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PUBBLICAZIONI RICEVUTE E SCHEDE

J. Guérin, Albert Camus. Littéra-

ture et politique, Paris, Cham-

pion, «Champion Classiques Es- sais», 2013, pp. 394.

Dopo aver diretto il Dictionnai-

re Albert Camus (Robert Laffont,

2009), Jeanyves Guérin, professo- re ordinario di letteratura francese dell’Università Sorbonne Nouvelle- Paris 3, nonché uno tra i maggio- ri esperti di Camus, torna a rendere omaggio allo scrittore francese, rea- lizzando in occasione del centenario della sua nascita un nuovo saggio,

Albert Camus. Littérature et politi- que, edito da Honoré Champion.

Il libro fornisce uno studio ap- profondito dell’opera di Albert Ca- mus, tenendo conto delle ricerche più recenti che riguardano il lega- me tra letteratura e politica. Guérin mescola sapientemente questi assi di riflessione, analizzando vita ed ope- re dello scrittore. Il ritratto di Ca- mus realizzato dall’autore è quello di un artista eclettico e completo, allo stesso tempo letterato, giornali- sta, drammaturgo, romanziere e sag- gista, immerso nella storia e nella po- litica del suo tempo. «C’est comme écrivain du politique, non comme écrivain politique qu’il est étudié ici», precisa la quarta di copertina. Per lo studioso, Camus si serve della letteratura come di un’arma per de- nunciare la barbarie del XX secolo.

I suoi scritti evocano le due Guer- re mondiali, i campi di concentra- mento, i regimi totalitari, la guerra d’Algeria, il colonialismo, la minac- cia di una distruzione nucleare e la disillusione in merito all’ideologia comunista. Si tratta di temi politi- ci che sono cardinali per lo scritto- re e che emergono in filigrana tanto nella sua produzione giornalistica e saggistica quanto in quella romanze- sca e teatrale.

Il saggio, composto da quattordi- ci capitoli, è strutturato in tre par- ti ognuna delle quali è focalizza- ta su diverse esperienze che hanno segnato l’esistenza dell’autore. La prima parte è consacrata al profilo di Camus come giornalista e citta- dino, la seconda alle opere funzio- nali e al loro legame col tema del totalitarismo, mentre la terza par- te è interamente dedicata al ritrat- to dell’uomo, l’Algérien, e in essa confluiscono tutti gli argomenti di dibattito riguardanti il legame con la sua terra d’origine. Ognuna delle tre parti rappresenta una tappa fon- damentale per comprendere l’ope- ra e il pensiero dello scrittore. L’e- sperienza giornalistica è ad esempio un campo di ricerca particolarmente privilegiato dallo studioso. Ripercor- rendo le fasi più salienti dell’enga-

gement giornalistico di Camus, dalla

sua collaborazione dapprima come reporter per il quotidiano «Algér

républicain», poi come editorialista di «Combat» e, infine, come cronista de «L’Express» al fianco dell’équipe di Servan-Schreiber, Guérin presen- ta lo scrittore francese come il difen- sore di un’etica professionale che ri- sponde ai principi di giustizia, verità e libertà. Queste esperienze giornali- stiche sono decisive per Camus per la formazione dell’idea di letteratura impegnata e militante che egli per- seguirà durante tutta la sua vita. Il debutto di Camus come giornalista è segnato dagli editoriali contro le disuguaglianze tra arabi e coloni, in cui denuncia le differenze di salario e la miseria dei bassifondi della capi- tale. Tuttavia, il suo periodo più fe- condo dell’attività giornalistica coin- cide con l’avventura di «Combat» al fianco di Pascal Pia. Il giornale, dif- fuso clandestinamente durante gli anni della Resistenza, diventa nel pe- riodo successivo alla Liberazione la voce di riferimento degli intellettuali di Saint-Germain-des-Prés e il sim- bolo di una stampa libera ed indi- pendente da tutti i condizionamenti politici e di partito. Il giornalista di- batte con grandi personalità dell’in-

tellighenzia del suo tempo, come

André Malraux, François Mau- riac, Arthur Koestler, esprimendo le sue idee a proposito della giusti- zia, dell’epurazione e pronunciando- si contro la pena di morte e il regi- me franchista. Nell’impostazione del primo capitolo, Guérin sembrereb- be seguire le orme di Jean Daniel, autore del memorabile saggio Avec

Camus. Comment résister à l’air du temps pubblicato nel 2006 da Gal-

limard. Infatti, come Daniel, anche Guérin illustra cronologicamente la carriera giornalistica di Camus. Tut-

tavia, l’approccio di quest’ultimo è ben diverso rispetto a quello dell’ex collega di Camus dell’«Express», in quanto la sua analisi è più distacca- ta ed obiettiva. Il suo taglio critico pone l’accento sul legame tra l’in- teresse politico e le opere lettera- rie dello scrittore: «Si Camus n’a- vait pas écrit L’Étranger, Caligula et

La Peste», scrive Guérin, «il est cer-

tain qu’Actuelles n’aurait pas existé en tant que livre». Tale è la tesi sug- gerita dallo studioso: per compren- dere pienamente Camus è necessario analizzarlo nella totalità del suo esse- re artista, indagando parallelamente tutti i generi da lui sperimentati. Il capitolo II che concerne il tema del- la giustizia segue questo movimento di riflessione. Negli anni in cui la- vora ad «Algér républicain»,Camus si occupa contemporaneamente del- la stesura dell’Étranger. Questo ro- manzo, come ribadisce l’autore del saggio, «appartient à la même stra- te que les articles d’“Algér répu- blicain”». L’esperienza giornalistica funge da ispirazione per quella let- teraria. I reportages realizzati per il quotidiano algerino forniscono ma- teria di riflessione allo scrittore per arricchire il suo immaginario e svi- luppare un metodo d’indagine del reale. Da buon cronista, Camus rac- coglie le informazioni, si documenta, frequentando i tribunali, i commis- sariati dove incontra dei casi e delle scene utili per i suoi futuri romanzi. Nella seconda parte del libro, il discorso tra letteratura e politica è affrontato a partire dal nesso che lega alcune opere di finzione alla de- nuncia del totalitarismo. La tesi di Guérin di un legame tra questi due poli emerge in maniera più eviden-

te grazie all’analisi dettagliata di tre

pièces, Caligula, L’État de siège e Les Justes e del romanzo La Peste. Non

a caso l’autore sceglie di selezionare questi testi, perché essi offrono più di altri degli spunti di riflessione sul- la realtà politica del tempo. Eccetto

Caligula, la cui realizzazione prece-

de il periodo di maturazione in sen- so antitotalitario dello scrittore, le al- tre tre opere sono delle proiezioni fittizie dei terribili avvenimenti del XX secolo. Se come afferma Camus «On ne pense que par images», allo- ra la letteratura è intesa come un la- boratorio d’immagini, metafore e al- legorie dei fatti reali. Guérin mette l’accento sull’operazione di trasposi- zione degli eventi politici nella fin- zione narrativa e teatrale, studiando minuziosamente le tecniche, la for- ma e i linguaggi adottati dallo scrit- tore. Ne risulta ad esempio che una delle differenze principali che con- traddistingue La Peste dall’État de

siège è la presenza in quest’ultima pièce della personificazione dell’e-

pidemia. Tuttavia, l’autore non si sofferma solo sui caratteri squisita- mente letterari dei testi, ma appro- fondisce le tematiche che vi sono a monte. Molto interessante a tal proposito è il capitolo IX consacra- to ai Justes, in cui l’argomento por- tante è il rapporto tra etica e politi- ca. Guérin chiarisce i nodi centrali di una delle opere più rappresenta- te del teatro camusiano, evidenzian- do la riflessione sui limiti dell’azione rivoluzionaria e sul concetto di mi- sura, nozioni entrambe centrali nel pensiero dello scrittore.

Nella terza parte del saggio l’au- tore ritorna cronologicamente al pe- riodo algerino al fine di approfon-

dire il discorso su Camus e le sue origini pied-noir. Nei cinque capito- li che compongono questa sezione, Guérin dimostra passo dopo passo le ragioni della lotta dello scritto- re contro il terrorismo, le difficoltà di una possibile coabitazione pacifi- ca tra francesi ed arabi e lo smarri- mento di un uomo che ha vissuto la guerra d’indipendenza dell’Algeria come un dramma personale. L’ulti- mo romanzo incompiuto dello scrit- tore Le Premier Homme riassume in filigrana l’essenza del suo pensiero in questi anni. Camus sperava nel- la fine delle ostilità e auspicava una soluzione pacifica che potesse garan- tire la giustizia e la parità dei dirit- ti civili ad entrambi i contendenti. Quest’ultima parte sembrerebbe un tentativo dello studioso di chiarire tutte le incomprensioni a proposito della controversa posizione di Ca- mus sulla guerra d’Algeria.

Il libro presenta infine due in- teressanti appendici, una intitolata «De l’idéologie» e l’altra «Du tota- litarisme». Si tratta di due nozio- ni politiche particolarmente fecon- de dell’universo letterario di Camus, soprattutto per ciò che concerne Ac-

tuelles e L’Homme révolté.

Il testo così strutturato, senza un apparente legame cronologico tra un capitolo e l’altro consente al lettore di orientarsi facilmente nel percor- so d’analisi dell’opera, permettendo- gli di scegliere il tema di riflessio- ne che più lo interessa. Il risultato è un manuale di facile lettura, scorre- vole e piacevole nello stile, che de- linea un quadro ricco ed esauriente sullo scrittore e il suo tempo. Albert

Camus. Littérature et politique met-

delle opere di Camus, divenute or- mai dei classici, perché in grado di parlare e far discutere ancora ai no- stri giorni. (E. Celotto)

Cento anni di Albert Camus, sezio-

ne monografica di «Achab», n. 2, 2013, pp. 7-39.

La prima sezione – quella mono- grafica – del secondo numero del- la rivista quadrimestrale «Achab», che si fa a Napoli e ha anche una redazione romana, è dedicata a Albert Camus. Come si legge nell’e- ditoriale del direttore Nando Vitali, «i cento anni dalla nascita di Camus hanno il sapore di una verifica»: ad esempio, con quali armi oggi l’auto- re «affronterebbe l’emergenza am- bientale o i nuovi colonialismi eti- ci, morali, economici?». Seguono vari saggi di forte impegno intellet- tuale e in totale sintonia con la «fi- losofia» complessiva dello scritto- re. Filippo La Porta, rileggendo un romanzo inafferrabile come Lo stra-

niero, conclude che il protagonista,

Meursault, in carcere aspettando l’e- secuzione, «ritrova l’imperscrutabi- le legame con la natura e gli altri esseri umani». Andrea Caterini si interroga sull’immagine ambigua, paradossale di «Sisifo felice» pur dentro l’assurdo dell’esistenza. Sara Calderoni sottolinea come la rivol- ta «non insegue l’efficacia, ma ascol- ta il ritmo profondo della condizio- ne umana», perciò il suo linguaggio «è quello della misura e della pa- zienza». Massimo Raffaeli ripercor- re in modo equanime lo scontro con Sartre e il rifiuto di Camus di «sog- giacere a un ordine identitario che

sia garantito dalla storia». Stefano Gallerani contrappone alla stron- catura – del tutto fuorviante – che della Caduta volle fare Robbe-Gril- let la puntuale lettura di un roman- zo così dostoevskiano da parte di Guido Piovene. Silvio Perrella rileg- ge il Primo uomo alla luce del film di Gianni Amelio che ne «estrapola i temi espressivi e li innerva di un filamento personale». Caterina Pa- stura ricostruisce le radici del pen- siero meridiano, la pensée de midi, in cui il Mediterraneo si svela come luogo del sole, della luce accecante, in cui però irrompe l’ombra, e ci ri- corda il fiero anti-nichilismo di Ca- mus: «Non c’è disonore a essere fe- lice». (C. Mansueto)

J. lenzini, l. Gnoni, Camus, entre

justice et mère, Toulon, Éditions

Soleil, 2013, pp. 128.

Tra le novità editoriali riguardan- ti Albert Camus, è da segnalare la recente pubblicazione di un roman

graphique intitolato Camus, entre ju- stice et mère, frutto della collabora-

zione tra la penna del giornalista José Lenzini e la fantasia del dise- gnatore Laurent Gnoni. Lenzini, già autore di Derniers jours de la vie

d’Albert Camus (Actes Sud, 2009), Camus et l’Algérie (Édisud, 2010) e

di altri studi sullo stesso scrittore ci presenta un Albert Camus in versio- ne davvero originale. Attraverso più di cento pagine, i due co-autori rac- contano la sua vita, ripercorrendo le tappe più importanti del suo cammi- no artistico ed intellettuale, a partire dal momento più alto della sua car- riera, quando nel 1957 riceve il pre-

mio Nobel per la letteratura e pro- nuncia il celebre Discours de Suède. Lenzini si serve di questo testo come espediente narrativo per deli- neare un’immagine di Camus, divisa tra la sfera pubblica e quella priva- ta, caratterizzata dalla presenza del- la madre. La narrazione fumettisti- ca procede infatti a ritroso mediante un lungo flash-back in cui Catheri- ne Sintès che ricorda affettuosamen- te la vita del figlio, dai primi istanti di gioia dopo il travaglio del parto, ai momenti difficili dell’infanzia tra- scorsi in Algeria nel quartiere popo- lare di Belcourt, dove la famiglia si trasferisce a seguito della prematu- ra scomparsa del padre. Nonostante le ristrettezze economiche e la pre- senza invadente della nonna mater- na, il piccolo Albert, Bébért, come lo chiamano scherzosamente i com- pagni, cresce come un bambino e un adolescente sereno, trascorren- do le sue giornate a giocare a pal- lone nelle strade povere della città. Seguono i primi successi giornalisti- ci e letterari del giovane scrittore, le sue battaglie politiche e sociali a fa- vore degli arabi, dei diseredati, degli ultimi. Ad un tratto, i ricordi di Ca- therine diventano tristi, le immagini si tingono di nero e di blu. Sono gli anni della scoperta della tubercolosi che tormenterà Camus per tutta la vita e il distacco dal figlio, dovuto alla partenza di quest’ultimo per la Francia. A Parigi, l’esperienza della Resistenza clandestina contro il regi- me nazista, le lotte contro il franchi- smo, il fascismo e lo stalinismo dan- no al giovane autore nuovi stimoli per realizzare le sue opere miglio- ri, che lo porteranno all’apice della carriera fino alla consacrazione del

Nobel. La narrazione termina con l’epilogo tragico dell’incidente auto- mobilistico, in cui perse la vita in- sieme al suo editore e amico Michel Gallimard.

La novità dell’opera di Lenzini è di aver operato un cambiamen- to originale della prospettiva bio- grafica. Per la prima volta, il ritrat- to di Camus è realizzato dal punto di vista della madre. Si potrebbe definire il libro come un Premier

Homme à l’envers, in quanto il rac-

conto di Jacques Cormery che Ca- mus abbozza nella sua ultima auto-

fiction è qui narrato da Catherine.

Servendosi dell’espediente del rac- conto della madre, Lenzini riesce nel suo intento di restituire un’im- magine più veritiera dello scrittore, mostrandolo con tutte le sue debo- lezze, fragilità e dubbi di un uomo qualsiasi. Si tratta di un’interpreta- zione ben diversa da quella che ne ha dato spesso la critica, quella di un intellettuale dall’aura mitica, si- mile ad un Humphrey Bogart dalla vita tormentata e piena di amanti. I lettori più curiosi scopriranno il piacere di un testo insolito, capace di fornire anche ai più giovani (pen- siamo ad esempio ai liceali) un aiu- to alla lettura e alla comprensione della complessa opera dell’autore. (E. Celotto)

M. syMinGton, J. Moulin, J. Bes- sière, Actualité et inactualité de

la notion de «postcolonial», Paris,

Champion, «Colloques, congrès et conférences – Littérature com- parée», 2013, pp. 164.

lité de la notion de «postcolonial» ri-

unisce i contributi di una giornata di studi del giugno 2007 incentrata sulla problematicità e la complessità del termine postcoloniale e sulla sua diffusione e applicazione nel mon- do delle lettere a livello globale, con particolare riguardo alle diverse real- tà di lingua francese. Nella prefazio- ne, i curatori chiariscono fin da subi- to l’intenzione di offrire un dibattito che tenti di descrivere i diversi modi in cui è stata contestualizzata la no- zione di postcoloniale e le letterature che hanno permesso tale contestua- lizzazione, assumendo, in relazione alle stesse, una prospettiva critica di carattere prevalentemente storico.

A questo proposito, il saggio iniziale di Jean Bessière si presen- ta come una serie di riflessionisul- la possibilità di situare il postcolo- niale a partire dai suoi paradossi e in relazione al romanzo occidenta- le contemporaneo. Il primo di que- sti è sicuramente il suo collocarsi al contempo fuori e dentro le società e le culture occidentali, sia in termini spaziali che temporali. Partendo dal- le teorizzazioni di Benjamin sulla sto- ria e seguendo le riflessioni di Paul Gilroy sulla «postcolonial melan- cholia», Bessière considera il post- coloniale come qualcosa che resta esterno rispetto alla letteratura occi- dentale e che nondimeno può con- sentire o costituire un punto di vi- sta su di essa: esiste un tempo della postcolonialità (passato e passata), che però continua a essere «presen- te». Si viene così a costituire il para- dosso tra una pluralità di mondi rap- presentati e l’idea di un mondo unico (questioni che sono riprese anche nel saggio di David Waterman). Per me-

glio esprimere tali concetti l’autore sceglie l’esempio delle Antille, luo- go privilegiato di una cultura creola che ha inventato la propria Storia e le proprie storie a partire da una se- rie di contraddizioni e falsi, di ibridi- smi e métissages, e che individua nel concetto di «histoire fantasmée» la modalità rappresentativa dell’autore postcoloniale nella trattazione del passato. Nelle opere di Glissant e Chamoiseau, ma anche nei roman- zi di Salman Rushdie, in particola- re Midnight’s Children, la storia è inventata sotto il segno di un mito anch’esso frutto di immaginazione e tale processo creativo compensa e sovverte la storia imposta e impor- tata dal colonizzatore.

Alcuni contributi successivi trac- ciano mappature critiche sullo stato dell’arte degli studi postcoloniali; ad esempio, Chantal Zabus costruisce una sorta di «biografia» che riper- corre la storia di come gli studi e la letteratura postcoloniale si sono im- piantati all’interno dei curricula uni- versitari – grazie soprattutto all’azio- ne di singoli studiosi –, denunciando contemporaneamente il persistere di una scarsa conoscenza (e di uno scar- so riconoscimento) da parte di un pubblico di lettori francofoni. Zabus sottolinea come tale percorso sia sta- to parallelo all’entrata, o comunque all’apertura del mondo accademico ai discorsi minori e al conseguente intrecciarsi di prospettive differenti, in un percorso comune che va dal- la filosofia francese al femminismo e agli studi queer. La seconda parte del saggio si sofferma dapprima sui rap- porti possibili tra gli studi postcolo- niali e la linguistica da un lato, ripor- tando le preoccupazioni avvertite da

Bernard Lecherbonnier su una len- ta morte, o peggio ancora un imbar- barimento della lingua francese da parte del «black French», e il post- moderno e il femminismo dall’altro lato, in termini di rappresentazione e di decostruzione, ai fini di creare un nuovo spazio narrativo capace di ar- ticolare la versione dell’Altro/a. Za- bus conclude ponendo l’attenzione su una serie di contraddizioni insolu- bili (relative soprattutto alle questio- ni di realismo e post-realismo) che sembrano separare e contemporane- amente animare la discussione post- coloniale/postmoderno. Il contribu- to di Micéala Symington si inserisce all’interno delle problematizzazio- ni di cui sopra, alle polemiche che hanno caratterizzato l’etichetta post- coloniale sin dagli esordi, relative al suo «possibile» contenuto, ai suoi li- miti/eccessi e al suo futuro (si può segnalare in questo senso il conve- gno organizzato nel 2011 all’École Normale Supérieure di Parigi dalla stessa Chantal Zabus, Future Post-

colonialisms: Comparing, Convert- ing, Queering, Greening). Proprio

dal futuro degli studi postcolonia- li, nonché dall’ormai celebre mani- festo pubblicato il 15 marzo 2007 su «Le Monde des Livres», in cui si denunciava la fine della francofonia e la nascita di una letteratura-mon- do, Symington parte per interro- garsi sui rapporti tra postcoloniale, studi francofoni e letterature com- parate in un momento in cui queste aree sembrano conoscere una pro- fonda crisi. Le difficoltà che emer- gono sono strettamente collegate ai

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