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Tutti i cittadini, proprietari di animali e non, dovrebbero essere sottoposti a programmi educativi che diffondano la cultura del rispetto degli animali. Oltre alle trasmissioni televisive, le campagne pubblicitarie, i poster ed i volantini, il metodo più efficace è educare i bambini nelle scuole, coinvolgendo di conseguenza i genitori.

I comuni potrebbero offrire dei percorsi formativi che portano alla detenzione responsabile da parte dei proprietari, i patentini, o dei percorsi educativi per i cani ed i loro padroni; questi corsi, oltre a migliorare la percezione dei cani in città, ridurrebbero il numero dei soggetti portati in canile da proprietari non più in grado di gestirli. Uno studio spagnolo del 2015 ha rilevato che non sono più i cuccioli appena svezzati ad essere lasciati in canile, ma prevalentemente i giovani adulti meticci e fra le motivazioni più frequentemente riferite c’erano i

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problemi economici, la fine della stagione di caccia, cucciolate inattese e problemi comportamentali dell’animale (42).

All’interno dei canili potrebbe essere presente un Veterinario Comportamentalista, che possa rieducare i cani problematici e riabituarli al contatto con le persone; dovrebbe indirizzare il potenziale adottante verso il cane più adatto per le sue caratteristiche; infine il canile potrebbe svolgere la funzione di “consultorio” per i proprietari che hanno cani con problemi comportamentali. Questi servizi, seppur costosi, ridurrebbero il numero di cani abbandonati agendo sulla cultura dei cittadini, ridurrebbero il numero di gravidanze indesiderate per i proprietari educati ad un possesso responsabile, minimizzerebbero il numero di cani adottati dal canile da persone che spinte dal desiderio di fare del bene non si sono rese conto della responsabilità che comporta prendere un cane che ha passato un periodo significativo della sua vita in canile.

Un esempio di programma educativo che coinvolge i bambini nelle scuole è quello che è stato attuato con successo in Missouri; un’associazione animalista ha dato vita ad un progetto interessante dedicato alla cura degli animali nei canili con l’aiuto dei bambini; questi passano del tempo nei canili tranquillizzando gli animali abbandonati e maltrattati, riabituandoli al contatto umano, leggendo loro le loro fiabe preferite attraverso il vetro e fornendo così compagnia senza interazione fisica diretta (Fig 3). Sono state coinvolte le scuole e i centri comunitari locali. I bambini vengono prima istruiti attraverso una sessione di allenamento con i genitori ed alcuni esperti (43).

Secondo l’associazione Humane Society of Missouri il progetto ha l’effetto di “incoraggiare gli animali ad avvicinarsi al vetro della gabbia ogni volta che un visitatore passa vicino. Questo è importante perché gli animali che si avvicinano alla parte frontale della gabbia per salutare i potenziali padroni vengono adottati molto più rapidamente rispetto a quelli che non lo fanno”.

29 Fig 3 Bambini che leggono le fiabe ai cani in canile

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CAPITOLO 5

LEGISLAZIONE

5.1 Normativa Europea

Nel 1978 a Parigi venne proposta la “Dichiarazione Universale dei Diritti degli

animali” (Allegato I), presentata da un’associazione all’UNESCO il 15 Ottobre,

priva di effetti legali e dal valore puramente simbolico, con lo scopo di fornire un codice etico per sancire i diritti che spettano ad ogni animale.

La Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia (Allegato II), venne approvata dal Consiglio europeo a Strasburgo il 13

Novembre 1987. Il principale intento era individuare uno standard comune tra tutti i paesi europei e stabilire criteri generali relativi al benessere ad alla protezione degli animali da affezione; comprendeva disposizioni per l’allevamento, il mantenimento ed agli articoli 12 e 13 del capitolo III, le misure straordinarie per gli animali vaganti.

Capitolo III -Misure complementari per gli animali randagi

Articolo 12 -Riduzione del numero di animali randagi

“Quando una Parte ritiene che il numero di animali randagi rappresenta un problema per detta Parte, essa deve adottare le misure legislative e/o amministrative necessarie a ridurre tale numero con metodi che non causino dolori, sofferenze o angosce che potrebbero essere evitate.

a) Tali misure debbono comportare che:

i) se questi animali debbono essere catturati, ciò sia fatto con il minimo di sofferenze fisiche e morali tenendo conto della natura dell’animale;

ii) nel caso che gli animali catturati siano tenuti o uccisi, ciò sia fatto in conformità con i principi stabiliti dalla presente Convenzione.

b) Le Parti si impegnano a prendere in considerazione:

i) l’identificazione permanente di cani e gatti con mezzi adeguati che causino solo dolori, sofferenze o angosce di poco conto o passeggere, come il

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tatuaggio abbinato alla registrazione del numero e dei nominativi ed indirizzi dei proprietari;

ii) di ridurre la riproduzione non pianificata dei cani e dei gatti col promuovere la loro sterilizzazione;

iii) di incoraggiare le persone che rinvengono un cane o un gatto randagio, a segnalarlo all’Autorità competente.”

Articolo 13 –Eccezioni per quanto concerne la cattura, il mantenimento e l’uccisione

“Le eccezioni ai principi stabiliti nella presente Convenzione relative alla cattura, al mantenimento ed all’uccisione degli animali randagi saranno accolte solo se sono inevitabili nell’ambito dei programmi governativi di controllo delle malattie.”

La “Convenzione di Strasburgo” fu recepita in Italia con la legge n201 del

4/11/2010, legge contro il traffico illecito di animali.

Nel 2007 venne firmato il “trattato di Lisbona”, il 13 dicembre; modifica il Trattato sull’Unione europea e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Il trattato recita che “l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente

conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti” ma ancora una volta il significato è solo simbolico poiché non fornisce

una base per azioni legali.

Non esiste una normativa specifica per il controllo del randagismo canino a livello comunitario, controllo che pertanto è attuato in maniera diversa in ogni Paese. In mancanza di normativa, l’OIE ha redatto nel 2009 e poi nel 2013 le “Linee guida per il controllo del randagismo” (7).

Tuttavia esiste una normativa che regola la movimentazione non commerciale degli animali da compagnia tra paesi intracomunitari e con paesi terzi, entrata in vigore dal 29 dicembre 2014; la nuova normativa sanitaria comprende il Regolamento UE 576/2013 del 12 giugno 2013 sui movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia ed il Regolamento UE

577/2013 relativo ai modelli dei documenti di identificazione per i movimenti a

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territori e paesi terzi, e ai requisiti relativi al formato, all'aspetto e alle lingue delle dichiarazioni attestanti il rispetto di determinate condizioni di cui al regolamento (UE) n. 576/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio. Tali norme sono essenziali per proteggere la salute pubblica e animale con particolare attenzione alla prevenzione della rabbia, contribuiscono a contrastare i traffici illegali di animali da compagnia senza porre ostacoli non giustificati agli spostamenti all’estero con essi. Inoltre la Direttiva 2013/31/UE stabilisce le norme sanitarie che disciplinano gli scambi e le importazioni nell’Unione di cani, gatti e furetti.

La movimentazione dei cani, gatti e furetti al seguito dei viaggiatori dall’Italia verso gli altri Paesi dell’Unione europea è possibile alle seguenti condizioni:

• Cani, gatti e furetti devono essere identificati da un microchip (trasponditore) o tatuaggio chiaramente leggibile, se apposto prima del 3 luglio 2011

• Cani gatti e furetti devono essere accompagnati da un Passaporto

europeo:

1. Conforme al modello previsto dalla Parte1 dell’allegato III del regolamento di esecuzione UE 577/2013, di forma tipografica standard, redatto in almeno una delle lingue ufficiali dello Stato membro di rilascio e in inglese (sostituisce tutte le altre certificazioni per gli spostamenti all'interno dei Paesi della UE). 2. Compilato e emesso dal Servizio Veterinario dell’Azienda sanitaria

locale su richiesta del proprietario; il rilascio è subordinato all’iscrizione all’anagrafe. Deve riportare il codice alfanumerico del microchip (trasponditore) o del tatuaggio e attestare l’esecuzione della vaccinazione contro la rabbia e, se del caso, di una nuova vaccinazione antirabbica in corso di validità. Deve contenere i dati anagrafici, l’elenco di tutte le vaccinazioni, le visite mediche ed eventualmente i trattamenti contro l'echinococco multilocularis. 3. Deve riportare una dichiarazione scritta del proprietario nel caso in

cui una persona autorizzata effettui il movimento non commerciale dell’animale su delega scritta del proprietario.

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• Cani, gatti e furetti devono essere vaccinati contro la rabbia da un veterinario, ai sensi dell’Allegato III del regolamento UE 576/2013:

1. l’animale deve avere almeno 12 settimane al momento della somministrazione del vaccino.

2. la somministrazione del vaccino non deve essere precedente alla data di identificazione o di lettura del microchip.

3. il periodo di validità della vaccinazione decorre dal 21o giorno dal completamento del protocollo vaccinale della prima vaccinazione e ogni successiva vaccinazione deve essere eseguita durante il periodo di validità della precedente.

• Per i viaggi verso la Finlandia, il Regno Unito, l’Irlanda, Malta e la Norvegia è necessario il trattamento dei cani contro l’echinococco, secondo le modalità e i tempi descritti dal Regolamento UE 1152/2011:

1. Il trattamento deve essere somministrato da un veterinario in un lasso di tempo compreso tra le 120 ore e le 24 ore prima dell’arrivo previsto.

2. il trattamento deve essere certificato dal veterinario che lo somministra nell’apposita sezione del passaporto del cane.

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5.2 Normativa Italiana

Fino al 1973 era presente sul territorio italiano il virus della Rabbia, di cui il cane costituiva un importante ospite ed il principale responsabile di casi di infezione nell'uomo. In quel contesto il D.P.R. n° 320 del 1954 prevedeva che i cani vaganti trovati senza museruola venissero catturati e sequestrati dal servizio di accalappiacani, detenuti nei canili municipali per un periodo massimo di 3 giorni, al termine dei quali, se non reclamati, dovevano essere abbattuti mediante eutanasia. I canili municipali erano strutture spesso precarie, in una certa misura appartate dalle città, costruite con minimi criteri di tutela del benessere animale.

La strategia di controllo della popolazione canina randagia mediante eutanasia è proseguita in maniera meno rigida a partire dall'anno successivo alla eradicazione della Rabbia, avvenuta nel 1973, fino all’entrata in vigore dell’attuale L.N. 281/91, Legge Quadro in materia di tutela degli animali da

affezione e lotta al randagismo che al contrario adotta una decisa linea politica

“No-Kill” su scala nazionale; questa stabilisce che “i cani vaganti o comunque

ricoverati presso le strutture (canili), non possono essere soppressi; possono essere soppressi, in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità”.

L’Italia con la legge 281/91 è il primo Paese al mondo a vietare la soppressione dei randagi (con alcune eccezioni) dichiarando così il diritto alla vita degli animali da affezione, riconoscendone la natura di esseri senzienti e gettando le basi per una moderna legislazione orientata al rispetto degli animali. (Allegato III)

Secondo un’indagine di Zoomark del 2015 presentata all’VIII edizione del Rapporto Assalco, intitolata “Un animale da compagnia per vivere meglio”, gli italiani sono un popolo pet-friendly; gli animali da compagnia nelle famiglie italiane sarebbero circa 60 milioni di cui 14 milioni di cani e gatti, con il 48,2% di cani e 51,8% di gatti, e 46 milioni tra uccelli, pesci e piccoli mammiferi. La maggior parte dei proprietari dichiara di non poter più fare a meno di un animale da compagnia in famiglia ed una rilevante porzione della popolazione,

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proprietari e non, ritiene che questi animali abbiano effetti positivi sulla salute psicofisica delle persone (fig 4).

Fig.4 Rapporto Assalco, intitolata “Un animale da compagnia per vivere meglio”

Appare dunque naturale che gli italiani vogliano tutelare il benessere degli animali da compagnia, che abbiano una famiglia oppure no: Articolo 1- Principi Generali: “Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente.” Tuttavia la legge non fornisce una definizione chiara di animali da affezione.

Nell’Articolo 2 si afferma che il controllo delle popolazioni canina e felina deve avvenire mediante limitazione delle nascite, ma solo per i gatti che vivono in libertà è prevista la sterilizzazione a spese dell’autorità sanitaria competente. I cani vaganti ritrovati, catturati e ricoverati presso i canili sanitari non possono essere destinati alla sperimentazione e non possono essere soppressi se non gravemente malati ed incurabili, o di comprovata pericolosità ed anche in quel caso, solo ad opera di medici veterinari in modo esclusivamente eutanasico. I cani provvisti di tatuaggio, sostituito dal microchip in maniera definitiva nel

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2005, devono essere restituiti ai proprietari, quelli non tatuati devono essere identificati ed ospitati fino a massimo 60 giorni nei canili sanitari, al termine dei quali, se non reclamati saranno trasferiti nei canili rifugio fino all’adozione o alla loro morte.

La legge prevede dunque due tipi distinti di canile, quello sanitario e quello

rifugio; il canile sanitario ha come obiettivo la tutela della salute animale ed

umana e prevede una custodia temporanea, mentre il canile rifugio mira alla tutela degli animali e prevede una custodia protratta nel tempo, anche per tutta la vita dell’animale; è su quest’ultimo punto che Marchesini insiste quando afferma che per evitare che i cani passino tutta la loro vita in canile si dovrebbe investire per trasformare il canile rifugio da un centro di accoglienza ad un centro di reintegro del cane nella società (30).

Compiti del canile sanitario sono la verifica dell’identificazione del cane ed eventuale restituzione al proprietario, identificazione di chi non possieda tatuaggio o microchip, una valutazione sanitaria ed un servizio di pronto soccorso, l’effettuazione della profilassi ed eventualmente l’adozione.

Il canile rifugio deve custodire i cani in condizioni di benessere, provvedere ad una valutazione periodica degli animali sottoponendoli a profilassi ed attività rieducative, deve promuovere le adozioni e svolgere attività di educazione sanitaria.

L’Articolo 3 delinea le competenze delle Regioni: “1. Le regioni disciplinano

con propria legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'istituzione dell'anagrafe canina presso i comuni o le unità sanitarie locali, nonché le modalità per l'iscrizione a tale anagrafe e per il rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del cane, da imprimersi mediante tatuaggio indolore.” In realtà le Regioni hanno impiegato anni, alcune

anche più di dieci, per recepire la legge quadro emanando i provvedimenti regionali di attuazione e lo hanno fatto in maniera disomogenea. La Legge prevede l’identificazione dei cani e l’istituzione dell’anagrafe canina a livello locale che in origine si avvale solo del tatuaggio e raccoglie i dati relativi all’animale ed al proprietario in modi e formati diversi per ogni Regione.

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Alle Regioni spetta il compito, sempre entro sei mesi dall’entrata in vigore della 281/91, di stabilire i criteri per il risanamento dei canili comunali e la costruzione dei canili rifugio, in maniera da garantire il benessere degli animali ed il rispetto delle norme igienico-sanitarie; sarà poi compito dei Comuni, singoli o associati, provvedere al risanamento ed alla costruzione di tali canili secondo i criteri stabiliti dalle Regioni.

Le regioni devono inoltre adottare un programma di prevenzione del randagismo che deve comprendere iniziative di informazione da svolgere anche in ambito scolastico e corsi di aggiornamento o formazione per il personale sanitario. Per tutelare il patrimonio zootecnico, le Regioni hanno il compito di offrire un indennizzo agli allevatori che hanno subito delle perdite di capi di bestiame a causa di cani randagi o inselvatichiti.

Infine, per quanto concerne la ripartizione dei fondi tra Regioni e Comuni “Per la realizzazione degli interventi di competenza regionale, le Regioni

possono destinare una somma non superiore al 25 per cento dei fondi assegnati alla Regione dal decreto ministeriale di cui all'articolo 8, comma 2. La rimanente somma è assegnata dalla Regione agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza.”

L’articolo 8 prevede l’istituzione del fondo per l’attuazione della legge presso il Ministero della Sanità di un miliardo di lire per il 1991 e 2 miliardi di lire dal 1992; il Ministero deve ripartire ogni anno il fondo per la tutela del benessere e la lotta all’abbandono degli animali tra le Regioni e le Province Autonome in base ai criteri stabiliti dal Decreto Ministeriale del 29 Dicembre del 1992 ed in base ai dati sul randagismo forniti annualmente dalle Regioni su richiesta del Ministero: il 42% della disponibilità in base al numero dei cani e dei gatti di proprietà, il 33% in base al numero dei randagi ed il 25% in base al numero degli abitanti delle Regioni e delle Province Autonome.

Col Decreto Ministeriale del 6 Maggio 2008 sono stati modificati i criteri di ripartizione del fondo: il 40% viene ripartito in quote di pari entità tra le Regioni e le Province Autonome sulla base dell’attivazione della banca dati regionale, il 30% in base alla consistenza della popolazione di randagi con riferimento agli ingressi nei canili sanitari e nei gattili, il 30% in base alla popolazione umana (Fig 6). Il Ministero individua le quote mentre le Regioni e le Province Autonome

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elaborano un piano operativo di prevenzione del randagismo ed individuano le priorità di intervento destinando una quota in inferiore al 60% delle risorse a sterilizzazioni ed iniziative di prevenzione del randagismo inviando infine al Ministero una relazione sull’attività svolta. La legge Finanziaria del 2009 ha portato una drastica riduzione dei fondi destinati alla prevenzione del randagismo (Fig 5).

Fig 5; Fondi stanziati dal Ministero della Salute dal 2005 al 2016- Fonte Ministero della Salute.

Fig 6; Dati sono trasmessi dalle Regioni e Province Autonome al Ministero per la ripartizione dei fondi per l’anno 2015

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In origine l’articolo 6 della legge 281 prevedeva una tassa sui cani a cui erano sottoposti tutti i proprietari (con poche eccezioni come i cani guida per ciechi, delle greggi ed i lattanti) ma che essendo di difficile applicazione a causa del sistema anagrafico cartaceo poco efficace, è stata abolita due anni dopo con effetto retroattivo.

L'Accordo del 6 febbraio 2003 tra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, Accordo Stato-Regioni, in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy, prevede alcune misure atte a ridurre il fenomeno del randagismo canino e riconfermate con l’Accordo del 2008:

1. l’introduzione del microchip come unico sistema ufficiale di identificazione dei cani, a decorrere dal 1° Gennaio 2005;

2. la creazione di una Banca Dati Informatizzata su base regionale o provinciale;

3. l’attivazione di una Banca Dati Nazionale istituita presso il Ministero della salute, l’Anagrafe degli Animali da Affezione, alla quale confluiscono i dati delle anagrafi regionali. Tale sistema nazionale consente la restituzione al proprietario degli animali che si sono perduti, il monitoraggio della popolazione canina e del rilascio dei passaporti, concorrendo così a ridurre i cani vaganti e prevenire il fenomeno degli abbandoni.

Inoltre sulla base della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia, l’accordo definisce alcuni principi per una corretta relazione tra l’uomo e gli animali da compagnia. Affronta il concetto di possesso responsabile e l’importanza di una cultura di rispetto anche nell’ambito delle realtà terapeutiche come la pet-therapy. Chi convive con un animale d’affezione, o comunque se ne occupa, è responsabile della sua salute e del suo benessere, deve provvedere alla sua sistemazione, a fornirgli adeguate cure e attenzioni, tenere conto dei suoi bisogni fisiologici ed etologici, secondo l'età, il sesso, la specie e la razza.

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Dal 1° gennaio 2005 l’unico sistema identificativo nazionale ammesso per gli animali d’affezione è il Microchip, un piccolo dispositivo elettronico detto trasponder con un codice di 15 cifre univoco, con forma cilindrica di circa 8- 10mm di lunghezza e 1-2mm di diametro, rivestito in materiale biocompatibile, che viene inoculato nel sottocute del lato sinistro del collo, esclusivamente da un medico veterinario; contestualmente all’identificazione, il veterinario provvede alla registrazione in anagrafe del soggetto. L’identificazione e la registrazione dei cani possono essere effettuate sia da veterinari ufficiali che da veterinari libero professionisti, abilitati ad accedere all’anagrafe canina regionale.

I microchip devono essere conformi alla norma ISO 11784 e all’Allegato A della norma ISO 11785 e possono essere prodotti e commercializzati unicamente da soggetti registrati presso il Ministero della Salute, ai quali viene assegnata una serie numerica di codici identificativi elettronici; produttori e

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