LE PROSPETTIVE DI RIFORMA
2. Il progetto di riforma del codice di procedura penale redatto della Commissione Ministeriale presieduta dal Prof Dalia
L’idea di fondo, perseguita nella proposta di riforma del codice di procedura penale, presentata alla Camera dei deputati il 2 maggio del 2006, nel corso della XV Legislatura, è quella di un sistema processuale fondato su un modello accusatorio che, nel rispetto della tutela dei diritti costituzionalmente garantiti, possa realizzare il principio della ragionevole durata del processo. Tale scelta, perfettamente simmetrica alle linee direttive della legge delega n. 81 del 16 febbraio 1987, ha determinato una profonda modifica non soltanto lessicale168 nei rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria.
Sono state rivisitate, da un punto di vista sistematico, le disposizioni relative alla polizia giudiziaria attraverso l’abolizione delle sezioni di polizia giudiziaria, la concentrazione delle attività investigative in capo ai servizi al fine di realizzare l’obiettivo perseguito: una migliore organizzazione funzionale.
Nel libro V, dedicato alle indagini preliminari ed all’udienza di comparizione,
169 la commissione ha affrontato la difficile tematica relativa ai tempi ed ai
168 La Commissione di riforma ha rilevato come «la locuzione pubblico ministero designa una funzione ben precisa – quella del ministero pubblico appunto – e che, pertanto, si è convenuto di distinguere tra magistrato del pubblico ministero e ufficio del pubblico ministero per indicare, rispettivamente, il titolare della funzione nel caso specifico e la legittimazione astratta all’esercizio di quella stessa funzione». Cfr. Proposta di Legge
d’iniziativa dei deputati Pecorella, Formino, Craxi, Paniz, Gelmini, Costa, Mario Pepe, Vitali, Taurini presentata alla Camera dei deputati il 2.05.2006, 2.
169 L’udienza di comparizione, prevista in luogo dell’udienza preliminare, è disciplinata nel
libro V, titolo X, artt. 454 e ss. del progetto di riforma in esame. La scansione processuale dei termini per la fissazione e la celebrazione dell’udienza di comparizione appare in linea con le esigenze di una ragionevole durata del processo perseguite dalla riforma. Viene espressamente previsto che, entro cinque giorni dal deposito della richiesta di rinvio a giudizio, il giudice proceda ad individuare la data e l’ ora di celebrazione dell’udienza di comparizione. Tra la data della richiesta di rinvio a giudizio e la celebrazione dell’udienza di comparizione non deve intercorrere un termine superiore a giorni quaranta. Ai sensi dell’ art.
modi di iscrizione delle notizie di reato nel registro generale delle notizie di reato.
Uno degli elementi più innovativi del progetto di riforma in esame è costituito dalla scelta di delineare una netta distinzione tra le funzioni esercitate dalla polizia giudiziaria e quelle esercitate dal pubblico ministero.
In relazione a tale specifico tema è stato espressamente previsto che la polizia giudiziaria possa ricercare, acquisire e ricevere la notizia di reato e provvedere, successivamente, alla comunicazione della notizia di reato dettagliata al pubblico ministero con indicazione della data, del luogo del commesso reato, della disposizione penale che si assume violata e con la identificazione della persona sottoposta alle indagini preliminari.
Tale scelta, in linea con il rispetto dell’originaria opzione accusatoria, fonda sulla necessità di superare l’attuale promiscuità di funzioni tra pubblico ministero e polizia giudiziaria.
L’idea di fondo della commissione appare ancorata alla riflessione che il magistrato è «soggetto culturalmente estraneo all’investigazione che non sempre esercita con la dovuta e richiesta professionalità».
Per tale ragione è stato espressamente previsto che la polizia giudiziaria provveda ad esercitare la propria attività di iniziativa anche dopo l’intervento del magistrato del pubblico ministero.
In tale direzione, inoltre, la commissione ha previsto che la polizia giudiziaria possa disporre di un’unica misura precautelare di natura provvisoria, utilizzabile nei casi di flagranza del reato e nei casi fuga del sospettato, laddove si ravvisi un reato non colposo punito con una pena edittale predeterminata ex lege .
458 l’udienza di comparizione si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore.
Sotto tale ultimo aspetto si è deciso di conferire rilievo alla fuga in atto («elementi da cui emerge che il soggetto abbia abbandonato, senza giustificato motivo, il luogo di domicilio o di residenza») e non al periculum così come inteso nel sistema vigente. Nella medesima direzione è stato prevista la possibilità di consentire l’arresto nelle ipotesi di quasi flagranza (entro le 48 ore successive al fatto). Tale scelta deriva dalla necessità sempre più pregante, nella prassi, di procedere all’identificazione personale del reo attraverso la visione dei dispositivi di sicurezza di cui è dotato il territorio (si pensi ai dispositivi di video sorveglianza o video ripresa) .
In linea con le modifiche sin qui descritte la commissione ha individuato quale approdo culturale irrinunciabile il rispetto del modello accusatorio che non può legittimare il conferimento di un potere precautelare «esclusivo» ad una sola parte processuale.
Questa la ragione per cui i casi di ricorso al potere precautelare sono stati predeterminati dalla legge attraverso la previsione che il pubblico ministero possa disporre l’arresto del gravemente indiziato di un delitto «per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo ad anni sei ovvero di un delitto concernente armi da guerra ed esplosivo» solo laddove esista un’impossibilità di identificare l’indiziato ovvero laddove l’indiziato si sia dato alla fuga. La logica conclusione delle modifiche richiamate è data dalla necessità di abrogare il fermo di indiziato di reato.
In relazione alla prova documentale è stato previsto che gli scritti anonimi possano essere esclusivamente utilizzati per orientare le investigazioni della polizia giudiziaria, ma non possano essere allegati alla comunicazione della notizia di reato trasmessa all’ufficio del pubblico ministero e, pertanto, non possano costituire elemento cui conferire un valore probatorio.
Il progetto elaborato dalla commissione ha, come detto, ridisegnato le attribuzioni del pubblico ministero.
In primis, si è correttamente rilevato come la previsione di indagini a favore
della persona sottoposta alle indagini - che nel lessico utilizzato dalla commissione diviene, più semplicemente, indagato - fosse in contraddizione con il modello di riferimento.
La disposizione normativa di cui all’art. 358 c.p.p. incontra, solo raramente, pratica applicazione in un processo di parti.
E’ stato, inoltre, espressamente previsto (recte: proposto) che il pubblico ministero possa avvalersi di ausiliari tecnici di polizia giudiziaria ovvero di incaricati di servizio pubblico con specifiche professionalità atteso che quando si procede ad accertamenti, operazioni tecniche o rilievi descrittivi o fotografici, è necessaria una specifica competenza.
L’opzione prescelta consente di eliminare l’eccessivo ricorso a consulenze tecniche che determinano, spesso, una limitazione del contraddittorio nella fase delle indagini preliminari (essendo prevista la possibilità di esaminare il consulente tecnico solo nel dibattimento e non nella fase delle investigazioni) oltre che un problema di natura economica atteso il rilievo che le consulenze hanno nel capitolato di spese di giustizia.
Nella medesima direzione e nell’ottica stabilita dall’art. 111 Costituzione si è proposto, nelle ipotesi in cui si debba procedere a perizia, di dare avviso alle parti della data fissata per il conferimento dell’incarico al perito e della facoltà di nominare periti di parte onde consentire una concreta possibilità di esercitare il diritto di difesa nella fase delle indagini preliminari.
Il progetto di riforma ha, inoltre, evidenziato la necessità di individuare un termine, predeterminato dalla legge in sessanta giorni dalla iscrizione nelle notizie di reato, entro cui inviare l’informazione di garanzia onde consentire
all’indagato di conoscere l’esistenza del processo170. L’omesso rispetto del termine individuato determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine preliminare compiuti.
Tale regola soffre, naturalmente, di eccezioni predeterminate: la commissione di riforma ha espressamente previsto la possibilità per il pubblico ministero di dilatare tale termine, fino al momento della conclusione delle indagini preliminari, attraverso una richiesta di autorizzazione al giudice per le indagini preliminari che provvede con decreto motivato, nei casi in cui vi sia «un’esigenza di maggiore cautela processuale»171.
In sintonia con tale previsione è stato, inoltre, esteso il controllo del giudice sui termini di indagine preliminare ai procedimenti con iscrizione a carico di ignoti: lo scopo evidente di tale opzione è di evitare un utilizzo di tale strumento al fine di dilatare i termini della investigazione.
Il controllo del giudice per le indagini preliminari, in ordine alla concreta verifica dei termini di indagine, si completa attraverso il potere di verificare la correttezza dell’iscrizione della notizia di reato.
Se, pertanto, l’ iscrizione doveva essere effettuata in un momento anteriore a quello in cui il pubblico ministero ha, effettivamente, iscritto la notitia
criminis il giudice per le indagini preliminari ha il potere di retrodatare tale
data. E’ stata, infine, espressamente prevista, quale corollario finale teso a conferire vigore all’opzione prescelta, l’inutilizzabilità degli atti di indagine preliminare compiuti prima dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato.
170 L’esigenza di dotare il sistema di un meccanismo attraverso il quale consentire di radicare
la conoscenza dell’esistenza di un procedimento in un termine predeterminato e congruo è stata ripresa anche nel progetto di riforma della commissione ministeriale presieduta dal Prof. Giuseppe Riccio che pure ha evidenziato la necessità di anticipare la conoscenza della pendenza del procedimento penale rispetto a quanto previsto, nel sistema vigente, dalla disciplina dettata dall’art. 369 c.p.p..
La scelta di dotare di certezza il termine dell’iscrizione delle notizie di reato e di prevedere delle sanzioni processuali connesse al mancato rispetto di tale termine appare, come si dirà anche in relazione all’analisi del progetto di riforma elaborato dalla commissione presieduta dal prof Riccio, dotata di logica e coerenza con gli obiettivi di un sistema che recuperi la natura accusatoria del processo e che realizzi, in linea con quanto costantemente172 evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità173, il principio della ragionevole durata.
In tale ottica ed in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale174, che nel rispetto delle garanzie concorrenti impone una durata del processo entro margini di ragionevolezza, è stato espressamente previsto175 un concreto coordinamento caratterizzato da speditezza, economia ed efficacia delle investigazioni tra uffici del pubblico ministero che procedono ad indagini collegate nei soli casi di imputazioni tra loro connesse176.
172 Di recente cfr. Cass. S.U., 20.12.2007, Battistella in
CED n. 238240, con cui è stato
evidenziato come l’esigenza di assicurare l’effettività della garanzia costituzionale della ragionevole durata dei processi (art. 111 c.2 Cost) ha condotto le sezioni unite, al culmine di un percorso interpretativo già inaugurato da plurime decisioni di sezioni semplici a considerare detta garanzia quale canone interpretativo privilegiato al quale l’interprete deve costantemente ispirarsi.
173 Nella medesima direzione cfr. Cass. S.U., 31.01.2008, Huzuneanu, in CED n. 234872, che
evidenzia ancora una volta come l’esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo fondi non solo sull’art. 111 Cost. ma trovi fondamento nella lettura dell’art. 6 della Corte Europea dei diritti dell’uomo.
174 C. Cost., 22.10.1996, n. 359; C. Cost., 29.09.2003, n. 301; C. Cost. 16.3.2007, n. 85. 175 Cfr. art. 63 del progetto di riforma del codice di procedura penale elaborato dalla
commissione presieduta dal Prof. Dalia.
176 L’art. 63 c.3 del progetto di riforma del codice di procedura penale elaborato dalla
commissione presieduta dal Prof. Dalia richiama al fine di descrivere i casi concreti in cui opera il collegamento l’art. 12 c.p.p. del codice di procedura penale vigente.
3. Il progetto di riforma del codice di procedura penale redatto della