Approfondimento 1. La Carbon Footprint, indicatore di sostenibilità
2. Le foreste nelle politiche internazionali, comunitarie e nazionali:
2.3. Il quadro italiano
2.3.1 Le politiche forestali
In Italia, la legge principale in ambito forestale è stata per molto tempo la Serpieri, “RDL 30.12.1923 n. 3267, Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”. Esistono successivi riferimenti normativi alle foreste all’interno di altri documenti, ad esempio nella L. 22.5.1973 n. 269, sulla produzione e il commercio di sementi e piante da rimboschimento, nella L. 1.3.1975 n. 47 contenente le “norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi”, o nella L. 984/1977, la legge Quadrifoglio, che dà indirizzi generali sulla materia agro-forestale. Altri testi che hanno trattato anche il patrimonio forestale sono quelli per le aree montane, per la salvaguardia delle bellezze naturali (legge Galasso del 1985) e per le aree protette (legge quadro sulle
41
aree protette del 1991). Un momento decisivo è stato il 1970, quando la competenza sul settore forestale è stata trasferita alle Regioni a statuto ordinario, le quali hanno prodotto leggi regionali indirizzate alla salvaguardia delle foreste dagli incendi. Viste le criticità nella gestione evidenziate dalle regioni, e la forte disomogeneità che caratterizza il territorio italiano, nel 2001 venne emanato il D. Lgs 227/2001 "Orientamento e modernizzazione del settore forestale", che rappresenta l’attuale base normativa in materia (CNEL, 2000).
Oggi, il comparto forestale è oggetto di significativo interesse internazionale, pertanto, la politica nazionale ha il dovere di allinearsi a quanto prescritto dagli accordi firmati. Il Programma Quadro per il Settore forestale rappresenta il legame tra la politica forestale nazionale e gli impegni comunitari, definisce indirizzi strategici e coinvolge numerosi ambiti. Influenzato delle decisioni internazionali, l’Italia ribadisce l’importanza della Gestione Forestale Sostenibile (GFS), nel rispetto dei principi della conferenza di Helsinki del 1993. La gestione attiva è inoltre assunta come principale strumento per la salvaguardia dei boschi, ed è stata l’ANPA (Agenzia Nazionale per l’Ambiente) a definirne i criteri e gli indicatori di riferimento nazionale. A questi principi, le Regioni devono guardare per redigere i Piani Forestali Regionali, i quali sono la base della pianificazione territoriale regionale per il settore forestale (CNEL, 2000; Pettenella, 2009). Nel 2002 la Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile conteneva obiettivi e azioni riferite alle foreste. Tra quelli relativi al clima si riconosceva la foresta come strumento per l’assorbimento di emissioni inquinanti, per la produzione di energia da fonti rinnovabili, per la conservazione della biodiversità e la prevenzione dei fenomeni di desertificazione (MATT, 2002). Infine, è stato predisposto il Quadro nazionale delle Misure forestali nello sviluppo rurale 2014-2020, che è lo strumento che coordina l’attivazione delle “Misure forestali previste dal Regolamento UE n. 1305/2013, per lo sviluppo rurale 2014-2020”. Questo non nasce come uno strumento vincolante per le Regioni, ma come aiuto per la programmazione del fondo FEASR, per rendere più efficiente l’attuazione delle misure forestali (Rete Rurale Nazionale. GdL Foreste, 2014).
Gli esiti della politica ambientale e forestale italiana sono riassunti nella tabella 2.3.1.
42 2.3.2 La pianificazione forestale
Le politiche forestali internazionali, comunitarie e nazionali influenzano in vario modo il sistema della pianificazione territoriale e nello specifico forestale. In Italia la pianificazione di settore forestale è articolata su tre livelli, dove la redazione dei piani è compito delle Regioni. La figura 2.3.2 schematizza il sistema. L’Italia formula delle linee guida di programmazione, tenendo conto delle strategie e obiettivi posti a livello internazionale, in particolare della gestione sostenibile (GSF) a cui le regioni guardano nel redigere i piani forestali. La pianificazione forestale italiana presenta i seguenti caratteri:
▪ è uno strumento attuativo a livello aziendale; ▪ considera la foresta in un’ottica multifunzionale;
▪ è coordinata con altri piani di sviluppo dello stesso livello; ▪ è uno strumento flessibile;
▪ aiuta nell’orientamento dei finanziamenti.
Lo schema dei piani forestali può presentare differenze a seconda delle regioni, tuttavia in linea generale si ha l’articolazione mostrata in figura 2.3.3.
Tabella 2.3.1 - Quadro riassuntivo sulla politica forestale italiana
Fonte: elaborazione propria
Riferimento normativo Obiettivo Legge Serpieri - Riordinamento
e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani
Primo riferimento normativo in ambito forestale.
Legge Quadrifoglio
Indirizzi generali sulla materia agro-forestale
Legge Galasso Sulla protezione del paesaggio
legge Pluriennale di spesa per il settore agricolo, L. 8.11.1986 n. 752
Viene istituito il Piano Nazionale Forestale
D. Lgs 227/2001 "Orientamento e modernizzazione del settore forestale",
Base normativa di riferimento
Strategia d’azione ambientale
per lo sviluppo sostenibile 2002 Riferimenti ad azioni forestali AdP
Missione B -valorizzazione, gestione e tutela dell’ambiente
Quadro nazionale delle Misure forestali nello sviluppo rurale 2014-2020,
Politica forestale QUADRO NAZIONALE
43
A livello regionale viene realizzato il Piano Forestale Regionale (PFR), dura dieci anni ed è di natura strategica poiché formula gli obiettivi da raggiungere nell’arco di tempo. Il livello intermedio (comprensoriale) si occupa di definire i Piani Forestali Territoriali (PFT) validi per quindici anni che trattano un ambito forestale omogeneo definito dalla Regione. Hanno il compito di valorizzare le risorse forestali, di definire le forme di governo, orientandole soprattutto alla gestione sostenibile, e le priorità di intervento. Infine, attraverso il livello locale si attua la pianificazione, e a questo scopo è formulato il Piano Forestale Aziendale (PFA), valido quindici anni. Da qualche tempo è inoltre emersa la necessità di un piano più articolato e flessibile, in grado di considerare più temi. Si tratta del piano di gestione forestale, uno strumento proprio dell’azienda forestale, attraverso cui riesce a coordinare la gestione tecnica, la conduzione amministrativa considerando anche la gestione finanziaria (Cullotta & Maetzke, 2008a, 2008b).
Oltre a ciò, quelle aree forestali ricadenti in Siti di Importanza Comunitaria (SIC) o in ZPS, rientrano nella rete Natura 2000 per cui godono di una tutela particolare. È infine importante ricordare che la tutela dei paesaggi forestali rientra nei piani paesaggistici regionali, laddove esistano.
Figura 2.3.3 - La struttura dei piani forestali. Fonte: elaborazione propria.
Figura 2.3.2 - Struttura della pianificazione forestale in Italia. Fonte: elaborazione propria.
44 CAPITOLO TERZO