conferita dal brevetto concesso, pena la nullità del brevetto stesso ai sensi dell’articolo 76, comma 1, lett. b) C.P.I..

In altre parole, in un momento successivo alla concessione, il titolare della privativa brevettuale potrà agire sul brevetto modificandolo in termini di limitazione con il doppio limite del «contenuto della domanda iniziale» e dell’«oggetto» del brevetto per non incappare in una delle ipotesi tassative di nullità del titolo espressamente previste dal legislatore all’articolo 76 C.P.I..

Sì perché «contenuto della domanda» e «oggetto» del brevetto sono due concetti ben distinti e, in più di un caso, l’uno – desumibile prevalentemente dalla descrizione, corredata dai relativi disegni – ha una rilevanza autonoma rispetto all’altro – definito dalle rivendicazioni.

In particolare, se per «oggetto» del brevetto deve intendersi tutto ciò che è contemporaneamente rivendicato e descritto, per «contenuto

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della domanda» iniziale, tutti gli elementi desumibili dalla domanda, anche se non completamente rivendicati.80

La determinazione del «contenuto della domanda», e la sua relazione con l’«oggetto» del brevetto, pongono interessanti problemi, anche con riferimento alle possibili variazioni e integrazioni della domanda stessa durante il procedimento di brevettazione.

Questo capitolo sarà, dunque, volto, come accennato in premessa, ad analizzare le possibilità di intervento che il nostro ordinamento mette a disposizione del richiedente per tentare di rendere la propria concedenda privativa la più solida possibile e al contempo difficilmente aggirabile dai terzi pro futuro.

Ciò consentirà di prendere coscienza non solo del fatto che il procedimento di brevettazione ha una sua fondamentale rilevanza nella fattispecie costitutiva del diritto di esclusiva, ma anche, e soprattutto, della circostanza che il «contenuto della domanda» è un concetto del tutto differente da quello di «oggetto» del brevetto.

Nelle pagine che seguono si percorreranno contemporaneamente due sentieri diversi, ma che inevitabilmente si intersecano tra loro: la natura costitutiva della brevettazione e il panorama completo di intervento del richiedente nella fase di pre-concessione del titolo.

Quanto sarà messo in evidenza nelle pagine che seguono, ci permetterà di avere le idee chiare al momento della trattazione della limitazione del brevetto a seguito della sua concessione, che, come abbiamo detto, incontra sia il limite del «contenuto della domanda»

come originariamente depositata, sia il divieto di estendere l’«oggetto» del brevetto oltre la protezione conferita alla privativa rilasciata.

Chiuderà il capitolo una doverosa approfondita analisi della Convenzione sul Brevetto Europeo, al fine di mettere in luce le affinità e le eventuali differenze con la disciplina nazionale.

80 GIUDICI, Brevi note sulle procedure di concessione dei titoli di proprietà industriale, in Il Dir. Ind., 2005, pag. 334.

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