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Mbakogu è un ragazzo senegalese, nato nel 1997 a Dakar, accolto presso il Civiform nel mese di giugno 2014.

M. è orfano dei genitori da circa un anno e mezzo; suo padre muore per malattia nell’aprile del 2012 e sua madre rimane vittima di un incidente stradale nel mese di settembre 2014.199

M. frequenta la scuola primaria fino alla classe quarta e, poi, inizia a lavorare dapprima in una ditta di trasporti, assieme a uno zio paterno, e dopo in un’officina con un amico del padre.

La madre di M. è casalinga, suo padre, negli anni Novanta del secolo scorso, emigra dapprima a Parigi e dopo qualche anno a Milano, dove lavora in una fabbrica; M. ha un fratello di tredici anni e una sorella di sette anni che vivono con la nonna materna in Senegal.

Il sogno di M., di trasferirsi in Italia, nato dai racconti del padre e dei suoi parenti che ritornano ogni estate a Dakar, è presente fin da bambino, ma i suoi genitori ritengono che M. sia troppo giovane perché emigri in Europa; il ragazzo attende fino alla primavera del 2013, dopo la scomparsa del padre, per iniziare il suo agognato viaggio verso l’Europa, la sua meta è l’Italia, dove emigra il padre.

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L’occasione si presenta quando un suo amico gli chiede di partire per l’Europa; per racimolare i soldi necessari al viaggio, M. vende la macchina del padre, una bella mercedes acquistata con i soldi guadagnati in Italia.

M. avrebbe voluto percorrere la rotta della Libia, ma memore dei suggerimenti paterni e delle indicazioni materne che sconsigliano di attraversare la Libia in quanto pericoloso, segue il percorso che dal Marocco porta in Spagna e poi in Italia.

Nel 2013 M. giunge in Marocco, dove è ospite di un suo amico per una settimana; in seguito M. si imbarca su una nave diretta verso la Spagna con altri centocinquanta passeggeri provenienti dal Gambia, dal Ghana, dal Camerun e dal Senegal.

Approda in un’isola della Spagna, di cui M. non ricorda il nome, raggiunge con i suoi compagni di viaggio una grande Comunità vicino Barcellona, dove rimane per tre mesi; la struttura, sorvegliata dalla polizia, accoglie circa trecento persone, minori e adulti, e gli ospiti non possono uscire dalla Comunità.

In seguito M. contatta telefonicamente uno zio paterno che lavora a Brescia in una fabbrica il quale si mostra disponibile a ospitarlo e riesce a inviargli il denaro occorrente per proseguire il viaggio verso l’Italia, Milano.

Giunge a Milano, dove si mette nuovamente in contatto con suo zio il quale riferisce di trovarsi a Bologna per lavoro e di non riuscire a ospitarlo poiché il minore è senza documenti e <<lo zio aveva paura dei controlli della polizia; aveva paura di accogliere una persona straniera irregolare>>.200

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M. non si perde d’animo, prende contatti un suo amico senegalese che vive a Trieste che si mostra disponibile ad accoglierlo, almeno per un paio di giorni.

Il giorno 24 giugno 2014 l’amico di M. lo accompagna presso la polizia di Trieste che lo colloca presso il Civiform di Cividale del Friuli.

Nei primi giorni di permanenza in Comunità M. appare spaesato, ma dopo aver conosciuto un paio di ragazzi senegalesi riesce ad ambientarsi, facilitato dalla conoscenza della lingua italiana; il padre ritorna ogni estate a Dakar assieme ai parenti e a volte parlano in italiano, per insegnare ai suoi figli la lingua italiana.

Quando M. giunge in struttura, la scuola e i corsi professionali terminano per cui il ragazzo frequenta un corso d’italiano.

Nel mese di settembre 2014 si iscrive in un Istituto professionale, indirizzo meccanico, della durata di tre anni; nonostante il ragazzo, in Senegal, frequenti la scuola fino alla quarta elementare, consegue buoni risultati scolastici, per il suo impegno e la sua motivazione.

Il percorso didattico di M. è così soddisfacente da persuadere il Comune di Trieste a investire sul ragazzo, impegnandosi a pagare la retta della struttura fino alla conclusione degli studi, nonostante la Regione non rimborsi più le spese al Comune poiché M. è maggiorenne.

M. instaura buone relazioni con alcuni compagni di scuola, mentre con altri i rapporti sono altalenanti in quanto a volte lo deridono con epiteti ingiuriosi quali <<negro di merda ritorna al tuo Paese; scimmia; selvaggio; primitivo>>.201

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M. si controlla e non reagisce a queste provocazioni, ricordandosi gli insegnamenti del padre il quale gli suggeriva di <<lasciar perdere se qualcuno ci tratta male, far scivolare addosso le offese>>.202

Τanti compagni sono rispettosi nei suoi confronti e lo gratificano dicendo che alcuni familiari e amici conoscono il Senegal per motivi di lavoro o per viaggi e riferiscono che il Senegal è un Paese bello, con gente simpatica e socievole.

Al compimento del diciottesimo anno, il ragazzo presenta la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di studio e il suo progetto è quello di ricongiungersi con lo zio paterno a Brescia, dopo aver completato il percorso formativo.

Sulla Comunità, M. riferisce di aver instaurato relazioni positive sia con gli ospiti sia con gli operatori che <<sono molto bravi, cercano di aiutare tutte le persone; non c’è niente da migliorare nella Comunità, va tutto bene così>>.203