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Punti d’incontro tra graffiti, street art e fotografia

Il campo d’azione della fotografia e quello della street art (e dei graffiti) condividono un territorio neutro. Cosa avviene in questo territorio neutro? La fusione tra queste due arti è possibile? Cosa ne esce? E, per citare Baudelaire, quale delle due è ancella dell’altra84?

Se da un lato la fotografia può avere per soggetto street art o graffiti garantendone una testimonianza documentale, d’altro lato, sempre la fotografia, può divenire uno strumento, un mezzo o un passaggio del processo creativo nell’opera di uno street artist.

Tuttavia prima di descrivere gli effetti più concreti dell’incontro tra fotografia e street art conviene elencare alcune caratteristiche che hanno in comune. Avendo già descritto graffiti e street art, parleremo in questa sezione degli aspetti che la fotografia comuni con questa arte di strada.

Le immagini sono ovunque, le fotografie sono ovunque. Nella nostra epoca moderna la fotografia e le immagini che produce dilagano, sono onnipresenti nella nostra quotidianità forzando la nostra attenzione e sovrastimolando le nostre menti di input visivi.

Questa onnipresenza dipende da: l’infinità degli adepti alla fotografia che comprendono nello stesso momento i più grandi fotografi e fotoreporter e chiunque scatti una foto ricordo; l’enorme quantità di foto prodotte quotidianamente; la velocità di esecuzione; la velocità comunicativa delle

84 Per parafrasare il poeta Baudelaire che nel 1859 dopo l’ingresso della fotografia al Salon des Beaux Arts di Parigi, la scomunicava con le seguenti parole: “Bisogna dunque che essa ritorni al suo vero sompito, che è d’essere la serva delle scienze e delle arti, ma la più umile serva, come la stampa o la stenografia, che non hanno creato né sostituito la letteratura”.

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immagini, esaltata ulteriormente (come qualsiasi contenuto) dall’invenzione del web.

Questa caratteristiche che creano l’onnipresenza dell’immagine fotografica sono condivise, anche se in minor misura chiaramente, dal mondo dei graffiti e della street art. Graffiti e street art hanno adepti ovunque di qualsiasi livello e delle origini più svariate, i pezzi proliferano continuamente, vengono realizzati più velocemente rispetto al mondo dell’arte contemporaneo e non sono mediati da museo o gallerie arrivando a comunicare in modo più diretto col pubblico. Esattamente come avviene nel mondo della fotografia.

“Da quando sono state inventate le macchine fotografiche, esiste nel mondo un particolare eroismo: l’eroismo della visione. La fotografia ha aperto una nuova forma di libera attività, dando modo a ciascuno di manifestare la propria avida sensibilità personale.”85

È chiaramente questa democraticità del mezzo che accomuna il mondo della fotografia con quello dei graffiti e della street art.

Così come non ci sono test d’ingresso per confrontarsi con il mondo dei graffiti e della street art, allo stesso modo non ci sono sbarramenti all’entrata del mondo della fotografia, basta una macchina fotografica e se si vogliono rendere pubbliche le proprie foto un accesso a internet. La strabiliante massa di immagini che si producono deriva da questa democraticità che chiaramente non garantisce in automatico nessun merito artistico, così come avviene nella street art dove solo una minima parte di opere e autori si distinguono dagli altri per qualità.

Un altro aspetto comune tra questi due mondi è l’aspetto predatorio dell’atto stesso di creare fotografie o graffiti. Pensiamo al linguaggio comune, come per esempio modi di dire come “catturare un’immagine”, “scegli, inquadra, scatta”

85 Susan Sontag, Sulla fotografia, Realtà e immagini nella nostra società, Einaudi, Milano 2004, p. 78.

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che richiama al “scegli, mira, spara”, ma anche “bombardare una città”, “il king della strada”, “l’assalto alle yard”. Questa terminologia spiega come con l’acquisizione di una immagine e la creazione di un pezzo si arrivi in un certo senso alla conquista del soggetto e del territorio che è stato modificato.

“Come l’automobile, la macchina fotografica viene venduta come un’arma predatrice, automatizzata il più possibile e pronta a scattare. (…). Come le pistole e le auto, gli apparecchi fotografici sono macchine fantastiche il cui uso crea assuefazione. Tuttavia, nonostante le stravaganze del linguaggio quotidiano e di quello pubblicitario, non sono letali. (…). Tuttavia l’atto di fare una foto ha qualcosa di predatorio. Fotografare una persona equivale a violarla, vedendola come essa non può mai vedersi, avendone una conoscenza che essa non può mai avere; equivale a trasformarla in un oggetto che può essere simbolicamente posseduto. Come la macchina fotografica è una sublimazione della pistola, fotografare qualcuno è un omicidio sublimato, un omicidio in sordina, proprio di un’epoca triste, spaventata.”86

Chiaramente però questo senso di possesso così come l’atto predatorio descritto è relativamente innocuo. Come la fotografia non permette niente di più che il possesso simbolico del soggetto fotografato così l’aver creato un pezzo garantisce solo una conquista simbolica dello spazio che fa da supporto al graffito stesso.

La componente aggressiva dell’attacco fotografico e graffitaro è inoltre sublimata, la violenza è rielaborata nella creazione di immagini nuove e nella reinterpretazione della realtà che circonda l’autore. Abbiamo al riguardo già esposto in precedenza l’opinione di molti writer secondo cui i graffiti per i kids si presentano come una opzione alla violenza vera e propria.

Conviene però fare un distinguo, se da un lato il possesso di una fotografia può rimanere un fatto privato, il possesso (ripetiamo simbolico) di un territorio da

86 Ibidem, pp. 13 - 14.

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parte di un writer è sempre pubblico e quindi a rischio, di “furto” da parte di un alto writer con la pratica del crossing over, ma anche dell’amministrazione pubblica che può cancellare il pezzo.

Inoltre la creazione di un pezzo non solo si acquisisce un territorio ma allo stesso tempo lo si trasforma, dandogli forma e contenuti nuovi, dando consapevolezza del messaggio al suo stesso autore, che attraverso il pezzo può farsi conoscere e conoscere. Allo stesso modo la fotografia permette di dare una forma e una interpretazione del soggetto fotografato. Ogni fotografia per quanto ritragga direttamente la realtà richiede scelte compositive, cromatiche, ecc. e tali scelte ovviamente tradiscono una interpretazione parziale e personale della realtà. La fotografia inoltre condivide con il mondo della street art in particolare la vastità del suo soggetto, così come quasi tutto è fotografabile e da fotografare allo stesso modo la street art non si pone particolari vincoli per quanto riguarda il soggetto (ma anche per quanto riguarda i mezzi).

Questo dipende non solo dall’ambiente informale in cui viene creata la street art, ma soprattutto alla continua richiesta di originalità che i suoi autori si impongono a vicenda; nel mondo della street art il biting è molto criticato e ciò spinge i suoi autori alla ricerca continua di un espediente per distinguersi dal gruppo. Tutto ciò allarga il confine del soggetto della street art all’infinito.

Questa legittimazione di qualsiasi soggetto come un soggetto potenzialmente artistico era stata, tra gli altri, emessa dal poeta Walt Whitman, che nel suo libro di poesie Foglie d’erba annuncia l’inizia di una nuova epoca culturale di trascendenza populistica, con una rivalutazione del bello e del brutto.

“Contemplando dall’alto i panorami democratici della cultura Walt Whitman si sforzava di guardare oltre la differenza tra bello e brutto tra importante e banale. Le discriminazioni di valore, tranne le più generose, gli parevano meschine e snobistiche. (…). Non si poteva preoccupare del bello e del brutto, lasciava

59 intendere, chi si abbandonava a un abbraccio sufficientemente ampio del reale, della totalità e della vitalità dell’esperienza americana.”87

Ed è in questo senso che la studiosa Susan Sontang arriva a definire arte americana per eccellenza, la fotografia.

La vicinanza tra fotografia e street art alla visione dell’arte di Whitman è stata colta però anche da Steven Harrington e Jamie Rojo, due fotografi che hanno testimoniato la scena della street art newyorkese degli esordi.

“Se Walt Whitman fosse vivo oggi, forse sarebbe un fotografo o uno street artist, catturando e venendo catturato in immagini. Il grande poeta americano vagherebbe per le città, così come abbiamo fatto noi, senza una destinazione.”88

L’amore di Whitman per la strada, per la città, per la gente e per il quotidiano viene quindi condiviso sia da fotografi che da street artist. Non è raro infatti che un writer si dedichi in seguito, o parallelamente, alla fotografia portando da un campo artistico all’altro una sensibilità visiva molto particolare nei confronti della città sviluppata durante gli anni dell’apprendistato da writer sulla strada. Come rivela Kyre Chenven nell’intervista al writer Dumbo, “So maybe, you don’t really want to be an artist…”, di cui riportiamo un pezzo preceduto dalla descrizione di dell’energia che si crea durante in chi fa graffiti durante l’esecuzione:

“K: Però molte persone che sono state writer hanno portato quell’energia nella fotografia, forse anche con un po’ di ripetitività …

I: No, interessante. Secondo me, chiunque ha fatto graffiti per molto tempo, e ci ha veramente messo l’anima, ha vissuto in maniera diversa. Voglio dire, il loro studio era la strada, quindi hanno vissuto a contatto con le prostitute e gli alcolizzati, passando dai posti peggiori della città agli sterili quartieri alti. Penso

87 ibidem, p. 24.

60 che sia uno stile di vita molto diverso dalla media. Lo trovo interessante. È una formazione molto diversa e se vuoi artistica in un certo senso.”89