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Sostituzione valvolare aortica con bioprotesi Medtronic Mosaic: risultati a lungo termine

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica Direttore Prof. Riccardo Zucchi

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Corrado Blandizzi

_____________________________________________________________________________

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

Sostituzione valvolare aortica con bioprotesi Medtronic Mosaic:

risultati a lungo termine

RELATORE

Chiar.mo Prof. Uberto Bortolotti

CANDIDATO

Leonardo Tomei

(2)

- 1 -

INDICE ANALITICO

CAPITOLO 1 – ANATOMIA CHIRURGICA DELLA

RADICE AORTICA

Introduzione

4

Rapporti

4

Annulus o giunzione ventricolo-arteriosa

7

Cuspidi

8

Triangoli intercuspidali

10

Seni di Valsalva

11

Giunzione sino-tubulare

12

Dimensioni

13

Dinamica

16

CAPITOLO 2 – PATOLOGIA DELLA VALVOLA

AORTICA

Introduzione

20

Stenosi aortica

20

Insufficienza aortica

32

(3)

- 2 -

CAPITOLO 3 – LA SOSTITUZIONE VALVOLARE

AORTICA

Introduzione

40

Accessi chirurgici

41

Bypass cardiopolmonare

45

Tecnica chirurgica

54

Protesi valvolari

57

Il mismatch protesi-paziente

64

TAVI: transcatheter aortic valve implantation

68

Linee guida ESC/EACTS 2012

70

CAPITOLO 4 – ESPERIENZA PISANA

Introduzione

82

Materiali e metodi

83

Risultati

86

Commento

92

BIBLIOGRAFIA

96

(4)
(5)

- 4 -

CAPITOLO 1 - ANATOMIA CHIRURGICA DELLA

RADICE AORTICA

INTRODUZIONE

La radice aortica è definita anatomicamente come la porzione di aorta toracica che si estende dal cosiddetto annulus aortico alla giunzione sino-tubulare. Questo segmento misura circa 2-3 cm di lunghezza e è costituito da tre componenti principali: le cuspidi con le loro inserzioni, i seni di Valsalva e i triangoli interleaflet 1.

RAPPORTI

La radice aortica riveste una posizione centrale nell’anatomia cardiaca. Essa è spostata verso destra e posteriormente rispetto all’adiacente valvola polmonare e i piani delle due valvole formano un angolo inclinato inferiormente. Il piano passante per le

Fig. 1 (A) Rappresentazione schematica e immagine anatomica (B) della radice aortica

(6)

- 5 - porzioni inferiori dei seni aortici formano con l’asse orizzontale un angolo di 30° 2,

così la superficie arteriosa dei lembi valvolari chiusi è diretta non solo verso l’alto ma anche verso destra con un angolo di almeno 45° rispetto alla linea mediana3. I tre seni aortici di Valsalva sono contenuti all’interno del sacco pericardico.

A causa della sua posizione centrale nel cuore, la radice aortica ha complessi rapporti con le camere cardiache. Il seno non coronarico è adiacente agli atri destro e sinistro, il seno coronarico sinistro all’atrio sinistro mentre il seno coronarico destro all’atrio destro e al tratto di efflusso del ventricolo destro. La regione di parete aortica adiacente ai seni destro e non coronarico insieme alla parete dell’atrio protrude all’interno della camera atriale destra formando una sporgenza denominata “torus aorticus”; quest’ultimo rapporto anatomico deve essere tenuto presente durante l’esecuzione di

Fig. 2 Cuore sezionato lungo l’asse che simula la finestra ecocardiografica parasternale

asse lungo. L’immagine mostra come l’arco aortico si estenda dalla porzione basale (frecce) delle linee di inserzione delle cuspidi valvolari (linea tratteggiata rossa) alla giunzione sino-tubulare (linea tratteggiata nera)

Fig.3 Immagine anatomica di cuore normale dopo la resezione degli atri. In evidenza la

(7)

- 6 - punture trans-settali o l’impianto di dispositivi per la chiusura di difetti del setto interatriale.

La radice aortica contrae inoltre un intimo rapporto con il setto interventricolare e con la valvola mitralica. A differenza della valvola polmonare, che risulta essere interamente ancorata alla parete muscolare, quella aortica è solo in parte circondata dal tessuto miocardico del ventricolo sinistro. Infatti la regione a cavallo della commessura fra la cuspide coronarica sinistra e la non coronarica prende rapporto con lo scheletro fibroso del cuore, formando una connessione tra il lembo antero-mediale della valvola mitralica e la valvola aortica che prende il nome di “continuità mitro-aortica”; quando è aperto, il lembo antero-mediale della valvola mitralica forma come un sipario tra il tratto di afflusso e quello di efflusso del ventricolo sinistro.

Normalmente, la radice aortica sporge leggermente a destra al di sopra del setto interventricolare; nell’anziano, questo rapporto cambia dando al setto stesso una forma sigmoide: questa normale variante dovrebbe essere distinta dalla cardiomiopatia ipertrofica 4.

La zona tra seno non coronarico e seno coronarico destro è anche adiacente alle fibre del sistema di conduzione che dal nodo atrio-ventricolare, posto all’apice del triangolo di Koch, attraversano questa regione formando il fascio di His che passa al di sotto del setto membranoso 5 [Fig.4].

Durante la dissezione della radice aortica bisogna prestare inoltre attenzione all’arteria del nodo seno-atriale che, quando la radice aortica stessa è dilatata, può decorrere lungo il piano di dissezione e, se danneggiata, può causare disfunzioni del nodo del

(8)

- 7 - seno o emorragie post-operatorie. Questa arteria nella maggioranza dei casi (65,4%) origina dall’arteria coronarica destra subito dopo la sua origine e decorre dall’atrio destro verso la parte superiore dell’atrio sinistro, ma può anche originare dall’arteria circonflessa (16.6%) o da entrambe (9,2%) 6 e quindi decorrere dorsalmente alla radice aortica. Infine è importante verificare il decorso dell’arteria circonflessa; infatti, durante l’impianto di una protesi valvolare o l’esecuzione di un’annuloplastica, dovrà essere lasciato uno spazio adeguato tra l’annulus aortico e l’arteria in modo da prevenirne curvature o stenosi 1.

ANNULUS AORTICO O GIUNZIONE VENTRICOLO-ARTERIOSA

Il termine annulus aortico è utilizzato per descrivere la zona di transizione tra il ventricolo sinistro e la radice aortica ma esistono diverse definizioni. Per gli ecocardiografisti corrisponde al piano passante dai nadir delle linee di inserzione delle cuspidi valvolari 7; per i chirurgi corrisponde alle linee di inserzione delle cuspidi valvolari stesse, nel punto in cui vengono suturate le protesi valvolari; per gli anatomisti invece si fa riferimento al punto in cui il miocardio termina continuandosi con la parete aortica 8.

Nonostante ci sia accordo sul fatto che nessun annulus fibroso possa essere isolato a livello della giunzione 4,9, il dibattito è ancora aperto 10; è quindi più opportuno riferirsi a questa zona con il termine di giunzione ventricolo arteriosa.

La giunzione ventricolo-arteriosa anatomica corrisponde al punto in cui il miocardio del ventricolo sinistro termina continuandosi con la parete fibroelastica dei seni di Valsalva. La precisa localizzazione di questa giunzione non è identificabile ma può essere estrapolata completando la circonferenza attorno al tratto di efflusso del ventricolo sinistro e assumendo che esista una netta demarcazione tra il miocardio e la parete aortica. I nadir delle linee di inserzione delle cuspidi valvolari sono localizzati al di sotto di questa giunzione, così in parte il tessuto miocardico viene ad essere incluso nei seni di Valsalva. L’estensione di questa porzione di tessuto muscolare varia da un cuore all’altro, ma in linea generale interessa il seno coronarico di destra e la porzione anteriore del seno coronarico di sinistra, mentre quello non coronarico e la restante parte del seno coronarico di sinistra non contengono tessuto miocardico 4.

(9)

- 8 - La giunzione anatomica non corrisponde quindi alla giunzione ventricolo-arteriosa funzionale. Infatti, la porzione di miocardio inclusa nei seni di Valsalva appartiene funzionalmente all’aorta, mentre le parti di parete aortica che sono comprese tra le inserzioni delle cuspidi valvolari, ovvero i triangoli interleaflets, si trovano al di sopra della giunzione anatomica ma appartengono emodinamicamente al ventricolo sinistro11.

CUSPIDI VALVOLARI

Ognuna delle tre cuspidi valvolari ha un margine libero e un margine che si inserisce sulla parete aortica, di forma semilunare, che si incontra a livello della giunzione sino-tubulare a formare le commessure. A differenza di quanto accade per la valvola polmonare, solo parte della linea di inserzione delle cuspidi è supportata da tessuto muscolare. Infatti circa un terzo della circonferenza su cui si inseriscono è costituita da tessuto fibroso che è parte dello scheletro fibroso del cuore e che come già discusso va a costituire la continuità mitro-aortica. Questa all’estremità si ispessisce, formando i trigoni fibrosi sinistro e destro, quest’ultimo in continuità con il setto membranoso e con il tendine di Todaro 12.

Le cuspidi hanno una faccia liscia che guarda verso il ventricolo e una faccia leggermente corrugata che guarda verso l’aorta. La zona di contatto tra le cuspidi è detta lunula e occupa l’intera larghezza del margine libero e si estende per circa un terzo dell’altezza della cuspide; a metà della lunula la superficie ventricolare si ispessisce a formare il nodulo di Aranzio, che occupa circa il 60% della superficie inferiore della lunula stessa.

Fig.5 Radice aortica sezionata longitudinalmente. Si nota la diversa distanza tra l’annulus aortico

chirurgico (linea bianca) e la giunzione ventricolo-arteriosa anatomica (linea tratteggiata nera) a livello delle tre commessure.

(10)

- 9 - Quando la valvola è chiusa, i margini inferiori delle lunule vengono a contatto, assicurando la competenza valvolare e evitando il rigurgito di sangue dall’aorta al ventricolo. Il margine libero di ciascuna cuspide ha una lunghezza maggiore della distanza intercommessurale e ciò consente sia la perfetta coaptazione durante la fase diastolica che la completa apertura durante la fase sistolica 13. La massima lunghezza

delle cuspidi è considerevolmente minore di quella del rispettivo seno; in questo modo, quando la valvola si apre il lembo si porta nel seno senza il rischio che vada a occludere l’orifizio coronarico. La presenza di fenestrature a livello delle lunule è comune, specialmente negli anziani, ma la valvola rimane continente poiché queste si vengono a trovare al di sopra della linea di chiusura della valvola; fenestrature più ampie che si estendono al di là della zona di contatto possono invece determinare una significativa incontinenza valvolare.

Con l’avanzare dell’età, soprattutto dopo i 50 anni, le cuspidi diventano più spesse e rigide; sclerosi, calcificazioni o fusioni delle commessure possono causare stenosi della valvola.

Dal punto di vista dell’istologia, le cuspidi sono formate da tre strati: la fibrosa sul versante aortico, la lamina ventricularis su quello ventricolare e la spongiosa in mezzo a questi due.

La fibrosa contiene soprattutto fibre collagene e in proporzione minore quantità di elastina; le fibre collagene sono principalmente di tipo 1 e conferiscono forza alla cuspide. Esse sono orientate in modo circonferenziale parallele al margine libero ma in vicinanza delle inserzioni delle cuspidi alcune sono orientate radialmente.

La spongiosa è costituita da tessuto connettivo lasso ricco in proteoglicani e permette lo scivolamento tra gli strati adiacenti.

(11)

- 10 - La lamina ventricularis è più sottile rispetto alla fibrosa e contiene più elastina e fibre collagene meno organizzate; questa si ispessisce a livello della lunula e soprattutto del nodulo di Aranzio dove c’è un accumulo di tessuto elastico 4.

La superficie endoteliale che riveste le valvole non presenta una netta demarcazione ma si continua con quella che riveste le pareti aortica e ventricolare. Le cellule sono orientate in direzione perpendicolare al flusso, al contrario di quanto accade a livello dei vasi sanguigni dove sono orientate parallelamente ad esso; questo dimostra come il maggior stress a livello delle cuspidi è in direzione circolare e perpendicolare al flusso stesso 14.

TRIANGOLI INTERCUSPIDALI

I triangoli intercuspidali (interleaflets triangles) sono le tre porzioni di parete che si trovano tra le basi di seni adiacenti; hanno forma triangolare con l’apice verso l’alto a livello della giunzione sino-tubulare e base a livello della giunzione atrio-ventricolare. Sono circondati da tessuto muscolare, tranne a livello del trigono posto tra il seno coronarico sinistro e il non coronarico. Questa porzione è principalmente composta da tessuto fibroso ed e importante per la funzione ventricolare. Dal punto di vista emodinamico, essi appartengono al ventricolo sinistro espandendosi durante il riempimento ventricolare e contraendosi durante la sistole permettendo di ridurre la distanza tra le cuspidi e facilitandone la chiusura.

(12)

- 11 - I triangoli sono più sottili e contengono meno collagene rispetto alla parete dei seni di Valsalva; le fibre collagene sono orientate per lo più circolarmente e è presente un sottile strato di tessuto elastico a livello della superficie luminale in continuità con quello presente nel ventricolo al di sotto dell’endocardio 11.

Il triangolo tra il seno coronarico destro e il sinistro è immediatamente al di sotto del tratto di efflusso del ventricolo sinistro; il triangolo tra il seno coronarico sinistro e quello non coronarico è contiguo alla continuità mitro-aortica ma la sua parte superiore confina con il seno trasverso del pericardio; infine, il triangolo tra il seno non coronarico e il seno coronarico destro è in continuità con la porzione membranosa del setto interventricolare ed è un punto di riferimento importante per la localizzazione del fascio di His e della porzione prossimale della branca sinistra 4.

SENI DI VALSALVA

I seni di Valsalva o seni aortici sono gli spazi compresi tra la superficie luminale dei tre rigonfiamenti della radice aortica e le loro rispettive cuspidi valvolari; sono delimitati prossimalmente dalla base delle cuspidi e distalmente dalla giunzione sino-tubulare. Essi sono identici dal punto di vista funzionale ma possono essere distinti in base al fatto che due di questi danno origine alle arterie coronariche e sono quindi detti seno coronarico destro (o anteriore) e seno coronarico sinistro (o posteriore sinistro), mentre il terzo è detto seno non coronarico (o posteriore destro).

Come esposto in precedenza, parte della parete del seno coronarico destro e della porzione anteriore del seno coronarico sinistro è costituita da tessuto miocardico, mentre la parete del seno non coronarico è costituita esclusivamente da tessuto fibroso.

(13)

- 12 - Come detto le arterie coronarie originano solitamente a livello dei due seni adiacenti al tronco polmonare; estremamente rara è l’origine a livello del seno posteriore destro15. Normalmente, l’ostio si trova in prossimità della giunzione sino-tubulare; si parla di “high take off” quando esso è localizzato 5 mm o più al di sopra della giunzione e questo avviene più frequentemente per la coronaria destra e in presenza di valvola aortica bicuspide 16. Questa variante anatomica è importante da conoscere in vista di un intervento che coinvolga la radice aortica e sembra inoltre essere associato a un maggior rischio di morte cardiaca improvvisa 17. L’origine delle arterie coronariche è

anormale in circa l’1% della popolazione e nel 26% dei casi è associata a un’anomalia della radice aortica, come la presenza di una valvola bicuspide. Le anomalie più frequentemente osservate sono l’origine separata dell’arteria circonflessa e della discendente anteriore (0,41% della popolazione) e l’origine della circonflessa dalla coronaria destra (0,37% della popolazione). L’origine della coronaria destra dal seno coronarico sinistro è presente in circa lo 0,1% della popolazione nei paesi occidentali16.

GIUNZIONE SINO-TUBULARE

La giunzione sino-tubulare costituisce il punto di unione tra la porzione sinusale e quella tubulare dell’aorta e segna il limite distale della radice aortica. La giunzione non è perfettamente circolare ma prende il contorno dei tre seni con una forma che ricorda quella di un trifoglio. All’ecografia il diametro della giunzione è circa il 75% del diametro massimo dei seni 18 ma l’area aumenta con l’età e con l’aumento della massa miocardica nel caso in cui questa sia correlata a ipertensione arteriosa 19;

(14)

- 13 - l’allargamento della giunzione sino-tubulare è uno dei fattori che possono determinare insufficienza aortica 20.

A causa del fatto che il seno coronarico destro è il più grande mentre quello sinistro è il più piccolo, il piano della giunzione sino-tubulare non è parallelo a quello passante per le basi dei seni ma forma un angolo di circa 11° 21.

DIMENSIONI

La radice aortica non è in realtà una struttura perfettamente cilindrica ma i suoi diametri cambiano a seconda dei diversi piani di sezione ma anche durante le varie fasi del ciclo cardiaco.

Kunzelman et al.22 hanno misurato i diametri della radice aortica e lo spessore di parete a livello dei nadir dell’inserzione delle cuspidi (BASE), a livello dei seni di Valsalva (SINUS), a livello della giunzione sino-tubulare (STJ0) e un centimetro al di sopra di questa (STJ1) [Fig. 11 e Tab.1].

I diametri della radice sono risultati massimi a livello dei seni di Valsalva e minimi a livello della giunzione sino-tubulare, mentre invece lo spessore di parete è risultato massimo a livello dell’aorta un centimetro al di sopra della giunzione sino-tubulare e

Fig. 10 Immagine anatomica della radice aortica con evidenziata la giunzione

(15)

- 14 - minimo a livello della base; inoltre la parete dei seni di Valsalva è risultata più spessa in vicinanza delle commissure e più sottile al centro.

Inoltre, per dimostrare se le variazioni dei diametri erano coerenti con le dimensioni della radice, sono state normalizzate le misurazioni per la dimensione complessiva della radice stessa [Fig. 12]. Gli errori standard sono molto piccoli, a dimostrare che i rapporti dimensionali tra le varie strutture sono coerenti con la dimensione complessiva della radice stessa.

Livello di sezione Superficie (cm2) Diametro sul campione (mm) Diametro calcolato dalla superficie (mm) Spessore parietale (mm) STJ1 3.40 ± 0.38 21.1 ± 1.0 20.6 ± 1.0 1.9 ± 0.2 STJ0 2.98 ± 0.32 18.9 ± 0.9 19.3 ± 0.9 1.8 ± 0.2 SINUS 4.49 ± 0.40 22.4 ± 1.7 23.7 ± 1.0 1.3 ± 0.1 BASE 4.24 ± 0.44 23.4 ± 1.2 23.0 ± 1.1 0.8 ± 0.1

Fig. 11 Rappresentazione schematica dei livelli di sezione.

Tab. 1 Diametri della radice aortica e spessori parietali dei vari livelli di sezione.

Fig. 12 Forma della radice aortica umana non pressurizzata, sulla base di dimensioni normalizzate alla dimensione complessiva del campione. I valori non sono unità.

(16)

- 15 - É stato inoltre dimostrato da Berdajs et al. 10 che le dimensioni a radice aortica non sono simmetriche. Sono stati infatti misurati i volumi dei tre seni e il seno coronarico destro è risultato essere più grande (1,6 ml) rispetto al seno non coronarico (1,33 ml) e al seno coronarico sinistro (1,04 ml). Sono state inoltre misurate le altezze dei seni aortici; anche in questo caso il seno coronarico destro è risultato il più alto (19,45 mm), seguito da quello non coronarico (17,68 mm) e dal coronarico sinistro (17,45 mm) [Fig. 13].

La naturale asimmetria della radice gioca un ruolo funzionale nel compensare le variazioni pressorie creando un angolo che è maggiore durante la fase di riempimento ventricolare e che diminuisce durante la sistole. Questo angolo è stato calcolato da Berdajs et al essere 5,47°; secondo Lansac et al. 23 invece risulta essere 16,3° durante il riempimento ventricolare e di 6,6° durante la sistole. La riduzione di questo angolo crea quindi un percorso più rettilineo tra il ventricolo sinistro e l’aorta ascendente durante l’eiezione ventricolare riducendo lo shear stress a livello delle cuspidi24,25.

Le dimensioni e la forma della radice aortica inoltre cambia a seconda delle diverse fasi del ciclo cardiaco. Thubrikar et al. 26 rilevarono con i loro esperimenti sui cani che il diametro della giunzione sino-tubulare e a livello dei nadir delle inserzioni delle cuspidi cambiavano continuamente durante il ciclo cardiaco. Durante la sistole inizialmente la giunzione sino-tubulare si allarga all’aumentare della pressione aortica; in seguito, mentre quest’ultima scende anche il diametro diminuisce. Il diametro della base aortica invece diminuisce conferendo alla radice una forma conica 27. Durante la diastole il diametro della giunzione diminuisce mentre la base si dilata e la radice assume una forma cilindrica.

Fig.13 L’immagine mostra la differenza di altezza tra la base della radice aortica (Ab) e

la giunzione sino-tubulare (Sj) a livello del seno coronarico destro (h0) rispetto alla media

(17)

- 16 -

DINAMICA

La risposta della radice aortica ai cambiamenti emodinamici che avvengono durante il ciclo cardiaco è complessa [Fig. 14].

L’espansione della radice inizia prima della sistole, durante la fase di contrazione isovolumetrica: la circonferenza sia dell’annulus che della giunzione sino-tubulare aumentano, parallelamente a un aumento della lunghezza longitudinale della radice aortica ma in assenza di torsioni o deformazioni; così il cilindro che rappresenta la radice va incontro solo a una dilatazione circonferenziale e longitudinale. L’espansione dell’annulus non è però uniforme: essa è massima a livello del seno coronarico sinistro mentre è minima a livello del seno non coronarico; questa differenza può essere dovuta a possibili differenze tra le proprietà tenso-elastiche di parete e\o alla presenza di tessuto miocardico contenuto a livello della regione commissurale.

Durante l’eiezione, la circonferenza dell’annulus diminuisce mentre la giunzione sino-tubulare continua a espandersi; anche in questo caso il movimento non è omogeneo, infatti le porzioni di annulus in corrispondenza dei seni coronarici che vanno incontro a una contrazione maggiore rispetto a quanto avviene a livello del seno non coronarico. Inoltre, la radice è sottoposta a una tensione non uniforme durante l’eiezione che ne causa una deformazione: il seno sinistro e non coronarico subiscono una torsione in senso orario mentre il seno coronarico destro una torsione in senso antiorario.

Durante la fase di rilasciamento isovolumetrico, i diametri sia dell’annulus che della giunzione sino-tubulare diminuiscono ulteriormente e la radice aortica subisce un’ulteriore torsione; si ha inoltre una simmetrica riduzione della lunghezza longitudinale. Anche in questa fase, la contrazione maggiore avviene a livello del seno coronarico sinistro mentre la minore a livello di quello non coronarico; la giunzione sino-tubulare invece si contrae in maniera simmetrica.

(18)

- 17 - Durante la diastole i diametri dell’annulus e della giunzione sino-tubulare si espandono e la radice si allunga longitudinalmente; inoltre si ha una rotazione in senso inverso rispetto a quanto accadeva durante la sistole e il rilasciamento isovolumetrico. Durante la fase telediastolica, la radice assume una forma a tronco di cono con la superficie basale maggiore di quella a livello della giunzione sino-tubulare 28.

Vista la dinamicità della radice aortica, si capisce come la valvola aortica non possa essere considerata come una struttura isolata la cui apertura e chiusura sono regolate solo dal gradiente pressorio tra ventricolo sinistro e aorta, ma vada inserita all’interno di una complessa unità anatomo-funzionale. Le caratteristiche di una valvola aortica efficiente dovrebbero garantire l’apertura in presenza di un minimo gradiente trans-valvolare e allo stesso tempo permettere durante la diastole una completa chiusura con il minimo rigurgito.

Devono inoltre essere presenti dei meccanismi che riducano la tensione a livello delle cuspidi permettendo una durata più lunga della funzionalità della valvola. Questi meccanismi sono principalmente due: in primo luogo il reciproco sostegno delle cuspidi quando la valvola è chiusa consente di distribuire la tensione a livello delle commissure e dei triangoli interleaflet, in secondo luogo il cambiamento del raggio di curvatura dei seni di Valsalva che diminuisce del 16% dalla sistole alla diastole 26.

La cuspidi valvolari cominciano a aprirsi prima che sia applicata pressione positiva, grazie al fatto che durante la contrazione isovolumetrica la pressione sia trasmessa dai

Fig.14 L’immagine rappresenta schematicamente le variazioni dinamiche dell’annulus

aortico e della radice durante la fase di contrazione isovolumetrica (IVC), la fase eiettiva (ejection), la fase di rilasciamento isovolumetrico (IVR) e la diastole.

(19)

- 18 - triangoli interleaflets alle commissure valvolari 29,30; l’espansione della radice aortica è inoltre fondamentale per l’apertura dei lembi e per la riduzione dello stress sulle cuspidi 25, contribuendo da sola a circa il 20% dell’apertura valvolare 29. In presenza di un flusso pulsatile quale è quello a livello della radice aortica, la presenza dei seni di Valsalva è necessaria per garantire un’apertura ottimale delle cuspidi, soprattutto in presenza di una gittata superiore a 5 l/min. Infatti, le turbolenze generate dal flusso pulsatile agiscono come un’ostruzione funzionale all’apertura della valvola; questo non avviene in presenza dei seni che garantiscono un adeguato spazio permettendo alle cuspidi un’apertura completa 31.

Per quanto riguarda invece il meccanismo di chiusura della valvola aortica, come già ipotizzato da Leonardo da Vinci 32, sono ancora i seni di Valsalva a giocare un ruolo fondamentale. Secondo la “vortex theory” i seni funzionano come reservoir permettendo la formazione di piccoli vortici che determinano la completa espansione delle cuspidi e ne facilitano la chiusura, spingendo le cuspidi alla fine della fase eiettiva in modo che l’angolo base di queste diventi più ottuso e arrotondato 33.

Fig. 15 Rappresentazione del meccanismo di chiusura e di apertura delle cuspidi

(20)
(21)

- 20 -

CAPITOLO 2 – PATOLOGIA DELLA VALVOLA

AORTICA

INTRODUZIONE

La valvola aortica riveste un ruolo fondamentale nella funzionalità cardiaca garantendo sia un’adeguata apertura durante la sistole in modo da ridurre il più possibile l’ostacolo al flusso sanguigno sia una chiusura efficace che impedisce al sangue di ritornare nel ventricolo sinistro durante la diastole. Varie patologie congenite o acquisite possono però ostacolare questo meccanismo causando un aumento importante dell’ostruzione al flusso oppure una riduzione della continenza della valvola e quindi il rigurgito di sangue nella camera ventricolare; deve inoltre essere ricordato che queste due condizioni possono essere presenti contemporaneamente.

STENOSI AORTICA

La stenosi aortica è definita come un’ostruzione al passaggio del flusso ematico dal ventricolo sinistro all’aorta durante la fase sistolica del ciclo cardiaco. Questo ostacolo è localizzato più frequentemente a livello della valvola aortica e sarà oggetto di questa trattazione, ma esistono anche condizioni in cui l’ostruzione si trova al di sopra della valvola (stenosi sopravalvolare), al di sotto di essa (stenosi sottovalvolare) o è causata da una cardiomiopatia ipertrofica.

Epidemiologia

La prevalenza della stenosi aortica aumenta con l’aumentare dell’età; in uno studio di popolazione del “National Healt, Lung, and Blood Institute” in cui sono state eseguite ecocardiografie su 11911 adulti negli Stati Uniti, la prevalenza di stenosi aortica moderata-severa era dello 0,2% nei soggetti di età compresa tra 18 e 44 anni ma aumentava al 2,8% nei pazienti con età maggiore di 75 anni 34. Numeri simili sono risultati in uno studio sugli abitanti della contea di Olmsted in Minnnesota: la prevalenza era dello 0,2% nei soggetti di età 18-44 anni, dello 0,1% nei soggetti di età

(22)

- 21 - 45-54 anni, dello 0,2% nei soggetti di età 55-64 anni, dell’1,3% nei soggetti di età 54-74 anni e del 2,8% nei soggetti di età maggiore di 75 anni 35.

Eziologia

La stenosi valvolare aortica ha tre cause principali: la stenosi aortica calcifica, tipica dell’età avanzata, la stenosi aortica reumatica e la bicuspidia aortica. Cause più rare comprendono forme congenite presenti nell’infanzia, forme dovute a severa aterosclerosi aortica in pazienti con severa ipercolesterolemia o iperlipoproteinemia omozigote di tipo II e alcaptonuria.

In passato la causa più frequente era la stenosi reumatica ma attualmente essa sta diventando sempre più rara nelle nazioni sviluppate, dove nella maggior parte dei casi la stenosi aortica è dovuta a degenerazione calcifica. Tuttavia a livello globale la stenosi aortica reumatica è ancora la causa più frequente di stenosi aortica a causa dell’elevata incidenza che ha ancora oggi nei paesi in via di sviluppo; questa è spesso associata a valvulopatia mitralica. Secondo i dati dello studio EuroHeart Survey 36, in Europa, l’81,9% dei casi di stenosi aortica aveva origine degenerativa calcifica, l’11,2% reumatica, il 5,4% congenita, lo 0,8% era secondaria a endocardite e lo 0,7% era dovuta a malattie infiammatorie.

Fig. 16 Prevalenza della stenosi aortica moderata in base all’età secondo gli studi del

NHLBI e dell’Olmsted county Cohort.

Da: Thaden JJ, Nkomo VT, Enriquez-Sarano M. The Global Burden of Aortic Stenosis. Progress in cardiovascular diseases; 56(6): 565-71.

(23)

- 22 - VALVOLA AORTICA BICUSPIDE La bicuspidia aortica è la più comune malformazione congenita cardiaca, essendo presente nello 0,5%-2% della popolazione. Essa è spesso associata ad altre anomalie congenite a livello dell’aorta e del cuore, come dilatazione e coartazione aortica, sindrome del cuore sinistro ipoplastico, difetti del setto interatriale e interventricolare37. In un sottogruppo di

pazienti con bicuspidia aortica è stata osservata aggregazione familiare, infatti il rischio di avere una valvola aortica bicuspide è più alto nei parenti di primo grado di pazienti con questa anomalia; la determinazione dei fattori genetici coinvolti nella bicuspidia aortica è complessa, tuttavia uno dei geni identificati come responsabile di questo processo è NOTCH138.

Fig. 17 Confronto tra: valvola aortica normale (A), stenosi su valvola bicuspide (B),

stenosi reumatica (C) e stenosi calcifica degenerativa (D).

A

B

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- 23 - La valvola aortica bicuspide (BAV) è formata tipicamente da due cuspidi di dimensioni diverse, di cui quella più grande ha un rafe o una cresta centrale che si forma dalla fusione delle commissure. In base al numero di rafe, alla posizione di essi e delle cuspidi e allo stato funzionale della valvola, Sievers e Schmidtke hanno elaborato una classificazione della bicuspidia aortica 39. La classificazione è basata su

categorie e sottocategorie; la categoria principale dipende dal numero di rafe e suddivide la BAV in tre tipi: il “tipo 0” in cui non sono presenti rafe, il “tipo 1” in cui è presente un rafe e il “tipo 2” in cui sono presenti due rafe. Nel tipo 0 la prima sottocategoria è basata sull’orientamento spaziale del margine libero, e si divide quindi in antero-posteriore o latero-laterale; il tipo 1 e il tipo 2 invece si dividono in sottocategorie a seconda della relazione tra l’orientamento del rafe e i seni aortici. Quindi il tipo 1 potrà essere L/R se il rafe è tra i seni coronarici destro e sinistro, R/N se è tra il seno coronarico destro e quello non coronarico e N/L se è tra il seno coronarico sinistro e quello non coronarico; il tipo 2 invece potrà essere L/R-R/N, R/N-N/L oppure R/N-N/L-L/R in base alla posizione dei due rafe. La seconda sottocategoria è invece determinata dallo stato funzionale della valvola e sarà indicata da “I” in caso di insufficienza, “S” in caso di stenosi, “B” in caso di steno-insufficienza e “No” in caso di funzionalità valvolare normale. Nello studio di Sievers e Schmidtke la forma più frequente di valvola aortica bicuspide era il tipo 1 (88%), e il sottogruppo

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- 24 - predominante era L/R, S; il tipo 0 e il tipo 2 erano presenti rispettivamente nel 7% e nel 5% dei pazienti.

La presentazione clinica in presenza di una valvola aortica bicuspide varia dalla comparsa di severe valvulopatie già durante l’infanzia e l’adolescenza a forme che rimangono asintomatiche anche nei pazienti di età avanzata; nonostante ciò le manifestazioni cliniche compaiono durante l’età adulta e possono essere dovute a stenosi o insufficienza aortica, aneurismi e dissecazioni aortiche o a endocarditi. Durante l’infanzia la BAV è solitamente asintomatica ma si stima che in un caso su cinquanta si manifesti una valvulopatia clinicamente significativa.

La stenosi valvolare aortica è l’evoluzione più comune e si manifesta nel 75% dei casi, mentre l’insufficienza nel 13% e la steno-insufficienza nel 10%; solo nell’1% dei casi la funzione valvolare è normale 40. Lo sviluppo di stenosi aortica negli adulti è dovuta alla calcificazione dei lembi come avviene nella valvola normale tricuspide; in questo caso però questo processo è accelerato e le calcificazioni cominciano ad essere presenti già intorno ai 40 anni di età a causa dell’alterazione del flusso che causa un aumentato stress a livello delle cuspidi valvolari. La dilatazione della radice aortica è un fenomeno progressivo che inizia precocemente ed è più comune nei pazienti con un’aorta basalmente più larga; la prevalenza di questa condizione varia in base alle diverse casistiche, ad esempio nella Olmsted County Series era inizialmente del 15% ma aumentava fino al 39% alla fine dello studio 41. I fattori di rischio associati con la dilatazione dell’aorta sono ipertensione sistolica, sesso maschile e la presenza di valvulopatia significativa, ma la variabile più importante è rappresentata dall’età. Anche l’incidenza di dissecazione aortica varia in base alle serie ma può essere stimata intorno al 4%; essa è più frequente in presenza di una dilatazione dell’aorta ma si può verificare anche in caso di dimensioni normali. Altri fattori di rischio associati sono il sesso maschile, la familiarità, la rigidità della parete aortica, la sindrome di Turner e la presenza di altre lesioni come la coartazione aortica. L’incidenza di endocardite è invece stimata essere del 2%. Nonostante ciò, l’aspettativa di vita di pazienti adulti con BAV è comparabile con quella della popolazione generale 37.

Altre malformazioni congenite causa di stenosi aortica sono più rare, e comprendono la valvola aortica unicuspide e varie altre anomalie di sviluppo della valvola.

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- 25 - STENOSI AORTICA CALCIFICA La stenosi aortica calcifica è detta anche senile o degenerativa ed è la forma più comune di stenosi aortica negli adulti. Essa è preceduta dalla sclerosi aortica che è definita dalla presenza all’ecocardiografia di ispessimenti delle cuspidi valvolari con normale mobilità di esse e in assenza di significativa ostruzione al flusso; questa condizione è presente in circa il 25% della popolazione tra 65 e 74 anni e in circa il 48% dei soggetti con età maggiore di 84 anni. Nonostante la sclerosi aortica sia asintomatica, essa è associata a un aumento della morbidità e mortalità, con un aumento del rischio di infarto del miocardio del 40% e di morte per cause cardiovascolari del 50% 42; la progressione a stenosi aortica si verifica in circa

il 2% dei pazienti per anno 43.

In questa forma di stenosi aortica, non è presente fusione commissurale e i lembi sono bloccati in posizione di chiusura da calcificazioni diffuse che possono coinvolgere anche i seni di Valsalva e l’aorta ascendente.

La patogenesi della stenosi aortica calcifica non è legata solo all’età ma anche ad altri fattori come l’infiammazione, l’accumulo di lipidi, lo stress ossidativo e la calcificazione. I fattori di rischio sono simili a quelli dell’aterosclerosi e comprendono, oltre all’età avanzata, ipertensione arteriosa, iperlipidemia, fumo e diabete 34.

STENOSI AORTICA REUMATICA La stenosi aortica reumatica è una delle manifestazioni della cardiopatia reumatica, complicanza della febbre reumatica acuta che si sviluppa, di solito nei bambini, in seguito a infezione da Streptococcus Pyogenes di gruppo A. La cardiopatia reumatica si manifesta con l’interessamento anche di miocardio e pericardio oltre che valvolare ed è causata da una reazione autoimmunitaria per la presenza di anticorpi diretti contro il batterio che cross-reagiscono con proteine umane per un meccanismo di mimetismo molecolare tra la proteina streptococcica M e alcune proteine cardiache come miosina e vimentina. Si stima che la cardiopatia reumatica si sviluppi in circa il 60 % dei casi di febbre reumatica acuta 44, con un rischio che dipende dalla severità della cardite, dalla

ricorrenza degli episodi, dalla predisposizione genetica e dalla disponibilità della terapia profilattica secondaria. La valvola mitralica è quella più frequentemente coinvolta con sviluppo di stenosi mitralica che può essere combinata all’insufficienza, mentre la valvola aortica viene danneggiata in circa il 35% dei casi e di solito si associa

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- 26 - all’interessamento mitralico, è più rara la stenosi aortica isolata. Le valvole tricuspide e polmonare sono interessate meno frequentemente.

La stenosi aortica reumatica è caratterizzata da ispessimento delle cuspidi valvolari e dalla fusione di estensione variabile di una o due commessure, raramente di tre; l’orifizio è centrale e di forma irregolare e le calcificazioni sono assenti, ma possono essere presenti nei pazienti anziani.

Fisiopatologia

A prescindere dal meccanismo eziologico, la stenosi aortica causa un’ostruzione allo svuotamento del ventricolo sinistro. Normalmente il gradiente pressorio transvalvolare è di 25-40 mmHg, ma aumenta in presenza di stenosi aortica a causa della ridotta apertura dei lembi valvolari e del flusso turbolento distale alla valvola. Questa ostruzione causa quindi un sovraccarico di pressione cronico che determina ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro con aumento dello spessore di parete e diametri delle camere cardiache inizialmente conservati. Grazie a questo meccanismo di compenso si ha la normalizzazione della tensione di parete e viene mantenuta la funzione contrattile, ma si ha anche una diminuzione della compliance ventricolare con disfunzione diastolica e aumento della pressione telediastolica; un’eccessiva ipertrofia può anche causare una riduzione della riserva coronarica e quindi la comparsa di manifestazioni ischemiche. Il sovraccarico pressorio di lunga durata porta anche all’aumento della produzione di collagene, alla fibrosi interstiziale e alla degenerazione dei cardiomiociti, con la comparsa anche di disfunzione sistolica e quindi l’insorgenza dei sintomi correlati alla riduzione della gittata cardiaca.

Presentazione clinica

La comparsa dei sintomi nel paziente con stenosi aortica rappresenta un punto cruciale nella storia naturale della malattia. Le manifestazioni classiche sono angina pectoris, sincope e i sintomi correlati allo scompenso cardiaco, principalmente dispnea; questi compaiono tipicamente tra 50 e 70 anni in presenza di valvola aortica bicuspide mentre dopo i 70 anni nel caso della stenosi aortica calcifica.

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- 27 - La presentazione clinica più comune è rappresentata da una graduale riduzione della tolleranza all’esercizio, astenia e dispnea da sforzo; manifestazioni più severe come ortopnea e dispnea parossistica notturna sono più tardive e si solito non compaiono perché è già stato messo in atto un intervento terapeutico. Questi sintomi possono essere legati alla disfunzione diastolica del ventricolo sinistro con aumento della pressione telediastolica che causa congestione polmonare o alla disfunzione sistolica che determina una riduzione della gittata cardiaca.

L’angina pectoris si manifesta in circa due terzi dei pazienti con stenosi aortica severa e in circa la metà dei casi è associata a una significativa ostruzione coronarica. Nei pazienti che non hanno coronaropatia l’angina è legata a un aumento della domanda di ossigeno del miocardio ipertrofico e una riduzione della perfusione coronarica a causa dell’aumento della pressione telediastolica che comprime soprattutto i vasi subendocardici.

La sincope si manifesta nel 30%-50% dei pazienti con stenosi aortica severa a causa di una riduzione della perfusione cerebrale che è determinata dalla riduzione della pressione arteriosa per la vasodilatazione periferica durante lo sforzo, ma è stata anche chiamata in causa una disfunzione del riflesso barorecettoriale; spesso essa è preceduta da sintomi premonitori e ipotensione ortostatica. La sincope può comparire anche a riposo, a causa di episodi di fibrillazione atriale che contribuiscono a diminuire il riempimento ventricolare e quindi a ridurre la gittata o a causa di blocchi atrioventricolari.

Altre manifestazioni cliniche più rare comprendono il sanguinamento gastrointestinale associato a angiodisplasia o ad altre malformazioni vascolari, episodi di endocardite infettiva ed embolie causate da microtrombi che si formano sulle valvole bicuspidi o embolie calcifiche che possono coinvolgere vari distretti inclusi l’encefalo, il cuore e i reni.

All’esame obiettivo la stenosi aortica severa si caratterizza per la presenza di vari reperti.

Alla palpazione, il polso periferico è tipicamente “tardus e parvus”, di piccola ampiezza e con un picco ritardato; a livello della carotide comune, soprattutto sinistra, può essere presente un fremito. L’itto della punta è di durata aumentata e spostato in basso e a sinistra.

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- 28 - All’auscultazione sarà presente un soffio sistolico da eiezione di intensità a diamante, poiché il gradiente trans-valvolare è massimo a metà della sistole, apprezzabile maggiormente a livello del focolaio aortico sul secondo spazio intercostale destro e trasmesso verso le carotidi e verso l’apice del cuore. Nei casi di stenosi aortica severa, la componente aortica del II tono potrà essere indebolita o assente. Potranno inoltre essere presenti un click protosistolico dovuto all’apertura delle valvole fibrotiche e lo sdoppiamento paradosso del II tono con la chiusura della valvola polmonare che precede quella della valvola aortica; in caso di significativo aumento della pressione telediastolica sarà inoltre presente il IV tono.

Nell’esecuzione dell’esame obiettivo sarà infine necessario andare a ricercare i segni suggestivi di scompenso cardiaco.

Esami diagnostici

L’ecocardiografia transtoracica costituisce la metodica di riferimento ed è indicata nei pazienti con un soffio sistolico significativo non altrimenti spiegabile, in presenza dei sintomi tipici e in pazienti con bicuspidia aortica nota. Essa permette la valutazione dell’anatomia e della mobilità valvolare, della presenza di calcificazioni e della funzione ventricolare sinistra. Gli indici che permettono di stimare la severità della stenosi aortica sono il gradiente medio, l’area dell’orifizio valvolare e la velocità massima trans-aortica [Tab. 2] 45.

SCLEROSI AORTICA STENOSI AORTICA LIEVE STENOSI AORTICA MODERATA STENOSI AORTICA SEVERA Velocità massima transvalvolare (m7s) ≤2,5 2,6-2,9 3,0-4,0 >4,0 Gradiente medio (mmHg) - <30 30-50 >40 Area valvolare (cm2) - >1,5 1-1,5 <1 Area valvolare indicizzata (cm2/m2 di BSA) - >0,85 0,60-0,85 <0,6 Rapporto della velocità di flusso - > 0,5 0,25-0,50 <0,25

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- 29 - La determinazione della severità della stenosi aortica può essere più difficoltosa nei casi a basso flusso/basso gradiente in cui si ha un’area valvolare < 1 cm2 con gradiente

medio < 30 mmHg, condizione più frequente in presenza di disfunzione sistolica del ventricolo sinistro. In questi pazienti un’eco-stress alla dobutamina permette di distinguere se la ridotta area valvolare dipenda da una stenosi aortica severa o da una primitiva disfunzione sistolica in cui la ridotta area orifiziale sia conseguente alla bassa portata cardiaca (pseudo-stenosi aortica). Se l’infusione di dobutamina a basse dosi produce un incremento dello stroke volume ed un aumento dell’area valvolare maggiore di 0.2 cm2 senza modificare significativamente il gradiente, è probabile che la valutazione di base sovrastimasse la severità della stenosi. Nei pazienti con una “vera” stenosi aortica severa, invece, la dobutamina non modifica l’area valvolare, ma provoca un aumento dello stroke volume ed un aumento del gradiente. Questi sono i pazienti che otterranno un maggiore beneficio dalla chirurgia o dall’impianto percutaneo della valvola. È stata riportata infine un’altra condizione definita “stenosi aortica paradossa a basso flusso e basso gradiente con frazione d’eiezione conservata” in cui si ha un’area valvolare < 1 cm2 e un gradiente medio <40 mmHg con normale

frazione di eiezione; questa è più frequente nel paziente anziano ed è associata a dimensioni ventricolari ridotte, ipertrofia ventricolare e storia di ipertensione. Va però ricordato che questi valori possono risultare da altri fattori come una sottostima del flusso e quindi dell’area valvolare durante l’esame ecocardiografico, quindi prima di porre indicazione all’intervento è necessario escludere altre cause. In questi pazienti possono essere utili il cateterismo cardiaco e o la risonanza magnetica cardiaca. L’ecografia transesofagea non è utile per la quantificazione della stenosi aortica ma può aiutare nella determinazione del diametro dell’annulus prima della TAVI. Gli esami sotto sforzo sono controindicati nei pazienti sintomatici ma possono essere utilizzati in quelli asintomatici con stenosi aortica severa per slatentizzare i sintomi e permettere un’adeguata stratificazione del rischio.

La TC multistrato e la RM cardiaca possono dare informazioni aggiuntive in caso di dilatazione dell’aorta ascendente, nella misurazione dell’area valvolare e nel determinare il grado di calcificazione coronarica, contribuendo a definire la prognosi. La RM cardiaca è inoltre risultata utile nell’identificazione e quantificazione della fibrosi miocardica fornendo informazioni prognostiche aggiuntive nei pazienti

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- 30 - sintomatici non affetti da CAD. Il cateterismo del ventricolo sinistro per via retrograda non è quasi mai necessario per determinare la severità della stenosi e deve essere esclusivamente eseguito quando le indagini non invasive abbiano portato a risultati inconclusivi 46.

Storia naturale

Nei pazienti asintomatici la severità dell’ostruzione e il sovraccarico del ventricolo sinistro aumentano progressivamente; c’è quindi un lungo periodo di latenza nel quale la severità della stenosi aortica è lieve-moderata e gli outcome clinici sono simili a quelli dei pazienti sani della stessa età: la prognosi quindi rimane eccellente finché il paziente è asintomatico. Il tasso di progressione da una malattia asintomatica alla comparsa di sintomi può essere predetto in base alla velocità massima transvalvolare: se la velocità è < 3 m/s la libertà dai sintomi a due anni è dell’84%, se invece è > 4 m/s essa è solo del 21%. La prognosi dipende inoltre dall’entità della calcificazione valvolare: la sopravvivenza libera da eventi a 5 anni è del 75%±9% nei pazienti con piccole calcificazioni mentre è del 40%±5% nei pazienti con calcificazioni moderate-severe. Il rischio di morte improvvisa in questi pazienti è inferiore all’1% annuo.

Fig. 19 Storia naturale della stenosi aortica. Attualmente la curva risulterebbe spostata

verso sinistra rispetto a quella originaria di Ross e Braunwald con la comparsa della sintomatologia dopo la settima decade.

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- 31 - Alla comparsa dei sintomi, la sopravvivenza si abbassa considerevolmente; essa è stimata essere di 2 anni in presenza di scompenso cardiaco, di 3 anni in presenza di sincope e di 5 anni in presenza di angina, con una sopravvivenza media dalla comparsa dei sintomi di 1-3 anni. La prognosi è ancora peggiore in presenza di insufficienza ventricolare sinistra e de la gittata e il gradiente transvalvolare sono entrambi bassi. Il rischio di morte improvvisa è alto nei pazienti sintomatici e sono inoltre comuni le ospedalizzazioni ricorrenti 47.

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- 32 -

INSUFFICIENZA AORTICA

L’insufficienza aortica è una condizione patologica caratterizzata dal rigurgito di sangue dall’aorta ascendente al ventricolo sinistro durante la diastole a causa di anomalie della valvola o della radice aortica.

Epidemiologia

Anche per quanto riguarda l‘insufficienza aortica la frequenza aumenta con l’età: la prevalenza di insufficienza aortica moderata-severa è stimata essere dello 0,2% nei pazienti tra 18 e 44 anni, dello 0.1% nei pazienti tra 45 e 54 anni, dello 0,7% nei pazienti tra 55 e 64 anni, dell’1% nei pazienti tra 65 e 74 anni e del 2% nei pazienti di età maggiore a 75 anni 35.

0,20% 0,10% 0,70% 1% 2% 0,00% 0,50% 1,00% 1,50% 2,00% 2,50% 18-44 45-54 55-64 65-74 >75 Prevalenza IA moderato-severa

Fig. 20 Prevalenza di insufficienza aortica moderato-severa in base all’età nei pazienti

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Eziologia

L’insufficienza aortica può essere causate da patologie che colpiscono primariamente la valvola stessa ma anche da patologie dell’aorta ascendente che causano un difetto nel meccanismo di chiusura; spesso però non è possibile identificare una causa certa. Nelle ultime decadi è aumentata la percentuale delle cause legate a patologie a carico dell’aorta ascendente rispetto alle cause primitive valvolari. In uno studio di Roberts et al. 48 le patologie dell’aorta rappresentavano il 54% dei casi in cui era possibile identificare una causa certa, mentre le cause valvolari il 46%; nel 34% di tutti i pazienti compresi nello studio però gli autori non erano riusciti a stabilire quale fosse l’eziologia precisa dell’insufficienza aortica.

CAUSE VALVOLARI Tra le cause valvolari di insufficienza aortica sono comprese: • Degenerazione calcifica nel paziente anziano, nella quale spesso alla stenosi è

associato un certo grado di incontinenza valvolare;

• Endocardite infettiva, a causa della distruzione o la perforazione dei lembi valvolari o delle vegetazioni che si formano e che interferiscono con il meccanismo di chiusura della valvola stessa;

• Traumi toracici con lesione di uno dei lembi valvolari;

• Forme congenite, come la presenza di una valvola aortica quadricuspide, bicuspide o unicuspide con prolasso di uno dei lembi o chiusura incompleta. La presenza di insufficienza aortica può essere inoltre associata alla presenza di importanti difetti del setto interventricolare o in presenza di stenosi aortica sottovalvolare membranosa;

• Cardiopatia reumatica: in questo caso, a differenza di quanto succede nella stenosi, si ha una minor ispessimento delle cuspidi e scarsa o assente fusione commissurale; si ha però l’accorciamento dei lembi valvolari a causa di processi cicatriziali e quindi un difetto nel meccanismo di chiusura durante la diastole;

• Cause iatrogene, ad esempio in caso di cateterismo cardiaco, valvuloplastica con palloncino; tra queste può essere compresa la degenerazione strutturale di una bioprotesi precedentemente impiantata;

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- 34 - • Degenerazione mixoide dei lembi valvolari, associata a ipertensione arteriosa

di lunga durata.

INSUFFICIENZA AORTICA SECONDARIA A PATOLOGIE RADICE AORTICA Diverse patologie aortiche possono portare a insufficienza aortica a causa dell’alterazione della geometria della giunzione sino-tubulare, dei seni di Valsalva e della giunzione ventricolo-arteriosa.

Gli aneurismi a carico dell’aorta ascendente possono essere dovuti a ipertensione arteriosa di lunga durata, aterosclerosi, bicuspidia aortica e a molte altre cause. Tra queste ci sono le forme dovute alla presenza di un processo infiammatorio che causa aortite, ad esempio nell’artrite reumatoide, nella spondilite anchilosante e nella sindrome di Reiter e in caso di aortite luetica. Gli aneurismi aortici possono inoltre essere causati da sindrome genetiche come la sindrome di Marfan, la sindrome di Ehlers-Danlos e la sindrome di Loeys-Dietz.

L’insufficienza aortica può anche essere secondaria a una dissecazione aortica che coinvolge l’aorta ascendente (tipo A secondo la classificazione di Stanford), se questa raggiunge e causa un disancoraggio del punto di inserzione delle cuspidi sulla parete aortica portando a un prolasso dei lembi; questa condizione si verifica nel 35%-50% dei casi.

Fisiopatologia

Il reflusso diastolico di sangue attraverso la valvola aortica causa un sovraccarico volumetrico a carico del ventricolo sinistro; la fisiopatologia cambia a seconda del fatto che l’insufficienza aortica sia acuta o cronica: nella forma acuta infatti il ventricolo sinistro non ha tempo di dilatarsi in risposta all’aumento del volume al contrario di quanto accade nella forma cronica.

L’insufficienza aortica acuta quindi determina un rapido incremento della pressione telediastolica del ventricolo sinistro con aumento della pressione venosa polmonare e alterazione a carico del flusso coronarico; si ha quindi l’insorgenza di dispnea e edema polmonare, manifestazioni ischemiche e nei casi più gravi shock cardiogeno.

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- 35 - Nell’insufficienza aortica cronica si ha invece un graduale incremento del carico volumetrico del ventricolo sinistro che causa l’instaurarsi di meccanismi di compenso come l’ipertrofia eccentrica e la dilatazione del ventricolo stesso. La frazione di eiezione è quindi inizialmente conservata o addirittura incrementata, grazie all’aumento del precarico e al meccanismo di Frank-Sterling, e i pazienti possono rimanere a lungo asintomatici. Nelle forme più avanzate di malattia però il sovraccarico pressorio sorpassa la capacità di compenso del ventricolo sinistro e la funzione sistolica diminuisce progressivamente con aumento del volume telesistolico, che può essere considerato un indicatore della disfunzione miocardica.

Presentazione clinica

L’insufficienza aortica si presenta più spesso in maniera asintomatica rispetto alla stenosi. I sintomi principali sono quelli riconducibili all’ipertensione venosa polmonare, quindi dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna e edema polmonare. L’angina pectoris è spesso presente, soprattutto nei soggetti anziani, ma è il sintomo che il paziente lamenta come più rilevante in meno di un quarto dei pazienti; nel 20% circa dei casi si ha evidenza di coronaropatia. La sincope è in questo caso rara. Altri sintomi riportati dal paziente sono le palpitazioni e la diaforesi soprattutto notturna. È inoltre presente una pressione arteriosa diastolica ridotta con aumento della pressione differenziale.

All’esame obiettivo è presente alla palpazione un itto della punta spostato verso il besso e verso sinistra e aumentato in ampiezza. I polsi periferici sono celeri (“polso scoccante di Corrigan”) a causa dell’aumentata gittata sistolica e del rapido collasso diastolico per la presenza del rigurgito; a livello delle carotidi si può talvolta apprezzare la vistosa pulsazione dei vasi, reperto che viene definito “danza delle carotidi”.

All’auscultazione è presente un soffio diastolico da rigurgito meglio apprezzabile sul focolaio aortico a livello del secondo spazio intercostale destro che si irradia verso l’apice cardiaco; il soffio è protomesodiastolico, inizia subito dopo la componente aortica del secondo tono e decresce in telediastole. Possono inoltre essere presenti un click sistolico o un soffio sistolico da eiezione a causa dell’aumento della gittata

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- 36 - sistolica. Un altro reperto auscultatorio tipico dell’insufficienza aortica è il cosiddetto “soffio di Austin-Flint”, un soffio diastolico da eiezione causato dal sangue che rigurgita e interferisce con l’apertura della valvola mitrale causando una pseudostenosi; questo può essere differenziato dal soffio della stenosi mitralica grazie al fatto che in quest’ultima il primo tono sarà aumentato di intensità e sarà presente uno schiocco di apertura. Potranno infine essere presenti il terzo e il quarto tono e un indebolimento del primo tono.

Altri segni caratteristici di insufficienza aortica sono il “segno di De Musset”, rappresentato dall’oscillazione ritmica del capo sincrona al polso arterioso; il “doppio tono di Traube” e il “doppio soffio di Duroziers” auscultabili a livello dell’arteria femorale e il “segno di Quincke” rappresentato dalla pulsazione capillare durante la compressione del letto ungueale.

Esami strumentali

L’ecocardiografia costituisce l’esame cardine per la diagnosi e per la determinazione della severità dell’insufficienza aortica [Tab.3]. Essa permette di valutare i meccanismi di rigurgito, definire l’anatomia valvolare e dare indicazioni sulla fattibilità dell’intervento di riparazione valvolare. La misurazione dei diametri dell’aorta deve essere fatta in quattro punti: a livello dell’annulus, dei seni di Valsalva, della giunzione sino-tubulare e dell’aorta ascendente; nei soggetti di piccola taglia essi devono essere indicizzati per la BSA. Devono inoltre essere valutate la dimensione e la funzionalità del ventricolo sinistro.

La risonanza magnetica cardiaca e la TC sono raccomandate per la valutazione dell’aorta nei pazienti con sindrome di Marfan o quando si riscontri una dilatazione all’ecocardiografia, in particolare nei pazienti con valvola aortica bicuspide.

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Storia naturale

Nei pazienti con insufficienza aortica acuta di grado severo, dovuta nella maggior parte dei casi a endocardite infettiva o dissezione aortica, la prognosi è sfavorevole se non si procede all’intervento a causa della instabilità emodinamica.

I pazienti con insufficienza aortica cronica asintomatica di grado moderato o severo hanno una prognosi favorevole per molti anni; fattori che influenzano l’outcome sono quelli utilizzati per la determinazione della severità della valvulopatia ma anche la dimensione del ventricolo sinistro e la funzione sistolica. In uno studio di Detaint et al. 49 su 251 pazienti asintomatici con età media di 61 anni la sopravvivenza a 10 anni

era del 94%±4% nei pazienti con insufficienza moderata e del 69%±9% in quelli con insufficienza severa. In serie di pazienti più giovani, con età media di 39 anni, la mortalità era inferiore all’1% all’anno e più del 45% rimaneva asintomatico a 10 anni;

Tab. 3 Parametri qualitativi e quantitativi per la determinazione della severità

dell’insufficienza aortica.

Da: Zoghbi WA et al and American Society of Echocardiography. Recommendations for evaluation of the severity of native valvular regurgitation with two-dimensional and Doppler echocardiography. J Am Soc Echocardiogr. 2003 Jul;16(7):777-802.

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- 38 - il tasso di pazienti che sviluppava sintomi o disfunzione sistolica era di circa il 6% all’anno.

Come succede nella stenosi aortica, quando si ha la comparsa dei sintomi la malattia diventa rapidamente progressiva, con lo sviluppo di scompenso cardiaco congestizio con episodi di edema polmonare acuto e rischio di morte improvvisa. Si stima che in assenza della terapia chirurgica la morte avvenga entro 4 anni dopo l’insorgenza di angina pectoris e entro 2 anni dopo lo sviluppo di scompenso cardiaco; la sopravvivenza a 4 anni in pazienti sintomatici di classe NYHA III o IV che non affrontano l’intervento è di circa il 30%.

Durante il periodo asintomatico si può comunque verificare un graduale deterioramento della funzione ventricolare sinistra con lo sviluppo di disfunzione sistolica anche prima della comparsa dei sintomi. La presenza di una riduzione della frazione di eiezione è una dei più importanti determinanti di mortalità in seguito a sostituzione valvolare aortica, soprattutto se questa è irreversibile e non migliora dopo l’intervento. La disfunzione ventricolare sinistra è comunque reversibile se individuata precocemente prima che la frazione di eiezione sia gravemente depressa, prima che si sviluppi una severa dilatazione e prima della comparsa di sintomi clinicamente significativi; è quindi importante intervenire chirurgicamente prima che il danno diventi irreversibile 49.

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CAPITOLO 3 – LA SOSTITUZIONE VALVOLARE

AORTICA

INTRODUZIONE

La sostituzione valvolare aortica (AVR) è il secondo intervento a cuore aperto più frequente negli Usa, con un’età media dei pazienti di 64 anni 50. Si è dimostrato efficace nel migliorare significativamente la qualità della vita e garantire un aumento della sopravvivenza 51-53, anche nei pazienti anziani e con un aumentato rischio chirurgico di complicanze o di morte 54-56.

Gli outcome dopo sostituzione valvolare aortica isolata sono notevolmente migliorati negli ultimi decenni, nonostante un aumento graduale dell’età dei pazienti e del rischio operatorio medio. Secondo i dati della “Society of Thoracic Surgeons”, al 2006 la mortalità media risulta essere del 2,6 % e il rischio di stroke dell’1,3 %. Fattori di rischio associati con una mortalità più alta sono risultati: età maggiore di 70 anni, diabete, vasculopatia periferica, frazione di eiezione inferiore al 30 % e aumentato body mass index. Sia la mortalità che lo stroke sono associati con l’età; per quanto riguarda la prima il rischio per i pazienti di età minore di 60 anni è risultato essere dell’1%, per quelli tra 60 e 70 del 1.3%, per quelli tra 70 e 80 circa del 3.5% e per quelli con età superiore a 80 anni circa del 5%. Il rischio di stroke, invece, è risultato essere dello 0.7% nei pazienti con età inferiore a 70 anni, del 2,0% nei pazienti di età compresa tra 70 e 80 anni e del 2.5 % nei pazienti con età superiore a 80 anni [Fig. 21]57.

Fig. 21 I grafici mostrano la correlazione tra l’età e la mortalità (a sinistra) e lo stroke (a

destra) nella sostituzione valvolare aortica.

1% 1,30% 3,50% 5% 0% 2% 4% 6% < 60 60-70 70-80 < 80

Mortalità

0,70% 2% 2,50% 0,00% 1,00% 2,00% 3,00% < 70 70-80 >80

Stroke

(42)

- 41 - Secondo i dati presi in considerazione dalle linee guida ESC, la mortalità operatoria era invece tra il 2,9% e il 3,7% per sostituzione valvolare aortica isolata e tra il 4,5% e il 6,1% se combinato con bypass aortocoronarico.

ACCESSI CHIRURGICI

Classicamente la sostituzione valvolare aortica viene eseguita mediante una sternotomia mediana completa. Nonostante le relativamente basse mortalità e morbidità associate con questo accesso, sono state introdotte tecniche mininvasive con lo scopo di ottenere una riduzione del dolore, dell’ospedalizzazione e del periodo di convalescenza e quindi una potenziale riduzione dei costi. Le più diffuse sono la sternotomia parziale superiore (ministernotomia) e la minitoracotomia anteriore destra; accessi meno comuni sono invece la sternotomia parziale inferiore, la sternotomia trasversa e la sternotomia parasternale.

Sternotomia mediana completa

Mediante questo approccio il chirurgo può vedere e controllare l’intero campo operatorio durante l’esecuzione dell’intervento. Innanzitutto devono essere individuati i punti di riferimento che sono l’incisura giugulare a livello del margine superiore dello sterno e la punta del processo xifoideo; l’incisione deve essere mediana e verticale da 1-2 cm sotto l’incisura giugulare fino al processo xifoideo stesso. Dopo la preparazione dei piani sottocutanei e dell’estremità craniale e caudale dell’incisione, lo sterno è sezionato con una sega reciproca oppure, in caso di un reintervento che ha causato la formazione di aderenze cicatriziali retrosternali, con una sega oscillante per prevenire danni al ventricolo destro sottostante; solitamente durante questa manovra viene interrotta la ventilazione meccanica in modo da evitare danni alle pleure. L’osteotomia viene solitamente eseguita dall’alto verso il basso esercitando una trazione verso l’alto per non danneggiare le strutture sottostanti ovvero pleura, pericardio, vena brachiocefalica e eventualmente aorta ascendente ectasica; si procede infine al controllo dell’emostasi.

(43)

- 42 - Altrettanto importante dell’esecuzione di una corretta sternotomia è una corretta chiusura dello sterno. Essa viene eseguita con una sutura a punti staccati con filo di acciaio assicurandosi che le due metà dello sterno non si sovrappongano e siano correttamente allineate; esse devono essere strettamente adese per facilitare la guarigione dell’osso e per evitare l’instabilità che è un fattore di rischio per l’infezione della ferita.

Con l’esecuzione di una corretta sternotomia e una corretta chiusura sternale, l’instabilità e le infezioni sono rare e dipendenti da fattori di rischio del paziente, come obesità, osteoporosi, BPCO, età maggiore di 75 anni e diabete 58. Le infezioni della

ferita possono essere superficiali o profonde; le prime hanno un’incidenza di circa il 3-8% 59 mentre le seconde solo dell’1-3% ma sono associate a alta mortalità, superiore al 10-35% 60,61.

Sternotomia parziale superiore

In questo caso la cute viene incisa per una lunghezza di 5-8 cm a partire dall’angolo di Louis tra il manubrio e il corpo dello sterno; in seguito la cute e i tessuti sottocutanei sono dissecati fino all’esposizione dell’incisura giugulare superiormente e dello spazio intercostale inferiormente senza necessità di estendere l’incisione cutanea. La

Fig. 22 Rappresentazione dell’incisione

mediana per l’esecuzione della sternotomia mediana

Fig. 23 Immagine operatoria

che mostra l’esecuzione della sternotomia.

(44)

- 43 - sternotomia viene effettuata dall’incisura giugulare al terzo o quarto spazio intercostale e può essere completata verso la destra del paziente (incisione a J) verso la sinistra (incisione a L) oppure trasversalmente allo sterno (incisione a T invertita) 62-64; può essere inoltre eseguita una incisione a C invertita nella quale la sternotomia inizia a livello del secondo spazio intercostale destro e continua con una forma semicircolare fino a connettersi con il quarto spazio intercostale destro. La ministernotomia con incisione a J è quella più largamente utilizzata: essa garantisce una visualizzazione simile a quella della sternotomia completa e può essere facilmente convertita in caso di difficoltà.

Questo approccio consente inoltre di effettuare gli accessi per la circolazione extra-corporea attraverso la sternotomia stessa: l’aorta ascendente è cannullata a livello di una zona priva di significative lesioni ateromasiche più distalmente possibile per consentire un adeguato spazio di lavoro al chirurgo; la cannulazione venosa è effettuata a livello dell’atrio destro nella maniera consueta, ma può anche essere effettuata per via percutanea a livello della vena femorale per migliorare la visione del campo operatorio. La cardioplegia può essere sia per via anterograda che per via retrograda, come avviene nella sostituzione valvolare aortica convenzionale 65.

Fig.24 Rappresentazione dei principali accessi chirurgici per sostituzione valvolare

aortica mini-invasiva. (A) sternotomia parziale a J; (B) sternotomia parziale a L; (C) sternotomia parziale a T invertita; (D) Toracotomia anteriore destra (E).

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