Negli ultimi trent’anni la ricerca nel settore dei biomateriali ha visto una crescita costante, che ne ha consentito l’impiego in nuove applicazioni, le quali hanno determinato il miglioramento della qualità di vita di milioni di persone. L’obiettivo odierno dei ricercatori è quello di conoscere in maniera sempre più approfondita i meccanismi coinvolti nell’interazione tessuto-biomateriale, in modo da sviluppare biomateriali e prototipi di dispositivi medici con caratteristiche chimico-fisiche che ne garantiscano, in associazione ad una certa funzionalità, un’elevata biocompatibilità. Altro obiettivo di ricerca, ugualmente prioritario, è quello di mettere a punto biomateriali con proprietà altamente specifiche e facilmente modulabili in riferimento a particolari applicazioni. In questo contesto si inseriscono i polimeri sintetici i cui principali vantaggi, rispetto alle altre classi di materiali, sono proprio una maggiore biocompatibilità, la biodegradabilità, la facile lavorabilità e la compatibilità meccanica con il sito di applicazione.
In particolare, per quanto riguarda l’ingegneria tissutale, la classe di polimeri che si è rivelata più idonea è quella dei poliesteri alifatici, le cui caratteristiche peculiari sono, appunto, la biodegradabilità e la biocompatibilità. Ad oggi l’FDA ha consentito l’uso dei soli PCL, PLA, PGA e dei loro copolimeri per la creazione di dispositivi medici impiantabili nel corpo umano; tali materiali non riescono, però, a soddisfare completamente l’ampia gamma di specifiche proprie delle applicazioni nell’ambito dell’ingegnerizzazione dei tessuti. Pertanto, la sintesi di sistemi a base di nuovi poliesteri alifatici, i cui prodotti di degradazione non risultino tossici per l’organismo e caratterizzati da proprietà modulabili in relazione a specifiche applicazioni, può aprire nuove prospettive nell’ambito dell’ingegneria tissutale.
In questo scenario si inserisce il lavoro di ricerca svolto nella presente tesi, il cui obiettivo è stato la sintesi e la successiva caratterizzazione di copoliesteri alifatici con struttura a blocchi, biodegradabili e biocompatibili, aventi proprietà modulabili in base alla lunghezza media dei blocchi: a tale scopo il poli(butilene 1,4-cicloesandicarbossilato) ha rappresentato un ottimo punto di partenza per la copolimerizzazione.
La strategia di sintesi scelta, la miscelazione reattiva, si è rivelata una tecnica estremamente vantaggiosa poiché ha permesso di combinare efficacemente l’economicità e la semplicità del processo con l’ottenimento di diversi campioni di P(BCExDGCEy) a blocchi, aventi lunghezze dei blocchi, e quindi
proprietà, modulabili semplicemente variando il tempo di reazione.
In accordo con gli obiettivi prefissati, i risultati evidenziano che l’introduzione di unità comonomeriche di PDGCE, contenenti eteroatomi di ossigeno, lungo la catena polimerica del PBCE ha avuto una notevole
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influenza sulle caratteristiche chimico-fisiche dei copoliesteri risultanti, e quindi sulle loro proprietà termiche e meccaniche, nonché sul profilo di degradazione e sulla biocompatibilità.
In particolare, l’introduzione di atomi di ossigeno etereo ha comportato un aumento dell’idrofilicità e una riduzione del grado di cristallinità: di conseguenza, i campioni di P(BCExDGCEy) presentano una velocità di
degradazione idrolitica notevolmente maggiore a quella del solo PBCE e crescente all’aumentare della lunghezza dei blocchi del campione. La copolimerizzazione con il PDGCE ha determinato anche una maggiore flessibilità dei copoliesteri risultanti: la presenza dell’eteroatomo ha un effetto flessibilizzante sulla catena di PBCE, tanto più evidente quanto maggiore è la lunghezza dei blocchi del copoliestere. Occorre, inoltre, sottolineare che il sistema copolimerico è caratterizzato dal mantenimento dell’elevata stabilità termica tipica del PBCE, proprietà quest’ultima di particolare interesse in fase di lavorazione del materiale.
È stata, infine, riscontrata, benché in maniera del tutto preliminare, una buona biocompatibilità in vitro dei campioni di P(BCExDGCEy).
In conclusione, le proprietà dei copoliesteri in oggetto risultano estremamente interessanti in vista di possibili applicazioni nel campo dell’ingegneria tissutale ed, in particolare, nell’ingegneria tissutale del miocardio.
Tali risultati, seppur incoraggianti, rappresentano solo un punto di partenza verso una reale applicazione dei copoliesteri qui descritti; rimane ancora da verificare la fattibilità tecnico-economica del trasferimento del processo di sintesi su scala industriale e si rendono necessari studi più approfonditi soprattutto per quanto riguarda la valutazione della biocompatibilità; a tale scopo, risultano necessari test in vitro mirati per analizzare, ad esempio, l’effetto delle caratteristiche meccaniche e morfologiche dei film polimerici in P(BCExDGCEx) sul differenziamento cellulare, prima di poter passare ai test in vivo.
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