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L A PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI : LA CENTRALITÀ DELL ' UTENTE

P RIVACY E P ROTEZIONE DEI D ATI PERSONALI :

2. L A P RIVACY E LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

2.4. L A PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI : LA CENTRALITÀ DELL ' UTENTE

TRASTATUSQUO

,

TRASPARENZAECONTROLLO.

Quali sono le spinte motivazionali per la persona a proteggere (o non proteggere) i propri dati personali? Per gli utenti la privacy è una questione importante?

Gli attori coinvolti nella gestione delle informazioni personali (soggetti interessati, organizzazioni, istituzioni e organismi di regolazione, titolari e responsabili) condividono, seppur in forme e prospettive diverse, preoccupazioni su come i dati personali sono gestiti e protetti, trasferiti da una azienda e da un titolare all'altro.

Tra gli utenti cresce la sfiducia, il dubbio, la diffidenza nel modo in cui i titolari del trattamento dei dati personali (stakeholders, organizzazioni aziendali e governi) usano i loro dati; al contempo nelle organizzazioni cresce la tensione connessa alla propria effettiva capacità di proteggere i dati personali trattati senza accrescere le preoccupazioni degli utenti, mantenendone la fiducia ed evitare possibili decrementi di crescita e di profitto, nonché poterli efficacemente sfruttarli in concorrenza con i propri competitors; le istituzioni giuridiche (comunitarie e non) reagiscono nel definire contromisure regolatorie che possano conciliare in maniera efficace la tutela della protezione delle persone e dei dati personali senza paralizzare l'evoluzione di una società sempre più basata sulla circolazione delle informazioni digitali165.

Limitando la disamina ai soggetti interessati è possibile individuare tre tipologie di utenti166: i pragmatici – disponibili a rivelare i propri dati in relazione alle contingenti convenienze; i fondamentalisti che credono nella privacy in quanto tale e in quanto diritto che gli altri soggetti devono rispettare; e i rilassati che non sembrano avvertire particolari preoccupazioni per le criticità e i rischi del trattamento dei propri dati. Le prime due categorie sono le più comuni, pragmatici e rilassati, inoltre, mostrano scarso interesse per l'utilizzo delle tecnologie di protezione.

Su questo tema si ritiene utile riportare gli esiti delle indagini statistiche tematiche svolte dall'Eurobarometro per conto della Commissione Europea167, condotte nel Marzo del 2016 su

165 In argomento, per un maggior dettaglio, si rimanda alla seguente risorsa del WORLD ECONOMIC FORUM, Rethinking

Personal Data: Strengthening Trust, http://www3.weforum.org/docs/WEF_IT_RethinkingPersonalData_Report_2012.pdf

(2012) pag. 10-12

166 ACQUISTI ALESSANDRO, Privacy and Security of Personal Information: Technological Solutions and Economic Incentives, In J. Camp and

R. Lewis (eds), The Economics of Information Security, Kluwer, 165-178 (2004)

ACQUISTI ALESSANDRO, TAYLOR CURTIS R., WAGMAN LIAD, The Economics of Privacy, Journal of Economic Literature,

forthcoming (2015).

Alessandro Acquisti ricostruisce sull'argomento le posizioni e le fonti più affermate disponibili nella recente letteratura sull'economia comportamentale della privacy: Alan Westin 1991, Sarah Spiekermann 2001, Jens Grossklags 2005

28mila cittadini Europei ai quali è stato chiesto di esprimere una valutazione circa la protezione dei propri dati personali168. Si riportano, a seguire, i grafici aggregati e in didascalia la deduzione emergente.

Figura 2.12 - Percezione di controllo sui dati personali

Due terzi degli intervistati (67%) ritiene di non avere il controllo completo delle informazioni rilasciate on-line.

Figura 2.13 – Divulgazione dei dati personali

La maggioranza degli intervistati (71%) sostiene che fornire informazioni personali on line ha un'importanza crescente anche in ragione dell'assenza di alternative rispetto all'accesso ai servizi richiesti.

168 In argomento la versione integrale del report è disponibile alla seguente risorsa:

Figura 2.14 – Rischi e responsabilità relative alle informazioni personali fornite online

Subire una frode on-line, l'utilizzo illecito e non informato delle proprie informazioni risultano il reato più grave rispettivamente per il 50%, 40% e 32% degli intervistati.

Figura 2.15 – Percezione del rischio connesso alla gestione di dati personali da terze parti

Il 69% degli intervistati ritiene che il consenso debba essere richiesto in forma esplicita prima che i dati siano raccolti e trattati. Inoltre 7 intervistati su 10 mostrano preoccupazioni in merito al fatto che i dati personali siano utilizzati per scopi diversi da quelli associati alla raccolta.

Figura 2.16 – Gestione delle politiche di privacy

1 su 5 degli intervistati dichiara di conoscere come i dati personali sono collezionati e utilizzati avendone letto le condizioni di utilizzo. Inoltre il 50% degli intervistati ha tentato di personalizzare le impostazioni di privacy e tra questi i 3/4 ha ritenuto questo passaggio un'operazione semplice; il complementare 50% ritiene il passaggio non necessario o non semplice. Infine la maggior parte degli intervistati ritiene che a livello normativo nell'Unione la protezione dei dati personali debba essere trattata in modo centralizzato e uniforme.

In linea agli esiti delle rilevazioni dell'Eurobarometro, secondo uno studio della McCann Truth Central169 - svoltosi nel 2011, specificatamente orientato ai Social Media e con un coinvolgimento di 6mila utenti provenienti da 6 paesi diversi, il 70% delle persone intervistate evidenzia preoccupazioni per la propria privacy online. In contrasto però solo il 50% delle persone si astiene dall'aggiungere amici o contatti che non conosce, e una percentuale ancora minore ha personalizzato le regole di privacy.

La conclusione generale che può essere ricavata è che tendenzialmente gli utenti, pur sempre più preoccupati per la propria privacy, si aspettano che sia il sistema, il fornitore del servizio o il titolare a proteggere i propri dati. Tale preoccupazione – di per se legata più al verificarsi ex- post di un evento dannoso (e alle perdite personali che ne derivano) che ad una preventiva e consapevole conoscenza di minacce e rischi, può essere abbattuta e compensata in cambio di piccoli sconti e compensazioni vantaggiose monetarie e non170.

Diffidenza e preoccupazione non sono seguite da azioni volte a schermare il dislosure delle informazioni valutando e filtrando quelle necessarie da quelle ridondanti; l'invocazione di privacy viene smentita dall'effettivo comportamento dell'utente, permanendo una forte

169 McCann Truth Central. The truth about privacy. executive summary, (2011)

http://truthcentral.mccann.com/about/

170 Sull'argomento si indicano gli esperimenti descritti in: SPIEKERMANN S., GROSSKLAGS J., BERENDT B., E-privacy in 2nd

Generation Ecommerce: Privacy Preferences Versus Actual Behavior, Proceedings of the ACM Conference on Electronic

disponibilità a rivelare e diffondere on-line e sui social media dati personali anche molto privati o addirittura sensibili; si configura in definitiva una disconnessione tra ciò che l'utente pensa – preoccupazione, sfiducia, dubbi, diffidenza e ciò che l'utente fa e sceglie: una dicotomia tra le sue attitudini e l'effettivo suo comportamento.

Al configurarsi di questo gap possono concorrere diverse ragioni: i costi e le difficoltà di utilizzo delle tecniche di protezione171; la difficoltà ad introdurre cambiamenti nel proprio comportamento in termini di regole e preferenze di utilizzo e divulgazione dei propri dati; l'ignoranza verso i rischi occorrenti nella gestione dei dati personali; la rinuncia dettata dalla convinzione dell'impossibilità di proteggersi contro ogni tipo di invasione; la tendenza verso la gratificazione immediata; il disinteresse e il distacco verso le soluzioni di protezione proposte: solo pochi degli utenti che accettano e sottoscrivono i termini di utilizzo dei propri dati effettivamente ne conoscono il contenuto e le implicazioni172, permanendo quindi una complessiva scarsa visibilità sulle regole e sulle decisioni attuate; la difficoltà stessa delle aziende di fornire soluzioni tecnologiche di protezione semplici ed efficaci che riscontrino con immediatezza tanto le aspettative degli utenti tanto gli effetti e le implicazioni pratiche di una specifica impostazione.

La divergenza tra attitudine e comportamento dipende, inoltre, molto dal contesto (context-dependent); su di essa incide in modo significativo come:

la questione privacy viene pre-configurata e proposta all'utente - ovvero lo status quo, il dominio di default settings proposto all'utente;

nonché la misura e l'impatto della trasparenza (quindi l'informativa e privacy notice) esposta all'utente; e

la tipologia degli strumenti di controllo di cui questi dispone (quindi consenso e privacy settings).

Su questo argomento si distinguono le sperimentazioni in tema di economia della privacy ed economia comportamentale della privacy effettuate presso la Carnegie Mellon University

171 In argomento: BRUNK B.D. In Understanding the Privacy space, First Monday, vol. 7, n. 10. http://www.firstmonday.

org/issues/issue7_1O/brunk/ index. html, 2012 – rileva e documenta come poche delle tecnologie Pets a diretto controllo dell'utente (ad esempio basate su infrastrutture PKI certificate) abbiano trovato diffusione e successo nel mercato o abbiamo riscontrato livelli di adozione significativi

172 STUTZMAN F., CAPRA R., THOMPSON L., Factors mediating disclosure in social network sites. Computers in Human Behavior,

27(1):590 – 598, 2011. Third International Cognitive Load Theory Conference.

http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0747563210003158, doi:10.1016/j.chb.2010.10.017

In questo contributo gli autori documentano un problema di comunicazione e trasparenza nelle Privay Notice dei più diffusi Social Media ed in particolare la difficoltà anche per gli utenti più consapevoli di cogliere con immediatezza le implicazioni e gli effetti delle impostazoni di privacy.

(Pittsburgh, Pennsylvania, USA) dal gruppo di ricerca del prof. Alessandro Acquisti173. Di seguito viene illustrata l'incidenza assunta nelle decisioni di privacy da fattori quali: i) il default settings ovvero il contesto iniziale in cui inizialmente l'utente gestisce i propri dati personali; e ii) gli strumenti di protezione: trasparenza e controllo, di cui dispone.

Nel corso di una sperimentazione finalizzata a comprendere se e su quanto gli utenti fossero disponibili a spendere per la protezione dei propri dati - suddivisi in due gruppi i partecipanti ad una rilevazione (apparentemente non attinente al tema privacy), ad ognuno di essi – viene regalata una carta prepagata: con 10 dollari di credito e mantenimento dell'anonimato negli acquisti, per un gruppo; con 12 dollari e identificazione, per l'altro gruppo. Trascorso qualche minuto, dopo la consegna della carta, ai membri di entrambi i gruppi viene proposto lo scambio di carte: l'insieme delle scelte è identico (essere disponibili a sostenere un costo di 2 dollari) ciò che cambia sono le condizioni iniziali (lo status quo, il default settings). Risultati: il 51% degli utenti del primo gruppo rifiuta lo scambio, analogamente il 91% degli utenti del secondo gruppo. Gli utenti del primo gruppo partono da una situazione di disponibilità di privacy, il convincimento a rinunciarvi e a rilasciare i propri dati per compensazione monetaria è esterno, la metà degli utenti lo rifiuta o lo ritiene inadeguato. Gli utenti del secondo gruppo, per impostazione predefinita, non dispongono della privacy, la spinta motivazionale ad acquisirla per rinuncia/costo monetario è interna e pochi sono disposti a pagare 2 dollari. Questo esperimento evidenzia come la disponibilità di default della privacy sollecita a valutarne diversamente il valore - in misura maggiore o minore.

Default Settings: circolo virtuoso/vizioso della protezione dei dati personali

quando le condizioni iniziali già configurano una posizione di protezione tendenzialmente gli utenti sono più propensi ad attribuire più valore ai propri dati personali; viceversa nella situazione situazione opposta, i dati personali sono valorizzati in maniera minore con conseguente propensione a rilasciarli più facilmente.

La trasparenza e il controllo sono strumenti di protezione della circolazione dei dati personali tanto in contesti regolatori autoregolamentati e settoriali (come quello americano) tanto generalisti e centralizzati (come quello europeo); rispetto alla privacy e alla protezione dei dati personali e in relazione al comportamento dell'utente in fase di disclosure, trasparenza e controllo si rivelano condizioni necessarie (quindi più controllo, più trasparenza => più privacy) ma non sufficienti174 (quindi più controllo, più trasparenza => meno privacy).

L'inversa proporzionalità tra controllo e privacy si verifica quando, per esempio, comparando il rilascio del medesimo data set175, sotto vincolo di autorizzazione implicita

(quindi con preconfezionato e limitato controllo) o alternativamente esplicita (quindi con

173 In argomento di rimanda alla consultazione degli atti Lectio Magistralis Prof. Alessandro Acquisti – Privacy nell'era del

DataGeddon 19 Giugno 2014, CNR Pisa, disponibili alla risorsa: https://www.federprivacy.it/component/videoflow/? task=play&id=224

174 ACQUISTI ALESSANDRO, The Economics of Personal Data and the Economics of Privacy, Year: 2010, OECD Privacy Guidelines,

p.6 Atti Lectio Magistralis Prof. Alessandro Acquisti – Privacy nell'era del DataGeddon 19 Giugno 2014, CNR Pisa, disponibili alla risorsa: https://www.federprivacy.it/component/videoflow/?task=play&id=224

maggiore controllo), si rileva che l'utente – in quest'ultimo caso, tende a rilasciare un maggior numero di dati personali, anche sensibili. Un maggior controllo può quindi esercitare una sorta di processo di empowerment sull'utente, innescando un meccanismo di over - confidence in base al quale l'utente rilascia più dati, configurando – potenzialmente, più rischi con conseguente decremento della privacy.

Analogamente per la trasparenza: invertire la consolidata tendenza di esporre informative (privacy notice) lunghe, arcane nella forma e ambigue nella sostanza ricorrendo, invece, ad informative complete, chiare ed efficaci nelle implicazioni, può favorire nell'utente una reazione coerente e razionale, per esempio inibendo il rilascio di dati personali altrimenti divulgati; tendenzialmente, tuttavia, questo accade quando l'esposizione e la comunicazione delle regole di utilizzo (per quanto chiare ed efficaci) si mantengono compresenti e affiancate alla fase di disclosure delle informazioni, perdendo quindi la loro portata e la loro salienza se si introduce un differimento temporale tra la comunicazione dell'informativa e il rilascio delle informazioni176. Quindi al miglioramento quantitativo (più informativa) e qualitativo (più chiarezza ed efficacia) non sempre corrisponde il mantenimento di un altrettanto migliorato ed efficace disclosure delle informazioni personali (per minimizzazione dei dati e differenziazione della tipologia) se la l'aumento di trasparenza non è seguita dal mantenimento, nel tempo, dalla salienza e dalla prominenza delle condizioni di utilizzo descritte ed esposte all'utente.

Per quanto illustrato e ricollegando alle domande iniziali, rispondere se per i soggetti interessati la privacy è una questione importante o meno richiede una valutazione molto complessa e tutt'ora aperta, che sarebbe oltre che errata estremamente pericoloso ridurla ad un binario si/no.

Le persone provano un nativo bisogno di comunicare, di partecipare, di esporsi e questo passa inevitabilmente attraverso il disclosure delle proprie informazioni (immagini, stato), del proprio pensiero, dei propri luoghi. Al contempo le persone avvertono (in misura sempre crescente) un bisogno di privacy e di protezione per la propria sfera individuale.

I due bisogni non sono in contraddizione, pensarle come tali e ritenerli due mondi separati e inconciliabili (o l'uno o l'altro, oppure il disclosure pregiudica la privacy) rappresenta una fuorviante semplificazione del problema.

Ciò che cambia è il contesto in cui si sviluppano questi due elementi e in cui l'utente si

176 Atti Lectio Magistralis Prof. Alessandro Acquisti – Privacy nell'era del DataGeddon 19 Giugno 2014, CNR Pisa,

trova a prendere decisioni verso la divulgazione o verso la protezione dei propri dati personali: ✔ il primo: semplice, vantaggioso, diretto, non costoso, gratificante, che incrocia e

costruisce direttamente la user-experience177, grazie soprattutto alla pervasività e

all'immediatezza dei social media e delle mobile apps; questo contesto esplicita, con completezza e immediatezza, all'utente tutte le informazioni necessarie, per lo più esposte come vantaggi e benefici derivanti dal rilascio dei propri dati personale di cui l'utente può calcolarne e valutare la dimensione con un ritorno di utilità contestuale e tempestivo.

✔ il secondo: articolato, mediato da tecnologie di protezione non native ma aggiunte, che richiede valutazione e comparazione - quindi costoso, differito dalla user-experience; questo contesto, inoltre, si distingue per informazione incompleta, razionalità limitata e deviazione sistemantica178 incidendo negativamente sulle decisioni di privacy, che quindi

vengono spesso omesse o delegate a chi fornisce il servizio; in questo scenario l'utente dopo aver fornito ad altre parti le proprie informazioni ne perde letteralmente e indefinitamente il controllo.

In conclusione l'utente (la persona, il soggetto interessato) è un attore centrale tanto nella divulgazione quanto nella protezione delle proprie informazioni, che però prende le rispettive decisioni in contesti informazionali molto diversi. Quando l'utente affronta le decisioni decisioni di privacy raramente dispone di tutte le informazioni necessarie, se comunque le avesse riscontrerebbe difficoltà ad analizzarle in maniera completa e accurata, e anche se così non fosse divergerebbe dalla scelta ottimale (al limite andando contro i propri interessi).179

Le contromisure di Privacy Enhancing Technologies di tipo proattivo – ovvero rispondente ai requisiti di Privacy by Design ed in particolare a quello user-centric implementato tramite

177 L'ISO 9241-210:2010, Ergonomics of human system interaction - Part 210: Human-centered design for interactive systems. definisce

l'esperienza d'uso come “le percezioni e le reazioni di un utente che derivano dall'uso o dall'aspettativa d'uso di un prodotto, sistema o servizio”. L'esperienza d'uso è soggettiva e si concentra sull'atto dell'utilizzo.

178 Queste argomentazioni - per il rilievo che assumono in ambiti informazionali in cui tanto le transazioni di dati personali

tanto le violazioni sono onnipresenti e invisibili, saranno disaminate in dettaglio nel capitolo 4 - Verso la Privacy 2.0: nuovi

scenari di rischio e nuove semantiche. Esse attengono: i) la omessa esplicita descrizione dei rischi e delle violazioni connesse ad

una determinata transazione, nonché delle possibili contromisure per prevenire, contenere o rispondere alle implicazioni negative (informazione incompleta); e ii) l'incapacità per l'utente di confrontare e misurare – tanto in fase di divulgazione delle proprie informazioni tanto nel tempo, la dimensione e lo spessore dei benefici associati alle varie e possibili strategie adottabili per la protezione della privacy; iii) lo scostamento, pur in condizioni informative complete, dalla decisione di privacy

179 Questa circostanza si verifica soprattutto quando l'utente, nel processo decisionale disclosure vs privacy, reagisce secondo la

logica dello sconto iperbolico (favorito da sottostima delle criticità, gratificazione immediata e non autocontrollo): in presenza di un beneficio immediato (sconto sul prezzo di un bene, compensazione monetaria o crediti di varia natura come contropartite al rilascio di dati personali) l'utente decide nell'immediato di rilasciare i propri dati, consapevole di accettare in prospettiva un costo molto maggiore connesso ad un rischio per quanto futuro e potenziale (ad esempio furto di credenziali di credito rilevate in quella transazione).

framework di politiche, possono supportare e rispondere a queste questioni. Alla disamina delle caratteristiche di questa tipologia di contromisure è dedicato il prossimo capitolo 3 - Privacy e Protezione dei Dati personali: le contromisure.

CAPITOLO 3

PRIVACYE PROTEZIONEDEI DATIPERSONALI: LECONTROMISURE.