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Altra questione che merita attenzione è anche la modifica dei Periodi di massima indennizzabilità dalla cessazione del lavoro per alcune Voci Tabellari, e non solo per

l’evoluzione della fattispecie di insorgenza di manifestazioni neoplastiche ( in cui dall’intervallo di 10 anni della Tabella Industria allegata al D.P.R. n. 1124 del 30.6.1965 siamo passati a trent’anni della Tabella dell’Industria del D.P.R. n. 482 del 9.6.1975, al periodo “ illimitato “ nelle Tabelle dell’Industria e dell’Agricoltura del D.P.R. n.336 del 13.4.1994 e nelle attuali Tabelle Industria ed Agricoltura del D.M. 9.4.2008 ).

Al riguardo G.C. Umani Ronchi e F. Galasso in “ La Tutela Assicurativa degli Infortuni sul

Lavoro e delle Malattie Professionali “ ( Liviana Editrice. Padova. 1990 ) scrivevano: “ Per

ciascuna voce di tabella, e per alcune di esse in rapporto alla manifestazione clinica, sono

stabiliti “ periodi massimi di indennizzabilità “ corrispondenti inizialmente al periodo di tempo

massimo entro il quale, secondo la scienza e la esperienza medica, potevano attendersi esiti a

distanza di malattie professionali. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 206

/1988, il periodo di tempo indicato nella terza colonna delle tabelle non ha più il significato di

condizione di indennizzabilità, ma soltanto di termine massimo entro il quale, come si è detto,

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si applica la presunzione di origine, “ iuris ed te iure “. La sentenza n. 206 /1988 della Corte costituzionale ha avuto, tra gli altri, il pregio di evitare la vanificazione dei termini scientifici a favore di un limite indiscriminatamente ampio, da fissarsi a tutela di casi eccezionali e non di quelli concretamente ipotizzabili. Comunque è da fissare il concetto essenziale che la “ manifestazione “ giuridica delle malattie professionali, in vigore fino al febbraio 1988, non rappresentava quasi mai l’effettivo esordio delle manifestazioni cliniche della malattia professionale denunciata, ma più spesso, corrispondeva all’epoca nella quale i sintomi erano giudicati riconducibili ad una malattia professionale, molto spesso senza un reale fondamento, a giudicare dalla prevalenza del numero di lavoratori sottoposti dall’Istituto assicuratore agli accertamenti sanitari con esito negativo. D’altra parte, va considerato che il criterio della presunzione legale di malattia talora pone a carico di lavorazioni in rischio eventi manifestatisi già prima dell’inizio delle stesse, sia per essere causati da agenti nocivi dello stesso tipo, ma connessi a lavorazioni precedenti, sia, per il caso delle forme allergiche cutanee e respiratorie, perché la sensibilizzazione e la reattività specifica ed aspecifica si sono organizzate anteriormente all’inizio della lavorazione assunta giuridicamente come nociva nel caso di specie. Nel sistema assicurativo italiano, fino al febbraio 1988, ha avuto vigore il sistema dell’elencazione tassativa, sia pure temperata dall’ampiezza della formulazione delle voci tabellate “.

A. Ossicini ( in “ Infortuni e malattie professionali “, a cura di A. Ossicini. Edizioni INAIL.

Milano. 1997 ) ricorda: “ Le tabelle delle malattie professionali allegate al Testo Unico

prevedono, per ciascuna malattia, un periodo massimo di indennizzabilità, che indica il limite

massimo di tempo, dopo l’abbandono dell’attività lavorativa al rischio, entro il quale può

essere richiesta l’ammissione all’indennizzo. Sulla base, tuttavia della sentenza della Corte

Costituzionale n. 179 del 1988, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 134

del Testo Unico, 1° comma, può essere ammessa all’indennizzo anche la malattia denunciata

oltre il periodo massimo di indennizzabilità. ( Ricordiamo l’articolo 134 del Testo Unico: “ Le

prestazioni per le malattie professionali sono dovute anche quando l’assicurato abbia cessato

di prestare la sua opera nelle lavorazioni per le quali è ammesso il diritto alle prestazioni,

semprechè l’inabilità o la morte si verifichi entro il periodo di tempo che per ciascuna malattia

è indicata nella tabella allegato 4 per l’Industria e 5 per l’Agricoltura. Le prestazioni sono

pure dovute nel caso di ricaduta di una malattia precedentemente indennizzata o che sarebbe

stata indennizzata ai termini del presente decreto, qualora tale ricaduta si verifichi non oltre il

periodo di tre anni dalla cessazione di prestazione d’opera nella lavorazione che abbia

determinato la malattia. Agli effetti del comma precedente, per malattia che può dar luogo ad

una ricaduta indennizzabile, si intende quella che si sia manifestata dopo la entrata in vigore

delle norme che hanno esteso alla stessa l’assicurazione obbligatoria “. Il corsivo fra

parentesi è nostro ). In caso di denuncia di malattia professionale oltre i termini previsti dal

Periodo Massimo di Indennizzabilità, pertanto, è richiesta al lavoratore la documentazione

medica atta ad attestare la manifestazione della malattia entro i termini tabellari. Se la

documentazione dimostra l’effettiva verificazione della malattia nei termini, vige il principio

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della presunzione legale d’origine dal momento che, in questo caso, la malattia è da considerarsi tabellata nei termini. Nel caso in cui la malattia si sia effettivamente verificata oltre i termini tabellari, il lavoratore deve dimostrare che la malattia stessa è stata provocata da rischio tabellato cui era esposto, così come richiesto dalle note sentenze della Corte Costituzionale. Le istruzioni operative riportate nella circolare 23/1988 ( dell’INAIL: il corsivo è nostro ) prevedono che, in questo caso, l’assicurato deve esibire: idonea documentazione sanitaria attestante il nesso eziologico tra attività e malattia tabellata; elementi probatori, con riscontro obiettivo, dell’esposizione al rischio previsto dalla tabella ( natura, durata, intensità, ecc. ). Omissis “.

Correlato con questo aspetto è quello dell’articolo 135 del Testo Unico ( D.P.R. n. 1124 del 30.6.1965 ): “ La manifestazione della malattia professionale si considera verificata nel primo giorno di completa astensione dal lavoro a causa della malattia. Se la malattia non determina astensione dal lavoro, ovvero si manifesta dopo che l’assicurato ha cessato di prestare la sua opera nella lavorazione che ha determinato la malattia, la manifestazione della malattia professionale si considera verificata nel giorno in cui è presentata all’Istituto assicuratore la denuncia con il certificato medico “. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 206 dell’11 febbraio 1988 ha dichiarato la illegittimità del secondo comma del predetto articolo 135 del Testo Unico. In virtù della declaratoria di incostituzionalità del secondo comma dell’articolo 135, la manifestazione della malattia professionale coincide con la sua effettiva verificazione e pertanto la relativa denuncia corredata da certificato medico assume rilievo esclusivamente ai fini della decorrenza delle relative prestazioni da parte dell’INAIL.

P. Fucci e P. Rossi, riferendosi a Tabelle precedenti le ultime emanate, ma strutturate al riguardo nel medesimo modo di quelle precedenti ( in “ La Medicina Legale degli Infortuni e delle Malattie Professionali “. Giuffrè Editore. Milano. 1999 ), asseriscono: “ La nostra legislazione non richiede, ai fini della indennizzabilità, la sussistenza del periodo minimo d’occupazione in lavorazioni morbigene tabellate. L’individuazione di quest’ultimo è pertanto momento qualificante e discriminante dell’accertamento medico – legale, in particolare della verifica del rapporto di causalità, in tutti i casi per i quali non può farsi valere la presunzione legale. In altri termini laddove è necessario entrare nel merito dimostrativo della correlazione tra lavoro e malattia, i criteri di giudizio per l’ammissione del nesso di causa, cronologico e quantitativo in particolare, esigono che vi sia stato un congruo periodo espositivo. La valorizzazione del periodo minimo di esposizione – occupazione limitata al solo campo delle malattie non tabellate, potrebbe offrire lo spunto ad una agevole obiezione laddove in virtù del grado di inabilità osservato si può prospettare un’esposizione, pur in lavorazione tabellata, incongrua. Più semplicemente, una malattia professionale tabellata, contratta in attività tabellata, con grado di inabilità del cinquanta per cento, osservata dopo un periodo espositivo non compatibile con una evoluzione così grave, indurrebbe ad escluderne la indennizzabilità.

Pur tuttavia va sempre considerato che la valenza del periodo minimo di occupazione –

esposizione non è utilizzabile a tali fini. Più correttamente l’analisi e la dimostrazione medico

– legale devono indirizzare verso una insussistenza del nesso etio-patogenetico per

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incompatibilità biologica assoluta. Qualora invece, detta incompatibilità sia solo relativa, ovvero esiste una remota probabilità che anche un siffatto periodo occupazionale possa essere responsabile della malattia, laddove non sia possibile addivenire a prova certa di origine diversa e soprattutto non sia possibile escludere che l’occupazione possa aver modificato l’iter evolutivo di un processo patologico non manifesto, ebbene è quanto meno consigliabile indirizzarsi verso un’acritica accoglienza in tutela della infermità denunciata.

L’adozione del sistema tabellare con l’elencazione delle malattie professionali tipiche e delle