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PROVVEDITORE REGIONALE

UFFICIO III – SERVIZIO SANITARIO

PROVVEDITORE REGIONALE

Unità Operativa di Sanita Penitenziaria 1 Direttore di Istituto 1 Medico Incaricato 1 Infermiere 1 o 2 unità di Pol. Pen. 1 Contabile 1 Ammin.vo COMPOSIZIONE

La struttura di tipo funzionale è adatta ad organizzazioni semplici, che operano in contesti caratterizzati da un’elevata stabilità ambientale e che instaurano un basso numero di relazioni con altre entità organizzative esterne. L’assetto funzionale entra in crisi nel momento in cui la crescita e, a fronte dell’ampia diversificazione dei prodotti realizzati , rende difficile la gestione delle interdipendenze tra le funzioni. Risulta chiaro che il processo di riforma concretizzatosi con l’emanazione del DPCM 1 Aprile 2008, ha radicalmente mutato gli assetti strategici, gestionali ed operativi dell’ex-Area Sanitaria, che da semplice unità operativa innestata nell’ambito di un’organizzazione fortemente burocratica e verticistica (Istituto penitenziario), tipica di un modello da “burocrazia di controllo”, (Mintzberg, 1985) è transitata in un’organizzazione tipicamente di natura professionale (Azienda Sanitaria), in cui la dinamicità dell’ambiente e la necessità di ricoprire un ruolo “attivo” nell’erogazione delle prestazioni sanitarie in un’ottica di “rete” sul territorio, costituiscono certamente

elementi di riflessione sulla necessità di procedere ad una radicale riorganizzazione dell’assetto sanitario penitenziario.

Graf. 4 – Livello Locale : Organizzazione Istituto Penitenziario I e II livello ante Dpcm 1.04.2008 (I livello: 2 specialisti a scelta locale; II livello: 4 specialisti a scelta locale)

DIREZIONE Direttore di Istituto Penitenziario

AREA SANITARIA

Medico Coordinatore

Medici Sias Coordinatore

Inferimieristico

Settore Farmaceutico

Specialisti Infettiv./Psich.ria

§ 2.4 - D.p.c.m. 1 aprile 2008: a che punto siamo?

Come abbiamo avuto modo di sottolineare precedentemente, con l’emanazione del DPCM 1 aprile 2008 tutte le funzioni sanitarie fino a quel momento svolte dal Ministero della Giustizia sono state trasferite al SSN ed al SSR (Servizio Sanitario Regionale) e con esse le relative risorse, il personale, le attrezzature gli arredi ed i beni strumentali afferenti alle attività sanitarie negli istituti penitenziari. Il citato DPCM, nell’ottica di favorire una maggiore integrazione e coordinamento tra l’amministrazione della Giustizia e quella della Salute, prevede che in sede di Conferenza Unificata Stato – Regioni vengano sanciti una serie di accordi relativi ai rapporti di collaborazione (art. 7), al riparto delle risorse finanziarie (art. 6) e all’utilizzo dei locali adibiti all’esercizio delle funzioni sanitarie (art. 4). In effetti, il 20 novembre 2008, la Conferenza Unificata ha sancito l’Accordo tra il Governo, le

Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, le Autonomie Locali, sulla definizione di forme di collaborazione tra l’ordinamento penitenziario e quello sanitario sulla base di principi direttivi assolutamente pregevoli, di cui ci limiteremo ad esaminare quelli più strettamente aderenti ai profili di gestione ed organizzazione del servizio sanitario penitenziario, che sicuramente necessitano di un minuzioso studio scientifico al fine di valutarne l’effettiva capacità di implementazione in relazione all’attuale stato di emergenza del sistema penitenziario italiano. Si ritiene utile, pertanto, ai fini di questo lavoro riportare i seguenti punti della Delibera del 20 novembre 2008:

a) “la tutela della salute dei detenuti e degli internati avviene all’interno delle strutture penitenziarie; le prestazioni sanitarie possono essere effettuate in strutture sanitarie esterne, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 11 della legge 354/1975 e dall’art. 17 del D.P.R. 230/2000;

b) “i presidi sanitari realizzati nelle strutture penitenziarie devono rispondere alle esigenze di salute della popolazione detenuta presente; l’organizzazione dei servizi sanitari e delle relative strutture deve tenere presenti le esigenze di sicurezza legate alle diverse tipologie detentive”;

c) “Il personale sanitario, ferma restando la propria autonomia professionale, è tenuto all’osservanza dell’ordinamento penitenziario, del relativo regolamento di esecuzione, nonchè delle disposizioni impartite dall’Amministrazione Penitenziaria….dal Direttore dell’Istituto in materia di sicurezza” (art. 4, comma 3 d.lgs 230/99);

d) Il Direttore penitenziario ed i direttori dei servizi minorili curano l’organizzazione ed il controllo dello svolgimento delle funzioni proprie dell’Istituto e dei servizi minorili, coordinano le interazioni tra le attività complessive, comprese quelle che coinvolgono operatori non appartenenti all’amministrazione penitenziaria e minorile i quali, peraltro, svolgono i compiti loro affidati con l’autonomia professionale di competenza (art. 3 D.P.R. 230/2000);

e) “Il diario clinico cartaceo e la cartella clinica possibilmente informatizzata, adottata sull’intero territorio nazionale e di competenza del Servizio Sanitario, costituiscono lo strumento per la raccolta e la gestione dei dati sanitari…” tra le quali viene sancita nel rispetto della privacy un accesso condiviso a tali dati sia da parte dell’Amministrazione della Giustizia che, ovviamente, del Servizio Sanitario;

f) Le Direzioni Generali delle Aziende Sanitarie, sentite le Direzioni penitenziarie e minorili, attivano l’organizzazione sanitaria più appropriata per l’Istituto Penitenziario e per i Servizi minorili, avendo come riferimento le indicazioni fornite in materia sanitaria dalla programmazione regionale. Dai principi elencati, risulta evidente in prima battuta, la “rivoluzione copernicana” che il settore è destinato a subire nei prossimi anni nonché non può non sottolinearsi l’accelerazione di una visione strategica orientata ad una collaborazione sinergica tra l’Amministrazione della Giustizia ed il Servizio Sanitario, che seppur trattandosi di realtà della pubblica amministrazione deputate alla tutela della salute di persone soggette al sistema di esecuzione penale, hanno sempre agito nell’ottica di preservare le proprie sfere di “potere”, in un regime di estrema autoreferenzialità dei propri processi di servizio senza tendere mai alla creazione di un sistema “integrato” fra sanità ed istituto di pena, lasciando, quindi, privi di un collegamento diretto i due sistemi per decenni. Lo shock normativo intervenuto con il DPCM del 1 aprile 2008, sostanzialmente inatteso, ha inevitabilmente imposto l’originarsi di diverse questioni che nell’economia di questo lavoro, né tratteremo soltanto la parte che allo stato possa suscitare maggiore interesse. In effetti una prima riflessione riteniamo utile farla su quali siano i reali confini dell’autonomia professionale degli operatori sanitari, perché se da una parte se né afferma il rispetto relativamente ai compiti loro affidati, dall’altra i Direttori di Istituto Penitenziario e dei Servizi minorili “ coordinano le interazioni tra le attività complessive, comprese quelle che coinvolgono operatori non appartenenti all’amministrazione penitenziaria e minorile…”; tale ambiguità, risulta particolarmente accentuata dal passaggio dell’ex Area Sanitaria, quale articolazione funzionale dell’istituto penitenziario, secondo il modello

organizzativo antecedente al DPCM 1 aprile 2008, ad Unità Operativa dell’Azienda Sanitaria Locale territorialmente competente. Le Aree sanitarie degli istituti penitenziari hanno subito una radicale trasformazione, in quanto da un rapporto di dipendenza, sostanzialmente burocratico ed articolato per linea gerarchica, con il Direttore della struttura penitenziaria, sono chiamate, oggi, ad avere un ruolo attivo sul territorio con un grado di responsabilizzazione e di autonomia sicuramente molto più elevato rispetto al passato (come testimoniato da atti emessi in alcune realtà regionali tra le quali anche la Regione Campania2), originando di conseguenza la necessità di avviare una seria riflessione sulla necessità di implementare nuovi modelli organizzativi in grado di garantire al paziente/detenuto percorsi assistenziali integrati, in considerazione non solo della complessità ambientale che connota il contesto penitenziario, ma dettato dall’urgenza di integrare attività eterogenee tra di loro estremamente interdipendenti (Grandori, 2005). Pertanto, sarà fondamentale nel processo di attuazione della riforma l’implementazione di modelli organizzativi adeguati alle caratteristiche del territorio di riferimento, contestualmente all’avvio di una politica di formazione delle nuove leve di risorse umane destinate ad assumere funzioni apicali nelle strutture sanitarie penitenziarie. Un’ulteriore riflessione che nasce dalla lettura dei principi enunciati, è incentrata sulle modalità con le quali si vuole assicurare la tutela della salute dei ristretti; in effetti emerge che la modalità ordinaria di azione sia quella di garantire nelle strutture la realizzazione di presidi sanitari in grado di rispondere alle esigenze di salute della popolazione detenuta presente, secondo modalità organizzative in grado di garantire il rispetto della sicurezza e delle diverse tipologie detentive. Se non c’e da eccepire nulla, sulla legittimità della norma, nei fatti può essere davvero raggiunto quest’obiettivo?; l’esame dei dati forniti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sul trend di presenze dei detenuti negli Istituti del nostro Paese, in correlazione anche alla

2 Decreto Dirigenziali n.° 188 del 30 settembre 2008 – ricognizione dei rapporti di lavoro della sanità

penitenziaria trasferiti alla ex Asl Salerno 2 ai sensi dell’art. 3 del D.P.C.M. 1/4/2008; Circolare dell’ASL Salerno – S.C. Implementazione Cure Primarie avente ad oggetto “modello organizzativo di Medicina Penitenziaria.

particolare incidenza di stranieri, ci forniscono interessanti indicazioni su come dovremmo orientare le tipologie di assistenza sanitaria nelle carceri.

Tab 1 - Detenuti presenti e capienza regolamentare degli Istituti Penitenziari per regione di