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5. PROGETTAZIONE DEL PERCORSO DI CONTINUITÀ

5.1 Gli ambiti della continuità assistenziale

5.1.1 Proposte in merito alla continuità gestionale

Programmare la continuità gestionale consente di connettere coerentemente i trattamenti forniti da erogatori differenti assicurando “la sequenza corretta, al momento giusto, in modo clinicamente appropriato”.

Le patologie croniche, escludendo episodi di aggravamento e scompenso, possono essere più efficacemente gestite abbandonando il tradizionale paradigma dell’attesa (tipico delle malattie acute) in favore del paradigma dell’iniziativa. Esso si fonda su un’accurata valutazione dei bisogni, non trascurando nessuno dei determinanti della salute, al fine di programmare ponderatamente le attività.

Lo snodo critico nei percorsi di continuità ospedale-territorio è, per eccellenza, la programmazione della continuità assistenziale, gestita dall’U.O. Assistenza Infermieristica e progressivamente affidata all’Agenzia Collegamento Ospedale Territorio (A.C.O.T.). Con tale istituzione è stata data un’efficace risposta di tipo organizzativo alle problematiche insite nella continuità assistenziale tra ospedale e territorio e alla gestione delle dimissioni difficili, permettendo, peraltro, di ridurre il tempo di degenza in ospedale alla sola fase acuta. I moduli di segnalazione dei bisogni del paziente e le tempistiche che regolano la sua condivisione con il Territorio non sempre, tuttavia, consentono di fornire risposte tempestive ed appropriate al bisogno di cura del paziente. A tal proposito è stata redatta la delibera n. 679 del 12/07/2016, con cui si definiscono gli indirizzi operativi dell’A.C.O.T. dell’A.T.N.O. [26]. Gli interventi di seguito proposti terranno conto della suddetta.

Quando l’intervento di amputazione deve essere eseguito con urgenza, le attività verranno gestite per fronteggiare tale livello di priorità. Di contro, quando l’intervento è programmabile, si ha la possibilità di pianificare il processo. In questo caso, nella fase pre-intervento, in un unico accesso il

40 paziente può essere sottoposto agli esami di preospedalizzazione8 ritenuti più idonei e ad una valutazione globale del bisogno socio-sanitario.

La valutazione viene eseguita dal medico, infermiere e fisioterapista, ciascuno secondo la specifica competenza e titolarità, e poi comunicata all’A.C.O.T.9

. Essa, affinché riesca a stratificare la complessità dei bisogni dei pazienti, deve tenere in considerazione tutte le componenti della salute, ivi compresi i fattori personali, sociali ed ambientali. Ciò può assicurare, al momento della dimissione, la fornitura di ausili la cui utilizzazione ha uno stretto legame con il piano assistenziale della persona, ma anche l’attivazione di tutti i servizi, formali ed informali, a supporto dell’assistenza. La valutazione dovrebbe basarsi sul modello bio-psico- sociale e avvalersi del metodo di classificazione I.C.F. . Si solleva, pertanto, la proposta di revoca della Scheda di segnalazione dimissione ospedaliera programmata (P.A. 23) e l’adozione di una modalità valutativa uniforme che riguardi la dimensione clinica, assistenziale, funzionale e sociale e sia adattata al caso specifico dell’amputazione.

La valutazione fisioterapica stabilisce le capacità funzionali del paziente e, più in particolare, valuta l’assenza di fattori predittivi di esito negativo alla protesizzazione.Qualora essi non sussistano, è essenziale che tutti gli interventi vengano tempestivamente indirizzati all’addestramento all’uso della protesi, così da favorire raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile del paziente.

Il secondo snodo importante della continuità assistenziale riguarda la programmazione della dimissione ospedaliera. La valutazione del bisogno

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Preospedalizzazione: La valutazione preoperatoria dei pazienti candidati a chirurgia rappresenta una delle fasi rilevanti del percorso in cui è necessario e cruciale coniugare aspetti di valutazione clinica con modelli organizzativi efficienti e sostenibili. L’attuale modello di preospedalizzazione centralizzata presente in A.O.U.P. consente una copertura di circa il 60% dei volumi di attività chirurgica, con ricadute favorevoli in termini di programmazione degli interventi e standardizzazione del percorso di valutazione preoperatoria.

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A.C.O.T.: l’Agenzia di Continuità Ospedale-Territorio garantisce l’interfaccia Ospedale-Territorio e la continuità assistenziale del paziente nel percorso di dimissione attraverso la programmazione della stessa.La sua equipe è costituita da medico di comunità, infermiere, assistente sociale, fisioterapista.

41 socio-assistenziale complessivo e l’individuazione di un piano di dimissione personalizzato vengono definiti proattivamente da medico ed infermiere ospedaliero e comunicati ai referenti dell’assistenza sul Territorio tramite A.C.O.T, già durante la fase di ricovero. Se il paziente non risiede in A.T.N.O. l’A.C.O.T. dell’Azienda Ospedaliera si raccorderà con le Agenzie Continuità delle zone/distretto di residenza del paziente. Compito dell’A.C.O.T., dunque, è quello di mettere in atto tutte le azioni individuate come necessarie alla presa in carico globale del paziente, assicurando i Servizi coinvolti e definendo il percorso di continuità assistenziale con tre attività principali:

1. predispone preliminarmente un Piano individualizzato formulato sulla base delle specifiche necessità rilevate in fase di ricovero;

2. attiva in fase di ricovero, in presenza di bisogno socio-sanitario complesso, l’U.V.M. zonale, che stabilirà, congiuntamente con il personale ospedaliero ed il personale A.C.O.T., il setting assistenziale più appropriato10 al paziente in relazione ai suoi bisogni e alla potenzialità della risposta della rete territoriale.

3. attiva la procedura di fornitura degli ausili necessari affinché la consegna al domicilio avvenga prima della dimissione.

In ultima analisi, nella predisposizione del piano assistenziale individualizzato, si propone, per i pazienti candidati a protesizzazione e per i quali è stato indicata la dimissione in strutture territoriali, la scelta di un setting riabilitativo in stretto collegamento con le officine ortopediche, le quali potranno continuamente e rapidamente fornire assistenza protesica. In questo modo sarà possibile ridurre i tempi di attesa e, soprattutto, favorire il

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Appropriatezza: i risultati di un processo decisionale che assicura il massimo beneficio netto per la salute del paziente, nell’ambito delle risorse che la società rende disponibili.

Scelta del setting assistenziale appropriato: setting che, a parità di efficacia e di sicurezza con altri, consenta di raggiungere l’obiettivo clinico prefissato in minor tempo, al minor costo e con un utilizzo efficiente delle risorse a disposizione, soddisfacendo così il principio di economicità.

42 processo di protesizzazione. Per tale ragione, anche quando non esiste un collegamento fisico tra struttura riabilitativa ed officina ortopedica, è necessario che la collaborazione tra le due sia tempestiva, onde evitare ripercussioni negative sul processo di riabilitazione alla deambulazione del paziente.

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