• Non ci sono risultati.

Le protesi valvolari biologiche includono:

• Homografts: valvole umane prelevate da cadavere;

• Autrografts: valvole dello stesso paziente autoinnestate al posto di valvole malate. Questo tipo di metodica viene utilizzata nell’intervento di Ross che prevede la sostituzione della valvola aortica con quella polmonare del paziente stesso e l’impianto di un homograft al posto di quest’ultima;

• Xenograft: valvole prelevate da una specie differente, in genere porcine; • Valvole di pericardio bovino.

Gli ultimi due tipi possono essere “stented”, ovvero dotate di un supporto rigido, oppure “stentless”, prive di questo supporto.

La sopravvivenza media a lungo termine è simile a quella osservata in seguito a impianto di protesi valvolare meccanica. In uno studio retrospettivo di Yuting P. Chiang et al 89, che raccoglieva 4253 pazienti tra i 50 e i 69 anni che sono stati operati per sostituzione valvolare aortica con bioprotesi o protesi meccanica tra il 1997 e il 2004, la sopravvivenza a 15 anni del gruppo delle bioprotesi era del 60,6% rispetto al

Fig. 33 Esempi di bioprotesi porcina (in alto a sinistra), pericardica (in alto a destra),

- 61 - 62,1% delle protesi valvolari meccaniche; altri studi confermano che l’outcome a lungo termine è simile.

Anche l’incidenza di tromboembolismo è simile tra i due tipi di valvole. Nello studio di Khan et al. 90 , che comprendeva 2533 pazienti, la libertà da eventi embolici a 15 anni era del 71% nei pazienti con bioprotesi e del 75% nei pazienti con protesi meccanica. Il tasso di stroke tardivo e altre complicanze tromboemboliche è risultato essere simile nei due tipi di valvole anche nello studio di Brown et al. 91, con

un’incidenza di stroke del 91,4% con bioprotesi e del 93,2% con protesi meccanica. Per quanto riguarda la trombosi protesica, uno studio retrospettivo 92 su 397 bioprotesi

espiantante per disfunzione, nell’11,6% dei casi era presente trombosi protesica; il rischio stimato in base al numero di valvole impiantate è risultato dello 0-74%-1,46%. Questo sembra essere maggiore tra 13 e 24 mesi dall’impianto 93.

L’incidenza di endocardite è simile tra i due tipi di valvole nei primi 18 mesi; successivamente il rischio aumenta nei pazienti portatori di bioprotesi 94-97. È raccomandabile che i pazienti portatori di protesi valvolare, sia essa meccanica o biologica, eseguano una profilassi antimicrobica prima di procedure a rischio di causare batteriemia.

Il problema principale delle protesi valvolari biologiche consiste nella durata limitata; il tasso di disfunzione valvolare strutturale (SVD) aumenta con il tempo, particolarmente a partire da 7-8 anni dopo l’impianto. La libertà da SVD si attesta tra il 70% e il 90 % a 10 anni e tra il 50% e l’80% a 15 anni dall’impianto 98. La velocità

con la quale questo processo si verifica dipende da vari fattori sia legati alla valvola che correlati al paziente; il deterioramento è maggiore in posizione aortica rispetto alla posizione mitralica, forse a causa delle pressioni maggiori a cui questa è sottoposta in fase di chiusura. La disfunzione strutturale valvolare è inoltre fortemente correlata con l’età; la frequenza di SVD per bioprotesi in posizione aortica a 20 anni è del 60-70 % nei pazienti con età minore di 65 anni e di circa la metà nei pazienti con età superiore a 65 anni 99,100.

Altri fattori che possono influire sulla durata di una bioprotesi sono ipertensione arteriosa sistemica, anomalie del metabolismo del calcio, ipercolesterolemia e gravidanza. Per la diagnosi precoce di questa complicanza, è raccomandata un’ecocardiografia annuale a partire da cinque anni dall’intervento. La disfunzione

- 62 - strutturale valvolare è la prima causa di reintervento nei pazienti con bioprotesi; esso è indicato nei pazienti sintomatici con un significativo aumento del gradiente transvalvolare o con severa insufficienza, mentre può essere considerato nei pazienti a basso rischio asintomatici con segni di significativa SVD 46.

Quindi il vantaggio delle bioprotesi consiste nel fatto che non necessitino di terapia anticoagulante orale a vita con quindi minor rischio di emorragia. La limitazione principale è rappresentata invece dalla durata limitata con alto rischio di reintervento, mentre il rischio tromboembolico e di endocardite è simile tra i due tipi di valvole. Le prestazioni delle protesi porcine o pericardiche sono risultate simili in diversi studi101,102.

Le protesi stentless sono stato sviluppate con l’intento di ridurre l’ostruzione determinata dalla protesi con una riduzione dello stress sui lembi e quindi un miglioramento dell’emodinamica e della durata. Tuttavia, non sembra che esistano differenze clinicamente importanti con questo tipo di protesi, con tassi di complicanze e SVD simili a quelli delle protesi stented; inoltre l’impianto di una portesi stentless risulta essere più difficoltoso. Questo tipo di protesi potrebbe essere considerato soprattutto in caso di pazienti con un piccolo annulus, per prevenire la dilatazione della radice aortica 103.

Gli homografts sono valvole raccolte da cadavere entro 24 ore dalla morte del donatore, sterilizzate con antibiotici e criopreservate a -196°C. dal punto di vista emodinamico sono superiori alle bioprotesi stented e comparabili a quelle stentless;

- 63 - presentano una ridotta trombogenicità ma vanno incontro a SVD con quindi una durata limitata nel tempo. Un possibile vantaggio è la riduzione del rischio di infezione; possono quindi essere considerate nella sostituzione valvolare a seguito di endocardite. L’autoinnesto con intervento di Ross garantisce un’eccellente emodinamica a livello della valvola aortica ma determina anche un aumento del gradiente a livello dell’homograft in posizione polmonare. L’autoinnesto ha il vantaggio di non essere trombogenico, non richiede trattamento anticoagulante e il rischio di endocardite è basso; inoltre se impianto durante lo sviluppo ha dimostrato di crescere insieme al paziente. La sopravvivenza è simile a quella della popolazione generale comparata per età e sesso; tuttavia a partire dalla seconda decade dopo l’intervento la valvola comincia a deteriorarsi e a 18 anni in circa la metà dei casi c’è la necessità di un reintervento, soprattutto nei pazienti con insufficienza aortica preoperatoria 104,105. Questo intervento può essere quindi indicato nei bambini e nei giovani adulti con una lunga aspettativa di vita e alle donne in età fertile che desiderano una gravidanza; è raccomandabile però che venga effettuato in centri specializzati.

Fig. 35 Confronto tra protesi valvolari biologiche e meccaniche riguardo a sopravvivenza

(in alto a sinistra), incidenza di stroke (in alto a destra), incidenza di reintervento (in basso a sinistra) e incidenza di eventi emorragici maggiori (in basso a destra).

- 64 -

IL MISMATCH PROTESI-PAZIENTE

Il problema del mismatch protesi-paziente (PPM) è stato per la prima volta descritto da Rahimtoola nel 1987 106 ed è definito come la presenza di un’area effettiva

dell’orificio valvolare inferiore rispetto a quella della valvola naturale. Questo viene classificato in base all’area effettiva dell’orificio valvolare (EOA) indicizzata per la superficie corporea (BSA), che a sua volta è calcolata in base al peso e all’altezza del paziente. Si parla di PPM non clinicamente significativo se l’EOA indicizzata è >0,85% cm2/m2, moderato se è 0,65-0,85 cm2/m2 e severo se è <0,65 cm2/m2107. Il mismatch protesi-paziente è la causa più frequente di aumento del gradiente trans- valvolare in seguito a sostituzione valvolare aortica. La prevalenza di PPM moderato varia tra il 16% e il 70% in base allo studio, mentre quella di PPM severo è tra il 2% e il 20%108. I fattori associati a un aumento del rischio di questa condizione sono età avanzata, sesso femminile, alti BSA e BMI, diabete, ipertensione, insufficienza renale, annulus aortico minore di 21mm e l’utilizzo di una protesi biologica rispetto ad una meccanica 109.

Il PPM ha un importante impatto clinico. Esso è infatti associato a una riduzione della tolleranza allo sforzo, a una ridotta regressione dell’ipertrofia ventricolare post- intervento, a una diminuzione della riserva coronarica e ad alterazioni della

Fig. 36 Rischio relativo di morte a breve termine in base alla severità del PPM e alla

- 65 - coagulazione. È inoltre correlato a un più alto tasso di incidenza di complicanze correlate all’impianto della valvola protesica e a una più veloce degenerazione strutturale 108. Infine, il PPM è correlato a un aumento della mortalità perioperatoria e della mortalità media e a un aumento del rischio di complicanze neurologiche; la gravità del PPM è direttamente proporzionale all’aumento della mortalità: questa è maggiore di 2,1 volte in caso di PPM moderato e di 11,4 volte con PPM severo rispetto alla presenza di PPM non significativo. La mortalità è inoltre maggiore in presenza di una frazione di eiezione preoperatoria minore del 40% [Fig. 36]107,110.

Il mismatch protesi paziente entra in diagnosi differenziale con altre possibili cause di aumento del gradiente transvalvolare, tra cui la presenza di ostruzione valvolare a causa di trombosi, degenerazione della bioprotesi o endocardite, la presenza di un artefatto dovuto all’alto flusso centrale nelle protesi meccaniche a doppio semidisco, la presenza di stati iperdinamici o errori tecnici [Fig. 37] 111.

Fig. 37 Algoritmo diagnostico per la diagnosi differenziale in presenza di aumento del

gradiente transvalvolare proposto dalle linee guida dell’Associazione Europea di Imaging Cardiovascolare.

- 66 - Il mismatch protesi-paziente può essere prevenuto grazie a una strategia che prevede tre step:

1. Calcolare la BSA del paziente in base all’altezza e al peso;

2. Moltiplicare la BSA per 0.85 cm2/m2; il risultato sarà la minima area effettiva dell’orificio che la valvola dovrebbe avere per evitare moderato-severo PPM; 3. Verificare se l’area effettiva dell’orificio della protesi che si intende impiantare

è uguale o superiore al valore ottenuto al punto 2; se invece l’EOA è troppo piccola, si dovrà considerare l’utilizzo di un altro tipo di protesi con una con EOA maggiore (ad esempio stentless o homograft) oppure effettuare un allargamento dell’annulus che permetterà poi di impiantare una valvola più grande dello stesso tipo.

Negli anni sono state proposte diverse tecniche per l’allargamento dell’annulus aortico; queste prevedono l’incisione dell’annulus e l’ampliamento della radice aortica grazie a un patch. La tecnica più comune è quella di Nicks 112, che consiste nell’estensione dell’incisione aortica verso il basso posteriormente a livello del seno non coronarico fino all’annulus mitralico e nell’utilizzo di un patch per la chiusura dell’aortotomia. Con la tecnica di Manouguian 113 invece l’incisione è estesa anche

alla cuspide mitralica anteriore; questa permette il posizionamento di un patch più grande ma necessita anche della riparazione dell’atrio sinistro e del lembo mitralico.

Fig. 38 Tecnica di Nicks (a sinistra) e di Manougouian (a destra) per l’allargamento

- 67 - La tecnica di Nunez 114 prevede anch’essa l’estensione dell’aortotomia inferiormente e verso destra a livello della commessura tra la cuspide sinistra e quella non coronarica, fino a lasciare uno spazio di 15-22 mm tra la fine dell’incisione e l’inserzione del lembo anteriore della valvola mitralica.

Il patch per l’allargamento dell’annulus aortico può essere costituito da vari materiali sintetici, come Dacron o Teflon, o da tessuto pericardico autologo oppure bovino o equino; è difficile stabilire la superiorità di una o l’altra opzione, comunque sia il pericardio può essere utilizzato con sicurezza è possiede caratteristiche favorevoli come la facile maneggevolezza, la resistenza alle suture e la capacità di sopportare le alte pressioni sistemiche senza andare incontro a dilatazione 115.

A prescindere dal tipo di tecnica usata, questa strategia si è dimostrata efficace nel ridurre l’incidenza del mismatch protesi-paziente; in uno studio di Castro et al. 116 è

stato osservato che nei pazienti che andavano incontro a allagamento dell’annulus della valvola aortica solo il 2,5% sviluppava PPM; inoltre, nonostante un aumento del tempo di clampaggio aortico di circa 20 minuti in media, non è stata osservato un aumento della morbidità o della mortalità precoce. Anche l’esperienza della Cardiochirurgia Pisana ha dimostrato eccellenti risultati. In uno studio che comprendeva 53 pazienti che avevano affrontato la sostituzione della valvola aortica con allargamento dell’annulus, la mortalità ospedaliera è risultata del 2%, con solo due casi di PPM moderata e nessun caso di PPM severa; la sopravvivenza a lungo termine era del 37±9%, con follow-up massimo di 18 anni e medio di 8,9±5,0. Inoltre non sono stati rilevati casi di aneurismi al follow-up eseguito con angio-TC 117.

Le complicanze sono rare e comprendono leak periprostetico, insufficienza mitralica e fistola atrio-aortica in caso di tecnica di Manouguian 115.

- 68 -

TAVI: TRANSCATHETER AORTIC VALVE IMPLANTATION

La TAVI o TAVR è una procedura che consiste nell’impianto transacatetere di una protesi valvolare aortica con accesso percutaneo o chirurgico mini-invasivo. Può essere eseguita tramite diversi approcci; quello più frequente è quello transfemorale, ma può essere effettuata anche per via transapicale, transacellare e transaortico. Come vedremo in seguito, questa procedura è indicata per i pazienti ad alto rischio chirurgico.

Lo studio randomizzato PARTNER ha confrontato la TAVI con la sostituzione valvolare aortica chirurgica in pazienti ad alto rischio cioè con uno score STS maggiore del 10% (PARTNER A) 118,119; la TAVI è inoltre stata comparata alla terapia

standard, compresa la valvuloplastica aortica con palloncino (PARTNER B) 120. Nello studio PARTNER A, la mortalità a 30 giorni, 1 anno e 2 anni era simile nei pazienti trattati con TAVI rispetto alla sostituzione valvolare aortica chirurgica; il gruppo della TAVI aveva però un maggior rischio di stroke a 30 giorni e a 1 anno e un maggior rischio di complicanze vascolari maggiori a 30 giorni, mentre il gruppo dei pazienti chirurgici aveva un maggior rischio emorragico e di sviluppare fibrillazione atriale di nuova insorgenza. La TAVI era però associata a un aumento dell’incidenza di leak paravalvolare, associato a sua volta a una maggiore mortalità tardiva. Al follow-up a 5 anni dall’impianto 121, non sono risultate differenze significative tra i due gruppi in termini di mortalità cardiovascolare e mortalità per tutte le cause, stroke

- 69 - e necessità di ricovero ospedaliero. La presenza di insufficienza aortica moderata- grave, associata a un aumento della mortalità, era però del 14% del gruppo trattato con TAVI rispetto all’1% dei pazienti chirurgici.

Nello studio PARTNER B, la TAVI era associata a una minor mortalità a 1 anno e a 2 anni e a un minor rischio di ospedalizzazione rispetto alla terapia medica; era però associato anche a un rischio maggiore di stroke.

Fig. 40 Confronto dei risultati della TAVI o TAVR e della sostituzione valvolare aortica

chirurgica nello studio PARTNER A.

Fig. 41 Confronto dei risultati della TAVI o TAVR e della terapia medica nello studio

- 70 -

LINEE GUIDA ESC/EACTS 2012

Nella valutazione di un paziente con diagnosi di valvulopatia aortica ci sono varie considerazioni che devono essere fatte per decidere quale sia la miglior strategia per la gestione della malattia. Dovranno infatti essere valutate la severità della valvulopatia, la presenza di sintomi, l’aspettativa di vita del paziente in base a età, sesso, comorbidità e infine i desideri del paziente stesso.

Fig. 42 Classi di raccomandazione.

Da: Vahanian A, Alfieri O, Andreotti F, et al. Guidelines on the management of valvular heart disease (version 2012). European heart journal 2012; 33(19): 2451-96.

Fig. 43 Livelli di evidenza.

Da: Vahanian A, Alfieri O, Andreotti F, et al. Guidelines on the management of valvular heart disease (version 2012). European heart journal 2012; 33(19): 2451-96.

- 71 -

Documenti correlati