dall’art. 15
235della legge, 22 maggio 2017, n. 81 che, come si vedrà infra, ha fornito
un’ulteriore chiave di lettura alla dibattuta nozione di coordinamento.
Oltre al carattere della continuità e della coordinazione, la fattispecie di cui all’art.
409, n. 3, c.p.c. deve presentare un terzo elemento, ovvero il carattere
prevalentemente personale della prestazione
236, il che, apparentemente, «esclude il
del datore di lavoro, sebbene il lavoratore conservi la facoltà di determinare autonomamente o d’accordo con l’altra parte le modalità, il luogo e il tempo di esecuzione della prestazione». 232 F. Carinci, R. De Luca Tamajo, P. Tosi, T. Treu, Diritto del lavoro, Utet, 2003, spec. p. 35. 233 F. P. Luiso, Il processo del lavoro, Utet, 1992, p. 21.
234 G. Santoro Passarelli, Dal contratto d’opera al lavoro autonomo economicamente dipendente,
attraverso il lavoro a progetto, in Riv. it. dir. lav., 2004, I, pp. 543- 570, spec. p. 549. Si veda anche
R. Pessi, Contributo allo studio della fattispecie lavoro subordinato, Giuffrè, Milano, 1989, specie pp. 50- 52.
235 1. Al codice di procedura civile sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 409, numero 3), dopo le parole: «anche se non a carattere subordinato» sono aggiunte le seguenti: «. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa»;
b) all'articolo 634, secondo comma, dopo le parole: «che esercitano un'attività commerciale» sono inserite le seguenti: «e da lavoratori autonomi».
236 Secondo M. Pedrazzoli, Opera (Prestazioni coordinate e continuative), in Novissimo Digesto, Appendice, Utet, Torino, 1986, pp. 472- 489, specie p. 479, dato il carattere anfibio degli altri due elementi della continuità e del coordinamento della prestazione, «si comprende come la prevalenza del lavoro personale abbia finito per diventare l’elemento decisivo della fattispecie, nel senso di quello che più spesso viene in gioco come discrimen nella decisione se essa ricorre» e, p. 480, si tratterebbe di un «carattere assai più limpido dei precedenti».
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carattere della dipendenza»
237, ma contemporanemaente determina una
«selezione», la cui conseguenza è quella di «interrompere l’effetto protettivo
laddove debitore d’opera sia un’impresa nell’esercizio professionale e organizzato
in modo complesso della sua attività»
238. Ciò in quanto la prevalenza del lavoro
rende compatibile l’impiego da parte del collaboratore di una sua struttura
organizzativa, in cui sia implicata la sua opera, ma anche quella di altri
collaboratori, con la natura della fattispecie para-subordinata, senza cioè il bisogno
che quest’ultima ricada nel tipo dell’impresa
239.
Dunque, da una parte le collaborazioni dell’art. 409 c.p.c. non ricadrebbero nel tipo
dell’impresa
240; contemporaneamente, però, la presunta distanza dall’elemento
della dipendenza, ricavabile dall’avverbio in questione, renderebbe tale tipo di
collaborazione diverso dal lavoro subordinato, cioè non interamente dipendente
237 F. Mazziotti, Diritto del lavoro, Liguori ed., Napoli, 2001, p. 182.
238 M. Pedrazzoli, Opera (Prestazioni coordinate e continuative), in Novissimo Digesto, Appendice, Utet, Torino, 1986, pp. 472- 489, specie p. 479.
239 Si veda Cass., 7 agosto 2008, n. 21380, secondo cui: «l'autonomia del rapporto di lavoro, anche nella forma attenuata della cosiddetta parasubordinazione, vada esclusa quando il prestatore di lavoro non disponga di un'organizzazione imprenditoriale sia pure in termini minimi e non sopporti pertanto alcun rischio economico. In altre parole la continuità e coordinazione dell'attività lavorativa con quella del committente, propria della parasubordinazione (art. 409 cod. proc. civ.), non può risolversi nella mera esecuzione di lavoro, priva di un minimo di autoorganizzazione e di rischio». La giurisprudenza, così, da un lato ha valorizzato la titolarità di un’organizzazione in capo al lavoratore coordinato come valido elemento per qualificare la fattispecie, dall’altro lato ha, però, posto il problema di distinguere il lavoratore para-subordinato dal piccolo imprenditore. A questo proposito una dottrina ha rilevato che «il piccolo imprenditore si distingue dal lavoratore autonomo perché la prestazione di quest’ultimo non è necessariamente organizzata e professionale», così G. Santoro Passarelli, Il lavoro parasubordinato, cit., qui p. 79, che fa l’esempio di una ricamatrice che svolge la propria attività in modo esclusivamente personale. Una più recente dottrina ha precisato che «la rilevanza marginale assunta dall’apporto individuale del debitore nell’economia dello scambio preclude la qualificazione del rapporto come prestazione d’opera ex art. 2222 c.c., ma non comporta affatto l’automatica qualificazione del lavoratore come piccolo imprenditore», così V. Pinto, L’integrazione dell’art. 409, n. 3, c.p.c. e la riconfigurazione delle collaborazioni coordinate
e continuative, cit., p. 70. Contra M. Pallini, Dalla eterodirezione alla etero-organizzazione: una nuova nozione di subordinazione?, in Riv. giur. lav., 2016, n. 1, p. 65- 89, specie pp. 69- 70, secondo
cui il lavoratore coordinato ex art. 409, n. 3, c.p.c. se non rientra nella disciplina (ante riforma del 2019) dell’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015, «è relegato in una sorta di riserva indiana, il cui angusto territorio è stretto tra i confini segnati, da un lato, dall’esclusività della prestazione resa dal lavoratore eteroorganizzato e, dall’altro, dall’apporto non prevalente dell’azienda alla prestazione resa dal piccolo imprenditore» e O. Razzolini, La nuova disciplina delle collaborazioni organizzate
dal committente. Prime considerazioni, Working Paper CSDLE. “Massimo D’Antona”.it, 2015, n.
266: è evidente che queste argomentazioni sono riferite al testo previgente dell’art. 2 del D. Lgs. n. 81/2015.
240 Cfr. M. Pedrazzoli, Dai lavori autonomi ai lavori subordinati, in Dir. lav. rel. ind., 1998, n. 3, pp. 509- 565, spec. p. 556, secondo cui, peraltro, la fattispecie non potrebbe rappresentare neanche un sottotipo del lavoro autonomo, poiché essa «ricomprende anche rapporti non fondati sullo scambio sinallagmatico».