Il concetto di giusta causa ai sensi dell’art 2473 bis c.c.
1. Quadro delle problematiche
A norma dell’articolo 2473 bis c.c.: «l’atto costi- tutivo di s.r.l. può prevedere specifiche ipotesi di esclusione per giusta causa del socio». L’attuale formu-
lazione del codice avvicina la società a responsabilità limitata alle società di persone, consentendo ai soci di inserire clausole di esclusione convenzionale; l’applicazione del rimedio però, viene ristretta ai casi in cui la causa, oltre a essere “giusta”, rientri tra quelle “specificamente” indicate all’interno del contrat- to sociale.
L’obiettivo di individuare il significato dei ter- mini «specificità» e «giusta causa» appare, allora, pri- mario al fine di giungere ad enucleare una serie di cause compatibili con la previsione legislativa di cui all’art. 2473 bis c.c. 66
Il legislatore rimette all’interprete il compito di colmare i vuoti presenti nella disciplina67.
66 La categoria di cause di esclusione del socio di s.r.l.
prospettata dal legislatore nella norma deve definirsi “aperta”. Suggestive le parole di M.PERRINO, La «rilevanza del socio» nella
s.r.l.: recesso, diritti particolari, esclusione, in Giur. Comm.,
2003, p. 821 e ss., secondo il quale l’art. 2473 bis c.c. «allarga
in termini potenzialmente indefiniti lo spettro di applicabilità della estromissione del socio come rimedio».
67 Diversamente negli altri ordinamenti in cui è previsto l’istituto
dell’esclusione del socio dalle s.r.l. In Spagna, per esempio, l’art. 98 della LSRL delinea tre ipotesi di estromissione: 1. nel caso in cui il socio non adempia l’obbligo di effettuare le prestazioni accessorie; 2. in ipotesi di violazione del divieto di
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La problematica non ha radici storiche particolar- mente consolidate e, riprendendo quanto già accennato nell’introduzione, si ricorda che tale modalità di scio- glimento volontario del rapporto sociale limitatamente ad un socio è stata introdotta nell’ambito delle società a responsabilità limitata con la riforma del diritto socie- tario68. Precedentemente, infatti, nelle s.r.l. l’esclusione volontaria non era contemplata dalla legge né ammessa dalla giurisprudenza. Il codice civile ricono- sceva cittadinanza all’istituto solo nell’ambito delle società a base personale e delle società cooperative69. La novità si comprende tenendo conto delle peculiarità del modello di s.r.l. disegnato dal riformatore, frutto dell’intento di dotare gli imprenditori di strumenti più flessibili e, al tempo stesso, più aderenti alle caratte- ristiche strutturali e funzionali delle piccole e medie imprese70.
concorrenza imposto al socio amministratore; 3. laddove il socio amministratore sia condannato al risarcimento del danno nei confronti della società per effetto di atti contrari alla legge o allo statuto.
68 Avutasi ai sensi del d.lgs. n. 6 del 17 gennaio 2003, entrato in
vigore il 1° gennaio 2004.
69 Cfr. rispettivamente gli artt. 2286, 2287, 2288 c.c. e l’art.
2518, n. 8, 2527 c.c.
70 In tali contesti assume rilievo la figura del socio-imprenditore,
foriero di un interesse partecipativo al governo della società e non necessariamente anche quella del socio-investitore, connotato da un interesse al valore economico della propria partecipazione. In tal senso, cfr. C.ANGELICI, La riforma delle società di capitali. Lezioni di diritto commerciale, II ed., Cedam, Padova, 2006, p. 105 ss.
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Oggi l’autonomia statutaria delle società di capi- tali trova un’ampissima esplicazione nelle s.r.l., la cui disciplina ha assunto una significativa affrancazione dalla “sorella maggiore” s.p.a.71. La possibilità di in-
trodurre pattiziamente ipotesi di esclusione, riconosciu- ta alle s.r.l. - e non anche alle s.p.a. e alle s.a.p.a. - rientra tra gli esempi più indicativi di quanto appena affermato ed è in grado di offrire un osservatorio privi- legiato per comprendere senso e portata della riforma.
È opportuno sottolineare che, in assenza di qual- siasi convenzione, l’esclusione è comunque ammessa quando il socio non effettui il conferimento. In questo caso, però, non si tratterà di esclusione volontaria, ma di esclusione legale o obbligatoria.
Il rimedio, sebbene rappresenti una conseguenza di- retta ed immediata del mancato conferimento, è stato con- gegnato quale extrema ratio72 e potrà concretizzarsi solo
71 La legge delega n. 366/2001 in relazione alla s.r.l. prescriveva
di creare «un autonomo ed organico complesso di norme» - così da abbandonare la modalità imperfetta del rinvio alla disciplina della s.p.a. – ispirato al principio «della rilevanza del socio e dei
rapporti contrattuali tra i soci» (art. 3). Il sistema della s.r.l.
si distingue da quello della s.p.a., imperniato «sulla rilevanza
centrale dell’azione, della circolazione della partecipazione sociale e della possibilità di ricorso al mercato del capitale di rischio» (art. 4). Per alcune indicazioni generali cfr. A.GAMBINO,
Brevi note sul progetto di legge delega di riforma della società di capitali non quotate, in Riv. dir. comm., 2000, I, p. 210.
72 L’art. 2466 c.c. prevede il seguente procedimento: a) diffida de-
gli amministratori al socio moroso di eseguire il conferimento nel termine di trenta giorni (si noti la differenza con il termine ordi- nario della diffida ad adempiere che deve essere non inferiore a 15 giorni ex art. 1454 c.c.). La diffida presuppone, inoltre, il decor- so inutile del termine - fissato pattiziamente dalle parti ed indi-
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in virtù di una imprescindibile constatazione ufficiale da parte dell’organo amministrativo.
La mancata esecuzione dell’obbligo gravante sul so- cio come contropartita al suo ingresso in società è l’unica causa di esclusione annoverata nella disciplina dedicata alle società per azioni73.Nelle società di per- sone e nelle s.r.l., invece, è ammessa anche l’esclusione facoltativa74.
È stato messo già prima d’ora75 in rilievo che
l’art. 2286 c.c. elenca una serie di cause legate in li- nea generale ad ipotesi d’inadempimento “grave”76, o a eventi che possono coinvolgere la persona del socio o,
cato nell’atto costitutivo o stabilito dal giudice ai sensi dell’art. 1183 c.c. - per l’esecuzione del conferimento; b) possibi- lità per gli amministratori di promuovere – al decorso dei trenta giorni - azioni esecutive; c) vendita (nei tempi stabiliti dagli stessi amministratori e, quindi, anche non immediatamente) della quota del socio moroso “a suo rischio e pericolo e per il valore ri- sultante dall’ultimo bilancio approvato” (che potrebbe anche essere penalizzante per il moroso, beneficiario del corrispettivo ottenuto, in quanto inferiore all’attuale valore di mercato) agli altri soci, in proporzione della loro partecipazione, ben potendo - comunque - la quota essere acquisita anche da un solo socio; d) in mancanza di offerte, solo se l’atto costitutivo lo prevede, vendita all’incanto della quota; e) in ultima analisi, esclusione del socio (penalizzato con la perdita della parte del conferimento già eseguito, a vantag- gio della società) e riduzione del capitale sociale in misura corri- spondente, riduzione logicamente richiesta dagli amministratori ma deliberata dall’assemblea dei soci, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2479 e 2479 bis (si colga la differenza con il divieto di procedere alla riduzione del capitale contenuto nell’art. 2473
bis c.c.).
73 Vedi art. 2344 c.c.
74 Si tratta di modelli societari molto diversi, ma per certi aspetti
anche vicini.
75 Cfr. cap. I, par. 1.
76 La portata della gravità dell’inadempimento è stata oggetto di di-
battito sia in ambito dottrinale che giurisprudenziale. Cfr. Cass., 27 luglio 1938, n. 2935, in Rep. Foro it., 1938, voce “Società”, n. 394, che già si era espressa sotto il vigore del Codice di Commercio, nel quale l’art. 186 enumerava singole ipotesi di inadempimenti gravi.
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ancora, a vicissitudini relative a particolari ipotesi di conferimento.
L’art. 2437 bis c.c., invece, riconosce ai soci la possibilità di scegliere cause di esclusione, le quali saranno considerate legittime solo se “specifiche” e “giuste”.
Il parallelo tra le normative sull’esclusione fa- coltativa permette di notare come il legislatore abbia ricollegato l’esperibilità del rimedio alla sussistenza di requisiti determinati allo scopo di ridurre, almeno in parte, i margini di discrezionalità.
Il tentativo di ricostruzione dell’ambito di opera- tività dell’art. 2473 bis passa per il rilievo di even- tuali differenze e/o similitudini che sussistono con quanto già precedentemente rilevato in tema dell’esclusione. Si cercherà, dunque, di avanzare di qualche gradino nel percorso ermeneutico teso alla com- prensione delle fenomeniche esclusive.
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