• Non ci sono risultati.

Paziente arteriopatico con amputazione maggiore di arto inferiore: proposta di un percorso di continuità assistenziale in ottica bio-psico-sociale

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Paziente arteriopatico con amputazione maggiore di arto inferiore: proposta di un percorso di continuità assistenziale in ottica bio-psico-sociale"

Copied!
66
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI RICERCA TRASLAZIONALE E DELLE NUOVE TECNOLOGIE IN MEDICINA E CHIRURGIA

Corso di Laurea Magistrale in Scienze Riabilitative delle Professioni Sanitarie

Dir. chiar.mo Prof. S. Marchetti

Tesi di Laurea Magistrale

PAZIENTE ARTERIOPATICO CON AMPUTAZIONE

MAGGIORE DI ARTO INFERIORE: PROPOSTA DI UN

PERCORSO DI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE IN

OTTICA BIO-PSICO-SOCIALE

CANDIDATA: RELATORE: Dott.ssa Francesca Scarinci Prof. Mauro Ferrari

(2)

2

Indice

INTRODUZIONE ... 4

1. POPOLAZIONE TARGET ... 8

1.1 Impatto bio-psico-sociale ... 8

1.2 Stima dei volumi di prestazione e dei costi assistenziali ... 10

2. LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE ED IL MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE ... 13

2.1 La continuità assistenziale: principi e inquadramento normativo ... 13

2.2 Modello bio-psico-sociale ... 15

3. MATERIALI E METODI ... 18

3.1 Rilevazione della customer satisfaction ... 18

3.2 Ricognizione dell’esistente in letteratura ... 20

3.3 Elaborazione e analisi dei risultati ... 21

3.3.1 Casistica ... 21

3.3.2 La letteratura ... 23

4. IL PERCORSO ATTUALE ... 25

4.1 Istituzioni e figure professionali coinvolte ... 25

4.1.1 Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (A.O.U.P.) ... 25

4.1.2 U.O. Assistenza Infermieristica ... 26

4.1.3 Punto Unico di Accesso ... 26

4.1.4 Ex Azienda USL 5 di Pisa ... 26

4.2 Gli strumenti: moduli e procedure ... 27

4.2.1 “Scheda di segnalazione dimissione ospedaliera programmata” (P.A. 23) (A.O.U.P.) ... 27

4.2.2 “Piano di Assistenza Individuale” (P.A.I.) ... 28

4.3 Descrizione del percorso attuale ... 28

4.3.1 Fase intra-ospedaliera ... 28

4.3.2 Fase della programmazione della dimissione ... 29

(3)

3

4.4 I setting assistenziali territoriali ... 33

4.4.1 Strutture di degenza continuativa o diurna a carattere intensivo ed estensivo ... 33

4.4.2 I centri ambulatoriali ... 35

4.4.3 Il domicilio dell’assistito ... 35

5. PROGETTAZIONE DEL PERCORSO DI CONTINUITÀ ASSISTENZIALE... 36

5.1 Gli ambiti della continuità assistenziale ... 38

5.1.1 Proposte in merito alla continuità gestionale ... 39

5.1.2 Proposte in merito alla continuità informazionale ... 42

5.1.3 Proposte in merito alla continuità relazionale ... 45

5.2 Il processo di valutazione e monitoraggio ... 46

5.2.1 Valutazione interna ... 48

5.2.2 Valutazione esterna: customer satisfaction ... 49

6. EMPOWERMENT INDIVIDUALE E SOCIALE ... 51

6.1 Accedere all’organizzazione dei servizi e al processo decisionale ... 52

6.2 Gestire il proprio stile di vita e la propria malattia ... 52

7. DISCUSSIONE... 56

8. CONCLUSIONI ... 59

BIBLIOGRAFIA ... 61

INDICE TABELLE E FIGURE ... 63

ALLEGATI ... 65

Allegato 1 : Codici di intervento ... 65

(4)

4

INTRODUZIONE

In conseguenza dell’aumento dell’aspettativa di vita verificatosi negli ultimi 100 anni, il numero delle persone anziane nel mondo si è andato progressivamente accrescendo. Nel panorama italiano, i dati ISTAT, presentati in uno studio condotto tra il 2007-2017, dimostrano quanto affermato (Fig. n.1): al 1° gennaio 2017 i residenti hanno in media un’età di 44,9 anni e gli individui ultrasessantacinquenni superano i 13,5 milioni (22,3% della popolazione totale) [1].

Fig.1 Piramide dell’età della popolazione residente in Italia (2007-2017).

L’aumento dell’aspettativa di vita consente a molti soggetti di raggiungere l’età avanzata in un discreto benessere ed indipendenza: l’84% di loro dichiara di sentirsi discretamente e vivere in buona salute. Ciò nonostante, parallelamente, sta crescendo esponenzialmente la categoria di anziani caratterizzati da una particolare vulnerabilità per la contemporanea presenza di più malattie croniche, fragilità e disabilità.

(5)

5 Come mostra la tabella sottostante recante dati rilevati dall’ ISTAT (2015), il confronto dei vari indicatori di salute conferma il notevole peggioramento dello stato di salute della popolazione anziana in Italia nel passaggio dai 65 agli 80 anni: il 37,6% delle persone di 65-69 anni riporta almeno tre patologie croniche, a fronte del 64,0% degli ultraottantenni (Tab. n.1) [2] .

Tab. 1 Principali indicatori di salute delle persone ultrasessantacinquenni con particolare riguardo alla comorbilità.

Tra le patologie la cui incidenza aumenta con l’allungarsi della vita troviamo le arteriopatie obliteranti periferiche (PAD) che sono, dopo la cardiopatia ischemica, la complicanza più frequente dell’aterosclerosi. Essa è presente nel 4-12% dei soggetti nella fascia di età 55-70 anni ed è maggiormente caratterizzata da difficoltà della deambulazione, nota come “claudicatio”. Fumo, diabete, ipertensione e dislipidemia rappresentano i fattori di rischio maggiori per la PAD [2]. L’ischemia critica (CLI) rappresenta uno stadio avanzato di patologia e, se confermata, deve essere precocemente trattata per prevenire possibili conseguenze nefaste. L’aggravarsi dell’insufficienza arteriosa (fino alla successiva necrosi tissutale dell’estremità) riduce progressivamente le capacità di deambulare e le condizioni generali del malato, causando l’ipotrofia muscolare. Quando possibile, è consigliato intervenire con terapia medica o ricostruttiva

(6)

6 vascolare. Nella fase di ischemia critica si renderà necessario l’intervento di amputazione almeno nei casi in cui un’infezione grave minaccia la vita del paziente, quando il dolore a riposo non può essere controllato, o quando la necrosi tissutale è estesa. Tale trattamento è indicato, inoltre, quando le procedure di rivascolarizzazione non siano possibili o siano state seguite da un insuccesso immediato.

Per amputazione di arto inferiore si intende l’asportazione chirurgica dello stesso, o di una sua parte, per rimuovere il tessuto che non ha più un adeguato apporto di sangue. Parliamo di amputazione maggiore di arto inferiore quando l’intervento viene eseguito a livello tibiale, trans-femorale o con disarticolazione d’anca.

L’incidenza di amputazioni maggiori su un’ampia popolazione o su dati di rilevanza nazionale varia da 120 a 500 casi/milione/anno. Il rapporto amputazioni sotto il ginocchio/sopra il ginocchio è, in ampi sondaggi, di 1:1. Solo il 60% delle amputazioni sotto il ginocchio guarisce per “prima intenzione”, il 15% guarisce dopo procedure secondarie e il 15% necessita di essere convertito in un’amputazione al di sopra del ginocchio e il 10% muore nel periodo perioperatorio. La severa prognosi ad 1-2 anni è riassunta nella figura n.2.

(7)

7 L’obiettivo implicito dell’amputazione è ottenere la guarigione primaria dell’arto inferiore mediante una resezione più distale possibile [3]. Il dispendio energetico per la deambulazione, infatti, aumenta all’aumentare dell’estensione dell’amputazione dal polpaccio alla coscia. La conservazione dell’articolazione del ginocchio ed una lunghezza significativa della tibia permettono l’uso di protesi leggere, minimizzano l’energia per la deambulazione ed abilitano pazienti anziani o più fragili a camminare autonomamente [4].

E’ importante che l’amputazione possa restituire un’accettabile qualità della vita e, per questo, non deve essere considerata come “l’inizio della fine” o solo come il fallimento dei trattamenti precedentemente proposti, ma, piuttosto, come intervento chirurgico talora salvavita talora in grado di rimuovere la fonte del dolore. Attraverso un programma riabilitativo avviato il più precocemente possibile, potrà essere restituito un buon livello di autonomia potendo, peraltro, ripristinare una discreta capacità deambulatoria con uso di protesi. E’ fondamentale, per questo, garantire una continuità nell’assistenza tra i vari settori delle cure allineando ed integrando le diverse istituzioni sanitarie. Queste dovranno, prioritariamente, riconoscere una mission comune: l’erogazione di prestazioni a favore di un miglior stato di “Salute” (O.M.S.) inteso come “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice assenza dello stato di malattia o di infermità”[5].

L’obiettivo di questa tesi è quello di avanzare una proposta di percorso di continuità assistenziale sull’integrazione tra sociale e sanitario ed il coordinamento tra strutture ospedaliere e territoriali, valorizzando il ruolo centrale del paziente e quello trasversale della comunità.

(8)

8

1. POPOLAZIONE TARGET

1.1 Impatto bio-psico-sociale

Interventi eseguiti a livello trans-tibiale e trans-fermorale condizionano fortemente la cinematica del passo. L’immobilità, più o meno prolungata, che ne può conseguire deve essere tenuta in attenta valutazione soprattutto nei soggetti anziani, nei quali essa rappresenta un importante fattore di rischio di disabilità, dipendenza funzionale, istituzionalizzazione e morte. A determinare l’immobilità concorrono tre ordini di fattori:

- biologici, intesi come il livello di capacità fisica e lo stato si salute generale;

- psico-comportamentali, che incidono sulla maggiore o minore capacità di ciascun individuo di reagire ad uno stato di malattia o ad altri eventi avversi;

- socio-ambientali, quali censo, bassa scolarità, sedentarietà, alimentazione scorretta, presenza di barriere architettoniche, ancor più se l’individuo non è inserito in un contesto assistenziale adeguato a prevenire l’immobilità o a contrastarne l’evoluzione.

La più importante manifestazione clinica dell’immobilità è la sindrome da allettamento. Essa si presenta quando l’intervento riabilitativo non è presente nell’ organizzazione assistenziale. Essa può talvolta costituire una vera e propria malattia iatrogena, data dalla concezione, purtroppo ancora diffusa, che considera lo “stare a letto” parte integrante del processo di cura [6].

La sindrome da allettamento si manifesta con quadri fenomenologici oggettivi in cui possono essere coinvolti diversi apparati, quali, ad esempio, quello cardiocircolatorio, respiratorio e muscolo-scheletrico, gastroenterico, urinario, neurosensoriale, psicoaffettivo-cognitivo e

(9)

9 tegumentario. Nell’anziano essa costituisce un evento sempre incombente per la facilità e la rapidità con cui può progredire fino alle estreme conseguenze.

Al fine di indirizzare in modo mirato gli interventi di prevenzione, occorre, prima di tutto, valutare minuziosamente i fattori di rischio a cui il paziente è esposto.

Tra tutte le considerazioni possibili, la prima è il cambiamento dei lineamenti psicologici che possono fortemente pregiudicare l’esito del programma terapeutico. La modificazione dell’immagine corporea e la consapevolezza dello stato di dipendenza, più o meno temporaneo, generano introversione, irascibilità e sfiducia che ostacolano la partecipazione attiva e la motivazione del paziente al recupero cosicché ogni intervento può risultare vano [7]. L’immobilità, pertanto, riconosce tra le sue cause il fattore psico-comportamentale, dal quale non si può prescindere.

L’obiettivo per ciascun paziente, indipendentemente dalla patologia, dal sesso e dall’età, è quello di recuperare il maggior grado di autonomia possibile. La riabilitazione, in questo senso, è intesa come l’insieme degli interventi atti a consentire un recupero, anche parziale, della funzione compromessa, sia mediante la ripresa delle capacità individuali, sia per mezzo di interventi o strumenti sostitutivi o ausiliari [8].Nel caso specifico del paziente amputato, fornire ausili e, se indicata una protesi, addestrandone all’uso nel più breve tempo possibile, può rappresentare la fine di un decorso patologico e l’inizio di un percorso che lo condurrà verso l’autonomia, la consapevolezza di essere parte integrante di un nucleo che si prende cura di lui e al quale può ancora offrire il proprio contributo. Talvota gli interventi di cura e riabilitazione richiedono l’invio del paziente in setting assistenziali istituzionalizzati o a causa della complessità clinico-assistenziale o quando il rientro nella propria abitazione può essere fonte di

(10)

10 gravi disagi: spesso i familiari devono affrontare difficoltà burocratiche, problemi organizzativi, presenza di barriere architettoniche non superabili, tempi di attesa prolungati che provocano una discontinuità assistenziale. Alla luce di quanto scritto, occorre definire un secondo ambito della riabilitazione, la riabilitazione sociale, il cui obiettivo è l’eliminazione delle barriere fisiche, psichiche, culturali e sociali che ostacolano il pieno recupero e l’integrazione sociale del paziente”.

La metodologia valutativa, che meglio risponde alla complessità del caso in esame, è quella multidimensionale, che ha il compito di individuare e descrivere tutti i bisogni clinico-assistenziali del paziente, compresi quelli psichici, funzionali e socio-ambientali. Solo così è possibile determinare il bisogno assistenziale globale e attivare, di conseguenza, tutti i servizi per soddisfarlo.

1.2 Stima dei volumi di prestazione e dei costi assistenziali

Nel tentativo di fornire un quadro epidemiologico a supporto dello studio, sono stati calcolati i volumi di prestazione dell’intervento di amputazione maggiore di arto inferiore nei pazienti arteriopatici, eseguiti in A.O.U.P. tra Gennaio 2015 ed Agosto 2017. Servendosi dell’applicativo informatico Ormaweb1, è stato possibile individuare i pazienti di interesse attraverso l’inserimento dei codici di intervento (ICD-9-CM: 84.14; 84.16; 84.17), raccogliendo i dati relativi a 50 pazienti.

Nella tabella di seguito proposta, i pazienti sono stati raggruppati in base a criteri quali (Tab.n. 2):

- anno di intervento: 2015/ 2016/ 2017;

- età: pazienti con età minore/maggiore dei 65 anni;

1

(11)

11 - luogo di residenza: pazienti residenti nell’Area Territoriale Nord Ovest (ATNO) di Massa e Carrara, Lucca, Pisa, Livorno, Viareggio e pazienti extra-ATNO o extra-regionali.

I parametri esposti individuano aree territoriali di interesse sanitario diverse e, quindi, stabiliscono l’ipotetica appartenenza ad uno specifico percorso di cura.

Tab. 2. Volumi di prestazione per intervento di amputazione maggiore di arto inferiore in paziente arteriopatico, in A.O.U.P. nel periodo compreso tra 01/01/2015 e 31/08/2017.

Per quanto concerne la valutazione dei costi assistenziali, la variabilità interindividuale del bisogno assistenziale globale ne limita la possibilità di una reale determinazione. Si tengono, per cui, in considerazione tre tipologie di costi che consentono una stima ideale dell’impatto economico della patologia in esame:

1) diretti operativi ed organizzativi ricollegabili alla malattia. Essi si distinguono in:

 sanitari: ricoveri ospedalieri, controlli ambulatoriali, interventi chirurgici, esami diagnostici, medicazioni e presidi ortopedici.

 non sanitari: servizi sociali, assistenza domestica, trasporto, assistenza fornita dai famigliari fuori dall’orario di lavoro.

0 2 4 6 8 10 12 14

ATNO Extra ATNO Extra ATNO Extra ATNO Extra ATNO Extra ATNO Extra < 65 aa > 65 aa < 65 aa > 65 aa < 65 aa > 65 aa

(12)

12 2) indiretti, attinenti alla perdita dell’attività produttiva del paziente e/o dei familiari che partecipano all’assistenza del medesimo, alla erogazione di sussidi economici (invalidità).

3) intangibili, derivanti da fattori psico-fisici (stress, dolore, angoscia, preoccupazione, impatto emotivo causato dalla malattia sul paziente e sui suoi famigliari) che possono incidere anche pesantemente sulla qualità di vita ma difficilmente quantificabili.

La descrizione dell’impatto bio-psico-sociale, il calcolo dei volumi di prestazione nel periodo temporale considerato e la stima dei costi assistenziali fanno capire quanto sia importante offrire servizi efficaci in grado di rispondere ai bisogni globali del paziente, pur sempre rispettando le direttive che impongono un uso appropriato delle risorse economiche.

(13)

13

2. LA CONTINUITÀ ASSISTENZIALE ED IL

MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE

Le persone in stato di bisogno non necessitano di risposte solo sociali o sanitarie, ma di entrambe, tanto che si parla di integrazione socio-sanitaria, per la quale sanitario e sociale interagiscono, ciascuno con la propria specificità e prerogativa, avendo come punto di riferimento un progetto che interessa una persona nella sua unità psicofisica.

Il Sistema Sanitario Nazionale deve tenere in considerazione, oltre alla complessità dei bisogni (sanitari e sociali) in acuto, anche le malattie e disabilità di lunga durata che devono usufruire dei servizi e strutture extra-ospedaliere. Per tale ragione è importante studiare il percorso di cura del paziente dalla realtà ospedaliera alle strutture assistenziali, per dare un continuum assistenziale.

2.1 La continuità assistenziale: principi e inquadramento normativo La legge n. 833 del 23 Dicembre 1978, accoglie il principio di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte al bisogno di salute, la competenza primaria della sfera pubblica nella determinazione e gestione delle strutture necessarie, l’unitarietà delle prestazioni sanitarie e il loro coordinamento con le attività sociali. Ciò significa che, il passaggio allo Stato di tutte le funzioni di organizzazione e di finanziamento della sanità, si accompagna al proposito di integrare, in un progetto complessivo, la sanità ospedaliera e quella extraospedaliera, al fine di dare una continuità assistenziale. L’occuparsi della salute non si limita alle funzioni specialistiche di cura, ma deve dare importanza anche alla prevenzione e riabilitazione, servizi territoriali per eccellenza. La continuità assistenziale così intesa assicura

(14)

14 l'allocazione dei pazienti presso i servizi/presidi che dispongano di un livello organizzativo coerente con la complessità assistenziale del caso da trattare, realizzando, in questo modo, l’appropriatezza clinica, gestionale, ed economica.

L’ospedale è chiamato a soddisfare i bisogni sanitari e gestire la continuità assistenziale sia a livello intra-aziendale, fra i diversi dipartimenti, sia a livello inter-istituzionale, tra ospedale e territorio attraverso l’adozione di “Protocolli di Dimissione Protetta”.

La Legge Regionale n. 84/2015 “Riordino dell’assetto istituzionale e organizzativo del sistema sanitario regionale. Modifiche alla L.R. 40/2005” affida alle zone distretto (art. 56) il governo della continuità assistenziale ospedale-territorio. L’integrazione socio-sanitaria, dunque, si realizza per lo più a livello territoriale, dove si svolge la gran parte del percorso di cura del paziente. Ciò nonostante, nell’ambito dell’organizzazione della continuità assistenziale, gli ospedali possono fornire il loro prezioso contributo attraverso una gestione proattiva della patologia. Pertanto, è importante che ospedale/territorio e sanitario/sociale, riescano, riconoscendo la complessità dell’organizzazione, a valorizzare le relazioni dinamiche di tutte le loro componenti per ottimizzare la “presa in carico”.

La continuità assistenziale tra ospedale e territorio, e l’integrazione tra sociale e sanitario sono processi che non si esauriscono sul piano delle relazioni tra enti istituzionali diversi. Esse si perfezionano solo se inserite all’interno di un campo trasversale ai diversi livelli istituzionali, valorizzando il ruolo centrale del paziente e quello attivo della comunità. Il promotore del percorso di cura è il paziente stesso, il quale deve mettere in campo tutte le proprie risorse pscio-fisiche; secondariamente vi è la famiglia, e più in particolare chi svolge il ruolo di caregiver, che frequentemente sopperisce alle carenze dei servizi e si trova a svolgere il

(15)

15 lavoro di case management tra ospedale, servizi territoriali, medico di medicina generale e servizi specialistici. Determinante è, inoltre, il ruolo svolto dal terzo settore2, cui spesso vengono “affidati in convenzione” o “concessi” i servizi sociali. Entrambe le formule consentono di migliorare l’erogazione dei servizi sia sul versante dell’efficacia, sia su quello dell’efficienza3

.

La centralità del paziente nel proprio percorso di cura e l’importanza dell’ integrazione comunitaria nei processi assistenziali, motivano l’approfondimento sulla teoria del modello bio-psico-sociale.

2.2 Modello bio-psico-sociale

II modello “bio-psico-sociale” è una strategia di approccio alla persona sviluppato da Engel4 (1977) sulla base della concezione multidimensionale della salute descritta nel 1947 dal W.H.O. (World Health Organization): la salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia o infermità [9]. Il modello pone l’individuo ammalato al centro di un ampio sistema influenzato da molteplici variabili. Esso segna il passaggio dal tradizionale e in parte riduzionistico, modello biomedico ad un nuovo modello nell’approccio alla malattia. Secondo il modello biomedico, ogni malattia è riconducibile a variabili biologiche che il medico deve identificare e correggere con interventi terapeutici mirati. I

2

Il terzo settore, o volontariato, svolge un ruolo fondamentale sopperendo ad esigenze sociali e sanitarie espresse dalle fasce sociali più deboli come anziani, malati o bambini, integrandosi o sostituendosi all’intervento pubblico qualora quest’ultimo non sia in grado di dare una risposta adeguata.

3

Il terzo settore coinvolge le reti sociali informali, sviluppando la solidarietà comunitaria e riducendo i costi di amministrazione generale e di assistenza, ove si realizzino forme di gestione mista tra cooperazione e volontariato.

4

George Engel (1913-1999). Nato a New York City ha completato i suoi studi laureandosi in chimica e in medicina. Nel 1941 incontra a Boston per la prima volta lo psichiatra John Romano e con lui inizia ad appassionarsi agli studi psichiatrici. Nel 1946 insegna all’Università di Rochester e continua ad appassionarsi a studi psicosomatici che pubblica nel suo giornale “La medicina psicsomatica”. Nel 1977 con Romano e il sostegno accademico definisce il modello biopsicosociale.

(16)

16 fattori comportamentali e i problemi socio-psicologici non sono considerati come cause potenziali di malattia e quindi non vengono presi in considerazione nel processo di diagnosi. In accordo al modello bio-psico-sociale, il medico, per comprendere e risolvere la malattia, deve rivolgere l’attenzione anche agli aspetti psicologici, sociali famigliari dell’individuo, fra loro interagenti e in grado di influenzare l’evoluzione della malattia. Nel caso di eventi stressanti, come nel caso specifico quello dell’amputazione, l’impatto che essi hanno sul soggetto dipende, non solo dalla natura di tali eventi o da processi fisiologici, ma anche dalla capacità del soggetto stesso di far fronte alla situazione. Tale capacità di coping5 è a sua volta collegata alla interpretazione che l’individuo dà di tale evento nocivo o stressante, nonché del grado di sostegno sociale che riceve dall’ambiente circostante (famiglia, comunità, terzo settore).

Lo strumento più idoneo e capace di fornire una valutazione completa e dettagliata del bisogno assistenziale in pazienti così complessi e che, di conseguenza, permette di individuare gli ostacoli da rimuovere o gli interventi da effettuare affinché l’individuo possa raggiungere il massimo della propria auto-realizzazione, è la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (I.C.F.). L’I.C.F. adotta un approccio di tipo “bio-psico-sociale” nella classificazione della disabilità, intesa come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali. Correlando la condizione di salute con l’ambiente, promuove un metodo di misurazione della salute, delle capacità e delle difficoltà nella riabilitazione, in senso esteso [10].

5

Coping: In psicoterapia cognitiva e psichiatria il termine coping (termine inglese traducibile con "strategia di adattamento") indica l'insieme dei meccanismi psicologici adattativi messi in atto da un individuo per fronteggiare le situazioni potenzialmente stressanti o pericolose per il normale funzionamento psichico e il normale stato di benessere psicofisico.

(17)

17 Nonostante ad oggi l’approccio globale al paziente sia riconosciuto come essenziale, la sua adozione effettiva è ancora limitata a casi sporadici e si ravvisa per lo più in ambito oncologico.

(18)

18

3. MATERIALI E METODI

La consapevolezza del ruolo centrale dell’utenza nel processo di valutazione di un servizio ha motivato la scelta di intraprendere lo studio, in primis, sottoponendo ad un campione di pazienti un questionario di customer satisfacion attraverso il quale esprimere una valutazione approfondita del proprio percorso di cura, basata sulle propria percezione ed aspettative.

Secondariamente è stato analizzato lo stato attuale di gestione del percorso di cure, di cui si discuterà in maniera approfondita nel capitolo successivo. In ultima analisi, è stata fatta una ricerca della letteratura esistente, al fine di confrontare tale percorso con eventuali altri esistenti in ambito nazionale.

3.1 Rilevazione della customer satisfaction

Il campione è stato selezionato tenendo in considerazione i seguenti criteri di inclusione relativi all’intervento di amputazione:

1. eziologia; 2. data; 3. sede;

4. codice dell’intervento (ICD-9-CM)6.

Sono stati, così, reclutati n.50 pazienti arteriopatici sottoposti ad intervento di amputazione maggiore di arto inferiore nell’ U.O. Chirurgia Vascolare

6

ICD-9-CM: Nona revisione della Classificazione Internazionale delle malattie. Si tratta di un sistema di classificazione che descrive in codici numerici o alfa-numerici i termini medici in cui sono espressi la diagnosi di malattia o di traumatismo, gli altri problemi di salute, le cause di traumatismo e le procedure diagnostiche e terapeutiche.

(19)

19 del Dipartimento Cardio Toraco Vascolare dell’A.O.U.P. nel periodo compreso tra 01/01/2015 – 31/08/2017. I codici di intervento chirurgico di interesse, ricavati da “Elenco sistematico degli interventi chirurgici e delle procedure diagnostiche e terapeutiche”, sono [17]:

- 84.15 amputazione sotto al ginocchio; - 84.16 disarticolazione del ginocchio;

- 84.17 amputazione al di sopra del ginocchio;

In allegato (All. n. 1) vengono riportati i codici d’intervento e relativa descrizione dell’intervento.

La casistica, relativamente al genere, era compostata dal 56% di sesso maschile e dal 44% dal sesso femminile, di cui il 74% aveva un’età superiore ai 65 anni (44% compresa tra 75-84 anni).

L’ 82% risiedeva in Area Territoriale Nord Ovest, mentre il restante 18% proveniva da altre Aree Territoriali toscane (10%) o da altre regioni (8%). Il 12% del campione ha ricevuto intervento di amputazione a livello tibiale (ICD-9-CM: 84.15); la maggior parte (88%) amputazione trans-femorale (ICD-9-CM: 84.17).

L’indagine è stata condotta telefonicamente.

Il questionario (All. n. 2) è stato predisposto sulla base degli indicatori presenti nelle Linee Guida7 per la rilevazione della customer satisfaction riguardo ai servizi pubblici [18]. L’obiettivo è stato quello di analizzare il percorso di cura relativamente a:

- soddisfazione dei pazienti rispetto ai servizi e al personale sanitario e amministrativo, con particolare riguardo alla capacità di fornire efficacemente informazioni sulla patologia e sull’orientamento tra i servizi;

7

Il Dipartimento delle Funzioni Pubbliche,a partire dall’European Primer on Customer Satisfaction Management, ha messo a punto delle Linee Guida con l’intento di supportare le amministrazioni nell’adozione di politiche di ascolto dell’utenza.

(20)

20 - tempi d’attesa per l’accesso ai servizi;

- responsabilizzazione e protagonismo della persona rispetto alle scelte che la riguardano (empowerment);

- aspettative del paziente; - qualità percepita;

- qualità della vita.

Il questionario è stato suddiviso in quattro sezioni principali: - Sezione 1: assistenza ospedaliera (1.1) e distrettuale (1.2) - Sezione 2: fornitura ausili/protesi e gestione delle barriere

architettoniche

- Sezione 3: customer satisfaction - Sezione 4: note e suggerimenti.

I dati raccolti dall’intervista sono stati analizzati con l’obiettivo di comprendere quali fossero le opinioni degli utenti. I risultati sono stati sintetizzati in un report conclusivo che ha costituito la base per l’elaborazione delle proposte di miglioramento.

3.2 Ricognizione dell’esistente in letteratura

E’ stata effettuata sulla banca dati bibliografica, Pubmed, per poi effettuare la review sistematica di tutti i lavori pubblicati nell’ultimo decennio. Le parole chiave utilizzate sono state: amputazione, percorso assistenziale, management. L’obiettivo della ricerca in letteratura è stato quello individuare esperienze nazioni sul percorso assistenziale del pazienti arteriopatici con amputazione di arto inferiore. La tabella proposta esemplifica i criteri di ricerca (Tab. n. 3).

(21)

21 Database Pubmed

Parole chiave Amputazione, arteriopatia, percorso assistenziale, management

Filtri periodo temporale di riferimento: 2007-2017

Quesito Esistono percorsi assistenziali per pazienti amputati maggiore di arto inferiore a livello nazionale italiano ?

Tab. 3 Criteri utilizzati per la ricerca nella banca dati bibliografica Pubmed.

3.3 Elaborazione e analisi dei risultati

I risultati che vengono proposti sono quelli che servono ad identificare le eventuali pratiche da migliorare e fornire spunti di riflessione sui quali basare le proposte di intervento.

3.3.1 Casistica

A fronte dei n.50 pazienti contattati complessivamente, il 20% del campione era deceduto al momento dell’intervista telefonica, il 26% non ha risposto alla chiamata. In conclusione il 54% pari a n.27 pazienti, ha completato l’intervista telefonica. D’ora in avanti definiremo questa come la popolazione di riferimento.

Vengono prese in esame le principali criticità: 1. l’orientamento tra i servizi extra-ospedalieri;

2. i tempi di attesa a volte prolungati per fornitura dei servizi territoriali; 3. la carenza di informazione sui servizi e permessi a cui si ha diritto; 4. la burocrazia complessa;

5. la mancanza di un collegamento tempestivo con l’officina ortopedica per i necessari adattamenti della protesi.

A fronte di tali criticità, i punti di forza del percorso di cura messi in evidenza sembrano essere:

(22)

22 2. piena disponibilità e cordialità del personale sanitario ospedaliero;

3. fornitura puntuale degli ausili necessari al rientro in domicilio.

D’ora in avanti ci si concentrerà sui principali aspetti critici del processo assistenziale, i quali vengono esposti più nel dettaglio in tabella n. 4.

Attività Soggetti coinvolti Output Fattori critici di successo Criticità rilevate Pre-intervento: valutazione multidimensionale del paziente Paziente; infermiere Scheda di valutazione del bisogno clinico-assistenziale Multidimensio nalità ( fattori clinici, psicologici, sociali, ambientali ) Gli aspetti psicologici, sociali ed ambientali non vengono registrati Programmazione della continuità assistenziale: segnalazione del bisogno a U.O. Assistenza Infermieristica Paziente, medico ed infermiere della corsia; U.O. Ass. Infermieristica Attivazione processi per la fornitura servizi e ausili Completezza; Correttezza; Tempestività; La segnalazione non riporta il bisogno assistenziale globale; le tempistiche previste da PA 23 possono ritardare la dimissione Assistenza protesica Officina ortopedica; paziente Adattamenti ed assistenza protesica Tempestività; prossimità del servizio Le officine ortopediche sono spesso lontane dalla

sede riabilitativa, provocando ritardi nella protesizzazione

e nell’assistenza protesica Tab. 4 Snodi critici del percorso.

(23)

23

3.3.2 La letteratura

Al momento non esistono esperienze concrete sulla gestione della continuità assistenziale per i pazienti arteriopatici con amputazione maggiore di arto inferiore, né in ambito toscano né in quello nazionale italiano.

E’ stata, quindi, effettuata una ricerca sui principali sistemi organizzativi, progettati negli ultimi anni per adeguarsi alle trasformazioni nell’erogazione dell’assistenza: assistenza funzionale, team nursing, assistenza primaria, case management, Chronic Care Model ecc. Valutati gli aspetti salienti di ciascuno, si farà un approfondimento al modello del Case Management, il quale è sembrato il più appropriato alla complessità dei bisogni assistenziali della popolazione target.

Il termine Case Management compare alla metà degli anni Ottanta per descrivere un processo di erogazione di prestazioni sanitarie incentrato sull’utente e avente lo scopo di integrare al massimo gli interventi necessari, evitandone la frammentazione e la casualità, garantire un’assistenza appropriata per migliorare la qualità della vita e contenere i costi [19]. Il Case Management rappresenta un potenziale gate d’ingresso unico tra servizio sociale e servizio sanitario, in grado di selezionare l’utenza secondo criteri unitari [20]. Il tema del gate unico è particolarmente rilevante per l’economia del sistema dei servizi, soprattutto a causa dell’elevato livello di frammentazione degli interventi e di un loro insufficiente coordinamento che fa aumentare il rischio di duplicazione delle prestazioni. Si tratta di un modello di presa in carico che può essere utilizzato per affrontare casi di assistenza integrata in cui è richiesta collaborazione tra servizi sociali e sanitari basato sulla collaborazione tra pazienti e tutte le figure coinvolte nel processo.

Il Case Management pone al centro dell’interesse la valutazione dei bisogni e dei problemi di natura bio-psico-sociale [21]. Presuppone un’adeguata

(24)

24 relazione interpersonale tra case manager, paziente e le altre persone. Il case manager raccoglie dati anamnestici, analizza le condizioni psico-fisiche, le disponibilità di risorse e di supporto sociale e così via. Questi dati permettono, unitamente all’utente, alla famiglia e al medico, di identificare i problemi attuali e potenziali. Attraverso tale metodologia, gli operatori sociali e sanitari sono chiamati a condividere almeno in modo parziale l’elaborazione e la rappresentazione dei problemi e delle soluzioni da implementare, sviluppando un avvicinamento e un confronto.

Il case manager pianifica gli interventi, da disporre in successione in modo appropriato, evitando sprechi. Definisce, pertanto, in modo chiaro responsabilità e compiti di ciascun operatore o professionista coinvolto nel processo di presa in carico e erogazione del servizio. Attraverso i “pacchetti di servizi” realizza un servizio di prestazioni adatte ai bisogni valutati, integrando e coordinando i diversi elementi. Il case manager favorisce l’integrazione socio-sanitaria anche attraverso il monitoraggio continuo e la valutazione degli esiti per adeguare gli interventi e, all’occorrenza, rivedere il piano.

Gli elementi sottolineati individuano nel Case Management un valido modello teorico per l’elaborazione di un percorso di continuità assistenziale per pazienti arteriopatici con amputazione maggiore di arto inferiore.

(25)

25

4. IL PERCORSO ATTUALE

Obiettivo del presente capitolo è quello di fornirne una descrizione dell’attuale gestione del percorso di cura dei pazienti arteriopatici amputati in A.O.U.P. e la loro successiva presa in carico dal Territorio.

4.1 Istituzioni e figure professionali coinvolte

Di primaria importanza è l’identificazione degli attori istituzionali attualmente coinvolti nel percorso di cura. Più nel dettaglio verranno esaminati, in relazione alle tematiche prefissate, i compiti e responsabilità delle figure professionali di interesse appartenenti alle seguenti istituzioni:

- Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (A.O.U.P.); - U.O. Assistenza Infermieristica;

- Punto Unico di Accesso (PUA); - Ex Azienda USL 5 di Pisa.

4.1.1 Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana (A.O.U.P.)

L’ A.O.U.P. è punto di riferimento dell’Area Vasta, Regionale e Nazionale per le attività di alta specializzazione e svolge il ruolo di ospedale zonale per la zona-distretto di Pisa. Assicura prestazioni di ricovero, ambulatoriali specialistiche e di emergenza urgenza, con attività di ricerca e didattica. Utilizza le tecniche più avanzate per la diagnosi e la cura in un contesto tecnologicamente ed organizzativamente articolato e complesso [11].

L’ospedale, inoltre, come principale erogatore di cure in regime di acuzie, riveste un ruolo importante nell’indirizzare l’assistito, dopo le dimissioni, verso un setting assistenziale più idoneo al suo bisogno clinico-assistenziale. In funzione della continuità assistenziale dei Percorsi

(26)

26 Diagnostico Terapeutici Assistenziali, ricerca la massima collaborazione ed integrazione con i medici e professionisti territoriali.

4.1.2 U.O. Assistenza Infermieristica

L’U.O. Assistenza Infermieristica dell’A.O.U.P. provvede ad inoltrare la segnalazione del bisogno clinico-assistenziale del paziente, ricevuta, tramite fax, dal coordinatore infermieristico dell’U.O. di ricovero del paziente, al P.U.A. della Zona Pisana, secondo le modalità previste nella procedura interaziendale di continuità assistenziale (P.A. 23) [12].

4.1.3 Punto Unico di Accesso

Il P.U.A. è l’organo a disposizione del cittadino, al quale egli può rivolgersi per ottenere qualsiasi informazione relativa alle prestazioni sanitarie erogate dalla ASL e ai servizi sociali erogati dal Comune, o per segnalare la necessità di assistenza sanitaria e/o sociale. E’ uno dei luoghi dell’integrazione socio-sanitaria, professionale e gestionale. La sua funzione è quella di migliorare le modalità di presa in carico del paziente ed eliminare o semplificare i numerosi passaggi ai quali la persona assistita e i suoi familiari devono adempiere.

4.1.4 Ex Azienda USL 5 di Pisa

La ex ASL di Pisa è confluita nella nuova Azienda USL Nord Ovest che ingloba anche le ex ASL di Lucca, Massa e Carrara, Livorno e Viareggio [13]. Il Territorio dell’ex Azienda USL 5, inteso in senso strettamente sanitario, può essere definito come l’insieme delle risorse e dei mezzi di cura extra-ospedalieri, prossimi anche fisicamente all’utente e maggiormente accessibili, con bassa complessità tecnologica e alta intensità relazionale. L’azienda, articolata in zone-distretto, programma e gestisce le attività sanitarie (prevenzione collettiva, assistenza territoriale e assistenza ospedaliera) e socio-sanitarie (percorso materno infantile, salute mentale, disabilità, anziani, dipendenze etc.).

(27)

27 L’ex Azienda USL 5 provvede ad erogare servizi a favore della popolazione residente nel suo territorio di competenza. Nella continuità assistenziale ospedale-territorio essa è chiamata a prendere in carico sia i pazienti ricoverati negli ospedali ad essa afferenti: Ospedale Felice Lotti (Pontedera), Spedali Riuniti di Santa Maria Maddalena (Volterra) che quelli ricoverai presso l’A.O.U.P. (Pisa).

La sua attività è caratterizzata da processi di produzione congiunta in cui i servizi sanitari, direttamente gestiti dalle Aziende sanitarie, compartecipano alla produzione con i servizi sociali comunali, il volontariato, il settore informale, la famiglia e il destinatario stesso del servizio.

Individuate le aree di bisogno e le priorità di intervento, attraverso l’adozione di strumenti di programmazione integrata, ha il compito di rispondere, in maniera adeguata, alla complessità ed eterogeneità dei problemi di salute.

A livello territoriale vengono erogate le prestazioni sanitarie che comportano la fornitura di protesi, ortesi ed ausili tecnologici nell’ambito di un piano riabilitativo-assistenziale alle persone di cui all’art. 18.

4.2 Gli strumenti: moduli e procedure

4.2.1 “Scheda di segnalazione dimissione ospedaliera programmata” (P.A. 23) (A.O.U.P.)

La P.A. 23 rappresenta una segnalazione scritta complessiva dei bisogni del paziente che viene comunicata da un infermiere dell’U.O. di appartenenza all’Assistenza Infermieristica, almeno cinque giorni prima della data di presunta dimissione del paziente. Questo dovrebbe assicurare l’approvvigionamento di ausili e presidi e l’attivazione dei servizi territoriali per il giorno della dimissione.

(28)

28

4.2.2 “Piano di Assistenza Individuale” (P.A.I.)

E’ lo strumento formale e scritto redatto dall’èquipe multidisciplinare in collaborazione con i familiari a seguito di un’attenta analisi e una valutazione dei bisogni identificati e percepiti della persona. Esso riporta il problema, l’obiettivo, l’intervento e la data di verifica prevista a medio e lungo termine. Ogni piano di assistenza è un progetto dinamico, continuamente aggiornabile e adattato a tutte le necessità che possono, di volta in volta, emergere. Nel PAI sono riportati i soggetti erogatori dei servizi e delle prestazioni e quelli che gestiscono il processo.

4.3 Descrizione del percorso attuale

Identificati gli attori, le relative responsabilità e gli strumenti che adottano, è possibile ricostruire il percorso attuale che, pur fondato su norme e procedure organizzative, ad oggi non è formalizzato. La descrizione procederà suddividendo il processo in tre fasi: intra-ospedaliera, preparatoria alla dimissione ed extra-ospedaliera.

4.3.1 Fase intra-ospedaliera

Il percorso inizia con l’accesso del paziente al sistema che può avvenire tramite due modalità:

- attraverso il pronto soccorso o per trasferimento da un altro reparto; - in regime ambulatoriale, in caso di accesso programmato e

regolamentato da una lista di attesa.

Ipotizzando che l’indicazione preveda un intervento chirurgico, il paziente,

previo parere favorevole sul trattamento proposto, firma il modulo del

consenso informato e autorizza lo staff all’intervento che può prevedere un intervento di rivascolarizzazione chirurgica o l’ amputazione.

(29)

29

4.3.2 Fase della programmazione della dimissione

 Una dimissione sicura ed efficace va preparata con un Piano delle dimissioni. Il medico, dopo aver effettuato la consulenza e aver valutato la stabilizzazione clinica, procede secondo le seguenti ipotesi:

 trasferimento in Terapia Intensiva (quando il paziente manifesta instabilità o complicazioni cliniche critiche) o in altro reparto ospedaliero.

 dimissione a domicilio. Le condizioni cliniche del soggetto lo permettono e il nucleo familiare può garantire adeguata disponibilità di presenza e comfort ambientale, le cure verranno offerte

prioritariamente a domicilio. In questo caso il coordinatore

infermieristico, congiuntamente con il medico, compila la P.A. 23, indicando i bisogni assistenziali del paziente.

 trasferimento presso struttura socio-sanitaria territoriale. I pazienti critici dal punto di vista sociale e assistenziale, con quadro clinico complesso, situazione socio-familiare e abitativa inadeguata, necessitano di essere ospitati in strutture residenziali o semiresidenziali per l’erogazione delle prestazioni di cui hanno

bisogno. In questo caso il coordinatore infermieristico,

congiuntamente con il medico, compila la P.A. 23, evidenziando un trasferimento in una struttura socio-sanitaria territoriale”.

Nel caso in cui le condizioni cliniche del paziente peggiorino e impediscano la sua dimissione, il coordinatore invia tempestivamente comunicazione all’U.O. Assistenza Infermieristica, utilizzando il modulo “Segnalazione di non avvenuta dimissione ospedaliera”.

Al momento della dimissione, come precedentemente descritto, l’U.O. Assistenza Infermieristica inoltra la P.A. 23 al P.U.A. della Zona Pisana

(30)

30 secondo le modalità previste nella procedura interaziendale di continuità assistenziale. Il P.U.A., dopo aver valutato la richiesta, trasmette al Dipartimento di Riabilitazione di appartenenza dell’assistito e al medico di Medicina Generale (M.M.G.) il modulo relativo ai soli pazienti segnalati come pazienti complessi che necessitano di una dimissione in struttura socio-sanitaria territoriale. Il P.U.A., in casi di dimissione del paziente presso il proprio domicilio (con necessità di A.D.I.), concorda la dimissione con il responsabile medico del reparto di degenza e organizza il primo accesso, con il M.M.G., i familiari e/o caregiver e il pool Infermieristico di competenza.

Il Dipartimento di Riabilitazione Adulti dell’Ex ALS 5, entro 5 giorni, comunica, tramite fax e/o e-mail al reparto di ricovero, la presa in carico ed il percorso riabilitativo individuato.

Le visite di follow up vengono concordate in tempi e modi al momento della dimissione.

4.3.3 Fase extra-ospedaliera

Segnalato il problema assistenziale, attraverso la compilazione e l’invio della P.A. 23, a livello distrettuale vengono raccolte ed analizzate le richieste ed eventualmente integrate. Viene poi effettuata l’accettazione delle domande e, se il caso è complesso, il P.U.A. attiva l’Unità di Valutazione Multidisciplinare (U.V.M) la cui composizione varia in relazione al bisogno, attraverso l’utilizzo di appositi strumenti. Il primo output del processo è l’ammissione o meno al servizio.

L’assistito, presa visione del piano individuale di assistenza, sottoscrive un “accordo/impegno di cura”, con la partecipazione della famiglia, dove

viene stabilita, laddove prevista dalle norme, anche

(31)

31 L’U.V.M. definisce gli obiettivi di cura e predispone il P.A.I. orientato per problemi assistenziali. Individua tra gli stessi componenti dell’équipe, il responsabile del caso (case manager), che, in stretta collaborazione con il M.M.G., coordina gli interventi e verifica l’andamento del piano assistenziale.

Di seguito viene mostrata la flow chart del percorso di cure attuale per pazienti arteriopatici, sottoposti ad intervento di amputazione nell’A.O.U.P. (Fig. n. 3)

(32)

32 Fig. 3 Schematizzazione del percorso di cura del nelle tre fasi in cui si articola: ospedaliera, programmatoria della dimissione ed extra-ospedaliera.

(33)

33 4.4 I setting assistenziali territoriali

Ogni cittadino con disabilità, ha diritto a un servizio di riabilitazione secondo un “Progetto riabilitativo individuale”. I percorsi, riabilitativi o abilitativi,si sviluppano a partire dall’evento acuto a carattere disabilitante, sulla base di una valutazione multi professionale. Essa considera, oltre ai bisogni clinici e funzionali, quelli assistenziali e sociali e individua le modalità di risposta a tali bisogni. Le prestazioni di riabilitazione possono essere fornite dalle ASL o dalle strutture private accreditate, in ospedale o in strutture extraospedaliere, quali (Fig. n. 4):

- degenza continuativa o diurna a carattere intensivo ed estensivo; - centri ambulatoriali;

- domicilio dell’assistito;

- strutture socio-assistenziali a carattere residenziale continuativo o diurno.

Fig. 4. Setting riabilitativi.

4.4.1 Strutture di degenza continuativa o diurna a carattere intensivo ed estensivo

I presidi di riabilitazione in regime di ricovero o diurno (ex art. 26 L. 833/1978 istituti o centri di riabilitazione) erogano prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale dei soggetti che presentano condizioni di disabilità conseguenti a patologie invalidanti ammissibili, per condizione

Regime diurno D. H. Extra-ospedaliera Riabilitazione Regime distrettuale Ambulatoriale Domiciliare Regime di degenza Ospedaliera (cod. 56) Extra-ospedaliera

(34)

34 clinica stabilizzata, a trattamento riabilitativo extraospedaliero che richiede, per lo svolgimento delle specifiche attività riabilitative, un’adeguata tutela assistenziale nelle 24 ore (regime residenziale) o nelle 12 ore (regime diurno) [15].

Il presidio garantisce l’intervento di tipo:

- intensivo, nelle fase immediatamente sub-acute o di recrudescenza degli esiti invalidanti;

- estensivo, a conclusione di un progetto riabilitativo per facilitare l’adattamento della persona disabile al proprio ambiente di vita. Le cure residenziali comprendono prestazioni di assistenza a lungo termine offerte a soggetti non autosufficienti in condizioni di cronicità e/o relativa stabilizzazione delle condizioni cliniche, allorquando esiste l’esigenza di erogare le prestazioni in un ambiente protetto e specificatamente dedicato. Inoltre, la struttura sanitaria garantisce un’adeguata assistenza a quei pazienti che non hanno una rete familiare e sociale in grado di prendersi cura delle sue necessità di vita quotidiana.

Per il paziente disabile sono previsti prestazioni:

1. diagnostiche, terapeutiche, riabilitative e socio riabilitative; 2. terapeutiche, riabilitative e socioriabilitative di mantenimento.

Le cure semiresidenziali sono erogate da strutture di accoglienza esclusivamente diurna, destinate a pazienti non autosufficienti e disabili, con lo scopo di mantenere e potenziare le abilità e autonomie individuali e alleviare i compiti di cura e assistenza del nucleo familiare.

Per i pazienti non autosufficienti, le prestazioni in regime semiresidenziale offrono trattamenti di lungoassistenza e mantenimento, inclusi anche interventi di sollievo, con bassa necessita di tutela sanitaria.

(35)

35

4.4.2 I centri ambulatoriali

Le cure ambulatoriali si rivolgono a pazienti che presentano condizioni di disabilità conseguenti a patologie invalidanti ammissibili, per condizione clinica stabilizzata, a trattamento riabilitativo in regime ambulatoriale che non richiedono, per lo svolgimento delle specifiche attività riabilitative, alta tutela medica e infermieristica.

4.4.3 Il domicilio dell’assistito

Le cure domiciliari sono rivolte alle persone non autosufficienti e in condizioni di fragilità, con patologie in atto o esiti delle stesse. Si tratta di un insieme organizzato di trattamenti medici, infermieristici e riabilitativi domiciliari che si integrano con le prestazioni di assistenza sociale e di supporto alla famiglia. Le prestazioni sanitarie erogate a domicilio del paziente sono interamente a carico del servizio sanitario nazionale, salvo le specifiche sopra richiamate.

Il D.P.C.M. n. 33 del 29 Novembre 2001 dichiara che “l’uso appropriato delle risorse disponibili rende imprescindibile privilegiare forme di cura domiciliari» e che «la casa è il miglior luogo di prevenzione, cura e riabilitazione» [16].

(36)

36

5. PROGETTAZIONE DEL PERCORSO DI

CONTINUITÀ ASSISTENZIALE

Pianificare e standardizzare un percorso di assistenza significa ridurre al minimo la variabilità ma non certo escluderne a priori la presenza. Le ragioni di variabilità possono essere diverse condizioni: cliniche, variabilità sociali, organizzative, burocratiche, cambiamenti tecnologici ecc.

Le tre variabili principali che verranno considerate sono: - classe di priorità d’intervento;

- luogo di residenza dell’assistito;

- assenza di fattori predittivi di esito negativi per la protesizzazione.

I servizi e l’ordine in cui essi vengono proposti dipende dalla classe di priorità d’intervento: gli interventi programmabili e gestiti da una lista d’attesa consento uno studio più dettagliato del caso clinico e, di conseguenza, del suo percorso di cura.

Inoltre la consapevolezza che sia difficile progettare modelli di integrazione standardizzati e uniformemente validi, rende necessario, considerare la residenza del paziente, così da permettergli di accedere a servizi prossimi al suo domicilio.

In ultimo, si consideri preliminarmente che il miglioramento della qualità di vita nei pazienti amputati di arto inferiore, se le condizioni cliniche lo consentono, è strettamente associato alla capacità di deambulazione con utilizzo di una protesi. L’intervento di amputazione, quindi, più che il fallimento della terapia medica e di rivascolarizzazione, dovrebbe essere considerato come un intervento ricostruttivo che rimuove la fonte di dolore e di disabilità al paziente. Dall’altra parte, l’intervento di riabilitazione, dovrebbe essere considerato come l’insieme dei trattamenti che mirano al raggiungimento del miglior livello funzionale possibile, indipendenza nelle

(37)

37 attività di vita quotidiana e autodeterminazione. La riabilitazione, pertanto, quando sussistono i criteri che ne danno indicazione, deve considerare la protesizzazione come un obiettivo di primaria importanza [24].

Vanno fatte, dunque, una serie di considerazioni. Prima fra tutte c’è l’aspettativa di vita del paziente: si tratta, per la maggior parte, di soggetti che, affetti da pluripatologie in stato avanzato, spesso si trovano nella fase finale della loro esistenza. Per tale motivo occorre definire, con saggezza e competenze tecniche, il confine tra l’atto terapeutico e l’accanimento terapeutico. Secondariamente, si ricercano ed incentivano il desiderio e la motivazione del paziente al recupero della propria autonomia: senza questi presupposti ogni intervento risulterebbe vano. Ad ogni modo, il progetto riabilitativo, sia che miri alla salvaguardia del benessere, che al perseguimento dell’autonomia è parte essenziale del processo di cura nei pazienti amputati.

E’ doveroso, a questo punto, elencare i fattori che condizionano l’esito del processo di protesizzazione. A tal fine è stata effettuata una revisione sistematica della letteratura prodotta nell’ultimo decennio, con lo scopo di individuare i criteri che possano supportare la scelta di protesizzare o meno un paziente e, di conseguenza, predirne la capacità deambulatoria. Tali fattori dovrebbero essere tenuti in considerazione durante l’anamnesi e l’esame obiettivo in quanto capaci di condizionare il chirurgo nella scelta del livello in cui eseguire l’intervento (Tab. n. 5) [25].

Bassa predittività

Moderata predittività Alta predittività

BMI

Motivazione Genere Fumo

Disturbi cognitivi /del comportamento Eziologia

Capacità di stare in piedi su una gamba Condizioni di salute prima dell’intervento

Livello di amputazione Età

Capacità fisiche Comorbilità Tab. 5 Fattori predittivi classificati in base al grado di rilevanza.

(38)

38 In conclusione, nella formulazione delle proposte di modifica si terrà conto della classi di priorità di intervento, luogo di residenza dell’assistito e probabilità di avviare il processo di amputazione.

Gli obiettivi che si intendono perseguire sono: - centralità del paziente;

- promozione della continuità assistenziale tra ospedale e territorio; - riduzione delle degenze ospedaliere inappropriate;

- utilizzo congruo delle risorse della sanità e del sociale;

- riduzione della variabilità nelle pratiche della clinica e dell’intervento sociale;

- semplificazione della burocrazia.

5.1 Gli ambiti della continuità assistenziale

Occuparsi di continuità assistenziale significa gestire tutti gli aspetti in cui essa si declina:

- gestionale, in relazione all’appropriata sequenza di interventi efficaci, adottati da differenti soggetti nell’ambito del sistema sanitario;

- informazionale, pertinente al collegamento tra una struttura sanitaria o singolo operatore sanitario erogatore di cura e un altro soggetto, o tra un evento sanitario e un altro;

- relazionale, relativa alla forza con cui si instaura la relazione tra soggetto erogatore di cura e paziente.

(39)

39

5.1.1 Proposte in merito alla continuità gestionale

Programmare la continuità gestionale consente di connettere coerentemente i trattamenti forniti da erogatori differenti assicurando “la sequenza corretta, al momento giusto, in modo clinicamente appropriato”.

Le patologie croniche, escludendo episodi di aggravamento e scompenso, possono essere più efficacemente gestite abbandonando il tradizionale paradigma dell’attesa (tipico delle malattie acute) in favore del paradigma dell’iniziativa. Esso si fonda su un’accurata valutazione dei bisogni, non trascurando nessuno dei determinanti della salute, al fine di programmare ponderatamente le attività.

Lo snodo critico nei percorsi di continuità ospedale-territorio è, per eccellenza, la programmazione della continuità assistenziale, gestita dall’U.O. Assistenza Infermieristica e progressivamente affidata all’Agenzia Collegamento Ospedale Territorio (A.C.O.T.). Con tale istituzione è stata data un’efficace risposta di tipo organizzativo alle problematiche insite nella continuità assistenziale tra ospedale e territorio e alla gestione delle dimissioni difficili, permettendo, peraltro, di ridurre il tempo di degenza in ospedale alla sola fase acuta. I moduli di segnalazione dei bisogni del paziente e le tempistiche che regolano la sua condivisione con il Territorio non sempre, tuttavia, consentono di fornire risposte tempestive ed appropriate al bisogno di cura del paziente. A tal proposito è stata redatta la delibera n. 679 del 12/07/2016, con cui si definiscono gli indirizzi operativi dell’A.C.O.T. dell’A.T.N.O. [26]. Gli interventi di seguito proposti terranno conto della suddetta.

Quando l’intervento di amputazione deve essere eseguito con urgenza, le attività verranno gestite per fronteggiare tale livello di priorità. Di contro, quando l’intervento è programmabile, si ha la possibilità di pianificare il processo. In questo caso, nella fase pre-intervento, in un unico accesso il

(40)

40 paziente può essere sottoposto agli esami di preospedalizzazione8 ritenuti più idonei e ad una valutazione globale del bisogno socio-sanitario.

La valutazione viene eseguita dal medico, infermiere e fisioterapista, ciascuno secondo la specifica competenza e titolarità, e poi comunicata all’A.C.O.T.9

. Essa, affinché riesca a stratificare la complessità dei bisogni dei pazienti, deve tenere in considerazione tutte le componenti della salute, ivi compresi i fattori personali, sociali ed ambientali. Ciò può assicurare, al momento della dimissione, la fornitura di ausili la cui utilizzazione ha uno stretto legame con il piano assistenziale della persona, ma anche l’attivazione di tutti i servizi, formali ed informali, a supporto dell’assistenza. La valutazione dovrebbe basarsi sul modello bio-psico-sociale e avvalersi del metodo di classificazione I.C.F. . Si solleva, pertanto, la proposta di revoca della Scheda di segnalazione dimissione ospedaliera programmata (P.A. 23) e l’adozione di una modalità valutativa uniforme che riguardi la dimensione clinica, assistenziale, funzionale e sociale e sia adattata al caso specifico dell’amputazione.

La valutazione fisioterapica stabilisce le capacità funzionali del paziente e, più in particolare, valuta l’assenza di fattori predittivi di esito negativo alla protesizzazione.Qualora essi non sussistano, è essenziale che tutti gli interventi vengano tempestivamente indirizzati all’addestramento all’uso della protesi, così da favorire raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile del paziente.

Il secondo snodo importante della continuità assistenziale riguarda la programmazione della dimissione ospedaliera. La valutazione del bisogno

8

Preospedalizzazione: La valutazione preoperatoria dei pazienti candidati a chirurgia rappresenta una delle fasi rilevanti del percorso in cui è necessario e cruciale coniugare aspetti di valutazione clinica con modelli organizzativi efficienti e sostenibili. L’attuale modello di preospedalizzazione centralizzata presente in A.O.U.P. consente una copertura di circa il 60% dei volumi di attività chirurgica, con ricadute favorevoli in termini di programmazione degli interventi e standardizzazione del percorso di valutazione preoperatoria.

9

A.C.O.T.: l’Agenzia di Continuità Ospedale-Territorio garantisce l’interfaccia Ospedale-Territorio e la continuità assistenziale del paziente nel percorso di dimissione attraverso la programmazione della stessa.La sua equipe è costituita da medico di comunità, infermiere, assistente sociale, fisioterapista.

(41)

41 socio-assistenziale complessivo e l’individuazione di un piano di dimissione personalizzato vengono definiti proattivamente da medico ed infermiere ospedaliero e comunicati ai referenti dell’assistenza sul Territorio tramite A.C.O.T, già durante la fase di ricovero. Se il paziente non risiede in A.T.N.O. l’A.C.O.T. dell’Azienda Ospedaliera si raccorderà con le Agenzie Continuità delle zone/distretto di residenza del paziente. Compito dell’A.C.O.T., dunque, è quello di mettere in atto tutte le azioni individuate come necessarie alla presa in carico globale del paziente, assicurando i Servizi coinvolti e definendo il percorso di continuità assistenziale con tre attività principali:

1. predispone preliminarmente un Piano individualizzato formulato sulla base delle specifiche necessità rilevate in fase di ricovero;

2. attiva in fase di ricovero, in presenza di bisogno socio-sanitario complesso, l’U.V.M. zonale, che stabilirà, congiuntamente con il personale ospedaliero ed il personale A.C.O.T., il setting assistenziale più appropriato10 al paziente in relazione ai suoi bisogni e alla potenzialità della risposta della rete territoriale.

3. attiva la procedura di fornitura degli ausili necessari affinché la consegna al domicilio avvenga prima della dimissione.

In ultima analisi, nella predisposizione del piano assistenziale individualizzato, si propone, per i pazienti candidati a protesizzazione e per i quali è stato indicata la dimissione in strutture territoriali, la scelta di un setting riabilitativo in stretto collegamento con le officine ortopediche, le quali potranno continuamente e rapidamente fornire assistenza protesica. In questo modo sarà possibile ridurre i tempi di attesa e, soprattutto, favorire il

10

Appropriatezza: i risultati di un processo decisionale che assicura il massimo beneficio netto per la salute del paziente, nell’ambito delle risorse che la società rende disponibili.

Scelta del setting assistenziale appropriato: setting che, a parità di efficacia e di sicurezza con altri, consenta di raggiungere l’obiettivo clinico prefissato in minor tempo, al minor costo e con un utilizzo efficiente delle risorse a disposizione, soddisfacendo così il principio di economicità.

(42)

42 processo di protesizzazione. Per tale ragione, anche quando non esiste un collegamento fisico tra struttura riabilitativa ed officina ortopedica, è necessario che la collaborazione tra le due sia tempestiva, onde evitare ripercussioni negative sul processo di riabilitazione alla deambulazione del paziente.

5.1.2 Proposte in merito alla continuità informazionale

La continuità informazionale rappresenta il collegamento tra un erogatore e l’altro e tra un evento sanitario e l’altro. L’informazione su questi eventi sanitari pregressi viene utilizzata per fornire al paziente una cura appropriata alle circostanze correnti.

Occuparsi di continuità informazionale significa gestire le informazioni intra-istituzionali tra professionisti della stessa struttura e inter-istituzionali tra professionisti di strutture diverse. Ogni azienda, infatti, produce una grande quantità di dati. Questi, collegati a descrittori, forniscono informazioni che, attraverso sistemi informativi11, regolano la gestione delle attività permettendo a questi sistemi di essere in stretta correlazione. Affinché un’informazione sia efficace deve essere completa, precisa, chiara e tempestiva. Nell’ambito della continuità assistenziale è molto importante ottenere informazioni complete contemporaneamente al verificarsi di determinati eventi soprattutto nel delicato processo del passaggio di consegne.

Il passaggio di consegne (handover) è definibile come il trasferimento di responsabilità e del ruolo di riferimento, per alcuni aspetti o per l’interezza, della cura di un paziente, da una fase all’altra del percorso di cura, da un professionista o da un equipe medica all’altra, su base temporanea o permanente. E’ essenziale rafforzare tale processo in quanto costituisce un momento di rischio per il paziente. Per assicurare il passaggio delle

11

Sistemi informativi: insieme delle persone, delle tecnologie e dei meccanismi operativi il cui compito è quello di produrre le informazioni che servono all’attività dell’azienda e alla sua gestione

(43)

43 informazioni necessarie alla corretta gestione del paziente ed individuazione del setting di cura, deve avvenire secondo uno schema comunicativo condiviso, strutturato ed aggiornato [27]. Nella tabella sottostante è riportato il set minimo di informazioni cliniche e assistenziali da condividere nel passaggio di consegna, come stabilito nel Decreto n.913 del Direttore Generale del 07 marzo 2016 (Tab. n. 6).

Set minimo di informazioni cliniche e assistenziali condivise fra chi invia e chi accoglie il paziente

a. dati anagrafici del paziente

b. situazione clinica valutata al momento della pianificazione del trasferimento e rivalutata al momento del trasferimento effettivo, comprese comorbidità ed eventuali allergie

c. terapia in atto al momento del trasferimento (solo per modalità scritta) d. notizie clinico-assistenziali rilevanti sul decorso

e. notizie psicologico-relazionali se di immediata applicabilità f. elementi da monitorare

g. sintesi del ricevente ( solo per modalità verbale)

h. comunicazione verbale al paziente e/o ai familiari del trasferimento

Tab. 6 Set minimo di informazioni cliniche e assistenziali nel passaggio di consegne.

Per gestire il processo dal punto di vista clinico, organizzativo ed amministrativo con chiarezza, completezza e tempestività si necessita dell’esistenza di reti fisiche e procedure di collegamento fra servizi ed operatori. La progettazione della continuità assistenziale, in sintesi, dovrebbe prevedere, parallelamente, la definizione e realizzazione di un sistema informativo adeguato.

In questo senso il contributo che l’informatica può fornire è rilevante: studiare un sistema informativo che veda coinvolti tutti gli attori del percorso di cura, pazienti compresi, consente di ridurre gradualmente i supporti cartacei, evita parte dei ritardi che si registrano nel raccordo tra

Riferimenti

Documenti correlati

Il Servizio di Continuità Assistenziale (CA) è organizzato al fine di garantire la continuità dell’ assistenza medica a tutti gli assistiti nei giorni prefestivi,

presso la sede del Distretto Sanitario di Trapani Via Cesarò, 125

Nel caso di un’amputato transtibiale, è sufficiente dotare la protesi di gamba di articolazione libera alla caviglia, mentre per i transfemorali serve anche

Il Responsabile tecnico della Linea ortesi arto inferiore, calzature, plantari e protesi del piede, il giorno della prima visita, La convocherà nella sala gessi dove ha eseguito

In tutte le pazienti di età ≥ 65 aa viene somministrata dalla BCN iter preoperatorio (presente alla prima visita chirurgica) in fase preoperatoria la scala G8 Questionnaire

Partecipazione Sociale Attività

Nonché il significato del tempo e della sua misurazione che delinea la nozione di durata a partire dalla comparsa della clessidra, non- ché il tempo psicologico riferibile

2) è un ‘modalità di remunerazione’ forfettaria della presa in carico dei pazienti con patologie croniche. ma/af