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4. Dissertazione

4.5. Promozione dell’autodeterminazione

La Bonura sostiene che un principio che dovrebbe orientare i vari professionisti implicati nella presa a carico delle donne vittime di violenza domestica, sia la promozione dell’autodeterminazione. È importante in quanto la donna va sostenuta a riprendere il controllo della propria esistenza. Il rispetto delle scelte delle donne accolte, compresa la sua decisione di richiedere protezione in una struttura protetta, o addirittura, di ritornare dall’autore di violenza, è centrale nel lavoro di accompagnamento delle donne. Gli interventi che non contemplano questo paradigma riproporranno sotto certi versi le violenze dalle quali è fuggita. Nelle situazioni d’emergenza è fondamentale equilibrare la protezione con il presentare alla donna risorse, competenze e mezzi, affinché possa scegliere autonomamente (Bonura, 2016). Tuttavia, come scritto nel capitolo teorico nel quale si delineava questo costrutto, le decisioni devono essere comprese di maturità ed autocritica. Dall’analisi delle interviste si delinea chiaramente quanto questo principio sia molto importante nelle varie realtà lavorative: in tutte le strutture lo spazio concesso è molto. Tuttavia emerge che vi sono dei limiti, delle criticità che possono ostacolare lo sviluppo di questo principio, come per esempio: una ridotta autostima,88 un sentimento di precarietà

futura,89 delle difficoltà di ordine economico,90 la non comprensione della lingua,91 il tempo di

soggiorno che è breve (il percorso di ricostruzione è più lungo),92 la segnalazione alle

autorità di protezione per i bambini (mina la relazione di fiducia),93 le difficoltà

amministrative94 e, nel caso di Zurigo, le politiche, in quanto come più volte emerso, nel loro

cantone l’applicazione legislativa non è egualitaria.95 Per quanto concerne le difficoltà

amministrative, sono principalmente legate al permesso di soggiorno e più precisamente al B, quello relativo alla possibilità di dimora. Di conseguenza la donna dovrà lavorare oppure dimostrare di avere le risorse economiche sufficienti per pagare le prestazioni obbligatorie (Segreteria di Stato della migrazione, 2017). Queste spese erano precedentemente finanziate dall’autore di violenza. Di conseguenza la donna decidendo di abbandonare il contesto di violenza, rischia di dover lasciare la Svizzera. Le risorse riscontrate dalle operatrici delle case protette per implementare l’autodeterminazione delle donne sono invece piuttosto diversificate. Per l’operatrice di Losanna si tratta del cantone e della forza del lavoro di rete,96 l’operatrice di Coira parla della solidarietà fra le donne accolte e del promuovere lo

sviluppo dei loro interessi personali.97 Anche le professioniste del Sottoceneri curano

quest’ultimo aspetto, inoltre le valorizzano.98 La forza invece per le professioniste di Zurigo, è

insita nell’équipe lavorativa: parlano più lingue, vanno in supervisione, scherzano, si relazionano molto anche con le altre realtà coinvolte nella violenza domestica.99 Entrando

ora nella sfera più educativa, dalle interviste emerge che vi possono essere alcune strategie per implementare l’autodeterminazione delle donne accolte. Innanzitutto vi sono alcuni strumenti che richiamano ai principi degli educatori sociali, come per esempio: il non sostituirsi alle donne,100 la valorizzazione,101 le spiegano che nella vita non hanno ottenuto

solamente fallimenti,102 le ascoltano, rispettano i loro ritmi,103rinforzano la loro autostima,104

non decidono al loro posto 105e promuovono l’empowerment. 106. Quest’ultimo principio è

stato riconosciuto come fondamentale da tutte le professioniste intervistate. Dopodiché hanno parlato di alcune specificità circa l’atteggiamento di fondo che devono assumere gli/le educatori/trici sociali, come per esempio essere empatiche e praticare l’ascolto attivo. 107Le

professioniste intervistate hanno anche esplicitato alcune specificità degli interventi tipo: il lavoro di rete108, svolgere colloqui,109 informarle,110cogliere le particolarità e le specificità delle

donne,111 curare più aspetti della situazione,112 lavorare sulle loro passioni,113 capire cosa ha

89 Vedi Allegato 4. 90 Vedi Allegati 4; 6. 91 Vedi Allegato 6. 92 Vedi Allegati 5; 8. 93 Vedi Allegato 8. 94 Vedi Allegati 4; 6; 8. 95 Vedi Allegato 7. 96 Vedi Allegato 8. 97 Vedi Allegato 6. 98 Vedi Allegati 4; 5. 99 Vedi Allegato 7. 100 Vedi Allegato 3. 101 Vedi Allegato 5. 102 Vedi Allegato 3. 103 Vedi Allegato 8. 104 Vedi Allegato 8. 105 Vedi Allegati 6; 8. 106 Vedi Allegato 7. 107 Vedi Allegato 7. 108 Vedi Allegato 3. 109 Vedi Allegato 6. 110 Vedi Allegati 6; 8. 111 Vedi Allegato 4.

funzionato con le altre donne,114e soprattutto garantirle la protezione.115 Infine sono anche

emersi degli aspetti di carattere legislativo: per proteggere le donne bisogna basarsi sulle leggi.116 Dalle interviste sono emerse anche altre strategie che entrano in contraddizione fra

loro. La struttura di Losanna ha parlato di spiegare alle donne i meccanismi di violenza che le coinvolgono,117 però in base all’approccio assunto come riferimento (studi di genere,

spirale della violenza, teoria trauma-pedagogica e teorie sistemiche), si avranno delle spiegazioni differenti. Un’altra affermazione analoga è stata data da un’operatrice della struttura di Lugano, lei ha parlato del fatto di riconoscere che non è colpa della donna se agisce in un determinato modo. 118Al contrario la struttura di Losanna la ritiene implicata nello

sviluppo della relazione.119 Dalle interviste emerge che, coerentemente con i principi guida

descritti dalla Bonura e spiegati nel capito teorico, ad eccezione della riformulazione che non è stata citata, tutti gli altri presupposti sono stati eplicitati dalle intervistate per descrivere l’accompagnamento educativo delle donne effettuato. Seppur il concetto di narrattività non è emerso chiaramente, dalle interviste si evince che è uno strumento utilizzato.

Infine le ultime questioni indagate interessano le tensioni fra lo stato di emergenza, le cure offerte e la responsabilizzazione delle donne. Come appare dal capitolo teorico, l’operatore sociale deve equilibrare la dialettica tra il controllo e l’autodeterminazione. Infatti il controllo non è necessariamente controproducente. Fondamentalmente nelle strutture protette vi è sempre una forma di controllo, in quanto è necessario garantire la protezione e la sicurezza delle donne (anche di quelle future). Motivo per il quale alla Casa delle Donne fanno firmare un regolamento nel quale si evince che le ospiti non dovranno mai divulgare l’indirizzo della struttura. Durante le interviste è stato chiesto alle professioniste come facessero ad equilibrare le tre tensioni dapprima menzionate, con l’autodeterminazione delle donne accolte. Difatti, l’autodeterminazione di una donna può entrare in conflitto con quella di qualcun altro, di conseguenza vi sono una serie di limiti che precludono l’esercizio esente da condizionamenti di suddetto principio. Per quanto concerne l’emergenza, la struttura di Losanna ritiene che inizialmente vadano considerati i bisogni di base e solo successivamente si possa iniziare a costruire un percorso volto a favorire l’autodeterminazione.120 Pensiero che trova consenso dall’operatrice di Coira e dalla

fondatrice della Casa delle donne.121 Mentre le professioniste attuali del centro ticinese

specificano subito alle donne che saranno loro stesse a prendere delle decisioni. Infatti già la decisione di mettersi in protezione significa autodeterminazione ed è lo stimolo attraverso il quale iniziano l’accompagnamento educativo della donna.122 Per quanto concerne invece la

tensione tra questo principio e l’aiuto offerto, la professionista di Losanna esprime che loro si adattano ai ritmi della donna. Secondo lei vi sono delle fasi nella promozione dell’autonomia delle donne e queste sono influenzate dagli avvenimenti esterni, come ad esempio la

112 Vedi Allegato 4. 113 Vedi Allegato 5. 114 Vedi Allegato7 115 Vedi Allegato 8. 116 Vedi Allegato 8. 117 Vedi Allegato 8. 118 Vedi Allegato 5. 119 Vedi Allegato 8. 120 Vedi Allegato 8. 121 Vedi Allegati 3; 6. 122 Vedi Allegati 4; 5.

decisione del giudice.123 Mentre la professionista di Coira informa che loro devono lavorare

molto velocemente, in quanto hanno solo tre settimane a disposizione, ma è difficile per una donna costruirsi così velocemente un nuovo percorso di vita.124 Se l’obiettivo delle

professioniste di Zurigo è quello di promuovere l’autodeterminazione delle donne, tuttavia quest’ultime devono stare alle regole della struttura, ad esempio durante l’ammissione, sono costrette a dare alle operatrici il cellulare, in quanto si possono localizzare e il continuare a ricevere messaggi dall’autore è considerato controproducente.125 Anche le professioniste di

Lugano mirano al rispetto delle regole della struttura. Inoltre, per quanto concerne la costruzione di un progetto futuro, si offrono più proposte alla donna e poi spetterà a lei scegliere. Dopodiché se inizialmente l’accompagnamento sarà più importante, con il tempo si dissolverà maggiormente.126 Infine, l’ultima tensione indagata, concerne

l’autodeterminazione versus la responsabilità nei confronti delle altre donne. Tensione subdola in quanto, come sostiene la professionista della Svizzera francese, vi sono delle donne che si affermano sopra le altre e le criticano, ed è fondamentale interrompere queste dinamiche.127 Dall’intervista realizzata alla professionista di Coira emerge che, nel caso

dovessero svilupparsi relazioni disfunzionali o razzismo (in quanto vengono accolte donne di culture differenti), intervengono attraverso un colloquio.128 Nella realtà territoriale ticinese,

come suggerisce la fondatrice, è fondamentale il rispetto nei confronti delle altre donne: se si mette a rischio la loro sicurezza si deve abbandonare la struttura protetta.129 In conclusione,

quello che emerge dalla teoria circa la responsabilizzazione e alcune imposizioni all’autodeterminazione, sembrerebbe che trovi conferma nelle strutture protette. Infatti il limite imposto può essere giusto e necessario: l’autodeterminazione dev’essere esercitata con spirito auto-critico, consapevolezza e maturità.