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La quiete dopo la tempesta: rappresentazione del piacere negativo

CAPITOLO QUARTO LA TEORIA DEL PIACERE

IV. 3. La quiete dopo la tempesta: rappresentazione del piacere negativo

La quiete dopo la tempesta è un idillio che ha per tema principale il piacere negativo in

quanto derivato dall’affanno. Questo concetto è riconducibile alla seconda delle due teorie del piacere individuate, nel corso della sua analisi sul pensiero di Leopardi, da Adriano Tilgher.135 La

lirica, composta a Recanati nel 1829, da un punto di vista tematico presenta affinità con Il sabato

132 A.PRETE, Il pensiero poetante, cit., p. 61. 133 Ibidem.

134 Si veda a riguardo A.PRETE, Il pensiero poetante. Saggio su Leopardi, cit., p. 62. 135 Si veda a riguardo A.TILGHER, La filosofia di Leopardi, cit., pp. 17-22.

del villaggio scritto poco dopo. Entrambi i testi affrontano il tema del piacere mettendone in

evidenza in particolare il suo carattere negativo. Dall’analisi della teoria del piacere è emerso che, per Leopardi, esso è attesa di un bene illusorio oppure costituisce un momento temporaneo di cessazione del dolore a seguito del mancato appagamento di un desiderio infinito dell’uomo. Ne La quiete dopo la tempesta il poeta affronta il tema del piacere nel suo secondo significato: cessazione di uno stato di sofferenza per l’individuo.

O natura cortese, Son questi i doni tuoi, Questi i diletti sono

Che tu porgi ai mortali. Uscir di pena È diletto fra noi.

Pene tu spargi a larga mano; il duolo Spontaneo sorge: e di piacer, quel tanto Che per mostro e miracolo talvolta

Nasce d’affanno, è gran guadagno. Umana Prole cara agli eterni! assai felice

Se respirar ti lice D’alcun dolor: beata

Se te d’ogni dolor morte risana.136

L’idillio è costruito interamente su una metafora attraverso la quale il poeta vuole spiegare in cosa consista il piacere negativo. Nella prima parte si descrive la fine di un temporale e i protagonisti del componimento, gli uomini e la natura, sembrano entusiasmarsi nuovamente per il ritorno di una serenità (la quiete) che ha come unica spiegazione la cessazione di uno stato di paura/dolore (la tempesta). Verso la parte finale della lirica Leopardi fa espressamente riferimento al piacere che in questo caso non è positivo poiché deriva dall’affanno in quanto è solo momentanea scomparsa o meglio diminuzione del dolore. Da un punto di vista metaforico la

quiete in questo caso rappresenta il piacere che è negativo perché è solo temporaneo in quanto deriva dall’affanno rappresentato dalla tempesta. La prima parte della poesia è prevalentemente descrittiva mentre la seconda è riflessiva. La parte descrittiva è ispirata alla poetica del vago e dell’indefinito perché il poeta si limita a descrivere generalmente la natura dopo il temporale e la ripresa delle attività umane. La seconda parte riflessiva è di carattere strettamente filosofico: il concetto principale che viene messo in evidenza è il piacere come figlio dell’affanno in quanto originato dalla cessazione di un dolore. Infatti, anche il tema contradditorio del rapporto tra il dolore e il desiderio è una costante nell’ambito della teoria del piacere. Per Leopardi l’elaborazione del concetto del desiderio come figlio dell’affanno significa rivolgere nuovamente l’attenzione nei confronti della natura, in questo caso matrigna perché nemica e dispensatrice di affanni nei confronti dell’uomo. In quest’ottica il piacere risulta non soltanto negativo ma anche vano, illusorio e di conseguenza inesistente. Nei confronti di siffatta natura il poeta recanatese si pone in modo polemico attraverso un sarcasmo amaro e sprezzante. Nell’ultima parte della lirica, infatti, si rivolge direttamente alla natura quasi volesse chiederle quali sono realmente i doni o i diletti per l’uomo. La risposta alla domanda implicita è presente subito dopo, ai versi 45-46, nei quali si comprende chiaramente che il piacere, per l’individuo, consiste solo nella cessazione o meglio nell’assopimento del dolore di uno stato di pena; il piacere quindi in questo senso non è tale nella realtà ma è solamente una sensazione temporanea.

Riflessioni simili compaiono altresì ne Il sabato del villaggio anche se nello specifico qui si allude principalmente al piacere come aspetto legato al concetto di felicità e viene meno la considerazione sul suo aspetto negativo come nel precedente idillio.

Questo di sette è il più gradito giorno, Pien di speme e di gioia:

Diman tristezza e noia

Ciascuno in suo pensier farà ritorno. Garzoncello scherzoso,

Cotesta età fiorita

È come un giorno d’allegrezza pieno, Giorno chiaro, sereno,

Che percorre alla festa di tua vita. Godi, fanciullo mio; stato soave, Stagion lieta è cotesta.

Altro dirti non vo’; ma la tua festa Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.137

Nella lirica prevale, come nel caso precedente, l’elemento descrittivo che è incentrato nella descrizione del sabato che è considerato il giorno più lieto degli altri perché di riposo dopo una settimana di lavoro. In realtà esso rappresenta solo un’illusione di felicità.

Nella concezione leopardiana la felicità è un concetto legato a quello del piacere perché entrambi sono per gli adulti due aspetti mai presenti ma solo ricordati nel passato o attesi nel futuro. Gli unici che possono godere di una felicità e di un piacere presente sono i fanciulli. Leopardi, consapevole del fatto che solo la fanciullezza corrisponde a uno stato lieto e sereno che non ritornerà mai più, negli ultimi versi della poesia si riferisce direttamente al “garzoncello” invitandolo a non voler bruciare le tappe della propria vita e a non cercare una felicità futura ma a godersi tutto ciò che gli viene offerto dal presente. In realtà il poeta recanatese in un secondo momento giunge a conclusioni diverse affermando che nessuno raggiunge veramente la felicità, né gli adulti né i fanciulli. Quest’ultimi, infatti, non sono felici in quanto tali ma rispetto agli adulti vivono in uno stato di innocenza e di inconsapevolezza nei confronti dell’arido vero svelato dalla ragione in età adulta. La condizione felice dell’uomo, per Leopardi, era possibile solo nell’antichità mentre nel mondo moderno lo è solo nei fanciulli e nei poeti. Gli uomini antichi vivevano in una condizione più felice in quanto erano inconsapevoli mentre tale

inconsapevolezza per i moderni è impossibile in quanto ormai non sono più in grado di mettere da parte la loro razionalità. Colui in grado di tralasciare l’aspetto razionale è il poeta in virtù della sua capacità immaginativa e della propria sensibilità.

La maggior parte dell’elaborazione della teoria del piacere avviene tra le pagine dello

Zibaldone ma del bisogno e della ricerca del desiderio, e di conseguenza della felicità, Leopardi

offre molti esempi anche negli idilli. Riassumendo la riflessione riguardante il piacere in ambito poetico nell’Infinito la necessità dell’individuo di provare piacere quindi felicità nasce dall’esperienza dell’andare oltre la realtà e oltre l’immaginazione; ne La quiete dopo la tempesta invece il piacere e la felicità sono negativi perché raggiungibili solo per pochi attimi in quanto rappresentano un assopimento del dolore che è elemento costante nell’esistenza dell’uomo; infine, ne Il sabato del villaggio la felicità e il piacere sono sfuggenti e quindi irraggiungibili nel presente ma sono relegati al passato come ricordo e al futuro come speranza e attesa.