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Sotto altro profilo ancora, l'irriducibilità dell'esenzione venticinquennale alla normale disciplina tributaria dei redditi

im-mobiliari ulteriormente riemerge nel momento in cui si apre la te-matica delle condizioni alle quali, pur nella sussistenza dei suoi pre-supposti sostanziali, rimane subordinata la sua concreta operatività. Si afferma solitamente in proposito che quell'esenzione può essere riconosciuta solo a partire dal periodo d'imposta in cui viene richiesta

(anche in dichiarazione, o in sede di ricorso contro ruolo); con la conseguenza che, in dipendenza del comportamento dell'interessato, la sua durata può in concreto sensibilmente ridursi rispetto a quella normativamente predeterminata (20).

Ora, quale che sia la correttezza di tale ordine di idee (21), e comunque si definisca il ruolo della « domanda » del

contribuen-(18) In argomento, cfr. Cass. 21 ottobre 1981, n. 5506, (In Rvo. leg. fise.,

1982, p. 1041 ss.), laddove (ed anche se con riferimento all'esenzione decennale da imposta di R.M. ex art. 8, L. n. 635 del 1957), pur affermandosi

l'improponi-bilità dell'azione di ripetizione d'indebito se il diritto all'esenzione non è stato tempestivamente fatto valere in sede di dichiarazione o di ricorso contro ruolo, si riconosce che «... la previsione normativa dell'agevolazione che abbraccia un decennio... comporta appunto la possibilità di riferire l'agevolazione medesima, non già puntualmente ed analiticamente a ciascuna delle annualità, considerate autonomamente, ma al loro insieme (sia pure con riferimento all'arco di tempo ancora aperto) ... ».

(19) In questa direzione, cfr. già il mio In tema di accertamento, cit.,

p. 123 ss. Questo ordine di esigenze sembra invece sfuggire a quanti (cfr. BASI-LAVECCHIA, In tema di atti di concessione, cit., p. 101; GLENDI, L'oggetto, cit.,

p. 394 ; FASITTA, Rilevanza delle circolari, cit., p. 33) ricollegano quel

conten-zioso ad una generica tendenza al superamento dei normali limiti annuali dei giudicato in materia di imposte periodiche.

(20) Cfr. Cass. 15 aprile 1985, n. 2482, in Boll, trib., 1985, p. 1348; Cass.

10 giugno 1982, n. 3515, in Boll, trib., 1982, p. 1773; Cass. 21 ottobre 1981, n. 5506, cit. ; Comm. Centr. 17 ottobre 1987, n. 7340, in Fisco, 1987, p. 6825. Sul punto, cfr. anche BASILAVECCHIA, In tema di atti di concessione, oit., p. 77 ss.,

part. p. 86; ID., Rapporti tra domanda di condono e richiesta di esenzione nelle imposte dirette, in Rass. trib., 1986, II, p. 230; ZENNARO, op. cit., p. 70.

(21) ... poiché, in realtà, la disciplina dell'agevolazione in questione non prevede, né regolamenta, alcuna « domanda » del beneficio.

te (22), non può in ogni caso ricondursi al piano della normale disciplina impositiva qqel che in effetti è un regime eccezionalmente impositivo di redditi in via di principio esenti (23). Anche quando, infatti, si volesse dare spazio ad una spiegazione del fenomeno delle esenzioni in termini di delimitazione negativa della fattispecie im-ponibile, dovrebbe comunque postularsi un distinto piano normativo per dar conto degli effetti eccezionalmente impositivi dei fatti in via di principio estranei alla norma impositiva. Poiché è contrario ai più elementari canoni della logica giuridica la configurazione di fatti che ad un tempo stanno al di dentro ed al di fuori della previsione di una stessa norma.

In definitiva, dalla disciplina dell'esenzione venticinquennale per ogni verso emergono aspetti che ampiamente supportano proprio la configurazione di quell'autonomo « diritto » al quale tanto spesso si fa riferimento nella prassi. E le vicende ricordate in apertura, lungi dal poter essere criticate in nome di aprioristiche negazioni della configurabilità di quel « diritto », dovrebbero piuttosto indurre a chiedersi se gli inconvenienti che le hanno accompagnate non deb-bano proprio in larga misura imputarsi agli ancora inadeguati riconoscimenti della multiforme ed eterogenea varietà delle situa-zioni giuridiche risultanti dal diritto tributario sostanziale, e della specificità dei problemi connessi alla loro tutela giurisdizionale.

3. Già in altra sede, e molti anni or sono, ho sostenuto, e cer-cato di dimostrare, la validità della figura dell'esenzione fiscale (sul piano della teoria sia della norma giuridica che del fatto e degli effetti giuridici), e la necessità di considerarla espressione di un tipo di disciplina giuridica delle fattispecie tributarie (24).

(22) Si presenta infatti qui il delicato problema di stabilire se la « do-manda » rientri, o meno, nella fattispecie costitutiva del beneficio ; se essa, cioè, ne condizioni il venire in essere o soltanto il godimento (alla stregua di una condicio iuris), come sembra ritenersi allorché si osserva che «... quando

la legge esige un'istanza di parte, l'istanza rende operante l'esenzione; ... la normativa impositiva non opera più, e diviene operante la normativa di

favo-re.. » (TESATTRO, Profili, cit., p. 111).

(23) Tale implicazione è, infatti, puntualmente percepita da quanti (cfr. ZENNARO, op. loc. alt. oitt.) quella conclusione criticano, ritenendo che «...

l'esi-stenza di un diritto soggettivo alla non tassazione dovrebbe escludere in radice

la nascita di un rapporto d'imposta...». Ma va in contrario osservato che il

pre-giudizio parziale, conseguente alla ritardata presentazione dell'istanza di esen-zione, può essere spiegato in modi assai diversi (tutti da verificare sul piano del diritto positivo e tutti perfettamente compatibili con la configurazione del diritto all'esenzione).

(24) Cfr. LA ROSA, Eguaglianza tributaria ed esenzioni fiscali, Milano, 1968,

In quella occasione, avevo anche rilevato l'improprietà dell'as-sunzione di quel beneficio ad oggetto di un vero e proprio « diritto soggettivo », per l'inconfigurabilità di corrispondenti « obblighi » a carico di chicchessia, o di specifici poteri e facoltà che potessero costituirne il contenuto (25); avevo ritenuto di dover richiamare l'attenzione sul fatto che l'efficacia giuridica non necessariamente deve consistere nella costituzione, modificazione o estinzione di situazioni giuridiche soggettive, potendo invece esser costituita an-che da mere « ...qualificazioni legali di realtà sociali diverse dagli

atti che possono essere compiuti dai soggetti... » (26); ed avevo iden-tificato il contenuto dell'effetto dell'esenzione nell'«... attribuzione di un valore giuridico al fatto della conservazione, da parte del contribuente, della ricchezza che dovrebbe essere prelevata... » (27).

Della validità di quell'impostazione, e di quelle soluzioni, ri-mango fermamente convinto, nonostante le perplessità e le riserve che sono state talora espresse sulla effettiva distinguibilità delle « esclusioni » dalle « esenzioni » tributarie (28). E vorrei qui sol-tanto cogliere l'occasione per alcune veloci puntualizzazioni.

a) Il problema della qualificazione giuridica dell'esenzione (in termini di vero e proprio « diritto », o in altri termini) attiene al

(25) Ivi, part. p. 131.

(26) Ivi, p. 191. È superfluo ricordare, al riguardo, che la configurabilita di situazioni giuridiche oggettive, aventi una incidenza soltanto indiretta sulle

situazioni giuridiche soggettive, è stata sempre riconosciuta dalla migliore dot-trina (cfr., ad esempio, ed a proposito degli effetti degli atti di certazione, GIAN-NINI M.S., Accertamento, diritto costituzionale ed amministrativo, in fine, dir.,

voi. I, Milano, 11958, p. 219 ss.).

(27) Ivi, p. 188. In questa stessa prospettiva, cfr. INGROSSO, Il credito d'imposta, Milano, 1984, p. 81 ss. (per il quale, p. 85, « ... le esenzioni ed

agevo-lazioni sono finanziamenti indiretti, virtuali ed impliciti. Indiretti, in quanto

at-tuati mediante il diritto tributario, senza una specifica ingerenza o controllo in via preventiva da parte dello Stato o di altri enti pubblici minori... Virtuali, perché vanno considerati come corrispondenti alle erogazioni pecuniarie storiche realizzate colla manovra della spesa pubblica. Impliciti, dal momento che rap-presentano un costo, dato dal mancato prelievo, che non viene registrato nel bilancio dello Stato...»); GRANELLI, L'imposizione dei plusvalori immobiliari,

Padova, 1981, p. 215 ss.

(28) Cfr., in particolare, D'AMATI, Agevolazioni ed esenzioni tributarie,

in Noviss. Dig. it., App., Torino, 1980, p. 153 ; FEDELE, Profili, dell'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, Napoli, s.d., ma 1966. p. 81 ss.;

nonché, da ultimo, ed in termini problematici, TESAURO, Istituzioni di diritto tributario, voi. I, Torino, 1987, p. 59. Nel senso della riaffermazione

dell'autono-mia del fondamento normativo delle agevolazioni, cfr., invece, INGROSSO, op. loc. ult. citt.: GRANELLI, op. loc. ult. citt. ; nonché, MOSCHETTI, Problemi di legit-timità costituzionale e principi interpretativi in tema di agevolazioni tributarie,

in Ross, trib., 1986, I, p. 355 s. (ed ivi, p. 357, espressa adesione alla

campo della teoria generale del diritto; postula la preliminare individuazione delle diverse categorie fondamentali; e non può comunque esser confuso con la tematica, specificamente interpre-tativa, attinente all'individuazione della valenza sistematica delle singole disposizioni.

In particolare, la negazione della configurabilità di un «di-ritto soggettivo » all'esenzione è corretta se di quest'ultimo si po-stula la correlazione necessaria a situazioni di « obbligo », nel quadro di « rapporti giuridici » intersoggettivi ; forse non lo sarebbe, ove, invece, quella nozione fosse delineata in funzione del mero

agere licere, o comunque estesa anche a situazioni eminentemente unilaterali, quali quelle che Santi Romano qualificava in termini di « diritti assoluti » (29) ; e non può in ogni caso saltarsi dalla eventuale inconfigurahilità, nell'esenzione, di una qualsivoglia si-tuazione giuridica soggettiva alla totale negazione del relativo ef-fetto giuridico, per la non assoluta coincidenza dei piani della teoria dell'efficacia giuridica e di quella delle situazioni giuridiche soggettive (30).

ft) Gli effetti giuridici costituiti da situazioni giuridiche og-gettive (perché di per sé consistenti in mere qualificazioni di prede-terminate realtà sociali) hanno poi sempre e necessariamente ine-vitabili riflessi sulle situazioni soggettive di quanti a quegli effetti sono in vario modo interessati (31). Per restare al campo dell'edi-lizia, non può ad esempio dubitarsi che gli effetti del c.d. certificato di «abitabilità» di un edificio, pur consistendo, in sé considerati, nella pura e semplice attribuzione di una determinata qualità giu-ridica ad un qualcosa (l'edificio) di materialmente preesistente sul

(29) Cfr. ROMANO S., Frammenti di un dizionario giuridico, ristampa

inalterata, Milano, 1983, p. 52 ss., ed ivi la loro configurazione in termini di rapporto con i beni cbe ne costituiscono oggetto, e la negazione della configura-bilità di alcun rapporto giuridico con il dovere degli altri di non turbare l'altrui « diritto assoluto ». Significativi echi di queste concezioni sono del resto agevol-mente riscontrabili anche in soluzioni giurisprudenziali talora fondate su assai late nozioni del « diritto soggettivo » (nel senso della configurabilità di un vero e proprio «diritto alla salute», cfr., ad esempio, Cass. SS.UU. 6 ottobre 1979, n. 5172, in Giur. it., 1980, I, 1, 464).

(30) Rinvio, in proposito, a quanto già osservato nel mio Eguaglianza tri-butaria, oit,, p. 186 ss., part. nota 13, ed al fondamentale contributo del FALZEA, Efficacia giuridica, in Enc. dir., voi. XIV, Milano, 1965, p. 470 ss. Normalmente

inesplicitate rimangono invece solitamente (ed è non lieve lacuna) le premesse teoriche dalle quali muovono quanti vorrebbero ricondurre la figura dell'esenzio-ne all'area del giuridicamente irrilevante, per il solo fatto della dubbia configu-rabilità di un vero e proprio « diritto soggettivo » in materia.

piano della realtà sociale, incidono poi anche sulla sfera dei « di-ritti » del possessore, consentendogliene l'abitazione. Ed altrettanto indubbio sembra che di comportamenti lesivi della sfera dei diritti soggettivi del cittadino potrebbe parlarsi a fronte di successive con-testazioni e limitazioni della possibilità di fruire, appunto, di quel-l'« abitabilità ».

Similmente, la configurazione del « diritto » ad una esenzione fiscale è da considerare sinteticamente ed ellitticamente riferita agli indiretti riflessi soggettivi di quella particolare situazione giu-ridica oggettiva. Essa può anche essere considerata tecnicamente impropria. Ma nulla vieta che venga adottata nella prassi, quanto meno per contraddistinguere, ad esempio, i casi in cui il beneficio è normativamente costituito ex lege, da quelli nei quali ha invece la sua fonte in provvedimenti amministrativi (rispetto ai quali sono soltanto configurabili interessi legittimi (32)); e per non con-fondere comunque i regimi tributari di favore con le situazioni

di assoluta irrilevanza tributaria.

c) L'effetto giuridico dell'esenzione si concretizza e si spe-cifica nella ricchezza che, per esso, non viene sottoposta a tassazione, e non nella situazione del cespite che la produce. Non diversamente da quanto avviene nel campo della tassazione (in cui gli obblighi tributari sorgono o non sorgono se ed in quanto si producano redditi

(32) II problema dell'ammissibilità della discrezionalità in materia di con-cessione di agevolazioni fiscali è da tempo noto alla dottrina (cfr. RASTELLO,

Le agevolazioni tributarie concesse dalla finanza con poteri... discrezionali, ov-vero le conseguenze della incompleta attuazione delle norme costituzionali, in

Giur. imp., 1957, p. 606 ss.), e solitamente risolto in senso negativo, in

considera-zione dei vincoli derivanti dall'art. 23 Cost. (cfr., da ultimo, MOSCHETTI, Pro-blemi di legittimità, oit., p. 356, ed ivi ulteriori riferimenti). In realtà, sul

punto sarebbero forse più appropriate risposte meno drastiche (per un ap-proccio più problematico, cfr. LA ROSA, Esenzione (diritto tributario), in Enc. dir., voi. XV, Milano, 1966, p. 572), in considerazione della funzione surrogatoria

delle agevolazioni fiscali rispetto alle sovvenzioni in denaro, e del conseguente tendenziale loro fuoriuscire da quel campo dell' « imposizione » cui è essenzial-mente finalizzato l'art. 23 Cost. Benché rare, non mancano, del resto, ipotesi di agevolazioni fiscali subordinate a preventive valutazioni, eminentemente di-screzionali, di determinati interessi pubblici (si pensi, ad esempio, alle agevola-zioni per i conferimenti d'azienda ex art. 34, L. n. 576 del 1975, in taluni casi

subordinate al riconoscimento, da parte del Cipe, della rispondenza dell'opera-zione a finalità di razionalizzadell'opera-zione della produdell'opera-zione e dell'insussistenza di pre-giudizi per i livelli occupazionali; o ai benefici fiscali per i consorzi e società consortili ex L. n. 374 del 1976, concedibili dal Ministero dell'industria solo

lad-dove risultino promossi lo sviluppo e la razionalizzazione della produzione e del-la commercializzazione dei prodotti degli associati ; ecc.) ; ed in tali casi mi par-rebbe doverosa la configurazione di meri interessi legittimi al conseguimento dei benefici (e di benefici che, pur consistendo in mere... esenzioni, indiscutibilmente rappresentano autonomi effetti giuridici dei provvedimenti amministrativi).

imponibili), così pure nel campo delle esenzioni non è del tutto corretto il riferimento di quell'effetto giuridico alla mera esistenza del cespite destinato a produrre la ricchezza cui esse sono effettiva-mente riservate.

È, questa, una distinzione alla quale non sempre vien prestata la dovuta attenzione; con inconvenienti dei quali fornisce un chiaro esempio la stessa sentenza dalla quale si son prese le mosse. Se, infatti, si vogliono correttamente impostare i problemi dell'inter-vento, o della successione, dei terzi aventi causa in controversie su esenzioni pluriennali occorre evitare di confondere le liti aventi effettivamente ad oggetto l'esenzione spettante a questo o quel red-dito prodotto in singoli periodi d'imposta, con quelle riguardanti invece (come nella specie) le complessive caratteristiche dell'edificio al quale il trattamento di favore è riservato.

In questo secondo ordine di controversie, viene in questione un qualcosa (la qualità dell'immobile) che resta a monte delle molteplici esenzioni in cui si concretizza il trattamento di favore; un qualcosa che di quei diversi effetti rappresenta l'unitario refe-rente giuridico di fondo; ed un qualcosa che con questi ultimi non può essere confuso od accomunato.

Si va quindi fuori strada allorché si ricollega la prospettabilità o meno di un intervento adesivo autonomo dei terzi aventi causa in quel tipo di controversia, alla frazionabilità o meno del beneficio in relazione alle singole unità immobiliari (33). Non vi è dubbio che l'esenzione spetta ai redditi da queste ultime eventualmente

pro-(33) ... come si legge nella sentenza ricordata in apertura. Gli inconve-nienti della mancata percezione della distinzione in questione risultano poi ancor più evidenti laddove (cfr. BASILAVECOHIA, In tema di intervento, cit., p. 96)

si osserva che « . . i l rapporto tra dante causa e avente causa nel caso di ces-sione di unità immobiliare, nell'ambito delle imposte dirette, non consente

alcuna confusione tra le posizioni fiscali degli stessi, rivelando sotto il pro-filo dell'imputazione dei redditi, una completa autonomia, e, per quanto riguar-da la responsabilità patrimoniale verso il fisco, una (reversibile) soliriguar-darietà tra gli stessi... » ; con la conseguenza che potrebbe « ... trasparire, in ipotesi, solo un interesse, indiretto, dell'acquirente a partecipare al giudizio al fine di soste-nere le ragioni del dante causa, per il nesso di pregiudizialità-dipendenza che può legare la decisione emananda alla futura, eventuale, controversia

diretta-mente concernente l'acquirente... ». In realtà, le normali controversie sull'esen-zione venticinquennale non sono liti sullo specifico regime tributario dei redditi maturati nei singoli periodi d'imposta ; e l'interesse dell'avente causa a parte-cipare al giudizio promosso dal dante causa non sta certamente nell'intento di evitare effetti pregiudizievoli di una pronunzia che direttamente interessa sol-tanto il cedente, ma piuttosto nella volontà di far valere le proprie ragioni in una controversia che direttamente lo riguarda (ovviamente, per i periodi d'im-posta susseguenti la cessione").

dotti, e si fraziona e divide in relazione al numero delle unità im-mobiliari ed al susseguirsi dei periodi d'imposta. Ma questo piano del discorso non può non rimanere del tutto irrilevante laddove si controverte sulle caratteristiche dell'edificio, in relazione alla spet-tanza o meno del complessivo trattamento di favore. In questo se-condo ordine di controversie, la legittimazione processuale non può infatti che essere ricollegata al mero fatto della titolarità (o

conti-tolarità) del medesimo ; con la conseguente prospettabilità di ipotesi sia di intervento adesivo autonomo che di successione nel processo a seconda del momento in cui la trasmissione del diritto è avvenuta. A suo tempo, avevo richiamato lo schema dei « rapporti di du-rata » per qualificare le esenzioni pluriennali (34) ; e mi sembra che

quell'ordine di idee possa essere validamente invocato anche in ordine a quest'ultima problematica, poiché di per se stesso postula l'identificazione di due distinti piani normativi: l'uno attinente alla determinazione dei presupposti del complessivo trattamento di fa-vore; e l'altro riguardante i molteplici effetti che ne costituiscono il concreto contenuto (35).

Ma su tutto ciò si avrà modo di tornare più avanti.

4. 11 discorso resterebbe tuttavia incompleto se non si tenesse conto del fatto che la tendenza a relegare l'esenzione tributaria nel-l'area del giuridicamente irrilevante è anche in larga misura dovuta al modo in cui viene comunemente definito il contenuto della disci-plina sostanziale delle imposte; all'idea, cioè, che le imposte siano oggetto di unitarie situazioni giuridiche (comunque definite) deri-vanti ex lege dal verificarsi di un nebuloso « presupposto di fatto »

(comprendente tutti gli elementi, positivi e negativi, che concorrono a determinarne il contenuto), ovvero considerate espressione della

(34) Cfr. LA ROSA, Eguaglianza, oit., p. 214.

(35) Come è noto, alla configurazione di rapporti continuativi, o di durata, si era fatto in passato riferimento per sostenere la c.d. « ultrattività » del giu-dicato in materia di imposte periodiche (per tutti, cfr. SATTA, Contenzioso tri-butario : ammissibilità dell'azione avanti al magistrato ordinario, appello man-cante di motivi e res indicata, in Dir. prat. trib., 1957, II, part. pp. 311-312) ; e

tale tesi è poi stata superata, in dottrina ed in giurisprudenza, in considera-zione dell'essere fondata la disciplina di quei tributi sul principio dell'auto-nomia delle obbligazioni relative ai singoli periodi d'imposta (cfr., da ultimo, Russo, Processo tributario, oit., p. 116, ed ivi ampi riferimenti sul punto). Ma

tale principio (appunto perché appartenente al piano del diritto positivo) può benissimo essere derogato dallo stesso legislatore; e viene derogato laddove (come avviene in materia di esenzioni pluriennali) esso delinea discipline unita-riamente riferite ad una pluralità di periodi d'imposta, e ricollegate a pre-supposti che rimangono a monte di quanto in quei singoli periodi accade.

funzione « impositiva » all'Amministrazione riconosciuta in relazione a quel medesimo « presupposto » (36).

Che in siffatte concezioni non possano esservi spazi per la con-figurazione di «diritti» sostanziali del contribuente, è sin troppo evidente. Non altrettanto facilmente può invece spiegarsi il perdu-rante successo di schemi concettuali tanto semplicistici. E, tuttavia, volendo porre in luce le remore logico-giuridiche di fondo al rico-noscimento della figura dell'esenzione pluriennale, anche con essi occorre fare i conti, anche se procedendo per grandi linee, ed avendo soprattutto presenti i profili di maggior interesse.

A) L'esaurimento della disciplina sostanziale dei tributi in si-tuazioni passive del cittadino sembra, anzitutto, in larga misura da imputare al persistente preconcetto secondo il quale le imposte non potrebbero che concretizzarsi (si direbbe, per definizione) in situazioni di quel tipo; all'idea, cioè, che all'imposizione ed al pre-lievo dei tributi debbano necessariamente correlarsi situazioni di dovere, obbligo, od obbligazione, e non anche di diritto, facoltà o potere (37).

(36) Naturalmente, l'esperienza giuridica quotidianamente evidenzia la plu-ralità delle norme e delle situazioni giuridiche che concorrono a determinare la disciplina dei tributi. Ma sta di fatto che, sul piano teorico, la tematica della

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