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quinquaginta singulis annis pro anima ipsius fratris Arrighi dominabus de Monticello, si dicte domine que starent et habitarent in dicto loco et

domo essent sufficientes ad dictos soldos centum singulis annis solvendos,

de qua sufficientia honeravit ipsarum animas. Item voluit et iussit quod

nulla domina possit venire ad habitandum in domo et loco predicto nisi

assummeret habitum vestitarum Sancte Crucis et procederet de voluntate

custodis et guardiani et discretorum conventus fratrum predictorum. Et

eodem modo voluit et iussit quod in dicta domo possint habitare et stare

filie condam domini Manfredi et domine Mingarde sororis dicti fratris

Arrighi, sicut possunt habitare alie domine nate ex fratribus dicti fratris

Arrighi, qui nunc sunt. Item voluit et iussit, quod si dicta domus et lo-

cus remanerent vacua et vacuus, quod domine de Monticello debeant et

teneantur singulis annis prestare medietatem fructuum, qui percipientur

ex domo, curia et loco predictis, fratribus Sancte Crucis. Item reliquit do-

mine Ravenne sorori Oliverii Cerchii et domine Ermelline filie condam

Cambii Boniçi, vestitis dominarum Sancte Crucis, usumfructum et lo-

gorias domorum et terrarum ipsius fratris Arrighi positarum in loco dicto

Poçço Morelli, in populo Sancti Michaelis de Bisdominis, quibus I via, II

filii domini Tedaldi Guidalotti, III Lambertus de l’Antenna, IIII ecclesia

Sancte Margherite et filii Benincase calçolarii, donec ipse vixerint; et si

una earum moreretur, voluit quod dictus ususfructus et logoria applice-

tur, deveniat et accrescat ad superstitem, de quibus usufructu et logoriis

pro anima ipsius fratris Arrighi providere debeat et expendere. Item voluit

et iussit, quod si contingerit quod domine de Castro Florentino ordinis

Sanc te Clare usque ad decem annos proxime venirent ad habitandum et

construendum et construerent et hedificarent monasterium in predicto

loco posito ad Poçço Morello in populo Sancti Michaelis et ibidem habita-

rent, omnino dimisso loco de Castro Florentino, quod, non obstante dicto

legato ususfructus et logoriarum, possint et eis liceat accipere et habere

pro predictis et ad predicta hedificanda et habitanda et habenda de dictis

et ex dicto loco de Poçço Morello, simul coniunctim, quatuordecim sta-

riora terre ad cordam Florentinam, in quacumque parte dicte domine de

Castro Florentino voluerint in dicto loco accipere. Et voluit et iussit quod

post mortem dictarum dominarum Ravenne et Ermelline dicte domine de

Castro Florentino, si dictum locum edificare voluerint vel hedificaverint

et habitaverint in loco predicto infra decem annos, ut dictum est, habeant

et habere debeant superfluum sive residium dicti loci de Poçço Morelli a

dictis quatuordecim starioris supra, dando et solvendo pro quolibet stario-

ro libras vigintiocto fideicommissariis infrascriptis. Et voluit et iussit, quod

si dicte domine de Castro Florentino infra predictum tempus noluerint

venire ad habitandum et hedificandum monasterium in loco predicto et

domine Ravenna et Ermellina predicte mortue essent, quod locus predictus

de Poçço Morelli totus vendatur et pretium accipiatur per infrascriptos

fideicommissarios vel per alium eorum voluntate. Et si dicte domine Ra-

venna et Ermellina <mortue essent> ante dictos decem annos, voluit quod

post mortem ipsarum per fideicommissarios infrascriptos vel alium eorum

voluntate requirantur dicte domine de Castro Florentino quod infra sex

menses, numerandos a die requisitionis, accipiant dictum locum de Poçço

Morelli secundum formam predictam. Et si infra dictos sex menses non

acceperint, ex tunc voluit quod sint private omni legato dicti loci de Poçço

Morelli; et voluit quod vendatur totus locus predictus per fideicommissa-

rios suos vel per alium de eorum mandato pro pretio quod eis videbitur,

Libri miniati per La preghiera e Lo studio

e una pagina deLLa storia duecentesca di santa croce

Sui corali di San Pietro a Gubbio si veda, oltre al profilo biografico del miniatore di Elvio Lunghi (in Dizionario 2004, pp. 453-455) con bibliografia precedente, le recenti schede di Maria Corsi (in Iacopone da Todi 2006, pp. 180-189, V.25-V.29). Le tangenze del linguaggio figurativo di questo miniatore con quello del Trittico Marzolini erano già state segnalate da Luisa Morozzi (1980, pp. 53-57) e Enrica Neri Lusanna (1982), dove si evidenziano tuttavia anche i presunti rapporti dell’artista con lo stile di Cimabue. 13 Nel breviario segnato B 84 al f. 3r si trova una annotazione aggiunta relativa alla festività di San Bonifacio IV, cui era dedicato l’altare presso il quale, come è noto, si trovava anche la tomba di Bonifacio VIII. Sul culto di san Bonifacio nella Basilica di San Pietro e sulla sua decorazione si vedano Maccarrone 1983 e Boskovits 1997, p. 8. 14 Il volume mostra caratteristiche omogenee quanto alle dimensioni dello specchio di scrittura, ma fu miniato da tre artisti diversi. Ai ff. 8r, 17v, 22v, 27v, 32r, 38r, 44r, 49v l’autore è chiaramente un miniatore francese; segue un fascicolo con l’indicazione delle festività nelle quali doveva essere celebrato un ufficio liturgico speciale aperto, al f. 78r, dalla miniatura con i due episodi francescani ricordati nel testo. Nella terza parte infine, con l’antifonario proprio del tempo e santorale per tutto l’anno liturgico si riconosce la mano del miniatore dei corali di San Domenico a Perugia (ff. 81r, 81v, 85r, 87r, 89r, 96v, 98v, 108v, 109v, 112r, 119v, 120v, 131v, 137r,148r, 187r, 196v, 201v, 202r, 224r, 235v, 236v, 263r). La caratterizzazione francescana dei tre volumi si evince però anche da altri elementi per esempio nel breviario l’aggiunta della festa di San Ludovico di Tolosa (19 agosto) e soprattutto il richiamo per la celebrazione della relativa ottava (B 84, f. 4v). La ripetizione dell’ottava si trova, prevista fin dall’inizio, anche in corrispondenza della festa di San Francesco (4 ottobre: B 84, f. 5v). La destinazione francescana dei tre volumi è stata notata per primo da Filippo Todini (La più antica 1982, p. 189).

15 Cfr. Salmon 1968-1971, I, (1968), pp. 62-63, n. 119. La miniatura in questione (f. 78r) è ricordata da Chiara Frugoni (1993, p. 208, fig. 18) per il tema del colloquio ed è poi citata da Dillian Gordon (2009, p. 274, nota 28) con una ipotesi di datazione ante 1263, secondo chi scrive difficilmente sostenibile dal punto di vista dello stile.

16 La festività è riportata anche nel calendario liturgico contenuto nel volume segnato B 87 (f. 2r).

17 Per il messale di Assisi si veda Todini, I codici 1982, pp. 173-174 e fig. a p. 175. 18 Sul culto della beata Umiliana e sul rapporto con il ruolo politico della famiglia nella seconda metà del Trecento si veda più avanti nel testo. Un caso analogo è quello del rapporto tra la famiglia Falconieri e i servi di Maria presso la Santissima Annunziata, a partire dal culto per il beato Alessio Falconieri, uno dei sette santi fondatori. Su questo tema si veda Chiodo 2013.

19 Le prime fasi della costruzione e decorazione della chiesa di Santa Croce quale oggi ci appare sono oggetto di un recente contributo di Luca Giorgi e Pietro Matracchi (2011).

20 «Enrico dei Cerchi donò questo volume ai frati minori del convento fiorentino nell’anno del Signore MCCLXXXV, a condizione che esso non possa essere alienato da parte del detto convento e riservandosi la piena facoltà di utilizzo secondo quanto gli piacerà nel corso della sua vita.»

21 Ad usum di frate Enrico era anche un volume con il commento di Bonaventura alle Sententiae di Pietro Lombardo ora conservato presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (Conventi Soppressi D.5.221), che reca al f. 1r la seguente iscrizione: «Iste quartus Bonaventure est ad usum Fratris Henrici de Circulis de Ordine Fratrum Minorum». Cfr. Davis 1963, p. 409, n. 46.

22 I due volumi, non inclusi nella schedatura della Bibbia condotta da Lia Bruno- ri Cianti (2003-2004), sono stati assegnati all’area parigina dell’inizio del Duecento da Alessandro Conti (1979, p. 27, nota 52; 1981, pp. 31-32) e in seguito Marco Assirelli (1982, spec. 311) ha indicato i rapporti tra le miniature delle Epistole paoline e uno dei miniatori (mano q) della Bibbia moralizzata di Vienna (Österreichische Nationalbibliothek, Cod. 2554). I volumi, ricordati come tali anche da Anna De Floriani (1990) e in tutta la biblio- grafia relativa alla bibbia francescana, non sembrano essere stati oggetto di uno studio approfondito. Si tratta tuttavia di opere importanti, sia per la consistenza e la qualità dell’apparato decorativo sia per i modelli e gli spunti che quest’ultimo ha contribuito a diffondere nella cultura figurativa centro-italiana. Nel codice segnato Pluteo 3 dex. 3 le

miniature si trovano ai ff. 35r, 55v, 72v, 73r, 92v, 116r, 136r, 155v, 160r, 163r, 180v, 183r, 186r, 199r; in quello segnato Pluteo 3 dex. 10 ai ff. 1r, 2r, 73r, 126r, 156r, 156v, 180r, 198r, 210v, 220v, 228v, 229r, 234r, 246r, 253v, 257v, 259r.

23 Sulla composizione della Glossa e la sua tradizione si vedano gli studi di Margaret Templeton Gibson (1990; 1992, pp. 21-22). Sul commento ai Salmi e alle Epistole di San Paolo di Pietro Lombardo si veda lo studio ampio e articolato di Patrizia Stoppacci (2007).

24 D’Ancona 1914, II, pp. 24-28, spec. 28, n. 14. 25 Conti 1971, p. 1051.

26 In Conti 1979 (p. 14), il Miniatore “svevo” è citato come esempio di artista prove- niente da una cultura diversa da quella bolognese, insieme all’autore delle miniature del Vangelo (cat. 7n) della stessa Bibbia francescana. Per un riepilogo della vicenda critica relativa a questa personalità si veda S. Battistini, in Dizionario 2004, pp. 789-790. Diffi- cili da comprendere i rapporti con Coppo di Marcovaldo e Salerno di Coppo indicati da Annarosa Garzelli (1976, p. 23).

27 È forse utile ricordare come l’interesse e poi l’impostazione data da Alessandro Conti al problema delle botteghe di miniatura bolognesi del Duecento si collochi in una linea di studi che, dal volume di Giovanni Previtali dedicato a “Giotto e la sua bottega” (1967 la prima edizione, poi ristampato nel 1974) giunge fino alla mostra “Simone Mar- tini e ‘chompagni’”, (1985). Si tratta di studi volti a riconsiderare il ruolo della singola personalità artistica alla luce di una maggiore attenzione agli aspetti organizzativi delle botteghe medievali, superando l’approccio monografico generalmente usato per lo stu- dio dei primitivi toscani, sulla base di una tradizione critica che da Giorgio Vasari arriva fino alle monografie qualificanti di Benedetto Croce. È un approccio che, nel caso di Giotto e Simone Martini, risulta ormai superato dagli esiti di una filologia agguerrita che ha ricostruito la complessa evoluzione del linguaggio figurativo di questi autori ma che, sia pure più lentamente, tende a essere riconsiderato anche nel campo della storia della miniatura, come si evince dagli approfondimenti condotti negli studi degli ultimi decenni proprio nell’ambito della miniatura bolognese di secondo Duecento (si veda in particolare Medica 2000, accompagnato dai testi dedicati da vari autori a un’ampia soluzione di codici miniati).

28 Conti 1981, p. 33.

29 Il testo dello studioso non è esente da qualche contraddizione, che tradisce la difficile classificazione dello stile di questo miniatore. In una nota dello stesso studio ne vengono infatti ribaditi i rapporti con la miniatura posta in corrispondenza dell’incipit dell’antifona della I domenica di Avvento dell’antifonario I di Gemona (ivi, p. 35, nota 56).

30 Ivi, p. 32. Sull’autore della decorazione di questo monumento della miniatura bo- lognese della seconda metà del Duecento si vedano il profilo di Massimo Medica, in Di- zionario 2004, pp. 523-524; M. T. Gousset, schede 91-92, in Duecento 2000, pp. 291-296, nn. 91-92; R. Semoli, in Calligrafia di Dio 1999, pp. 144-146, n. 25.

31 Per esempio il manoscritto 283 della Biblioteca Antoniana (F. Avril, in Codici e manoscritti 1975, pp. 721-722), miniato nella bottega di Magister Alexander, dal quale proverrebbe l’idea compositiva del leone di san Marco miniato al f. 101 del volume lau- renziano. Conti (1981, p. 33, nota 50) osservava però che non è possibile stabilire la data di arrivo del codice miniato dal miniatore parigino nella città del Santo.

32 Mariani Canova 1990, p. 176, tav. 28*b; Mariani Canova 1992, pp. 166-167. 33 I corali di Gemona fanno parte di un gruppo di volumi acquistati presso il conven- to del Santo a partire dal 1343. La vicenda è ricostruita in modo dettagliato da Giovanna Valenzano (in Parole dipinte 1999, pp. 69-71, n. 12; 2003). I rapporti di carattere stilistico con le botteghe di miniatura attive a Bologna restano tuttavia un dato di fatto e sono stati registrati da Maria Grazia Ciardi Duprè Dal Poggetto (1996, pp. 83-84) e nel più recente studio dei quindici volumi da parte di Lia Brunori (2001-2002). Ada Labriola (2004) e Silvia Battistini (2004) riportano il riferimento all’ambito padovano, argomen- tato anche da Beatrice Alai (in c.d.s.).

34 Il codice Edili 96 della Biblioteca Medicea Laurenziana è stato esposto alla mostra per la celebrazione dell’VIII centenario del Decretum accompagnato da una descrizione sintetica che si limitava a registrare l’esistenza di iniziali decorate (Mostra di manoscritti

1952, pp. 45-46); in seguito è ricordato in rapporto alle miniature del libro dei Maccabei (cat. 7m) della Bibbia di Enrico de’ Cerchi da Alessandro Conti (1981, p. 32, nota 49), mentre una analisi approfondita della sua decorazione, delle fasi cronologiche e dei di- versi miniatori che ne sono responsabili è stata condotta da Roberta Bosi (in Duecento 2000, pp. 59-61, n. 16). Sull’apparato iconografico del manoscritto si veda inoltre Mel- nikas 1975, I, tav. VI, Causa IX, fig. 11, Causa X, fig. 10, Causa XVI, fig. 13, Causa XVIII, fig. 12, Causa XIX, fig. 7, Causa XXIX, fig. 7, Causa XXV, fig. 11, Causa XXVI, fig. 7, Causa XXXIII, fig. 3, Causa XXXIV fig. 2, De consecratione, fig. 9.

35 «Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità, tutto è vanità. Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole? Una generazione va una gene- razione resta ma la terra resta sempre la stessa».

36 La citazione proviene da Assirelli 1988, p. 120.

37 Brunori 2001-2002, p. 65; Brunori Cianti 2003-2004, p. 76.

38 M. Assirelli, in La biblioteca del Sacro Convento 1988, pp. 156-159, n. 33, tav. LI. 39 Non si trova alcuna miniatura in corrispondenza dello stesso versetto nel volume che fa parte della Bibbia glossata in più tomi, la cui esecuzione è riferita a un atelier pa- rigino (Mathurin) tra il 1245 e il 1260 e pure conservata presso il Sacro Convento (Assisi, Biblioteca del Sacro Convento, 6, f. 123r), che presenta solo la raffigurazione di Salomo- ne in corrispondenza dell’incipit del libro dell’Ecclesiaste (M. Assirelli, ivi, p. 185, fig. 138). Due miniature si trovano in corrispondenza dei due versetti iniziali dell’Ecclesiaste nel volume parte della Bibbia glossata in venticinque tomi donata nel 1240 alla biblio- teca del Santo a Padova (Padova, Biblioteca Antoniana, ms. 289), sulla quale si veda F. Avril, in Codici e manoscritti 1975, p. 722.

40 Smalley 1940, ed. 1983, p. 44.

41 «Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi»; «Beato l’uomo che spera nel Signore / e non si mette dalla parte dei superbi, / né si volge a chi segue la menzogna». 42 Bonaventura da Bagnoregio, Commentarius, ed. 1893, p. 3; si veda inoltre la tradu- zione italiana (ed. 2015). Bonaventura è consapevole delle ambiguità contenute in que- sto particolare libro delle Sacre Scritture e ne precisa la sua destinazione a un pubblico d’iniziati; principianti sono considerati invece i destinatari del Libro dei Proverbi che, come è noto, consiste in una serie di argomentazioni di tipo moraleggiante e prescritti- vo, e “perfetti” quelli del poetico Cantico dei Cantici, che necessita invece di capacità di lettura e intuizione dei sensi allegorici più raffinata. Per un’analisi al commento dell’Ec- clesiaste si veda Frezza 1983.

43 Mariani Canova 1992, p. 166.

44 Vieri de’ Cerchi, figlio di Oliviero di Torrigiano, fu una figura di primissimo piano nella vita politica fiorentina dell’ultimo quarto del Duecento e del primo decennio di quello successivo ed è menzionato dalle fonti storiche per i numerosi incarichi politici e militari, tra cui il coinvolgimento nella disfatta dei ghibellini a Campaldino nel 1289. Guelfo di parte bianca, fu però accusato dagli avversari di parte nera, guidati da Corso Donati, di connivenze con i ghibellini, con cui aveva cercato una pacificazione, e quindi costretto all’esilio dal 1302 al 1322. Una densa sintesi delle sue vicende biografiche si trova in Archivio di Stato di Firenze, Cerchi, 42, fascicolo D. Cfr. inoltre Cardini 1979, che fornisce anche riferimenti bibliografici essenziali per la storia di Firenze nella seconda metà del Duecento.

45 La notizia è inclusa nella Cronaca scritta alla fine del Quattrocento da Bindaccio de’ Cerchi, secondo il quale, nella stessa circostanza, la dignità cavalleresca fu data a ben nove membri della famiglia (cfr. Deliciae eruditorum 1736-1769, VII, 1739, p. 311; il testo è stato integralmente pubblicato anche in Maggini 1918).

46 «Cum quater alma Dei natalia viderat horrens / Post decies octo mille ducenta Caper / Extulit hec Padue preses cui nomen Olive / Cognomen Circi patria Floris erat. / Pro- testate nobili viro domino / Fantone de Rubeis de Fiorentia / Perfectum fuit hoc opus» (trascrizione tratta dal Corpus dell’epigrafia medievale di Padova, pp. 115-120, nn. 42-43, consultabile all’indirizzo web <http://cem.dissgea.unipd.it/schedario%20riunito.pdf >). 47 Su Convenevole di Gualfreduccio, nonno del più celebre e omonimo maestro di Francesco Petrarca, si veda Billanovich-Polizzi 1997, pp. 287-366.

48 Sul raffinato stile di vita dei Cerchi si veda Neri Lusanna 2001.

49 Una dettagliata analisi della società fiorentina del Duecento, che analizza i rapporti

tra le famiglie, i conflitti tra magnati e popolani, l’emergere dei vari gruppi di potere si trova in Diacciati 2011.

50 Firenze, Archivio Niccolini di Camugliano, Cartapecore, nn. 5 e 6. La particola – di cui si riporta la trascrizione curata da Laura Regnicoli in appendice – è conservata in duplice copia, rispettivamente minuta e redazione ufficiale (di quest’ultima si riporta la trascrizione in appendice) ed è sottoscritta da Marco di Consiglio, notaio e scriba del tribunale dell’inquisizione nel 1287 (Moisé 1845, p. 359), quindi è stata estratta dalle im- breviature di Convenevole di Gualfreduccio non molto tempo dopo la data del rogito. 51 Sulla biografia della santa si vedano Francesco Cionacci (1682) e Domenico Moreni (1827), p. 30, nota 1, che basano il loro racconto sui testi di frate Vito da Cortona e frate Ippolito da Firenze, suoi primi biografi; cfr. anche Benvenuti Papi 1979; Benvenuti Papi 1980. Quest’ultima affronta in modo approfondito anche le connessioni con la storia religiosa e politica di Firenze negli anni del governo ghibellino che segue la battaglia di Montaperti (1261) e il ritorno al potere dei guelfi nel 1267. Si vedano inoltre gli studi di Schuchman (1994; 2009), che ripercorrono la storia del culto della beata.

52 Il testo dello Zibaldone di Ferdinando Leopoldo Del Migliore (Firenze, Bibliote- ca Nazionale Centrale, Codice 405, f. 307) è riportato anche in una filza dell’archivio Cerchi (Archivio di Stato di Firenze, Cerchi, 45, fasc. 4, carte sciolte,) e poi dal padre Giuseppe Richa (1754-1762, I, 1754, p. 54). Il Del Migliore sostiene di avere rintracciato la notizia in un libro di memorie segnato A dell’archivio di Santa Croce (che non ho potuto rintracciare) datato 1576-1577.

53 La bolla di Innocenzo IV è ricordata da Moisé (1845, p. 42). Per un resoconto degli scavi effettuati in occasione del rifacimento del pavimento della chiesa attuale si veda Cacciarini 1968. Lo stato degli studi è riepilogato e commentato con originali argomen- tazioni da Giorgi-Matracchi 2011.

54 La notizia è riportata da Igino Benvenuto Supino (1906, p. 138) senza indicazione della fonte da cui è tratta, segnalata invece da Claudia Tripodi (2009, p. 367, nota 21) in una storia della famiglia scritta alla fine del Quattrocento e conservata presso l’archivio di stato di Firenze (Archivio di Stato di Firenze, Cerchi, 165), dalla quale si evince anche il testamento era stato rogato da ser Aldobrandino detto Naso d’accatto. L’anno succes- sivo lo stesso Odarrigo dettava un altro testamento rogato da ser Attaviano di Chiaro (Archivio di Stato di Firenze, Notarile Antecosimiano, 400, f. 8r).

55 Sulla tavola di Coppo di Marcovaldo con san Francesco, si veda Boskovits 1993, pp. 472-507; per la Croce di Cimabue invece le pagine dedicategli da Luciano Bellosi (1998, pp. 97-102). Niente si conosce della tavola mariana che pure doveva far parte dell’arredo sacro della chiesa; l’ipotesi che questa sia da identificare con la Madonna della chiesa di San Remigio è stata avanzata da Andrea De Marchi (2009), che ne propone la pro- venienza dal tramezzo della chiesa francescana e nota le effettive affinità di stile con i frammenti di pitture murali ivi rinvenuti durante gli scavi, sui quali si veda più avanti in questo testo.

56 I documenti citati si trovano presso l’Archivio di Stato di Firenze (Diplomatico, San Frediano in Cestello, 25 luglio 1302; Diplomatico, San Frediano in Cestello, 9 mag- gio 1396). Una pergamena del 1347 (Diplomatico, Santa Croce, 21 agosto 1347) fa capire che la cappella veniva usata anche come sala capitolare.

57 Su questo periodo della storia fiorentina si veda la sintesi recente di John M. Najemy (2006, ed. it. 2014, pp. 106-115 con bibliografia precedente). Utili dati relativi alle consorterie famigliari e alla loro affermazione nel corso del Duecento si trovano in Riccardo Francovich e Emiliano Scampoli (2004).

58 Le reliquie della beata furono finalmente portate nella nuova chiesa nel corso del Trecento e negli anni sessanta del secolo la testa venne inserita in un prezioso reliquiario d’argento. Si veda D. Liscia Bemporad, in Il reliquiario 1991, pp. 14-15, e da ultimo D. Liscia Bemporad, in L’arte di Francesco 2015, pp. 282-283, n. 51.

59 Sui corali trecenteschi si veda Chiodo 2011, pp. 349-365.

60 Un commento con bibliografia aggiornata sulle serie di Cortona si deve a A. La- briola, in L’arte di Francesco 2015, pp. 378-379, n. 89, ma su questa serie si veda anche Degl’Innocenti Gambuti 1977, pp. 33-57 e Freuler 2013, pp. 130-135, n. 5. Sul corale di Empoli si veda S. Chiodo in L’arte di Francesco 2015, pp. 380-381, n. 90 con bibliografia precedente.