Capitolo II S.K.A Square Kilomatre Array
2.2 Proposte per SKA
In questo paragrafo si riassumono le principali soluzioni proposte a livello internazionale per lo studio e la realizzazione del prototipo SKA, un nuovo radiotelescopio che offrirà più di un milione di metri quadrati di area collettrice e risolverà parecchi interrogativi ancora aperti nel mondo della radioastronomia. L’aumento di area collettrice porterà un notevole innalzamento della sensibilità e permetterà di soddisfare la richiesta di un rapporto tra area efficace e temperatura di sistema pari a 104 m2/K.
La comunità radioastronomica internazionale ha creato un consorzio, chiamato Large Telescope Working Group, per cercare di indirizzare gli sforzi di tutte le nazioni partecipanti verso un obiettivo comune, al quale, molte organizzazioni di diversi paesi hanno già aderito condividendo ricerche e sviluppi tecnologici per la realizzazione di tale progetto.
Una delle peculiarità più interessanti di questo nuovo radiotelescopio sarà l’idea di utilizzo in modalità “multi-user”. Più utenti potranno infatti lavorare simultaneamente e osservare differenti porzioni del cielo alla frequenza desiderata o effettuare contemporaneamente osservazioni a frequenze diverse.
Un’altra importante caratteristica di SKA è la distribuzione dell’intera area collettrice su un ampio numero di stazioni in modo da ottenere, oltre all’elevata sensibilità, anche un’ottima risoluzione dovuta alle dimensioni della schiera complessiva delle stazioni. Dalla Tabella 2.2, che descrive le prestazioni richieste dal nuovo radiotelescopio SKA, è possibile capire come le esigenze teoriche entrino in contrasto con i problemi realizzativi di una struttura di questo tipo. Durante le
riunioni di aggiornamento sui progressi tecnologici e scientifici raggiunti dalle singole nazioni, sono iniziati a sorgere alcuni dubbi sulla possibilità di realizzare un ricevitore in grado di lavorare in un range di frequenze così ampio. Ecco perché è stato proposto di suddividere la banda totale in tre fasce, ognuna delle quali coperta da un diverso ricevitore. Probabilmente con il progredire dei lavori ci saranno ulteriori problematiche da affrontare, ma questo risulta purtroppo inevitabile in progetti di tali dimensioni.
Aeff / Tsys 2 x 104 m2/K
Total Frequency Range 0.15-20 GHz
Imaging Field of View 1 square deg. @ 1.4GHz
Number of Instantaneous Pencil Beams 100
Maximum Primary Beam Separation
low frequency 100 deg.
high frequency 1 deg. @ 1.4GHz
Angular Resolution 0.1 arcsec @ 1.4GHz
Surface Brightness Sensitivity 1K @ 0.1 arcsec
Numbers of spectral Channels 104
Number of Simultaneos Frequency Bands 2
Imaging Dynamic Range 106 @ 1.4GHz
Polarization Purity -40 dB
Tabella 2.2: Prestazioni richieste dal nuovo radiotelescopio SKA
Oltre agli aspetti tecnologici è importante porre l’accento sul principale obiettivo di SKA: migliorare la ricerca in ambito radioastronomico. Alcuni dei principali risultati che si otterranno, grazie alle potenzialità offerte dal nuovo strumento di lavoro, saranno infatti:
1. possibilità di analisi della formazione delle stelle tramite lo studio delle emissioni di particelle H, I, e CO;
2. studio dei fenomeni magnetici: in particolare della distribuzione, dell’orientamento e della forza dei campi magnetici presenti in altre galassie;
3. analisi dei campi gravitazionali e dell’evoluzione dei buchi neri. Grazie alla maggior sensibilità di SKA sarà infatti possibile captare segnali che gli attuali strumenti radioastronomici non riescono a rilevare;
4. realizzazione di una mappa della Via Lattea e delle galassie vicine più dettagliata rispetto a quelle attuali;
5. studio dei detriti stellari presenti nel sistema solare che potrebbero essere pericolosi nel caso di impatto con il nostro pianeta. Le alte frequenze fornite da SKA renderanno possibile una migliore definizione degli oggetti studiati.
2.2.1 Soluzione australiana con Lune di Luneburg
Il CSIRO (Commonwealth Scientific & Industrial Research Organization) ha proposto lo studio e lo sviluppo di antenne sferiche, anche conosciute come lune di Luneburg. Anche se in ambito commerciale e militare l’utilizzo di queste antenne non è una novità, i ricercatori australiani sono i primi a proporle in campo radioastronomico. Le lune di Lunenburg, vere e proprie lenti sferiche, hanno la proprietà di posizionare il fuoco sia sulla loro superficie che all’esterno della stessa, a seconda della frequenza di lavoro e del valore dell’indice di rifrazione del materiale realizzativo. Una struttura con queste caratteristiche permette quindi una completa visione del cielo tramite un unico strumento. I problemi risiedono nel ricevitore. La posizione del fuoco, infatti, si sposta al variare della frequenza e di conseguenza è necessario che anche l’apparato ricevente sia dotato di un sistema in grado di seguirne gli spostamenti. Rendendo mobile il ricevitore non si è però risolto completamente il problema, in quanto si continua a ricevere un solo fascio per lente. Sarebbe necessario installare più ricevitori per ogni lente, ognuno dei quali funzionante in una diversa banda di frequenza e situato in posizione tale da ricevere
il segnale alla frequenza utile. Questo sistema, così modificato, diventerebbe notevolmente più costoso del precedente. Bisogna quindi valutare attentamente i vantaggi apportati in funzione dell’aumento dei costi introdotti. Altri svantaggi sono dovuti alle alte perdite a radiofrequenza e all’elevato peso della struttura complessiva. In Figura 2.4 si riporta l’immagine di come sarà disposta la schiera del prototipo formato dalle lune di Luneburg.
Figura 2.4: Schiera di antenne formata dalle lune di Luneburg.
2.2.2 Soluzione australiana con riflettori cilindrico-parabolici
Un’altra soluzione proposta dagli australiani e sostenuta da un consorzio formato dall’università di Sidney, è quella di realizzare SKA per mezzo di ricevitori cilindrico-parabolici dalle dimensioni relativamente ridotte (111m x 15m).
Tale scelta non è casuale, ma si basa su strutture già esistenti. A Molonglo è infatti già presente un riflettore cilindrico-parabolico, simile al ramo Est-Ovest del radiotelescopio Croce del Nord di Medicina, sul quale i ricercatori australiani hanno intenzione di sperimentare tutte le tecnologie che poi riverseranno sul prototipo SKA (Figura 2.5). Questo permetterebbe loro di utilizzare i fondi ricevuti solo nell’upgrade della struttura già esistente, ottenendo una notevole riduzione dei costi complessivi.
Figura 2.5: Riflettore cilindtico-parabolico di Molongo
2.2.3 Soluzione cinese
Il modello SKA proposto dal BAO (Beijing Astronomical Observatory) consiste in una schiera di 30 riflettori sferici, ognuno dei quali avente un diametro pari a 200 metri. Date le dimensioni di queste strutture è necessario studiare attentamente la posizione geografica più idonea alla disposizione delle singole antenne. A questo proposito è stata creata la mappa di una zona della Cina rinominata KARST (Kilometre-square Area Radio Synthesis Telescope), ricca di conche naturali.
All’interno di una di queste conche è stato proposto di realizzare un primo prototipo denominato FAST (Five hundred meter Aperture Spherical Telescope) con apertura sferica pari a 500 metri (Figura 2.6).
Il suo funzionamento si basa sul principio secondo il quale una porzione sufficientemente piccola di superficie sferica si differenzia di poco da una superficie parabolica, della quale continuano ad essere valide le proprietà. Quindi, pur avendo a disposizione una semisfera di diametro molto grande, la parte illuminata è solo una piccola porzione di essa che, inoltre, deve essere continuamente modificata per rendere possibile l’inseguimento della radiosorgente. Date le sue dimensioni: 500 metri di apertura sferica e 300 metri di diametro, FAST potrebbe divenire il più grande radiotelescopio a singolo piatto esistente.
Figura 2.6: Rappresentazione del prototipo cinese FAST
2.2.4 Soluzione statunitense
La proposta statunitense per SKA è chiamata ATA (Allan Telescope Array) e nasce da un progetto comune tra la SETI (Search for Extra Terrestrial Intelligence) ed il laboratorio di radioastronomia dell’università di Barkeley. Il primo prototipo proposto si basa su una schiera di sette antenne paraboliche (Figura 2.7) e su un software limitato alle esigenze di un array di tale dimensioni. L’idea è quella di riuscire a realizzare una struttura che abbia un’area collettrice paragonabile a quella di un’unica antenna parabolica di diametro paria a 100 metri.
In questo modo sarebbe possibile ottenere un sistema altamente integrabile anche a livello commerciale, viste le ridotte dimensioni delle singole antenne, quindi finanziabile anche con una parte di fondi privati.
L’inconveniente maggiore dei riflettori parabolici in ambito radioastronomico è la possibilità di osservare il cielo solo nella limitata porzione puntata dalle antenne. Anche nell’eventualità si realizzassero sistemi meccanici di puntamento che rendessero sincrono il movimento di tutte le antenne, si arriverebbe al massimo all’inseguimento della radiosorgente nel cielo; questo non significherebbe puntare contemporaneamente in due direzioni distinte e quindi avere una visione più ampia del cielo.
2.2.5 Soluzione canadese
Il progetto canadese si basa sugli studi condotti dal NRCA (National Research Council of Astrophysics) per sviluppare un phased-array aereo chiamato LAR (Large Adaptive Reflector). Come mostrato in Figura 2.8 la struttura è formata da più sotto sezioni: un gruppo di piani focali predisposti a terra e un grande phased-array sospeso in aria grazie alla presenza di una piattaforma aerostatica.
Il riflettore principale è formato da una serie di pannelli, regolabili tramite controlli elettronici, che permettono di ottenere una superficie complessiva di forma circolare per un totale di circa 31.000 metri quadrati. Il ricevitore si trova invece nel fuoco a 500 metri di altezza. Grazie alla presenza della struttura aerea, composta da un pallone aerostatico riempito di elio e da due o più tiranti che tengono in equilibrio il phased-array, è possibile posizionare il ricevitore esattamente nel fuoco e mantenerlo in equilibrio nella posizione scelta. Qualsiasi aggiustamento di posizione avviene tramite dei verricelli che modificano la posizione dell’intera struttura aerea. A livello teorico tale sistema offre indubbiamente un’ampia copertura del cielo, anche se rimane il problema di una sola direzione di puntamento. Desta comunque perplessità l’aspetto realizzativo dell’intera struttura aerostatica.
2.2.6 Soluzione olandese
Il modello olandese è uno dei progetti più avanzati a livello europeo in quanto, già dalla metà degli anni ’90, sono stati compiuti studi per la realizzazione di un prototipo che potesse dare risposte concrete ad alcune domande poste dal progetto SKA. Attualmente l’istituto di ricerca NFRA (Netherlands Foundation for Research in Astronomy) è arrivato a proporre il progetto THEA (Thousand Element Array) passando attraverso l’esperienza di altri due progetti sperimentali come: AAD (Adaptive Antenna Demonstrator) e OSMA (One Square Meter Array).
In Figura 2.9 si mostra la struttura di una singolòa antenna del primo prototipo di THEA composto da quattro piastrelle, anziché dalle sedici del progetto finale.
I primi studi sono stati effettuati prevalentemente sul comportamento dell’antenna AAD per capirne il funzionamento anche nei confronti delle interferenze. I risultati di questi test sono stati resi noti nel 1997, anno in cui si è considerato concluso il progetto AAD. L’esperienza acquisita è stata poi immediatamente riversata in un secondo progetto (OSMA), nel quale 64 antenne AAD sono state collegate tra loro formando un unico array capace di visualizzare un doppio fascio di puntamento guidato digitalmente. Questa seconda fase del progetto è terminata nel 1999, anno in cui è iniziato lo studio delle antenne e del software necessario per un sistema di
dimensioni notevolmente superiori. Ecco come è nata l’idea del prototipo THEA, all’interno del quale ben 1024 antenne permetteranno di guidare diversi fasci in modo digitale.