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Potere normativo, limiti e problemi legislativi

Analizziamo qui gli sforzi del sistema normativo per difendere gli interessi delle grandi società, delle principali case discografiche e degli artisti, sia che essi godano dell’accesso ai grandi canali di comunicazione, sia che ne siano esclusi.

Il sistema normativo è un sistema complesso e altamente differenziato. I suoi sottosistemi sono di tipo tecnico-istituzionale (si pensi alle organizzazioni che operano in ambito prettamente giuridico) e di tipo tecnologico (intendiamo le organizzazioni che si pongono come obiettivo la tutela dei diritti attraverso strategie di natura tecnologica).

È inevitabile riscontrare i problemi generati dai comportamenti e dalle infinite, imprevedibili soluzioni escogitate dagli attori esclusi dal mercato discografico tradizionale, che ora grazie in particolare a Internet, hanno acquistato possibilità di cooperare, condividere l’accesso ai contenuti mediatici, e usurpare poteri prima esclusivi dei soggetti di cui sopra.

Gli interessi e i diritti in gioco sono numerosi, e numerose sono le organizzazioni (enti amministrativi, lobby, società statali, associazioni di categoria, sindacati, ecc.) poste a tutela degli stessi. I più importanti ambiti di interesse sono certamente:

• il copyright (diritto di duplicazione), inteso come feroce rivendicazione della paternità di un’opera da parte non tanto di un’artista (come sarebbe

ovvio), quanto dal soggetto di lui intermediario (la casa discografica), con il fine recondito di preservare l’esclusività del contratto tra i due e del profitto dei due.

• il diritto d’autore, inteso come materia giuridica che regola il sistema di tutela dell’opera in sé, la distribuzione dei proventi derivati dal sistema di tassazione delle esecuzioni, delle riproduzioni e delle pubblicazioni a differenti soggetti (artista, produttore, Stato).

• la competenza nella gestione dei diritti digitali (DRM) messa in atto dalle organizzazioni operanti in ambito tecnologico, di cui parleremo più avanti.

• gli interessi economici e di detenzione di poteri politici, coercitivi, simbolici delle case discografiche, degli artisti, degli attori esclusi (tra cui i cosiddetti pirati come caso estremo e particolare, degno di analisi).

I nuovi media tecnologici collegano l’esigenza dell’individualità e della personalizzazione con quella di partecipazione del pubblico al flusso globale della comunicazione. L’accesso praticamente illimitato alle informazioni attraverso Internet, allora, produce una relativizzazione dei valori etici legati ai diritti di accesso, diffusione ed utilizzazione dei contenuti informativi presenti nel flusso di bit che attraversa la Rete; tale processo è ulteriormente alimentato da quell’esteso movimento di opinione sviluppatosi tra coloro che hanno partecipato alla creazione di Internet o che sono stati educati con quello spirito, i quali teorizzano la necessità di una illimitata condivisione di risorse – senza brevetti, ne’ copyright – e perseguono questa convinzione all’interno del cosiddetto movimento dell’Open Source Software.

La codifica digitale determina l’impossibilità di distinguere l’originale dalle copie, essendo quest’ultime duplicazioni perfette: la riproducibilità tecnica

dell’opera d’arte (teorizzata da Walter Benjamin11 già nel 1936) è oggi una realtà comune e acquisita, che trova una naturale ambientazione nella rete, e che diviene essa stessa (si pensi al montaggio video, l’editing audio e sim.) strumento espressivo nei processi di creazione artistica. Il concetto di tutela dell’opera di ingegno, basato sul riconoscimento dei caratteri di creatività e originalità perde dunque di senso, perché si afferma come pratica creativa proprio la citazione e l’assemblaggio di elementi di epoche e stili precedenti, attraverso l’utilizzo di frammenti di culture passate, originariamente incompatibili o distanti fra loro, che si depositano e si fondono insieme. Essi sono i prodotti di una nuova cultura dinamica, basata su un’ampia libertà di progettazione capace di scardinare e rendere priva di senso qualunque logica che tenda a schematizzare o a rinchiudere i processi creativi entro strutture predefinite e che contempla l’accesso all’intero patrimonio artistico e informativo digitalizzato, scontrandosi inevitabilmente nel suo procedere con le regolamentazioni e gli interessi attoriali del sistema.

In uno scenario come quello attuale, in cui il settore dell’entertainment e quello musicale in particolare, sono guidati e manovrati da un oligopolio costituito da grandi colossi multinazionali , il concetto di tutela del diritto d’autore viene posto in secondo piano e adombrato dal concetto di copyright, più adatto alle dinamiche e ai processi di mercato: una problematica che evidentemente deriva dalla torsione proprietaria, in senso materiale ed economico, che il diritto ha nel mondo occidentale.

Se il processo di digitalizzaione rende possibile realizzare, duplicare e diffondere un’opera con estrema facilità e a bassissimi costi anche per gli attori

11 Walter Benjamin, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag, 1977 (trad. it.: L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica,

precedentemente esclusi dal music business, e per quelli tuttora non autorizzati dalla legge, nasce il problema per il sistema di regolamentare questi processi.

Secondo il diritto internazionale in materia, la duplicazione reiterata e continuativa di materiali protetti da copyright, anche se le copie non sono destinate alla vendita, può costituire un uso commerciale. Questo presupposto applicato al nuovo contesto e alle potenzialità di Internet, dà luogo a una serie di implicazioni e di problematiche in ambito normativo.

In Italia, ad esempio, il. sistema normativo ha operato un adattamento alla variazione strutturale innescata da Internet, estendendo alla rete divieti e sanzioni che riguardano la riproduzione in CD, DVD e video di opere coperte dal diritto d’autore. Le norme e le sanzioni, come dicevamo, riguardano anche chi riproduce illecitamente le opere senza avere scopo di lucro. È dunque ufficialmente vietato il freeshare, inteso in particolare come libero scambio di musica in rete.

Commette reato non solo chi vende, ma anche chi compra materiale protetto da copyright. Oltre alla riproduzione illegale, reato previsto e sanzionato dalla legge, chi viola il diritto d’autore può essere accusato di ricettazione, ossia di aver

“acquistato, ricevuto o occultato cose provenienti da un qualsiasi delitto”. Reati questi che potrebbero essere contestati anche a chi scarica file Mp3 dal proprio pc. Nel nostro paese le sanzioni per chi viola le norme sul diritto d’autore vanno da un minimo di 154 ad un massimo di 1.032 euro. Chi riproduce a scopi commerciali materiale coperto dal diritto d’autore rischia una condanna fino a 4 anni di carcere. Per il reato di ricettazione, invece, il codice penale prevede una pena fino a sei anni di reclusione.

Ma i problemi non mancano. Nell’era di Internet, uno dei problemi più complessi che i legislatori di tutto il mondo sono costretti ad affrontare riguarda la territorialità. Appare infatti complesso determinare la giurisdizione e la collocazione fisica di taluni comportamenti compiuti attraverso ed all’interno della Rete. In tale senso appare sottolineare come lo Stato italiano abbia tentato di risolvere alcune questioni introducendo il decreto legislativo n. 467 del 18 dicembre 2001 pubblicato sulla G.U n.13 del 16 gennaio 2002, con il quale si sono apportati alcuni cambiamenti alla legge italiana sulla tutela dei dati personali. In particolare l’articolo 2 della legge sulla privacy (675/96) è stato modificato aggiungendo il comma 2 – bis secondo il quale la legge sulla privacy si applica anche al trattamento dei dati personali effettuato da “chiunque è stabilito nel territorio di un paese non appartenente all’Unione Europea ed impiega, per il trattamento, mezzi situati nel territorio dello stato anche diversi da quelli elettronico comunque automatizzati, salvo che essi siano utilizzati solo ai fini di transito nel territorio dell’Unione europea”. Con la nuova disposizione, tutti i trattamenti di dati che interessano l’Italia saranno sottoposti alla legge italiana. La norma italiana dunque sembra aver dato avvio ad una nuova tendenza tesa a regolamentare (o tentare di regolamentare) anche le attività presenti sulla Rete.

Interessante è poi rilevare come di fatto in Italia la pubblicazione di notizie “a mezzo stampa”è equiparata a quella a mezzo internet, e pertanto riconducibile al cosiddetto “diritto di cronaca e critica” tutelato dall’articolo 21 della Costituzione. Pertanto non costituisce reato il caso particolare in cui un provider informi in un sito l’utente che sul network di competenza è possibile scaricare contenuti tutelati da copyright ed effettuare il download illecito di musica tutelata

Per un esempio esplicativo ed emblematico non italiano si veda in tal senso il testo pubblicato sul sito di Morpheus.

Il portale di Morpheus, comprensivo della declinazione di responsabilità.

Nella pagina in questione (http://www.morpheus.com/notices.html) si legge infatti quanto segue.

«The use of Morpheus for illegal activities, including infringement of intellectual property laws, may subject the infringing user to civil and/or criminal penalties.

[...] Due to the nature of peer-to-peer software, StreamCast Networks is unable to monitor or control the files searched for or shared using Morpheus.»

«L’uso di Morpheus per attività illegali, ivi compresa l’infrazione delle leggi sulla proprietà intellettuale, può esporre il trasgressore a sanzioni civili e/o penali. [...] A causa della natura del software peer-to-peer, StreamCast Networks non è in grado di monitorare o controllare i file ricercati o condivisi utilizzando Morpheus.»

Morpheus, dunque, non sta commettendo reato, sta esercitando il diritto di cronaca e offrendo una informazione completa, corretta e senza ambiguità. Può sembrare un’informazione data in maniera ipocrita in questo contesto, ma rimane un diritto fondamentale: la cosiddetta “liberta’ di informazione”. Nell’esercizio di questo diritto il soggetto è tutelato (e non osteggiato) dalla legge.

Il concetto di diritto d’autore si sviluppa soprattutto nella tradizione europea kantiana: secondo Rushton e Laing12, la tradizione europea è erede di una linea di pensiero che reifica il concetto di autore, considerato titolare di un diritto morale sulla propria produzione creativa. Mentre i diritti morali nella tradizione europea sono inscindibili dall’autore, gli aspetti economici del copyright, in entrambe le realtà, sono parte di un accordo, un contratto tra l’autore e l’etichetta discografica o un editore musicale, venduti o licenziati a soggetti terzi.

Tecnicamente, ogni accordo viene definito con terminologie diverse in dipendenza dei soggetti coinvolti. Definiremo ad esempio contratto artistico il

12 D. Laing, Copyright and International Music Industry, in S.Frith, Music and Copyright, Edimburgh University Press, 1993.

M. Rushton, The Moral Rights of Artist, Journal of Cultural Economics, vol.22, n.1, 1998.

contratto che regola i rapporti fra una casa discografica o un produttore da un lato e un artista o un gruppo dall’altra; contratto editoriale è l’accordo che regola i rapporti fra gli autori di un brano e un editore; il contratto di esclusiva editoriale regola i rapporti fra un autore di brani e il suo editore. Procedendo nella catena di valore arriviamo al cosiddetto contratto di distribuzione, che regola i rapporti fra una casa discografica o un produttore da un lato e un artista dall’altro, e al contratto di licenza regola i rapporti fra il proprietario di un master e una casa discografica o un distributore. Citiamo inoltre il diritto di opzione, inteso come un privilegio concesso al licenziatario di un master che gli consente di avere una certa serie di diritti su uno o più successivi prodotti dell'artista o del produttore, e la clearance, cioè l’aquisizione della necessaria autorizzazione all'uso di una registrazione di altrui proprietà.

Altri acronimi ad uso principalmente nazionale utilizzati nel settore per individuare particolari diritti sono poi:

• DEM (Diritti di Esecuzione Musicale): diritti pagati alla SIAE (la Società Italiana Autori ed Editori, di cui parleremo nel par. “I soggetti per la tutela”) da chi organizza riunioni o eventi in cui si suona musica e a sua volta rimessi dalla SIAE agli autori dei brani eseguiti nella riunione.

• DRM (Diritti di Riproduzione Meccanica, da non confondere con l’acronimo internazionale DRM di Digital Rights Management): diritti pagati alla SIAE da chi stampa il brano su supporti fotomeccanici (CD, DVD, Cassette Vinile Files etc…) e pagati dalla SIAE a chi lo ha composto

Se, come dicevamo, il diritto d’autore riveste un’accezione particolare riconducibile alla sfera morale, i diritti di copyright gravitano in pieno in ambito

economico, in quanto strumenti per stabilire i confini tra chi può utilizzare e commerciare un particolare bene ed entro quali condizioni. La loro istituzione, in origine, doveva servire per offrire un incentivo finanziario alle persone creative, assicurando loro una percentuale dei profitti prodotti dalle loro creazioni. In realtà, però, il sistema attuale ha creato un ambiente in cui la maggior parte degli autori non è in grado di sopravvivere attraverso questi profitti. Il maggior flusso economico viene incassato dall’industria discografica e dalle organizzazioni amministrative che mettono sotto contratto gli autori e gli artisti in cambio della cessione di una parte dei diritti, una quota percentuale che solitamente gravita tra il 33% ed il 50% delle royalties13 per ogni utilizzo dell’opera, per ogni supporto musicale prodotto e per la promozione di tali prodotti. Per questo motivo, considerato il rilevante flusso di denaro, le grandi major discografiche sono anche le principali società di edizioni e la RIAA, associazione americana che le riunisce rivestendo il ruolo di potente lobbying di settore e operando nel proprio spazio di ingerenza, esercita una forte pressione sui legislatori per poter entrare nel settore della raccolta delle royalties sulle licenze musicali, in concorrenza con le Società degli autori.

Il copyright è in definitiva un’arma usata dalle imprese per conseguire e mantenere posizioni di monopolio, le quali, a loro volta, si pongono in antagonismo con l'innovazione tecnologica. La tutela di tali diritti per le informazioni scambiate in Internet, sulla base delle regole e delle leggi concepite prima della confluenza del settore nel cyberspazio, è anacronistica e inadeguata, e tende ad escludere i consumatori potenziali dalla possibilità di fruire incondizionatamente e liberamente questi prodotti, limitando e condizionando di fatto l’accesso agli stessi.

13 I dividendi corrisposti dalla casa discografica all'autore: la loro determinazione e il loro conteggio sono

Nell’economia digitale il diritto d’autore e la sua proprietà sono divenuti inoltre due fattori rilevanti dei processi di produzione: i costi materiali si riducono, e la corresponsione per l’utilizzo di contenuti soggetti alla tutela della proprietà intellettuale nei prodotti e negli ambienti multimediali è quindi molto spesso il costo più elevato per chi opera nel settore. Conseguentemente sono numerosi i tentativi di aggirarne le limitazioni d’uso o la tentazione di appoggiare quelle politiche che mirano a limitarne ed estinguerne la voce nei costi. Ma è parimenti rilevante che l’autonomia e la dignità degli autori vadano difese dagli attacchi di coalizioni d’interesse che, all’interno di un mercato globale basato sulla logica mercantile del consumo-profitto, sono in grado di condizionare l’opera di ingegno, la libertà e la creatività degli autori stessi.

Per quanto concerne il diritto di riproduzione, è utile osservare come questo rientri nella sfera di interesse dell’autore. Anche in passato, infatti, uno degli interessi principali dell’autore allo sfruttamento dell’opera si è sempre identificato nel riconoscimento di una esclusiva di riproduzione e distribuzione dell’opera stessa. In realtà, il diritto di riproduzione comprende un po’ tutte le forme di utilizzazione diretta delle opere dell’ingegno: la moltiplicazione delle opere in qualunque forma essa sia effettuata, la trascrizione, la pubblica esecuzione, la rappresentazione e recitazione, la diffusione a distanza mediante telegrafo, telefono, radio, televisione, Internet. Ma in buona sostanza, la finalità della esclusiva di riproduzione consiste nella possibilità, riconosciuta all’autore o a chi abbia da questi acquistato il relativo diritto, di controllare e determinare la quantità di prodotti disponibili sul mercato. Il fenomeno della digitalizzazione, lo abbiamo già detto, porta come conseguenza la possibilità di una infinita ed incontrollata riproduzione delle opere, una loro facile e veloce trasferibilità

nonché un notevole abbattimento dei costi di tali operazioni. Di conseguenza, l’autore perde quella fondamentale possibilità di controllo sull’opera da lui creata.

L’opera dell’ingegno è, attualmente, sempre più un prodotto “dematerializzato”.

In effetti, in molti casi, si riduce l’utilità e l’utilizzazione dei supporti - corpus mechanicum - che un tempo costituivano il vero mezzo di comunicazione e diffusione nonché l’oggetto stesso del più importante sistema di tutela giuridica degli autori.

Da queste considerazioni e dall’analisi della realtà di tutti i giorni, si può facilmente dedurre come i reati di illecita riproduzione di opere protette siano divenuti comportamenti comuni e socialmente tollerati. La dematerializzazione delle opere le fa apparire infatti come delle entità astratte, quasi senza peso né contenuto. Ma le condotte illecite (i cosiddetti atti di pirateria in primis), contribuiscono a mettere in crisi interi settori industriali14.

La risposta delle imprese economiche è di tipo emulativo-conflittuale, in quanto esse, rivolgendosi al sistema normativo, ricorrono insistentemente (il più delle volte) all’esercizio di poteri legali e coercitivi per scoraggiare tutti coloro che - ai loro occhi - minacciano il loro business.

Le grandi aziende del settore, inizialmente, hanno risposto a questo stato di crisi sostenendo l’emanazione di atti legislativi fortemente repressivi che hanno segnato l’inasprimento delle sanzioni amministrative, ma soprattutto di quelle penali, previste nei vari casi di violazione delle norme a tutela del diritto d’autore. A livello internazionale questa tendenza prende piede con gli Accordi

14 È da considerare che lo sviluppo tecnologico ha consentito di affiancare ai generi tradizionali di sfruttamento (opere musicali, cinematografiche) altri del tutto nuovi (software, banche dati, ecc.).

GATT/TRIPs adottati a Marrakech il 15 aprile 1994 e recepiti in Italia con la legge n. 747/1994 i quali, perseguendo la finalità di ridurre gli ostacoli al commercio internazionale, tendono ad elevare il livello minimo di protezione legislativa delle opere dell’ingegno. Altro passaggio significativo è il trattato OMPI15 sul diritto d’autore e diritti connessi; importante, inoltre, per aver fornito un esempio poi seguito da moltissimi legislatori, è il Digital Millennium Copyright Act statunitense. Quest’ultimo, finalizzato a proteggere il diritto d’autore e diritti connessi in ambito digitale, prevede sanzioni civili e penali considerevoli in caso di illeciti qualificati dal dolo ed il fine di lucro. Proprio nell’ottica di creare deterrenti legali atti a contrastare soprattutto le attività di illecita riproduzione di opere dell’ingegno, già nel 1996 il legislatore italiano predispose un disegno di legge poi adeguato, nella portata, agli atti normativi sopra citati. La legge che ne deriva, la n. 248 del 2000, punisce chiunque duplichi abusivamente o riproduca senza averne diritto, su supporti non contrassegnati, software, database, opere dell’ingegno destinate al circuito televisivo, cinematografico e musicale. Le sanzioni previste vanno dalla multa, se l’illecito è caratterizzato dal dolo generico, alla reclusione fino a tre anni, se commesso a scopo di lucro.

È del tutto evidente, per chiunque conosca le potenzialità delle tecnologie digitali, che le tipiche forme di tutela del diritto d’autore – quelle affidate esclusivamente agli istituti giuridico-legali sopra menzionati – non bastino più ad assicurare un adeguato livello di protezione delle opere dell’ingegno. Le aziende del settore e poi i legislatori internazionali, sempre attenti ai reclami delle prime, si rivolgono alla stessa tecnologia per far fronte a questo problema. Nel mercato

15 Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale (WIPO secondo l’acronimo anglosassone). Gli accordi furono stipulati a Ginevra nel periodo 2-20 dicembre 1996 e ratificati dalla Comunità Europea

si stanno, infatti, imponendo forme di autotutela tecnologica che prendono il nome di Digital Rights Management (DRM: sistemi di gestione dei diritti digitali). Queste tecnologie sono sostanzialmente di due tipi: software ed hardware.

Per quanto concerne le tecnologie software possiamo individuare i seguenti espedienti:

• CRITTOGRAFIA. I sistemi basati sulla criptazione consentono di proteggere il contenuto di un’opera digitale (di qualsiasi genere) in modo da renderlo incomprensibile o inaccessibile finché non venga decodificato.

A tal proposito viene usato un algoritmo di cifratura che è interpretabile solo utilizzando la chiave di accesso fornita ai soggetti legittimati. Il procedimento è analogo al meccanismo di codifica delle trasmissioni televisive via satellite a pagamento. Il sistema così descritto, comunque, non risolve completamente il problema, perché una volta rimossa la cifratura da chi ne sia autorizzato, l’opera diventa normalmente accessibile e facilmente duplicabile. Per questo, i sistemi di DRM più evoluti presentano, al contempo, un meccanismo di gestione delle licenze di utilizzo attraverso la rete Internet: l’utente che accede al file protetto viene indirizzato al sito del titolare dei diritti sull’opera (o ad un server che offre i sistemi di gestione dei diritti) contenente un database che registra le licenze relative a ciascun file criptato. L’utente può così scegliere la licenza che preferisce; l’utilizzo dell’opera sarà poi gestito da un software

A tal proposito viene usato un algoritmo di cifratura che è interpretabile solo utilizzando la chiave di accesso fornita ai soggetti legittimati. Il procedimento è analogo al meccanismo di codifica delle trasmissioni televisive via satellite a pagamento. Il sistema così descritto, comunque, non risolve completamente il problema, perché una volta rimossa la cifratura da chi ne sia autorizzato, l’opera diventa normalmente accessibile e facilmente duplicabile. Per questo, i sistemi di DRM più evoluti presentano, al contempo, un meccanismo di gestione delle licenze di utilizzo attraverso la rete Internet: l’utente che accede al file protetto viene indirizzato al sito del titolare dei diritti sull’opera (o ad un server che offre i sistemi di gestione dei diritti) contenente un database che registra le licenze relative a ciascun file criptato. L’utente può così scegliere la licenza che preferisce; l’utilizzo dell’opera sarà poi gestito da un software

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