-
batter l’anche ‘sconfortarsi (battersi nelle anche come manifestazione di sconforto)’ («Et
credo sempre havrai da batter l’anche» 36, 5): Dante, Inferno, XXIV, 9: «biancheggiar tutta;
ond’ei si batte l’anca».
95-
esurio («ond’io con questo dir ben tutto esurio» 48, 5): Dante, Purgatorio, XXIV, 151-154:
«E senti’ dir: “Beati cui alluma / tanto di grazia, che l’amor del gusto / nel petto lor troppo
disir non fuma, / esuriendo sempre quanto è giusto!”».
96-
forte arnese («et quel di Bisignan col forte arnese» 13, 3): Dante, Inferno, XX, 70: «Siede Pe-
schiera, bello e forte arnese».
-
gentil seme («vedendo il fior d’Italia et gentil seme» 84, 6): Dante, Inferno, XXVI, 60: «onde
uscì de’ Romani il gentil seme».
97-
german («per far al suo german gl’intensi honori» 260, 8): Dante, Rime, 47, 58: «salutò le
germane sconsolate».
98-
muggiando («tant’ir ai venti, che muggiando andava» 59, 6): Dante, Inferno, V, 28-29: «Io
venni in loco d’ogne luce muto, / che mugghia come fa mar per tempesta».
99-
ordigno ‘struttura; maniera nella quale viene congegnato o risolto qc.’ («ch’ogniu’ restò
contento de l’ordigno» 239, 8): Dante, Inferno, XVIII, 5-6: «vaneggia un pozzo assai largo e
profondo / di cui suo loco dicerò l’ordigno».
100-
segno ‘vessillo, insegna militare’ («et queste genti ritornaro al segno» 19, 8): Dante, Paradi-
so, VI, 103-105: «Faccian li Ghibellin, faccian lor arte / sott’altro segno, ché mal segue quello
/ sempre chi la giustizia e lui diparte».
101-
stretto callo («com’un gran Marte per il stretto callo» 100, 6): Dante, Inferno, XVIII, 100:
«Già eravam là ’ve lo stretto calle».
10294 La possibile mediazione della letteratura cavalleresca viene segnalata di volta in volta in nota. 95 Cfr. anche Fazio degli Uberti, Dittamondo, Libro 2, cap. 28, 67: «e scapigliata e battendosi l’anche».
96 A proposito di esurio cfr. anche Niccolò da Correggio, Rime, 368, 109: «qui il cibo non m’avanza e non
esurio» (in rima con: tugurio e ingiurio).
97 Cfr. anche Sannazaro, Sonetti e canzoni, 2, 9: «Per voi, seme gentil del sommo Giove».
98 Sebbene l’uso di german(o) sia attestato a partire da Dante, il termine pare tuttavia consolidarsi proprio
nella letteratura cavalleresca con Pulci (cfr. almeno Morgante, XXVIII, 59, 7), Boiardo (si veda Innamorato, Li- bro 1, I, 42, 7, Libro 1, I, 49, 1, Libro 1, II, 46, 1, passim) e Ariosto (cfr. per lo meno Furioso, III, 28, 1, V, 83, 7, VI, 12, 7, passim).
99 Il verbo dimostra buona diffusione nei romanzi di cavalleria: cfr. infatti almeno Boiardo, Innamorato,
Libro 1, XXIV, 40, 6-7: «De lor, che se ne andarno con tempesta; / muggiando forte via passarno un monte» e Ariosto, Furioso, XVIII, 142, 3-4: «Di sotto il mar, di sopra mugge il cielo, / il vento d’ogn’intorno, e la procel- la».
100 Cfr. anche Ariosto, Cinque canti, I, 36, 3-4: «non potea alcun veder, che senza ordigno, / senza opra
sua si fosse acconcio in corte» (in rima con maligno).
101 Cfr. anche Fazio degli Uberti, Dittamondo, Libro 2, cap. 7, 14: «il tempo perda, onde ritorno al segno». 102 Si vedano anche Fazio degli Uberti, Dittamondo, Libro 3, cap. 19, 42: «per uno stretto e salvatico calle» e
soprattutto Boiardo, Innamorato, Libro 2, XXI, 20, 6: «Trovâr la dama, che per stretto calle» e Ariosto, Furioso, II, 12, 2: «lo caccia per un aspro e stretto calle», XVIII, 192, 4: «di stretti calli e sol da bestie culti», XXII, 4, 1: «Fra due montagne entrò in un stretto calle», Rime, 5, 56: «e di sassi impedito il stretto calle».
-
telo ‘fulmine, saetta’ («quando s’appresentò l’orrendo telo» 77, 4): Dante, Purgatorio, XII,
25-28: «Vedea colui che fu nobil creato / più ch’altra creatura, giù dal cielo / folgoreggian-
do scender, da l’un lato. / Vedea Briareo fitto dal telo» (e si noti anche la rima cielo : velo).
-
tempo corto («Et ecco in spatio poi di tempo corto» 27, 5): Dante, Inferno, XV, 105: «ché ’l
tempo saria corto a tanto suono».
103-
travaglie ‘sofferenze, tormenti’ («erano sempre con travaglie altere» 110, 2): Dante, Inferno,
VII, 20: «nove travaglie e pene quant’io viddi?».
104L’incidenza di Petrarca, forse anche superiore, seppur di poco, a quella dell’autore della
Commedia, viene testimoniata per lo meno da:
-
carcer tetro («et chiuso fors’anch’ei in carcer tetro» 291, 7): Petrarca, Trionfi, Triumphus
Cupidinis, IV, 164: «tanti spirti e sì chiari in carcer tetro».
105-
cori enfiati («ch’i cori enfiati con diverse voglie» 34, 7): Petrarca, Trionfi, Triumpus fame, 3,
105: «ne’ cori enfiati i suo’ veneni à sparti».
-
fatta immortal («Donque fatta immortal per le tre alme» 289, 1): Petrarca, Canzoniere, 333,
10: «anzi pur viva, et or fatta immortale» e 354, 3: «per dir di quella ch’è fatta immortale».
106-
fiorito nido («che di virtute ha un bel fiorito nido» 199, 8): Petrarca, Trionfi, Triumphus
Mortis, II, 167: «almen più presso al tuo fiorito nido».
107-
gran desire («havean di fargli peggio gran desire» 209, 4): Petrarca, Canzoniere, 147, 11: «ché
gran temenza gran desire affrena» e 312, 13: «ch’i’ chiamo il fine, per lo gran desire».
108-
gran turba («gran turba degli elveti contra il Duca» 6, 2): Petrarca, Canzoniere, 119, 46:
«Rado fu al mondo fra così gran turba».
109-
huom mortale («s’ei può tener in vita un huom mortale» S, 7): Petrarca, Canzoniere, 53, 91-93:
«Però che, quanto ’l mondo si ricorda, / ad huom mortal non fu aperta la via / per farsi, co-
me a te, di fama eterno».
110-
indurati cor di smalto («ne ruppe gl’indurati cor di smalto» 69, 5): Petrarca, Canzoniere, 65, 7:
«mancasse mai ne l’indurato core»;
111Petrarca, Canzoniere, 70, 23-24: «vedete che madonna à ’l
cor di smalto, / sì forte, ch’io per me dentro nol passo», 125, 31: «questo mio cor di smalto».
112103 Ma si notino anche Petrarca, Canzoniere, 244, 14: «perché ’l camin è lungo, e ’l tempo è corto» e Boiardo,
Innamorato, Libro 2, XXVII, 46, 6: «Che in fine, al lungo andare o in tempo corto».
104 Il termine viene ripreso anche da Boiardo, Innamorato, Libro 1, XXIV, 12, 3: «Or convengo narrarvi al-
tre travaglie».
105 Cfr. anche Niccolò da Correggio, Rime, 224, 4: «per chiara via condurmi in carcer tetro», 281, 2: «a-
vermi tolto fuor del carcer tetro», 368, 9: «e il miser d’ignoranzia è in carcer tetro», Trissino, Rime, 45, 74: «lieta se n’usciria di carcer tetro», Ariosto, Rime, 4, 61: «Io sperai ben di questo carcer tetro».
106 L’espressione è giunta al nostro forse per tramite del Furioso: cfr. infatti Ariosto, Furioso, XXXVII, 16,
5: «Quest’una ha non pur sé fatta immortale»; si vedano anche Giusto de’ Conti, Canzoniere, 115, 10: «La man, che il furor mio fatta ha immortale», Colonna, Rime, 178, 3: «a l’alma, Sua mercé, fatta immortale».
107 Cfr. pure Vannozzo, Rime, 7, 10: «Nido d’ogni virtute e de ben fare», Sannazaro, Sonetti e canzoni, 100,
69: «Et ei, che di virtù fo albergo e nido», Tebaldeo, Rime, 278, 68: «e mille altre virtù che in te fan nido».
108 Si vedano inoltre Cicerchia, La Passione, 159, 5: «e di toccarlo avie sì gran desire», Boiardo, Amorum Li-
bri, 137, 9: «Speranza vien dal Ciel, e il gran desire», Sannazaro, Sonetti e canzoni, 53, 56: «rifrena il gran desire», Ariosto, Furioso, XLIII, 109, 1: «Gran maraviglia, et indi gran desire».
109 Cfr. anche Burchiello, Rime, 120, 7: «Suol esser la gran turba sconsolata», Pulci, Morgante, IV, 39, 7:
«Una gran turba che s’era fuggita», XV, 2, 6: «Che ne veniva gran turba pagana», Ariosto, Furioso, XIV, 123, 3: «Il luogo stretto e la gran turba folta».
110 Si veda anche Petrarca, Canzoniere, 342, 11.